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redazione il torinese

Santa Fede, culto e storia

Uno dei luoghi di culto più carichi di significato e di suggestione nella Valcerrina è l’Abbazia di Santa Fede che si trova sul territorio di Cavagnolo, comune della Città Metropolitana di Torino, ma appartenente alla Diocesi di Sant’Evasio di Casale Monferrato. A riscoprirne l’importanza e la bellezza è stato, nella seconda metà dell’Ottocento, il conte vercellese Edoardo Arborio Mella, studioso di arte romanica e restauratore del Duomo di Casale Monferrato e valorizzare con una serie di scritti, in particolare “Della Badia e chiesa di Santa Fede presso Cavagnolo Po”. Ed è merito del padre marista (la Congregrazione dei Padri Maristi l’aveva acquistato nel 1895, utilizzandolo come scuola Apostolica, scuola media statale prima della cessione all’attuale proprietà, la Diocesi di Casale nel 2011) Luigi Falletti di avere scoperto la prova del collegamento di Santa Fede con la celebre abbazia benedettina di Sainte-Foy-de-Conques nell’Alvernia, in Francia, ad una trentina di chilometri da Rodez. Qui, in una chiesa romanica del X secolo, affiancata da una grande abbazia sono custodite da secoli le reliquie della giovinetta Fede martirizzata ad Agen durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano. Era l’anno 303. Il culto della Santa si diffuse in Francia ed in Spagna, mentre in Italia ebbe una devozione piuttosto limitata. Oggi è provato che il monastero di Santa Fede di Cavagnolo – “Monasterii sancte Fidis de Cabagnoli” – fosse già presente nel XII secolo sui territori controllati dai Marchesi di Monferrato, ma non sono molte le fonti storiche. Per raggiungere Santa Fede, per chi arriva da Torino percorrendo la strada provinciale 590 “della Valcerrina” occorre, dopo essere entrati nel paese, superare la rotonda, girare a destra e percorrere la strada per circa due chilometri. Per raggiungere il piazzale prospicente l’edificio occorre svoltare a destra nello stretto tornante della stradina che costeggia il moderno complesso addossato al fianco sud. Qui colpisce subito la facciata, del tipo a capanna, con cuspide triangolare, suddivisa in 3 parti, corrispondenti alle navate Archetti ciechi coronano le pendenze dei tetti. Dal centro una bifora scompartisce un finestrone ingrandito rispetto all’originale per aumentare la luminosità interna. Sotto la bifora si apre un magnifico portale ricco di un’esuberante decorazione che costituisce, sicuramente, l’attrattiva maggiore di Santa Fede. L’interno rappresenta quello che padre Bartolomeo Bardessono, nella sua pubblicazione “Santa Fede Cavagnolo” incentrata sulla storia, l’arte e la presenza marista, definisce “La bomboniera del romanico in Piemonte”. Lo spazio con 22.47 metri di lunghezza per 9,96 metri di larghezza non è di vaste dimensioni, è suddiviso in tre navate e questa sono a loro volta scompartite in cinque campate da robusti pilastri attorniati da semicolonne. La navata centrale termina con un’abside circolare rischiarata da tre monofore. L’altare maggiore è un’aggiunta settecentesca. Negli anni molti sono stati, da parte degli studiosi, gli studi su Santa Fede e a molti visitatori, il luogo e la chiesa lasciano sempre un senso di pace e di serenità. Una recente, sintetica quanto pregevole, scheda su Santa Fede è stata realizzata a cura dell’architetto Sara Inzerra, in collaborazione con Giulia Cacciatori, Arianna Florestino, Daniela Catalano, volontari per conto dell’amministrazione comunale nell’ambito del progetto “Rete Romanica di Collina – Abbazie e chiese tra Po e Monferrato”. Inoltre, sempre recentemente, Santa Fede è stata inserita in un articolo di Chiara Parente, pubblicato sulla rivista a tiratura nazionale Medioevo, in un itinerario dedicato alla Valcerrina che collega Crea, Mombello Monferrato, Odalengo Grande, Gabiano nella Provincia di Alessndria e prosegue poi nella Città Metropolitana di Torino, andando ad interessare, appunto Santa Fede di Cavagnolo per concludersi poi all’Abbazia della Pulcherada a San Mauro Torinese. Si tratta di un itinerario che ha come punti di riferimento tre chiese in un territorio interessato da tre siti Unesco.

Massimo Iaretti

 

Ragazzo muore cadendo dalle scale mobili del Metro

Un giovane di 29 anni è morto ieri in serata a Torino cadendo dalle scale mobili della fermata Dante  della metropolitana. E’ precipitato al piano sottostante e non è stato possibile salvarlo, nonostante i soccorsi. Alcuni  amici che erano con lui hanno dato l’allarme e  sono giunti  poco dopo i medici e gli infermieri del 118. Da quanto hanno raccontato gli amici il ragazzo si sarebbe seduto sulla guida della scala mobile, perdendo  l’equilibrio. Era uno studente del Politecnico di origine boliviane, e ieri stava andando a una festa con i suoi amici.

 

(foto archivio il Torinese)

La capitale del gusto

È stato presentato  a Lingotto Fiere, nella giornata inaugurale della XII edizione di Terra Madre Salone del Gusto, il brand “Torino capitale del Gusto” che accompagnerà una campagna di comunicazione tesa a esaltare la tradizione enogastronomica locale.

Si tratta di un progetto realizzato dal Comune di Torino, in collaborazione con Turismo Torino e Provincia, e sostenuto finanziariamente da Camera di commercio di Torino, per promuovere la città come destinazione di food experience di alto livello, da scoprire durante un soggiorno in cui, accanto alle visite nei musei e nelle pinacoteche e allo shopping, si potranno assaporare piatti tipici e bouquet di vini pregiati e fare conoscenza con le tendenze della cucina contemporanea. Il buon cibo si conferma uno straordinario valore aggiunto per il turismo internazionale. Ha infatti un peso crescente nelle scelte delle mete da parte dei viaggiatori, sempre più incuriositi dalle particolarità gastronomiche locali. “I buoni primi, le pietanze e i dolci torinesi riscuotono da sempre un successo notevole e lo stupore di quanti ne apprezzano i sapori per la prima volta diventa veicolo di promozione –sottolinea Alberto SaccoAssessore al Turismo e Commercio della Città di Torino -. Il marchio “Torino capitale del gusto” si affiancherà allo spontaneo passaparola, rafforzando un settore sempre più trainante della nostra economia. L’iniziativa pubblicitaria all’insegna dei piaceri del palato inviterà a trascorrere alcuni giorni nella città della Mole. Torino, con il Monferrato, le Langhe e il Roero è, infatti, il capoluogo di una terra Patrimonio dell’Unesco, in una regione, il Piemonte, molto attiva a rendere sempre più piacevole lo stare a tavola, attraverso la cura dell’enogastronomia, la pasticceria, la ristorazione e che lega alla gradevolezza del sapore la scoperta dell’ingente ricchezza culturale”. Torino ha tutte le carte in regola per essere annoverata tra le principali città italiane del gusto. L’innegabile fervore che si avverte è sottolineato dalle recenti aperture di locali negli ex spazi industriali, riqualificati e trasformati in incubatori di food, nei quali chef stellati esprimono la loro creatività culinaria. “In Italia e nel mondo cresce esponenzialmente la domanda di turismo enogastronomico e il nostro territorio ha tutte le caratteristiche per soddisfare queste richieste con successo: sappiamo ad esempio che le visite alle botteghe dei nostri Maestri del Gusto, ai laboratori dei casari di Torino Cheese o alle cantine dei viticoltori Torino DOC costituiscono per tutti un’esperienza indimenticabile e rappresentano uno strumento di conoscenza diretta e coinvolgente soprattutto per il turista più esigente e attento – ha spiegato Vincenzo Ilotte,Presidente della Camera di commercio di Torino. – In un’ottica di sistema con la Città abbiamo pertanto voluto finanziare questo progetto di valorizzazione del nostro patrimonio, anche in linea con le nuove competenze affidate alle Camere di commercio italiane in tema di turismo”. Il concept “Torino Capitale del Gusto” che è stato ideato dai creativi dello Studio Sanna fa leva sull’aspetto emozionale, evocativo e di autenticità in un mix di arte, cultura, paesaggio, enogastronomia, design… qual è Torino. Mmm Torino! – #MmmTorino! è inoltre il claim della campagna e logo onomatopeico che richiama la bontà delle eccellenze enogastronomiche locali. Un escamotage per rafforzare anche graficamente le sensazioni di stupore e soddisfazione.

Per la campagna sui media stampa e web è stata scelta una golosità tipicamente torinese: ungianduiotto posato sulla mano di una modella ingioiellata con un orecchino a forma di Mole Antonelliana. “Siamo certi – sottolinea Daniela BroglioDirettore di Turismo Torino e Provincia – che promuovere il lato gourmand del nostro territorio contribuirà a incrementare il numero di coloro che scelgono di passare un weekend o più giorni a Torino; basti pensare che da recenti indagini realizzate della Food Travel Monitor è emerso che un italiano su tre ha svolto almeno un viaggio motivato dall’enogastronomia negli ultimi tre anni e che i turisti enogastronomici salgono al 30%; un dato che dichiara come il settore sia passato da un ruolo accessorio a componente in grado di influenzare le scelte di viaggio”.

Latte, interviene Cia agricoltori

Anche la Confederazione italiana agricoltori del Piemonte esce delusa dal tavolo del latte convocato dall’Assessorato all’agricoltura della Regione Piemonte. Colpa degli industriali, che, come osserva il delegato regionale dell’Organizzazione sindacale Davide Rosso, “continuano a rifiutare qualsiasi proposta della parte agricola, anche quando questa è condivisa da tutte le rappresentanze allevatoriali”.

«Nella nostra regione – rileva Rosso – si fa riferimento a più di dieci tabelle di qualità, che in Lombardia, dove si produce il 40 per cento del latte nazionale, sono appena due. E’ chiaro che bisogna aggiornare e allineare i parametri di pagamento regionali, che peraltro sono vecchi di dieci anni. Le istanze sono cambiate, la qualità è al centro del mercato. Finché i caseifici respingeranno  questa logica, si sarà costretti a guardare al passato, anziché al futuro».

Sul tema interviene anche il presidente regionale di Cia Piemonte, Gabriele Carenini: «Nonostante dal mercato giungano notizie che fanno moderatamente ben sperare circa la richiesta e i consumi di latte e formaggi – sottolinea Carenini -, a preoccupare gli allevatori resta la indisponibilità della parte industriale a rivedere la tabella qualità, in modo da rendere i nostri parametri maggiormente omogenei con quelli di altre realtà regionali. La Cia del Piemonte invita la parte industriale a dimostrare senso di responsabilità ed a valorizzare il lavoro degli allevatori che ogni giorno conferiscono il latte e contribuiscono così alla buona riuscita dei loro prodotti e dei loro bilanci aziendali. Rafforzare la collaborazione tra le parti, é nell’interesse di tutta la filiera».

Chiusa la passerella olimpica, ma non è pericolante

E’ temporaneamente chiusa la Passerella Olimpica che collega l’ex Moi al Lingotto. La decisione è stata assunta in concomitanza con i lavori di  manutenzione straordinaria che 8 Gallery Immobiliare sta effettuando sulla passerella Sud  tra centro commerciale e parcheggi del Lingotto, una chiusura che pregiudica anche l’utilizzo della Passerella Olimpica. Il Comune di Torino precisa che questa comunque non presenta problemi strutturali. 8 Gallery Immobiliare per limitare i disagi ai visitatori del Salone del Gusto ha predisposto un servizio di navetta gratuito tra via Giordano Bruno e ingressi al Lingotto di via Nizza. La Passerella Olimpica sarà riaperta quando la 8 Gallery immobiliare avrà riaperto uno sbocco lato parcheggi.

 

(foto: il Torinese)

Universiadi, il ritorno sotto la Mole

Parte da Torino la città che ha visto nascere le Universiadi nel 1959 da un’idea di Primo Nebiolo, la 29esima Universiade Invernale che si svolgerà a Krasnoyarsk (RUSSIA) dal 2 al 12 marzo 2019. “Torino è la città dove è nata l’Universiade e questa cerimonia rappresenta ogni volta  un momento di grande riconoscimento e  prestigio per l’intero territorio piemontese. Anche l’istituzione che rappresento, è ormai da tempo sensibile alle tematiche legate alle attività motorie attraverso gli Stati generali dello sport e del benessere. L’augurio è che l’Universiadi siano un prezioso intreccio di storia, valori e dialogo tra le culture,” ha dichiarato Nino Boeti presidente del Consiglio regionale in occasione della cerimonia ufficiale di accensione della Fiaccola del Sapere presso il Rettorato dell’Università di Torino, alla presenza delle autorità istituzionali del mondo accademico del capoluogo piemontese. Per la presentazione è stata scelta la data del 20 settembre in quanto Giornata Internazionale dello Sport Universitario patrocinata dall’UNESCO. Questa edizione sarà particolarmente significativa  perchè il braciere dell’Universiade verrà installato in maniera permanente presso il Rettorato dell’Università.

 

All’ombra della Est del Rosa, Macugnaga e il “cimitero degli alpinisti”

Immane, alto fino a meta’ del cielo, ecco il massiccio del Rosa, con i suoi bianchissimi ghiacciai e le sue pareti di roccia nera. Non diverso e’ lo spettacolo dell’Himalaya. Lo guardiamo tra le lacrime. Che cosa c’e’ di piu’ bello su questa terra? Il monte Rosa visto da Macugnaga è eroico”.

MACUGNAGA4

Così scrisse Mario Soldati la prima volta che vide la parete Est, l’himalayana.  In cima  alla valle Anzasca, “terre alte” del Piemonte nord orientale, c’è Macugnaga. Oltre e più in su s’inerpica la montagna. Tra i prati e le case dall’inconfondibile architettura walser, all’ombra del monte Moro e di fronte alla più bella parete delle Alpi occidentali, c’è tutta la storia di questo borgo di montagna, iniziata nel XII secolo quando il “piccolo popolo” arrivò dal Vallese colonizzando questa conca ricca di alpeggi. Tutto, a Macugnaga, richiama la cultura del “Popolo delle Alpi”, composto da  pastori, alpigiani, boscaioli e contadini. I walser, dalla valle di Goms, appendice estrema del Vallese posta tra il passo del San Gottardo e l’Oberland bernese, raggiunsero l’alta valle Anzasca dal passo del monte MACUGNAGA2Moro e poi la Valsesia dal Colle del Turlo. Attorno al XIII secolo, interi nuclei familiari con i bambini più piccoli trasportati nelle gerle, si misero in cammino lungo le antiche mulattiere per risalire le valli, superare nei punti più convenienti le montagne e ridiscendere a sud delle Alpi in cerca di luoghi ove dar vita a nuovi villaggi. A fine Settecento, il ginevrino Horace Benedicte de Saussure, appassionato studioso,  nel corso del suo viaggio intorno al Monte Rosa, li definì nei suoi diari “sentinella tedesca” in territorio italiano. Macugnaga è composta dalla frazione più grande – Staffa – insieme a quelle di Pestarena e Borca, le più basse,  e Pecetto, la più alta. Macugnaga ospita alcuni interessanti e originali musei. A Borca, ad esempio,  c’è la Casa-museo Walser, abitazione d’epoca comprensiva di tutti gli arredi e gli oggetti di un tempo e anche il museo della miniera d’Oro della Guja, prima miniera-museo in Italia, percorribile per un chilometro e mezzo nel ventre roccioso della montagna, dove si è estratto il prezioso metallo dal 1710 fino al 1945. A Staffa, invece, si può trascorrere un po’ di tempo al museo della Montagna e in quello del contrabbando che racconta la secolare storia degli “spalloni” che valicavano con i loro carichi di merce il confine tra l’Italia e la Svizzera, sfidando i rischi naturali e i controlli della Finanza. A poca distanza dal centro del paese, nel Dorf – l’antico borgo fatto da abitazioni costruite con tronchi di larice incastrato –  davanti alla Chiesa Vecchia si trova il vecchio tiglio. Sotto all’imponente albero pluricenteneario, dalla circonferenza di oltre sette metri, un tempo si tenevano i mercati, s’incontravano le genti delle diverse valli del Rosa, si svolgevano, come in una sorta di tribunale all’aperto, riunioni giudiziarie e amministrative. A fianco della Chiesa Vecchia c’è il cimitero degli alpinisti. La storia ci dice che, il 22 luglio 1872,  Ferdinand Imseng di Saas, ma residente a Macugnaga, con una guida e un portatore condusse tre inglesi alla vetta della Dufour direttamente da Macugnaga. Da quel momento iniziò un’epoca di grandi ascensioni e, come capita sulle grandi montagne, anche di parecchie tragedie, la prima delle quali causò proprio la scomparsa di Imseng MACUGNAGAassieme a un suo cliente, Damiano Marinelli, e alla guida Battista Pedranzini. Un evento che provocò una sollevazione dell’opinione pubblica al punto che furono proibite le ascensioni sul Rosa, ma il provvedimento non venne preso in grande considerazione visto che, cinque anni dopo, venne inaugurata la capanna Marinelli, per aiutare gli scalatori che tentavano le ascensioni dirette da Macugnaga. Nel cimitero, tra le tombe che ospita, molte portano il nome dei “caduti del Rosa”, sfortunati alpinisti che trovarono la morte nel bianco perenne della grande montagna. Un luogo suggestivo, dove spesso sono state intonate struggenti invocazioni al “Signore delle Cime”. Tra lapidi e foto, immagini di corde, piccozze e ramponi  ci sono anche delle tombe vuote perché i corpi sono ancora sepolti nel ghiaccio della parete Est e chissà mai se verrà il giorno in cui la montagna consentirà di trovarne le povere spoglie. In qualche caso è passato anche più di mezzo secolo, come quando – nel 2007 –  vennero alla luce un femore, alcune costole, un dito e dei brandelli di abiti che, l’esame del Dna, attribuì ad Ettore Zapparoli, alpinista, scrittore e musicista, scomparso sul Rosa nell’agosto del 1951 durante un’ascensione solitaria e nonostante le ricerche, mai ritrovato. Ora anche lui, come tanti, riposa  nel vecchio cimitero, sotto il portichetto dove una lapide ricorda i soci defunti del Gruppo italiano scrittori di montagna, del quale Zapparoli era membro. Un sonno eterno, quello dell’ “unico vero alpinista solitario” – come lo definì il grande alpinista Emilio Comici, proprio davanti all’imponente incanto della Est, la parete più alta delle Alpi, con le sue insidiose rocce, i seracchi e i ripidi pendii di neve.

Marco Travaglini

Donna muore investita sulle strisce pedonali

E’ morta Giovanna Baldovino, 78enne, a Lombardore investita sulle strisce pedonali in  via Torino, mentre  stava attraversando . E’ stata travolta da una Peugeot 206 il cui conducente ha si è fermato  e ha prestato i primi soccorsi all’anziana che purtroppo è morta  sul colpo.

Movie tellers al via il 1° ottobre

Dopo la prima edizione , la rassegna Movie Tellers – Narrazioni cinematografiche, torna ,per tutto ilmese di ottobre, con una nuova selezione di titoli della recente stagione cinematografica regionale,  12 film a km zero – 4 lungometraggi, 4 documentari, 4 cortometraggi – accompagnati in sala dagli  autori, i protagonisti e i professionisti dell’industria del cinema che li presentano al pubblico. Un grande evento che cresce arrivando a coinvolgere tutte le otto province del Piemonte con ben 130 proiezioni nelle sale cinematografiche di 25 località.“Movie Tellers  è un’iniziativa di grande importanza per il nostro territorio – dichiara Antonella Parigi, Assessore alla Cultura e Turismo della Regione Piemonte – Una manifestazione che ha l’obiettivo di accrescere sempre più la diffusione delle pellicole meno supportate sul fronte della distribuzione : un importante momento di fruizione, quindi, capace di mettere in rete e collegare le sale cinematografiche e le realtà locali nella creazione di un sistema di distribuzione diffuso “. Movie Tellers – Narrazioni cinematografiche è realizzato da Associazione Piemonte Movie con il sostegno di Regione Piemonte, Film Commission Torino Piemonte, FIP Film Investimenti Piemonte, Museo Nazionale del Cinema, Torino Film Festival e Torino FilmLab. Tra i lungometraggi proposti spiccano Lazzaro felice di Alice Rohrwacher, che all’ultimo Festival di Cannes si è aggiudicato il Premio per la Miglior Sceneggiatura e Félicité di Alain Gomis, vincitore del Gran Premio della Giuria alla Berlinale. A questi si aggiungono due produzioni indipendenti, Al massimo ribasso di Riccardo Jacopino e Oltre la nebbia- Il mistero di Rainer Merz di Giuseppe Varlotta, entrambi girati in svariate location tra Torino e il resto della regione. Tra i documentari, “ Cento anni “ di Davide Ferrario e “ ’78 – Vai piano ma vinci”, realizzati grazie al sostegno di Film Commission Torino Piemonte – Piemonte Doc Film Fund. L’inaugurazione tocca al film di Gomis, sostenuto dal Torino Film Lab, il 1° ottobre alle 18 al Cineporto di via Cagliari 42.
                                                                                                                                    Helen Alterio

Lo spirito olimpico

Il barone Pierre de Coubertin , inventore dei moderni giochi olimpici, ha smesso di rivoltarsi nella tomba. Dopo lunghi decenni dove è stato costretto a vederne di tutti i colori , sponsors sempre più pervasivi ed invadenti, materiali sempre più sofisticati, doping sempre incombente, discipline olimpiche che, se continua così , fra un po’ faranno rimpiangere i famosi Higlands Games scozzesi  , quelli per capirci del tiro alla fune e del lancio del tronco, finalmente ha visto una novità per lui positiva.  Non ci credeva  più e penso che avesse oramai riposto ogni speranza , anche la più intima . In una sorta di “flash back” avrà rivisto i grandi campioni degli sport invernali del passato da Zeno Colò ad Anton (Toni) Sailer, da Jean Vuarnet a Gustav Thoeni. Poi ad un tratto è arrivata Lei, senz’altro non medagliata come Inge Wersin-Lantschner  e meno brava e bella di Lindsey Vonn ma , certamente, più alta della pluri medagliata Deborah Compagnoni, Chiara Appendino.  Gli è apparsa , al barone De Coubertin, prima sfocata e diafana, poi sempre più nitida con in mano la fiaccola olimpica che ardeva non di una luce fatua o tremula ma vivida e luminosa. Così mentre avanzava si spandeva intorno , nuovamente, il “vero ” spirito olimpico  e cioè che Torino gareggiava ,per l’assegnazione dei XXV giochi olimpici invernali del 2026 ,non per vincere ma per partecipare.