CULTURA E SPETTACOLI

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Trieste torna all’Italia nel 1954 – Vitaliano Brancati – È morto Paolo Griseri – Lettere

Trieste torna all’Italia nel 1954
Il  26 ottobre 1954  Trieste torno’ finalmente italiana dopo il disastro della II guerra mondiale. Rischio’ di diventare titina e jugoslava, pagando il trattato di pace del 1947, altamente  punitivo, che previde forti mutilazioni al territorio nazionale del  martoriato confine orientale. Chissà quanti italiani avranno ricordato l’anniversario di una data importante e ricorderanno il Presidente Giuseppe Pella che ebbe stroncata la carriera politica perché tenne una ferma e coraggiosa  posizione su Trieste?  C’è chi ha esposto  in questi giorni la bandiera tricolore per riannodare la Vittoria del 4 novembre 1918 con Trieste  nuovamente italiana  e per  ricordare il sindaco di Trieste Bartoli che espose il tricolore, malgrado il divieto  degli alleati anglo – americani. E bisognerebbe ricordare i martiri di Trieste del 1952 uccisi dal piombo degli inglesi mentre, di ritorno da Redipuglia, manifestarono per l’italianità della terra di San Giusto. Anche la cantante Nilla Pizzi con “Vola colomba” ricordò agli italiani la dignità nazionale infranta. Il presidente Einaudi andò a Trieste come il Re Vittorio Emanuele III nel 1918. Era un‘Italia sconfitta che aveva rialzato la testa e non era più  disposta a cedere ai ricatti. Chissà quanti l’avranno ricordata questa data  storica?
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Vitaliano Brancati
Il 25 settembre 1954 morì a Torino lo scrittore siciliano Vitaliano Brancati per complicazioni insorte in seguito ad un intentervento chirurgico. Se si esclude  il bel libro su di lui di Salvatore Vullo, nulla è stato fatto a Torino di significativo . Un premio  a lui intitolato ,dato a giornalisti torinesi a Pianezza non basta a ricordare Brancati, che ha  pagato  il fatto di essere stato un pannunziano non succube della egemonia  gramsciana.
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E’ morto Paolo Griseri
È mancato Paolo Griseri uno dei migliori giornalisti della “Repubblica”  e della “Stampa”, un uomo colto, equilibrato che era riuscito ad andare oltre le vulgate ideologiche.
Una perdita grave per il giornalismo italiano. La sua apertura lo portava ad essere diverso da tanti suoi colleghi di testata.
Con  G i a n n i n i  direttore aveva poi lasciato la vice direzione della “Stampa” che in effetti era diventata un duplicato della vecchia “Unità”. Leggendo i necrologi di tanti che non stimo (uso un eufemismo), mi viene il dubbio se unirmi al coro di chi, non sapendo cosa scrivere, ripete l’augurio banale  della terra lieve. Per come l’ho conosciuto io, lo ricordo come un uomo rispettoso delle idee anche di chi non era vicino al suo mondo. Questo è il vero motivo di un elogio così ampio e condiviso.
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Lettere scrivere a quaglieni@gmail.com
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Dalla parte di Lo Russo

A fine novembre si terrà a Torino  l’assemblea dell’ANCI alla presenza del Presidente della Repubblica. In lizza saranno i sindaci di Napoli e di Torino e sui giornali appare una mobilitazione per vincere che in passato rimase sotto traccia. Lei cosa ne pensa?

Jacqueline Lami
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Non per ragioni campanilistiche, ma politiche e personali sto dalla parte di Lo Russo sperando che il tempo dedicato all’Anci non venga sottratto a Torino. Manfredi, il sindaco di Napoli, venne eletto anche dai grillini.  E tanto mi basta. Lo Russo da un certo tempo sta affrancandosi dall’ala demagogica della sua maggioranza che tanto danno provoca alla città  e sta rivelando doti amministrative che il suo competitor come sindaco alle elezioni non ha mai avuto e continua a non avere.
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Piazza Baldissera
Il casino continua. E’ impercorribile. Di chi la colpa? Elena Soffici
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Dell’assessore  competente, si fa per dire, Foglietta, persona che andrebbe sollevata dall’incarico insieme all’assessore Tresso. Sono le due fragilità della Giunta torinese che vanificano l’impegno di altri.
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Umberto II e i suoi luoghi
Le Residenze Reali e le sovrintendenze  hanno organizzato una due giorni a livello internazionale dedicata a Umberto II e i suoi luoghi. Bella iniziativa anche se la presenza di Gentile (che offese in un libretto la Regina Elena che avrebbe avuto un’avventura  con un dignitario di corte in assenza del re durante la Grande Guerra) appare del tutto inopportuna. Ma è stato bello che una parte di istituzioni si sia ricordata dei 120 della nascita del Re Umberto.   Vittorio Raiteri
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Concordo con Lei: un grande convegno in cui risalta la competenza dell’arch. Daniela Biancolini e di altri dirigenti e studiosi. L’ultimo Re andava ricordato. Io l’ho fatto sul “Corriere della sera”, unico giornale che abbia dedicato attenzione al Sovrano in esilio. Nessun giornale ne ha parlato con un conformismo stile  G i a n n i n i.

A Carla Tolomeo, “Signora delle Sedie-Scultura”, il Premio Alfredo d’Andrade

Torino si prepara a diventare la capitale dell’arte con una settimana intensa di fiere ed eventi. Lunedì, nella splendida cornice del Circolo dei Lettori presso Palazzo Graneri della Roccia, l’Associazione Europea Alfredo d’Andrade per la Cultura del Bello assegnerà il prestigioso Premio alla Carriera Alfredo d’Andrade a Carla Tolomeo, celebre artista di fama internazionale, nota per le sue iconiche sedie-scultura. Questo riconoscimento, assegnato in passato a rinomati architetti e artisti come Michele De Lucchi, Franco Mazzucchelli e Fulvio Morella, celebra il contributo di Tolomeo all’arte e al design. Un appuntamento imperdibile che esalta l’arte e la cultura nel cuore della città sabauda.

Il Comitato d’onore 2024 ha accolto la proposta del curatore e direttore di Cramum Sabino Maria Frassà, riconoscendo a Carla Tolomeo i suoi straordinari meriti artistici, oltre alla sua capacità di innovare e reinventarsi con coerenza e passione. L’artista ha saputo dar vita a un’arte evocativa e complessa, in cui rimandi letterari si intrecciano con concetti profondi, anticipando e influenzando l’evoluzione del design contemporaneo. Conosciuta a livello internazionale come la “Signora dell’arte delle sedie-scultura”, Carla Tolomeo ha unito empatia e visione, ispirando gli spettatori attraverso opere che trasmettono un messaggio universale di bellezza e riflessione.

Il premio, un fregio in ceramica realizzato dal Maestro ceramista Brenno Pesci di Castellamonte, si ispira ai decori artistici presenti nel Castello di Pavone Canavese. Questo edificio storico, ristrutturato e abitato da Alfredo d’Andrade, rappresenta un simbolo del suo impegno nella tutela del patrimonio culturale. È proprio qui che d’Andrade riposa, insieme alla moglie Costanza Brocchi, rendendo il premio un omaggio non solo all’arte ma anche alla preservazione della memoria e del valore del patrimonio artistico italiano.

Come racconta l’artista Carla Tolomeo in merito al premio: “Sono onorata di questo riconoscimento, che valorizza la mia storia personale e artistica, e mi sprona ancora di più a guardare al mio tempo preferito: il futuro. I nuovi progetti mi tengono in vita, ma nascono dal passato, di cui ho piena consapevolezza. L’arte è una sintesi del tutto, un rifugio emotivo e intimo che condivido con gli altri.”

Biografia dell’artista

Nata nel 1941, Carla Tolomeo è universalmente riconosciuta come la “Signora dell’arte delle sedie”. Proveniente da una famiglia piemontese di alto lignaggio, ha trascorso la sua vita immersa in un ambiente intellettuale di grande rilievo, coltivando amicizie con personalità come Jorge Luis Borges, Giorgio De Chirico e Marta Marzotto. Nel 1969 si è sposata con il critico letterario Giancarlo Vigorelli, al quale è rimasta legata fino alla sua scomparsa nel 2005.

Dopo una lunga carriera nella pittura, Tolomeo ha rivoluzionato la sua pratica artistica negli anni Settanta, dedicandosi alla creazione delle celebri sedie-scultura, presentate per la prima volta alla Galleria Ca’ d’Oro di Roma. Queste opere hanno rapidamente catturato l’attenzione internazionale, con esposizioni in tutto il mondo, da Tel Aviv a Parigi, da Mosca a New York. A conferire ulteriore notorietà a Tolomeo è stata la collaborazione con il marchio Hermes per le sue vetrine parigine.

Tra le sue collaborazioni recenti spicca il progetto per il teatro del “Palace of Arts – Madlena” a Belgrado, trasformato in una straordinaria opera d’arte grazie al supporto della famiglia Zepter. Le sue sedie-scultura, realizzate con materiali preziosi come velluti, marmi e alluminio, non sono solo elementi di design, ma vere e proprie sculture tessili che, come afferma l’artista stessa, “sono luoghi per accarezzarsi l’anima, anche se sono scomodissime, come lo è la vita”.

Le opere di Carla Tolomeo nascono da un processo creativo fortemente intuitivo, e la loro forza risiede nell’esplorazione di archetipi universali e concetti come la metamorfosi. Sedie e divani si trasformano in farfalle, fiori e lune, incarnando il passaggio continuo tra stati esistenziali e invitando lo spettatore a un’intima riflessione.

La bella addormentata

Disegnare la città. L’Accademia Albertina e Torino tra Eclettismo e Liberty 

“Disegnare la città. L’Accademia Albertina e Torino tra eclettismo e Liberty” rappresenta il titolo di una fortunata mostra inaugurata nell’ottobre 2021 alla Pinacoteca Albertina, prima parte di un progetto pluriennale volto alla valorizzazione e conoscenza del patrimonio storico conservato negli Archivi dell’Accademia, voluta dal presidente dell’Accademia Paola Gribaudo e dall’allora direttore, recentemente scomparso, Edoardo Di Mauro, a cui va il ricordo dell’attuale direttore Salvo Bitonti e di tutta l’Accademia.

Accogliendo l’invito del direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di New York, Fabio Finotti, l’Accademia Albertina ha portato questa mostra a New York, scegliendo proprio una esposizione che evidenzia l’eccellenza delle sue raccolte, soffermandosi sul progetto della città nell’epoca di maggiore innovazione architettonica e decorativa di Torino, tra fine Otrecento e i primi del Novecento, l’epoca del Liberty e dell’eclettismo decorativo.

Tra Ottocento e Novecento l’Accademia Albertina fu una fucina di formazione e ricerca che contribuì a definire la nuova immagine di Torino nel processo di trasformazione da città capitale a città industriale .

Obiettivo del progetto è quello di illuminare questa vicenda e ciò che vi fu attorno, attraverso un percorso fatto di preziosi e affascinanti progetti decorativi, di solito inaccessibili al pubblico. L’eclettismo è lo stile principale indagato dal progetto. Le sue matrici culturali permettono una nuova libertà al progettista, aperto ad ampi repertori, che spaziano nella storia e nei luoghi. A inizio Novecento, in contemporanea con l’ approccio eclettico, si diffonde il Liberty che, a partire dall’Esposizione internazionale d’arte decorativa moderna del 1902, trova nell’Accademia Albertina un terreno fertile di sperimentazione. A Torino le pianificazioni della seconda metà dell’Ottocento sono esempi di sperimentazione di una nuova immagine urbana, sintesi di decoro e qualità dello spazio pubblico.

Vengono ora esposti a New York venti meravigliosi acquerelli di Giulio Casanova ( 1875-1961), docente di Decorazione che, con grande maestria, ideò e dipinse gli elementi artistici dei suoi straordinari progetti, Baratti & Milano in piazza Castello a Torino, fino al volume dedicato al treno Reale concepito in preparazione del matrimonio tra Umberto di Savoia e Maria José del Belgio, ancora oggi a disposizione della Presidenza della Repubblica.

Accanto alle opere storiche vi sono creazioni contemporanee degli allievi dell’Accademia di Belle Arti, in un progetto installativo multimediale curato da Laura Valle e Gerardo De Pasquale. Si tratta di un dialogo immersivo tra arte e scienza nei linguaggi della pitturaBelle nuove tecnologie.

Una trama semantica che unisce elementi di antropologia simbolica alla contemporaneità del linguaggio dei video, in un dialogo anche distopico-utopico nella codificazione dell’invenzione iperrealistica. Si tratta di un’originale “Metraquadreria” dagli esiti sorprendenti e inaspettati dedicata alla città che meglio di ogni altra ha saputo incarnare l’idea di futuro, quale è stata New York.

 

Mara Martellotta

Jadid Hilal,  “Una terra per restare”

Sabato 26 ottobre Jadid Hilal sarà a Torino per presentare il libro “Una terra per restare”, un caso letterario in Francia pubblicato da Asta Arte Edizioni, un romanzo che, tra Palestina e Libano, attraverso le voci di quattro generazioni di donne e racconta un secolo di storia del Medio Oriente. L’evento è in collaborazione con l’Alliance Francaise di Torino, il liceo Berti, il Circolo Mossetto, l’associazione UDAP e la libreria Belgravia. L’incontro avverrà presso il Circolo ricreativo Mossetto, in lungo Dora Agrigento 16. Conduce Sami Hallac. Reading di Luca Nicolotti, Daniela Portonero e Roberta Straquadario.

Naima, Ema, Dara e Lila sono i volti di quattro generazioni di donne della stessa famiglia, le cui vicende si intrecciano attraverso un secolo di storia del Medio Oriente. Diverse ma egualmente tenaci nel difendere la vita dall’oppressione maschile, dalla sofferenza dell’esilio e dall’oppressione della guerra. Appena adolescente Naima è costretta a sposare un uomo molto più anziano di lei, che la conduce dalla Palestina al Libano per sfuggire al primo conflitto arabo israeliano. Ema, sua figlia, vive con entusiasmo il clima di fermento politico e culturale del Libano degli anni Settanta a Beirut, ma risulta schiacciata dalla violenza del padre e da quella ancora più subdola del marito. Ancora bambina, Dara è costretta a lasciare il suo amato Paese per la Svizzera e vi farà ritorno appena le sarà possibile, ma gli attacchi israeliani del 2006 la riporteranno in Europa. Qui cresce Lila, bambina del nuovo millennio, che combatte la nostalgia di casa con la forza dell’immaginazione.

Mara Martellotta

Oggi al cinema. Le trame dei film nelle sale di Torino

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A cura di Elio Rabbione

Finalement – Commedia. Regia di Claude Lelouch, con Kad Merad, Sandrine Bonnaire e Françoise Fabian. Ancora un film sui sentimenti da parte del regista di “Un uomo una donna”, classe. La storia di Lino, che ha preso a girare per tutta la Francia, da Nord a Sud, raccontando a chi lo accoglie in auto un po’ di sé. Avvocato di successo, una lunga carriera alle spalle, una bella famiglia che ama e da cui è amato, un uomo che una malattia improvvisa spinge ad un comportamento che lo mette di fronte alle proprie responsabilità. Non riesce più a mentire agli altri come a se stesso. Incontrerà nuove persone tra cui una donna di cui si innamorerà e una nuova passione: suonare la tromba. Il sottotitolo originale suona “La folie des sentiments”, quello italiano “Storia di una tromba che si innamora di un pianoforte”. Durata127 minuti. (Romano sala 3)

Iddu – Commedia drammatica. Regia di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia, con Toni Servillo e Elio Germano. Durata 122 minuti. Liberamente ispirato al periodo della latitanza di Matteo Messina Denaro, in particolar modo ai suoi scambi epistolari con l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonino Vaccarino. La Sicilia dei primi anni del nuovo secolo, quando Catello, detto “il preside”, esce dal carcere, condannato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, è contattato dai servizi segreti che gli propongono di prendere contatto con il vecchio boss, suo figlioccio. Ha inizio di qui una fitta corrispondenza epistolare, con la speranza che in uno dei tanti pizzini Messina si spinga a rivelare per errore il proprio nascondiglio. Presentato in concorso a Venezia. (Massaua, Ideal, Reposi sala 4, Romano sala 3, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Joker: Folie à deux – Drammatico. Regia di Todd Phillips, con Joaquin Phoenix, Lady Gaga e Brendan Gleeson. Ancora sulle orme di Arthur Fleck, noto come Jocker, il serial killer che ha terrorizzato Gotham City, recluso nell’ospedale psichiatrico di Arkham in seguito al suo arresto. Lì conosce Harley Quinn, un incontro che cambia la sua vita. I due si riconoscono e si comprendono perfettamente, Arthur trova in Harley la sperato che ha sempre sperato di incontrare. Tra i due nasce una sintonia straordinaria e quando vengono rilasciata al termine della detenzione, ormai inseparabili, sono pronti a intraprendere una nuova tragica e folle avventure. Durata 138 minuti. (Ideal, Lux sala 1, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Madame Clicquot – Drammatico. Regia di Thomas Napper, con Haley Bennet e Sam Riley. Dopo la prematura morte del marito, Barbe-Nicole Ponsardin Clicquot sfida le convenzioni assumendo le redini dell’azienda vinicola che i due coniugi avevano da poco avviato insieme. Guidando l’azienda attraverso vertiginosi rovesci politici e finanziari, la protagonista resiste alle critiche, rivoluziona l’industria dello champagne e diventa una delle prime grandi donne d’affari nel mondo. Durata 89 minuti. (Greenwich Village sala 3)

Il maestro che promise il mare – Drammatico. regia di Patricia Font, con Enric Auquer. Nel 1935, il maestro Antoni Benaiges accetta l’incarico come insegnante in un piccolo villaggio nella provincia di Burgos, in Spagna. Qui il giovane maestro instaura un intenso legame con i suoi studenti, bambini tra i sei e i dodici anni, ai quali fa una promessa: portarli a vedere il mare per la prima volta nella loro vita. Ma i metodi di insegnamento innovativi del maestro non incontrano il consenso del governo dell’epoca, che inizia una dura opposizione nei confronti dell’insegnante e dei suoi ideali. Settantacinque anni dopo, la nipote di uno di quegli alunni ricostruisce la meravigliosa storia vera nascosta dietro la promessa del maestro. Una storia di coraggio, dedizione e resistenza che rischiava di rimanere sepolta dalle ombre del regime franchista. Durata 105 minuti. (Greenwich Village sala 2 anche V.O.)

Megalopolis – Drammatico. Regia di Francis Ford Coppola, con Adam Driver, Jon Voigt, Talia Shire e Dustin Hoffman. Il geniale architetto Cesar Catilina cerca di far balzare la città di New Rome in un futuro utopico e realistico, mentre il suo oppositore, il sindaco Franklyn Cicero, rimane impegnato in uno status quo regressivo, perpetuando l’avidità, gli interessi particolari e la guerra di parte. Tra i due c’è Julia Cicero, la figlia del sindaco, il cui amore per Cesar ha diviso la sua lealtà, costringendola a scoprire cosa crede che l’umanità meriti veramente. Durata 138 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Fratelli Marx sala Harpo, Ideal, Lux sala 1, Reposi sala 5, Romano sala 1, Uci Lingotto, Uci Moncalieri)

La misura del dubbio – Drammatico. Regia di e con Daniel Auteuil. Da quando ha fatto assolvere un assassino recidivo, l’avvocato Jean Monier non accetta più casi di giustizia penale. L’incontro con Nicolas Milik, padre di famiglia accusato dell’omicidio della moglie, lo tocca profondamente e fa vacillare le sue certezze. Convinto dell’innocenza del suo cliente, è disposto a tutto pur di fargli vincere il processo in corte d’assise, ritrovando in questo modo il senso della sua vocazione. Durata 115 minuti. (Eliseo)

I morti non soffrono – Drammatico. Di e con Viggo Mortensen, con Cicky Krieps e Danny Huston. I temi del western coniugati al femminile. Vivienne è figlia di immigrati francesi, vivein Canada, cresce forte e risoluta della propria indipendenza. Cambia paese, porta avanti la sua vendendo fiori e rifiutando un matrimonio borghese. Tutti possono acquistare i suoi fiori, uno soltanto la colpisce per la gentilezza e la dolcezza con cui l’avvicina e la tratta. Anche lui è un immigrato, è Holger Olsen, è arrivato dalla Danimarca, è un soldato che ha combattuto per anni e se una seconda patria lo chiama lui si sente ancora in obbligo di rispondere. Sarà un volontario nordista, dopo aver messo su casa con Vivienne, lasciando la donna sola di fronte a ogni sorta di pericolo, il rampollo di un boss locale che ne abusa, il sindaco corrotto che protegge i fuorilegge. Ci sarà un ritorno ma anche la morte che metterà una parola fine. Durata 129 minuti. (Classico)

Parthenope – Drammatico. Regia di Paolo Sorrentino, con Celeste Dalla Porta, Gary Oldman, Stefania Sandrelli, Isabella Ferrari, Silvio Orlando e Luisa Ranieri. La vita di Partenope, che si chiama come la sua città, ma non è né una siorena né un mito. Dal 1950, quando nasce, fino ai giorni nostri. Dentro di lei, tutto il lunghissimo repertorio dell’esistenza: la spensieratezza e il suo svenimento, la bellezza classica e il suo cambiamento inesorabile, gli amori inutili e quelli impossibili, i flirt stantii e le verigini dei colpi di fulmine, i baci nelle notti di Capri, i lampi di felicità e i dolori persistenti, i padri veri e quelli inventati, la fine delle cose, i nuovi inizi. Gli altri, vissuti, osservati, amati, uomini e donne, le loro derive malinconiche, gli occhi un po’ avviliti, le impazienze, la perdita della speranza di poter ridere ancora una volta per un uomo distinto che inciampa e cade in una via del centro. Sempre in compagnia dello scorrere del tempo, questo fidanzato fedelissimo. E di Napoli, che ammalia, incanta, urla, ride e poi sa farti male. Durata 136 minuti. (Centrale, Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Eliseo Grande, Fratelli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 2, Nazionale sala 1, Reposi sala 1, Romano sala 2, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

La storia di Souleymane – Drammatico. Regia di Boris Lojkine, con Abou Sangare. Souleymane proviene dalla Guinea e abita a Parigi, dove si guadagna da vivere consegnando cibo in bicicletta. Ora ha solo due giorni di tempo per prepararsi alla perfezione e superare il colloquio di richiesta asilo: il problema è che ha deciso di raccontare una storia che non è la sua. Durata 93 minuti. (Nazionale sala 3 anche V.O.)

Il tempo che ci vuole – Drammatico. Regia di Francesca Comencini, con Fabrizio Gifuni e Romana Maggiora Vergano. Luigi e Francesca condividono la passione per il cinema, nonostante le diverse scelte di vita e i modi di stare al mondo. La storia è ambientata durante gli anni di piombo, sul set di “Pinocchio”, il film a cui Luigi Comencini sta lavorando in quei giorni. Lei è una bambina ma lui le parla con serietà, compostezza e rispetto come si fa con un’adulta. Francesca cresce e diventa ragazza in un periodo storico di cambiamento, ricco di lotte politiche e di rivoluzioni sociali, ma purtroppo anche di stragi. La passione di Francesca per il cinema l’accompagna sempre ma la magia fa spazio all’insicurezza. È proprio in questo frammento della storia italiana che compare e si diffonde nel Paese l’eroina, che segnò e stravolse la vita di Francesca e della sua generazione. Luigi è disarmato, non sa come reagire, ma decide di starle accanto portandola con sé a Parigi. Durata 110 minuti. (Nazionale sala 3)

The Apprentice – Alle origini di Trump – Drammatico. Regia di Ali Abbasi, con Sebastian Stan, Jeremy Strong e Maria Bakalova. New York, anni Settanta. Determinato a uscire dall’ombra del potente padre e a farsi un nome nel settore immobiliare di Manhattan, l’aspirante magnate Donald J. Trump agli inizi della sua carriera incontra l’uomo che diventerà una delle figure più importanti della sua vita: il faccendiere Roy Cohn. Vedendo del potenziale in Trump, il controverso avvocato – che aveva ottenuto le condanne per spionaggio contro i Rosenberg e aveva investigato sui sospetti comunisti insieme al senatore McCarthy – insegna al suo nuovo allievo come accumulare ricchezza e potere con l’inganno, l’intimidazione e la manipolazione mediatica. Il resto è storia. Durata 120 minuti. (Greenwich Village sala 3, Ideal, Nazionale sala 4 anche V.O.)

Trifole – Drammatico. Regia di Gabriele Fabbro, con Umberto Orsini, Margherita Buy, Enzo Iacchetti e Ydalie Turk. Dalia, una giovane donna cresciuta a Londra, non ha alcuna aspettativa per il futuro e non è per nulla motivata. Sua madre le chiede di prendersi cura di suo nono Igor, affetto da demenza senile, che vive in un piccolo paesino delle Langhe, nella speranza che stare in mezzo alla natura possa aiutarla a fare chiarezza e trovare la sua strada. Arrivata in casa del nonno, Dalia scopre che l’uomo, che peggiora di giorno in giorno, ha ricevuto una notifica di sfratto a causa delle aziende vinicole locali, che stanno espandendo i loro territori e sono interessate a impossessarsi anche dei terreni destinati un tempo ai vecchi trifulau. La giovane deve trovare in breve tempo la somma di denaro che copra il pagamento dell’abitazione mentre Igor condivide con lei i segreti dei trifulau e la manda per i boschi con la cagnolina Birba, alla ricerca di qualcosa di inestimabile valore: il grande tartufo bianco, che potrebbe salvare la loro casa. Durata 100 minuti. (Greenwich Village sala 1, Uci Lingotto)

Vermiglio – Drammatico. Regia di Maura Delpero, con Tommaso Ragno, Sara Serraiocco, Roberta Rovelli, Martina Scrinzi e Orietta Notari. In quattro stagioni la natura compie il suo giro. Una ragazza può farsi donna. Un ventre gonfiarsi e divenire creatura. Si può smarrire il cammino che portava sicuri a casa, si possono solcare mari verso terre sconosciute. In quattro stagioni si può morire e rinascere. “Vermiglio”, ambientato tra le montagne della Val di Sole, in Trentino, racconta dell’ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale in una grande famiglia e di come, con l’arrivo di un soldato rifugiato, per un paradosso del destino, essa perde la pace, nel momento stesso in cui il mondo ritrova la propria. Leone d’Argento alla Mostra di Venezia, scelto a rappresentare l’Italia ai prossimi Oscar quale migliore film straniero. Durata 119 minuti. (Eliseo, Nazionale sala 2)

“Piazza Paradiso Cabaret” chiude con Andrea Agresti

 

Domenica 27 ottobre alle 18.30 – ingresso libero

Piazza Upim, Centro commerciale Piazza Paradiso (primo piano)

 

Domenica 27 ottobre, alle ore 18.30, presso il centro commerciale Piazza Paradiso di Collegno (piazza Bruno Trentin 1), va in scena l’ultimo spettacolo dell’edizione 2024 di “Piazza Paradiso Cabaret”.

 

Andrea Agresti, comico, presentatore, cantante ma soprattutto… Iena, si presenta al pubblico con la sua band nello spettacolo che unisce musica e cabaret “Sempre lo stesso show”.

 

Una serata in cui il pubblico ride fino alle lacrime e canta a squarciagola per un’esibizione nella quale Agresti – musicista dalle grandi doti canore – ripercorre i successi italiani degli anni ’70- ’80 – ‘90, in un mix di gag, risate e ritornelli cantati insieme al pubblico.

 

Non manca un momento che accompagna ogni spettacolo in cui Andrea coinvolge i presenti in un simpaticissimo quiz a tema “LE IENE”.

 

L’ingresso, come sempre, è gratuito; l’appuntamento sarà introdotto dal comico torinese Mauro Villata, “maestro di palco” della rassegna.

Il Centro Commerciale Piazza Paradiso nasce da un progetto di riqualificazione urbana di un ex complesso industriale e si compone di tre piani: uno interrato e destinato a parcheggi e due fuoriterra di galleria commerciale, con oltre 30 punti vendita. Al piano terra si trovano l’ipermercato, a insegna Ipercoop, e varie attività commerciali e di servizio quali Marionnaud, Vision Ottica, Kasanova, centro TIM, Max Battaglia Parrucchieri, Stroili Gioielli, (In)Estasy, Centro Wind 3, Yo Yogurt, Lavasecco, Sale e Tabacchi e NewDigital Foto. Il primo piano ospita esercizi commerciali (Pittarosso, Upim, Sottotono, Maison et Cadeaux, Unigross, Libreria Ubik, Jerry abbigliamento, il centro estetico Coralline), una food court (In Primis, Food Paradise, ODS Store, Amo Pokè e Caffè Vergnano), l’Area Playground per i bambini, il CinemaParadiso e il Centro Dentistico DentalPro.

Un grande omaggio a Berthe Morisot, ma anche una giusta richiesta di denaro al Governo

Nelle sale della GAM, sino al 9 marzo 2025

Ha rischiato davvero di passare in secondo piano, nel momento dell’inaugurazione affollatissima la settimana scorsa, il ritratto e la mostra di “Berthe Morisot, pittrice impressionista” – organizzata e promossa dalla Fondazione Torino Musei, GAM Torino e 24Ore Cultura – Gruppo 24 Ore, una cinquantina di opere sotto la cura di Maria Teresa Benedetti e Giulia Perin, con l’eccezionale sostegno del Musée Marmottan Monet di Parigi -, diremmo scavalcata dalle dichiarazioni – un appello unanime – del presidente Massimo Broccio e della assessora alla Cultura del Comune Rosanna Purchia, seguiti a ruota dalla novella direttrice Chiara Bertola (giustamente) preoccupati di quanta strada si debba ancora fare per vedere completato il “processo di riqualificazione” della Gam che pur vede aprirsi “una sua nuova stagione”, pur “chiusa per un terzo dei suoi spazi quando mi sono insediato”, sottolinea Broccio. Dando fiato alle trombe per urlare ancora una volta che pecunia non olet, si fa sonora richiesta secondo la impellente bisogna a Regione e Governo – secondo la consuetudine, il primo richiesto dovrebbe essere il Ministero della Cultura, di questi tempi mai così sconquassato e vistosamente claudicante – di farsi carico di un futuro più che concreto e soddisfacente: mentre il segretario generale della Compagnia di San Paolo, Alberto Anfossi, elenca il quanto già fatto e il quanto già deliberato per interventi a venire (poco meno di due milioni di euro).

Ma torniamo a Berthe, “figura femminile capace di farsi accettare in un ambiente tutto maschile”, sono ancora parole del Presidente, consapevole altresì che sia, in questo 150mo anniversario dell’Impressionismo, il bentornato momento artistico dell’artista, se anche il Palazzo Ducale di Genova sente la necessità di ambientare nelle proprie sale “Impression, Morisot” che “sarà la prima grande mostra in Italia sulla figura” (ci fanno sapere da Genova) della pittrice (e tu vuoi che un minimo di rivalità al di qua e al di là dell’Appennino non ci sia? magari, se Parigi val bene una messa, sarà l’occasione per un giro nella Superba, e approfondire), con “86 opere, tra dipinti, acqueforti, acquerelli, pastelli, cui si aggiungono documenti fotografici e d’archivio, molti dei quali provenienti dai prestiti inediti degli eredi Morisot”. Berthe che era nata a Bourges nel gennaio del 1841 e che sarebbe scomparsa a Parigi il 2 marzo 1895, la casa della sua giovinezza aperta a intellettuali e artisti, la preclusione all’École des beaux-arts che avrebbe aperto al gentil sesso soltanto nel 1897, i primi maestri e le visite al Louvre per studiare Raffaello e Rubens, l’allergia alle urgenze accademiche, l’entrata nell’atelier di Corot che la spinse a dipingere en plein air. Poi la conoscenza con Edouard Manet, incrociato nei lunghi corridoi del grande museo, forse una loro intima relazione data in pasto ai salotti parigini tra mille pettegolezzi, molto presumibilmente vuoti, una “relazione” artistica che sfociò nella comune passione artistica, nella stima e nell’amicizia, nell’affidarsi dell’allieva al maestro per divenire una delle sue modelle predilette (la ritrasse in ben undici tele, come “Il balcone”, 1868, “Berthe Morisot con il ventaglio”, 1872, e “Berthe Morisot con un mazzo di violette”, ancora 1872).

Questa frequentazione e quest’amicizia non impedirono a Berthe di sposare nel 1874 Eugène, il fratello di Manet, in un matrimonio oltremodo felice, “ho trovato un brav’uomo, onesto, e sono sicura che mi ama sinceramente”, parole che avrebbero sicuramente cancellato quelle pronunciate un tempo: “Non credo ci sia mai stato un uomo che abbia trattato la donna alla pari, e questo è tutto ciò che chiedo, perché conosco il mio valore.” È il piacere, quasi la necessità di dipingere a portare avanti la vita dell’artista, i suoi sentimenti consolidati, le amicizie, i viaggi e le frequentazioni di luoghi e amici, la dolcezza dei rapporti familiari, primo fra tutti quello con la sorella Edma; è l’importanza, forse mai immaginata ma pur sempre ricercata, di far parte di un gruppo, che trova nella “Società anonima degli artisti, pittori, scultori, incisori, ecc.” e che vede tra i partecipanti, tra gli altri, Pissarro, Degas, Renoir, Sisley, Monet: con cui, unica presenza femminile, allestisce (nove erano le sue opere) nel 1874 una mostra nello studio del fotografo Nadar. Avrebbe partecipato a ogni mostra successiva, avrebbe mancato soltanto quella del 1879 perché incinta della figlia Julie.

Magicienne”, la definì Stéphane Mallarmé e nel passare dinanzi a certe opere, suddivise in quattro sezioni, la sfera familiare e i ritratti femminili, i paesaggi e i giardini e i capolavori en plein air, provenienti da importanti musei (oltre il Marmottan, il Musée d’Orsay di Parigi, il Musée des Beaux-Arts di Pau, e ancora Madrid e Bruxelles) e collezioni private (la difficoltà dei prestiti, ricorda Maria Teresa Benedetti, “per la volontà di accrescere la conoscenza di questa donna che a suo tempo non ebbe il riconoscimento che meritava”), ti rendi pienamente conto dell’affermazione, pochi tratti racchiusi in un vortice a renderci la grazia e la prepotenza al tempo stesso dell’incompiuto. Unite all’uso della luce che si spinge attorno a un personaggio e a un angolo di giardino con una incontrastata ricchezza di pennellate che brillano e vivacizzano la superficie delle tele, il tutto avvolto dall’intensità dell’apporto cromatico. A queste sezioni, è anche esposta una importante raccolta di opere su carta dell’artista, provenienti dal Marmottan, fondamentali come i dipinti per ripercorrere le tappe del suo percorso creativo.

Ci si trova dinanzi a “Eugène Manet all’isola di Wight” realizzato durante il viaggio di nozze in Inghilterra e a “Eugène Manet e sua figlia nel giardino di Bougival” (entrambi dal Marmottan), padre e figlia sorpresi in un affettuoso atteggiamento che coinvolge il gioco, la giacca di lui fatta di rapidi tocchi mentre alle spalle ha maggiore concretezza espressiva il giardino di fiori variopinti e di piante: un luogo che, in altro momento, coinvolge la domestica di casa, Pasie, mentre è intenta a cucire, ancora tra il verde del giardino, esempio non ultimo di figure femminile colte nelle loro attività più umili nella storia dell’arte. Ci si trova dinanzi alla “Donna con ventaglio” (1876, seconda mostra impressionista), stilisticamente matura, dove in bella sequenza sono la composizione floreale, l’acconciatura della signora e il ricco ventaglio dal sapore settecentesco nei suoi disegni; e al “Ciliegio”, tra i dipinti a olio di dimensioni più imponenti realizzati dalla Morisot, e alla “Pastorella nuda sdraiata” e all’”Autoritratto con la figlia davanti a una finestra”, uno dei pezzi di maggior richiamo dell’intera mostra.

A cornice, o forse facendosi materia prima di “Morisot, pittrice impressionista”, si inserisce un “display”, realizzato da Stefano Arienti, un’ambientazione che incamera le tele dell’artista, ponendo qua una panchina o giocando là con un interno dove trovano posto un appendiabiti e un pianoforte, più in là un vasto, “erboso”, tappeto e certi teli di carta da parati, dipinti di grigio e di oro, o certe (deprecabili, queste sì) carte da pacchi color nocciola che umiliano certe tele che sopportano. O chi sopporta chi? Alcuni materiali con i relativi nuovi effetti creano un “dialogo con le opere” che non è da cancellare ma certo in alcuni momenti – leggi la prima sala – si tenta persino d’ingannare il visitatore camuffando quattro opere della Morisot con l’apporto moderno della cera di pongo “imposto” a larghe ditate da Arienti. È un progetto della direttrice Bertola di cui, per molti versi, non si sentiva affatto la necessità. “La culla”, poniamo, ci avrebbe personalmente rallegrato di più. S’intitola “L’intruso”. Se ho ben capito, nelle mostre a venire ne avremo ancora altri.

Risalendo all’inizio, tutti sottolineavano con dolenti note che per il restayling definitivo ci vorrà ancora tempo, con Purchia che, sottolineando la (già) nuova vita della GAM, ripete “noi continuiamo a credere in quella che è la prima galleria d’arte moderna del Paese, ma sarebbe bene che questo lo si ricordasse anche al governo”. Anfossi, da parte sua, ricorda che San Paolo ha già fatto il proprio dovere (leggi: 500 mila euro per i lavori di messa in sicurezza, altri 500 per il lotto zero). Con il milione e mezzo già messo da parte, si arriva a circa quattro milioni: per cui ad Anfossi non resta che chiedersi “a quando il contributo pubblico?”. La risposta che Mario Turetta, capo dipartimento per le attività culturali del Ministero della Cultura, dava alla Stampa nei giorni successivi, suonava glaciale: “Per quest’anno niente soldi alla Gam”. Sangiuliano, ex ministro ex promesse ex interventi, lasciava intravedere 15 milioni di euro: da Torino si aspetteranno i giochi (nuovamente?) del 2025. Responsabili e pubblico, tutti in attesa.

Elio Rabbione

Nelle immagini: di Berthe Morisot “Autoritratto con la figlia davanti a una finestra” (1887), “Il ciliegio”, “Donna con ventaglio” e “Autoritratto” (1885).

“The Mushroom Fortress”, i suggestivi “funghi colorati” di Michel Vecchi

Alle “Scuderie” del valdostano “Forte di Bard”

Fino al 25 maggio 2025

Bard (Aosta)

Al primo impatto, possono ricordarci i celebri “Tappeti natura”, inventati dal fantasioso creativo Piero Gilardi (artista torinese scomparso nel marzo di un anno fa) per riprodurre in modo estremamente realistico frammenti di ambiente naturale, “a scopo ludico ma anche di denuncia verso uno stile di vita ritenuto sempre più artificiale”. Chissà? Penso proprio che i fini collimino. Non è così di sicuro per i “supporti” e i “media” utilizzati. Il “poliuretano” per plasmare i “tappeti” (Pop Art) di Gilardi. Il legno di alberi caduti o pericolanti per i grandi “funghi” colorati di Michel Vecchi, l’ingegnoso “land artist”, ospitato con la sua “The Mushroom Fortress” nel prato verde antistante le “Scuderie” del “Forte di Bard”. Colori, pennelli e … motosega, Michel ha appositamente realizzato la sua piacevolissima installazione artistica per il “Forte” valdostano, creando una sorta di magico “Pianeta colorato” a misura d’uomo e di bimbo, dov’è facile immaginare giochi e voci di gioia rincorrersi fra quei “Funghi” (simbolo di “bosco” e di “felix natura”) creati dalla modellatura di legni recuperati da alberi non più alberi e tagliati lasciando le radici nel terreno “in segno di rispetto per il circolo rigenerativo della vita”.

Dalla sua Courmayeur, ai piedi del Monte Bianco, fino a Ibiza dove oggi vive parte dell’anno (dopo aver viaggiato fra Papua Nuova Guinea, Timbuktu, Mali, Afghanistan, Pakistan, India e l’isola di Pasqua), Vecchi ha sviluppato un modo suo, bizzarro e geniale ad un tempo, di fare arte che sempre vuole essere un atto d’amore infinito per la “natura”, per quel “bosco” di casa o lontano mille miglia da casa (ma i profumi, i sapori, i suoni e le vite e le emozioni in esso sottese sono sempre le stesse) che per lui è ogni volta “luogo di crescita, protezione e profonda introspezione”. Attraverso il suo lavoro, “l’artista – è stato scritto – ci invita a riflettere sulla profonda connessione tra noi e il resto della natura. Ogni albero porta con sé un messaggio dall’universo alla terra: una memoria, un’anima e un potere specifico da trasmettere a chi si avvicina ad esso. ‘The Mushroom Fortress’ è un’occasione per immergerci in questa connessione, riscoprendo la bellezza e la saggezza che la natura ci offre”. I suoi grandi funghi, color “natura” o rossi o blu a pois bianchi, sembrano infatti parte viva di un’umanità colorata, che ha scoperto l’essenza dello stare al mondo, la bellezza del comunicare e dell’esser parte di una Terra dove l’importante è prendersi per mano e sorridere di un sorriso vero, in un magnifico girotondo che è canto libero al cielo.

“Il messaggio delle opere di Michel Vecchi è in piena sintonia – commenta la Presidente del ‘Forte di Bard’, Ornella Badery – con le attività divulgative e di ricerca sui temi della conservazione e tutela della montagna e delle problematiche correlate ai cambiamenti climatici che vedono impegnato il Forte. L’installazione arricchirà per diversi mesi lo spazio verde antistante le Scuderie e attorno ad essa realizzeremo una serie di attività creative rivolte ai più piccoli”.

L’installazione è, inoltre, dotata di un “sistema sonoro”, basato sugli impulsi elettrici di veri funghi che negli anni hanno iniziato a crescere sulle sculture. Trasformati in musica, questi impulsi elettrici ci permettono di ascoltare la natura in modo diverso e dialogare con il suo linguaggio più profondo e potente.

Non è favola o gioco o magia. E’ realtà, realtà vera interpretata, attraverso l’intermediazione dell’arte, con gli occhi puri e semplici di un adulto che porta dentro la purezza di un bambino.

Gianni Milani

“The Mushroom Fortress”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 02/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 25 maggio

Orari: mart. 10/18, da merc. a dom. 10/18; chiuso il lun.

Nelle foto: Michel Vecchi all’opera e immagini dell’installazione