ilTorinese

“L’orto fascista”, romanzo a puntate di Ernesto Masina

Inizia oggi sul “Torinese” la pubblicazione a puntate del romanzo “L’orto fascista” di Ernesto Masina

 

L’AUTORE DICE DI SE’  Sono un vecchietto che a 76 anni, stanco di leggere romanzi con una infinità di personaggi difficili da ricordare (ed un inizio di arteriosclerosi non aiuta), trame complicate e finali scontati, ha deciso di tentare di scrivere il libro che gli sarebbe piaciuto leggere.
E’ nato così “L’orto fascista” che non è nè vuole essere un romanzo storico o politico. E’ una tragicommedia (più commedia che a volte sfiora la pochade) che si svolge in un piccolo paese della Valcamonica nel 1943 all’atto dell’invasione tedesca in Italia.
Il romanzo è stato accolto benevolmente dalla critica. Alcuni mi hanno paragonato a Piero Chiara (con mio immenso piacere in quanto da ragazzo ebbi occasione di frequentare lo scrittore varesino e di stimarlo), altri (con minor piacere) al “miglior” Andrea Vitali. I giornalisti del quotidiano “La Stampa” hanno collocato il mio scritto nel sito “Lo Scaffale” ove vengono ospitati solo i libri che non dovrebbero mancare in ogni biblioteca privata.
Spinto dall’entusiasmo ho scritto e pubblicato “Gilberto Lunardon detto il Limena” e quindi “L’oro di Breno” che sono altrettanto piaciuti.
Quest’anno, per festeggiare i miei 84 anni, ho pubblicato il giallo “Il sosia.” Non avendo nessuna esperienza in questa tipologia di romanzi temevo un fiasco. Quindi è stata con grande meraviglia l’aver ricevuto tante mail da persone, anche sconosciute, che si congratulavano con me e che mi esortavano a continuare. Ho altri due romanzi nel cassetto ed ho intenzione di editarli il prossimi Marzo e Ottobre. Infatti a Ottobre uscito “Don Arlocchi e il mistero della statua di Minerva”.

Ernesto Masina

***

 

A mia moglie Letizia
che da 52 anni mi sopporta, ma che credo sarebbe ben lieta di avermi al suo fianco
per altrettanto tempo.

 

Questo romanzo è pura opera di fantasia. I luoghi citati appartengo- no solo alla geografia dell’invenzione letteraria. Nomi, personaggi, fatti e avvenimenti sono invenzioni dell’autore e hanno soltanto lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale.

 

In copertina:
Breno, Piazza Generale Ronchi, già Piazza del Mercato, fotografia d’epoca.

 

ERNESTO MASINA

L’Orto Fascista

Romanzo

PIETRO MACCHIONE EDITORE

 

I

Il Federale aveva attraversato tutto il corso principale, ergendosi a bordo della sua vettura scoperta con la boria di un conquistatore e sventolando in alto la mano destra in un prolungato saluto romano. Rispondeva con sussiegosa cordialità ai tanti “Eia! Eia! Alalà!” delle camicie nere schierate ai lati della strada, alle quali si univa, più per convenienza o curiosità che per convinzione,
qualche residente. Con la mente unicamente rivolta a Roma e al “suo” Duce, era giunto, circondato da un nugolo di camicie nere, a inaugurare il locale Orto di Guerra, detto anche Orto Fascista.
Dopo aver lanciato nel 1925 la Battaglia del Grano, Mussolini, vista la situazione economica dell’Italia, da sempre dipendente dall’estero nel settore agro-alimenta- re, aveva indetto la campagna dell’Orto di Guerra, invitando tutti i comuni d’Italia ad affidare alla popolazione la coltivazione delle aree pubbliche. Si era in piena guerra, tra il 1941 ed il 1942.
L’invito, che era sentito come un obbligo dagli ammini stratori locali, timorosi di essere giudicati dei sovversivi se non si fossero adeguati in tempo agli “alti insegna- menti del Duce degli italiani”, in Valle Camonica non era stato accettato con grande entusiasmo. Persino a Breno, considerato il paese della valle più vicino al Duce e agli ideali fascisti, tanto da annoverare tra i suoi concittadini più illustri persino un docente di Mi-stica Fascista all’Università di Milano, la creazione del- l’Orto era stata continuamente rinviata.
Alla fine il Segretario della locale sezione del Partito Nazionale Fascista aveva costretto il Podestà a prendere una decisione: altrimenti avrebbe informato il Segretario Provinciale dell’ostruzionismo del primo cittadino al volere del Duce.E fu così destinato a diventare Orto Fascista un piccolo appezzamento di terreno, pieno di sassi ed erbacce, situa- to in fondo al paese, giù verso il fiume, requisito a un contadino, tale Bettino Brichetti, notoriamente antifascista. Dopo che le squadracce in camicia nera gli propinarono tre abbondanti bevute di olio di ricino nello spa- zio di due mesi, egli abbandonò il paese rifugiandosi, così si diceva, presso un parente nella pacifica Svizzera. Giunto all’Orto Fascista, il Federale di Brescia scese dalla vettura, che aveva percorso gli ultimi cento metri della strada sballonzolandolo a causa del pessimo stato dell’acciottolato. Ad imitare il Duce – tutti i gerarchi cercavano di farlo – appoggiate le mani ai fianchi, petto in fuori, pancia in dentro, aveva, con voce tonante, iniziato ad arringare la folla sostenendo “l’importanza vitale di queste istituzioni che in tempo di guerra e in attesa dell’immancabile vittoria finale, assicuravano all’Italia combattente cibo sicuro, e ai giovani, con la coltivazione del campo, la partecipazione al raggiungimento del traguardo fascista che voleva l’Italia autosufficiente in tutto”.
In effetti il campo non misurava più di 30 metri per lato, era infestato da erbaccia ostinata, pungente e primordiale e pareva chiaro che la qualità del terreno non avrebbe potuto generare che qualche stentato tubero.

Mentre parlava, il Federale si accorse che, nel tentativo di mascherare una poco maschia pancetta e trattenendola il più possibile, i suoi pantaloni, non più sostenuti dalle abituali rotondità, stavano scivolando verso il basso. Si affrettò così a concludere il discorso e, dopo aver urlato con la completa estensione delle sue corde vocali “DUCE” ed aver ricevuto in risposta un altrettanto roboante “A NOI!!!!”, si era chinato rapidamente verso un cuscino nero, portato da un Figlio della Lupa, ovviamente in divisa. Dal cuscino, sul quale era ricamato in oro un fascio littorio, aveva prelevato un paio di luccicanti forbici ed aveva tagliato, tra gli applausi, un simbolico nastro tricolore che due avanguardiste, in camicia e calze bianche, basco e gonnellina nera, tenevano teso all’altezza di un varco nella siepe che delimitava il campo. Il Podestà, che era stato sino a quel momento in disparte in doveroso silenzio, si avvicinò al Federale, gli strinse, con devozione e quasi genuflettendosi, la mano e passò quindi a presentare alcune dame intervenute alla cerimonia, alle quali il Federale, battendo romanamente i tacchi dei lucidissimi stivali, fece un cavalleresco baciamano. Fra le signore spiccava per statura e bellezza la moglie del Podestà, signora Lucia, maestra presso le locali scuole, che era stata nominata “Custode dell’Orto Fascista”.
Fu quindi la volta dei notabili: il Pretore Battipede, il Direttore del locale ospedale, prof. Parola, l’avvocato Vi- tali, squadrista della prima ora, il medico condotto, dott. Pasqualicchio, il Maresciallo dei Reali Carabinieri ed il Prevosto, mons. Cappelletti che, dopo l’ossequio, chiese al Federale l’autorizzazione alla benedizione del campo “ove, con l’aiuto di Dio, per maggior gloria del Duce, senza esborso di alcun talento, giovani mani avrebbero dal terre- no tratto frutti in abbondanza”.
Dopo il pranzo presso il miglior ristorante del paese, ribattezzato per l’occasione Ristorante Impero, il Federale se ne era ritornato a Brescia, portando con sé il ricordo dell’affascinante moglie del Podestà. Da quel giorno i suoi pensieri più ricorrenti erano ispirati dal Duce e dalla sublime visione della signora Lucia.
Archiviata la cerimonia, venne abbandonato, almeno per il momento, anche ogni progetto di coltivazione dell’Orto Fascista. Le notizie che arrivavano sull’andamento della guerra, pur se efficacemente censurate, facevano intravede- re la debolezza dell’Italia e creavano qualche imbarazzo all’amministrazione fascista. Ma, passata l’estate ed avvicinandosi l’apertura delle scuole, la signora Lucia, o meglio la maestra signora Lucia, come tutti la chiamavano, si ricordò di essere stata nominata “Custode dell’Orto Fascista”. Bisognava che all’inizio dell’anno scolastico si prov-vedesse alla nomina di squadre di bambini, della quarta e della quinta classe, perché si dedicassero alla nuova incombenza procedendo alla semina di qualche ortaggio o di patate, piante adatte al povero terreno.

II

La signora maestra era diventata moglie del Podestà, il rag. Benvenuto Bertoli, ai tempi impiegato di buon livello della direzione della Banca di Valle Camonica, perché, stufatasi di “correre la cavallina”, aveva pensato bene di accasarsi con l’ultimo dei suoi amanti.
Aveva fatto la moglie fedele per qualche tempo ma, quan- do il marito le confidò le sue mire politiche, pensò di potergli dare una mano circuendo qualche pezzo grosso del fascismo locale.
Le grazie non le mancavano, l’esperienza nemmeno. Il marito, facendo finta di nulla vedere e nulla sentire, non la ostacolava certo. Il gioco le piaceva, appetiti sessuali ne aveva, trascurata sempre più dal coniuge che, finito il lavoro in banca, si dedicava anima e cuore al Partito. Cominciò quindi a darsi da fare. A 37 anni era, probabilmente, all’apice della sua bellezza. Un paio di gambe lunghe e ben tornite sorreggevano due chiappe sode che formavano un gran bel sedere. I fianchi, un po’ larghi, terminavano in una vita snella e priva di qualsiasi traccia di grasso. Il seno, alto e pieno, non era particolarmente grande ma prominente, i capezzoli piccoli sembravano, come direbbe il poeta, due ciliegie mature. Il viso, modellato da lunghi capelli neri sempre ben pettinati, era dominato da un paio di occhi verdi che, secondo la luce del giorno, sfumavano verso l’oro. Un gran bel pezzo di donna, insomma. La prima occasione si era presentata l’anno successivo al matrimonio, quando la maestra era stata mandata, insieme a due colleghe, ad accompagnare le classi quarta e quinta a Pisogne, all’inaugurazione del nuovo pontile sul lago d’Iseo, chiara opera in stile fascista con i pali di sostegno della passerella trasformati in fasci littori. Vi partecipavano tutte le autorità della valle ed era stata assicurata anche la presenza del Segretario Provinciale del partito “se non occupato in altri importanti incarichi”. Il Segretario, tale Manucelli Abramo, era un reduce della guerra di Spagna, ove si era messo in vista per la collabo- razione e per il servilismo che aveva dimostrato nei riguardi dei franchisti e si era specializzato nell’interrogatorio dei “rossi” che cadevano nelle loro mani. Non lo faceva con cattiveria, ma con la furbizia caratteristica dei contadini lombardi, e riusciva a far dire agli avversari cose che non avrebbero confessato nemmeno tra dolorose torture.
Ben altra storia aveva vissuto in Africa. Pochi giorni dopo essere arrivato in Libia aveva contratto l’ameba, una brutta infezione che dava febbri abbastanza brevi ma violentissime, precedute da brividi, tremori e spasmi muscolari che lasciavano, al loro scomparire, una spossatezza totale e dolori alle articolazioni. Dopo il primo attacco era stato immediatamente rimpatriato e la sua avventura in terra d’Africa definitivamente chiusa.Il Manucelli era soprannominato “longa manus”, sia per- ché curava gli interessi lombardi di alcuni pezzi grossi del fascismo trasferiti a Roma al seguito del Capo, sia perché, appena possibile, cercava di palpeggiare le parti morbide di qualsiasi donna gli capitasse a tiro. Egli, che già soffriva di complessi per il nome che i geni- tori gli avevano appioppato, più difficile da portare ora che le leggi razziali stavano per essere promulgate, in effetti non aveva mai combinato molto con le donne, ma lasciava che la leggenda sul suo conto proliferasse. Era sempre in caccia e attentissimo a cogliere qualsiasi occasione propizia. La maestra e le sue colleghe erano arrivate a Pisogne con il trenino che percorreva la Val Camonica e arrivava sino a Brescia, in divisa regolamentare: camicia e calze lunghe e bianche, gonna e scarpe nere, basco nero sulle ventitré, molto civettuolo. Lucia era veramente uno splendore e attirava lo sguardo compiaciuto di molti presenti, uomini e donne. Le colleghe decisero che sarebbe salita lei sul palco delle autorità in rappresentanza della loro scuola. Nonostante non ne avesse assolutamente voglia, dovette accettare per l’insistenza delle altre maestre.
Nel frattempo era arrivato il Manucelli, a bordo della so- lita vettura decapottabile, tra gli urlacci dei camerati che inneggiavano al Duce e al suo devoto Segretario della provincia di Brescia. Ancora sull’auto, rimanendo in pie- di sul predellino che gli permetteva di non mostrare la statura assai bassa, il Manucelli sfoderò ampi saluti ro- mani verso il palco, alla sua destra, alla sua sinistra e, non si sa per quale ragione, anche verso il lago. La cosa non sfuggì al solito gruppetto di elementi contrari al Regime che, pur rischiando la consueta purga a base di olio di ri- cino, sghignazzarono rumorosamente.

Il Segretario, nel tentativo di manifestare giovinezza e forza fisica, raggiunse il palco saltellando da uno all’altro dei pochi scalini che vi salivano. Ancora una volta si rivolse ai presenti accettando gli applausi e salutando romanamente. Il palco si era riempito delle autorità e dei rappresentanti delle varie associazioni e scuole che, strattonandosi senza alcun riguardo, cercavano di portarsi in prima fila vicino al Manucelli. In tutto questo trambusto Lucia, che avrebbe preferito rimanere defilata, si trovò spinta a fianco del Segretario che la guardò intensamente, spogliandola con lo sguardo e rimanendone assolutamente soddisfatto. L’ingegnere Domeneghini, progettista del pontile e Direttore dei lavori, nonché, guarda caso, Podestà del paese, si avvicinò al microfono e, cercando di non dare le spalle al Segretario Provinciale, iniziò a parlare dando il benvenuto alle autorità, ai capi delle rappresentanze e a tutti i presenti, passando, poi, ad illustrare la nuova opera voluta dal Fascismo e dal suo Duce per il miglioramento della navigazione sul Lago di Iseo.
Appena il Domeneghini iniziò a parlare, Lucia sentì una mano palpeggiare la sua chiappa sinistra, scendere velocemente verso la parte interna della coscia per ritornare poi da dove era partita prendendone decisamente posses- so. Il primo istinto fu di rifilare un gran ceffone al cafo- ne che si era permesso tali avances, ma, immediatamente, si rese conto che il palpeggiatore non era altri che il Segretario Provinciale e che tra lei e la folla non c’era che qualche metro. Avrebbe quindi provocato uno scandalo e una sicura ritorsione nei suoi confronti e in quelli di suo marito. E poi… tutto sommato, quella strizzatina non le dispiaceva per nulla. Per fortuna il Domeneghini non si addentrò nei partico- lari tecnici che avevano permesso la realizzazione dell’ope- ra, cosa che, pedantemente, cercava di infilare sempre nella presentazione delle costruzioni realizzate su suoi pro- getti. Progetti che, riteneva, comprendessero sempre solu- zioni ardite ed innovative.
Si limitò a spiegare come la parte mobile del pontile si sarebbe comportata in situazioni di secca del lago o, al contrario, di aumento dell’altezza della superficie dell’ac- qua, e terminò inneggiando al Partito Fascista e al suo Duce “ispirato direttamente da Dio per rendere l’Italia grande e forte tra le nazioni civili!”.
Poi il solito “DUCE!” con l’immancabile risposta della folla “A NOI!”. Dopo il Domeneghini fu il Segretario Provinciale a prendere la parola. Il discorso, nella sua ovvietà, fu brevissi- mo, come se il Manucelli avesse altro per la testa, e chi pensò questo certamente non sbagliava. “Camerati, siamo qui riuniti per ringraziare ancora una volta il nostro Duce supremo che, nonostante i grandi problemi che lo assillano, ha desiderato che venisse compiuta questa opera per il miglioramento della vita del suo popolo. Come figli grati facciamo voti perché, col soste- gno della nostra riconoscenza, possa avere la forza di continuare a guidarci verso l’immancabile vittoria finale”.
Scroscio di applausi. “Duce a noi! Eia! Eia! Alalà!” Dopo la benedizione della nuova opera da parte del Parroco di Pisogne, l’assemblea si sciolse e il Manucelli chiamò a sé un gruppo di suoi seguaci con i quali discusse animatamente per diversi minuti, dando a ciascuno un compito da portare a termine. Ci si trasferì quindi in municipio ove, nella sala consilia- re, era stato predisposto un ricevimento al quale parteciparono praticamente tutti quelli che erano stati sistema- ti sul palco delle autorità.
Lucia si staccò dal gruppo cercando di raggiungere le sue colleghe e i bambini, ma fu dissuasa dal farlo, presa let- teralmente per un braccio da un milite fascista che, senza fornire alcuna spiegazione, la accompagnò in municipio. Erano già le 17: Lucia era sulle spine perché lei e le sue colleghe dovevano prendere il trenino della linea Brescia- Edolo, detto il Gamba-de-legn a causa della sua lentez- za, che partiva da Pisogne per Breno alle 17.25.

Va be’ che uno dei vanti del fascismo era la puntualità dei treni, ma ciò si riferiva alle linee primarie (che erano poi la Milano-Firenze-Roma-Napoli e la Torino-Milano- Venezia) mentre nelle secondarie, che ricoprivano la maggior parte della rete, regnava il caos più assoluto.
Immaginatevi una linea morta come la Brescia-Edolo, che collegava paesini sperduti della Valle Camonica nella quale la maggior parte degli abitanti non era in grado di leggere neppure un orario ferroviario. Il Gamba de legn viaggiava a vista e forse il macchinista era uno di quelli che ignorava gli orari e non aveva così gran fretta di raggiungere la meta. Abitualmente, comunque, portava ritardi di varie decine di minuti che potevano dilatarsi sino ad oltre un’ora, indipendentemente dalle situazioni atmosferiche. Entrata nella sala consiliare, Lucia si trovò ben presto vicino il Manucelli che con assoluta gentilezza e, quasi, deferenza volle sapere chi fosse, perché si trovasse a Pisogne… ecc. ecc.
Lucia diede tutte le risposte tenendo pudicamente il capo piegato verso il basso, e poi, spiegando che doveva aiuta- re le sue colleghe a sistemare gli scolari sul vagone del treno loro riservato per ritornare a Breno, si scusò e chiese il permesso di ritirarsi. Il Manucelli, con un sorriso ambiguo sulle labbra, si dimostrò comprensivo e, dopo aver tenuto molto più del necessario per un saluto la mano di Lucia, con un galante inchino ed un batter di tacchi gliela baciò rumorosamente, rimanendo poi lunga- mente a guardarla mentre si allontanava.
La storia, quella con la S maiuscola, non riuscì mai ad accertare se in effetti il motore del “Gamba de legn” quella sera si mise a fare le bizze motu proprio, o se qual- cuno gli diede un aiuto. Fatto sta che quella sera il treni- no, arrivato a Pisogne, non volle in alcun modo riprendere la strada verso Breno.
Non esisteva altro mezzo capace di trasportare i 42 bam- bini e le tre insegnanti sino al paese di origine, ma anche se si fosse riusciti a rintracciare una decina di automobili tra Pisogne ed i paesi vicini, sarebbe stato impensabile, in periodo di autarchia, usare un così cospicuo quantitativo di benzina per effettuare il viaggio. Si decise, quindi, di rimandare la partenza della scolaresca sino a quando il treno non fosse stato messo in condizione di ripartire.
A Pisogne esisteva una bella Colonia Elioterapica del- l’Opera Nazionale Fascista – anche se la stessa era stata costruita con la manovalanza degli alpini e con i contri- buti raccolti dall’Associazione Nazionale Alpini della Valle Camonica. Fu quindi presa la decisione di riaprir- ne un’ala e di mettere a disposizione due camerate con 42 lettini più due letti destinati alle sorveglianti.
All’indomani scolaresca ed insegnanti avrebbero fatto ritorno alle loro case. Dalla Stazione dei Reali Carabinieri di Pisogne fu inviato un fonogramma ai colleghi di Breno affinché le famiglie fossero avvisate e tutti dormissero una notte tranquilla.
Già, due letti per adulti. Ma le maestre erano tre! Nessun problema: una avrebbe dormito in albergo. Caso strano, anche questa volta fu scelta Lucia e, caso ancora più stra- no, nell’albergo destinato ad ospitare Lucia aveva la stanza anche il Segretario Provinciale.
I bambini furono rifocillati alla bell’e meglio. D’altra parte pochi avevano appetito, eccitati come erano dalla novità che li faceva sentire in vacanza.
Lucia, che era stata nominata dal Direttore responsabile della comitiva, ancora una volta non voleva lasciare bambini e colleghe ma non poté desistere, data l’insistenza delle due maestre e dato che il Segretario, che ben conosceva suo marito, le aveva fatto pervenire un invito ufficia- le alla cena che si teneva nel ristorante dell’albergo ove le era stata riservata la stanza.
Al suo arrivo in albergo, Lucia non riuscì neppure a sali- re nella camera a lei destinata per darsi una rinfrescata, perché la cena stava per essere servita e tutti i commensali erano già seduti a tavola. Entrando nella sala del rist rante si accorse che un solo posto era ancora libero, ovvia- mente a lei destinato: quello alla destra del Manucelli. Quindi vi si sedette, accolta da un gran sorriso del Segretario, un sorriso strano, quasi da conquistatore, al quale seguì una frase che la lasciò alquanto perplessa: “Uno splendido fiore dovrebbe essere circondato da miglior compagnia. Spero non mancherà tempo perché possa ricevere gli omaggi dovuti!”

 

La cena si trascinò tra insulsi discorsi e numerosi brindi- si, naturalmente al Duce, all’opera quel giorno inaugura- ta, al suo progettista… ecc. ecc. Mentre stavano servendo il caffè, o meglio, il surrogato del caffè – un miscuglio di estratto di cicoria e di altre erbe di prato – il Manucelli sussurrò a Lucia:
“Io devo risolvere qualche piccolo problema, ma quando arriverò alla mia camera, la 122 – e qui depositò nella mano di Lucia la chiave della stanza – spero, anzi sono sicuro, di trovarci il fiore più bello che mai abbia incontrato”. Lucia arrossì violentemente, e salutando con un inchino tutti i presenti, lasciò la sala del ristorante.
Prima di salire le scale dovette fermarsi a sedere su una poltrona che si trovava ai piedi della scala, perché le gambe non la reggevano. Doveva calmarsi, ragionare più freddamente possibile per decidere se ignorare la propo- sta – l’ordine? – del Manucelli o se assecondare il suo desi- derio. Di mezzo ci poteva anche essere il futuro politico del marito e poi, se avesse deciso di incontrare il Ma nucelli, sarebbero state corna quelle fatte a un coniuge che gradiva qualsiasi sua collaborazione per ingraziarsi le alte sfere? Doveva sentirsi un’eroina, perché si immolava per il bene del marito, o una poco di buono perché, in fin dei conti, l’invito ricevuto la intrigava? Ci pensò su per una decina di minuti e poi decise di giocarsi l’avven- tura. Con le gambe che ancora le tremavano salì le scale e si diresse alla camera 122. Intanto il Manucelli stava discutendo con i suoi accoliti del programma del giorno seguente, ma non si sentiva molto bene. Aveva qualche brevissimo brivido di freddo ed un certo nervosismo interno, ma ritenne che i primi potessero attribuirsi al cibo pesante e abbondante che ave- va ingurgitato, e il secondo all’avventura che stava per vi- vere. Lasciò anche lui la sala da pranzo ma stava ancora meno bene e faticò a salire le scale.
Quando aprì la porta della sua stanza e intravide, nel buio, la sagoma di Lucia, dimenticò qualsiasi malessere e si sentì rinascere. Rimase un attimo al buio, quasi incre- dulo di quale fortuna gli fosse capitata, ma poi accese decisamente la luce ed ammirò con vivo piacere quanto aveva davanti. Non sapeva bene come iniziare l’abbordag- gio, ma decise di essere gentile e, se possibile, spiritoso. “Vado un attimo in bagno ma quando ritorno spero di poter vedere qualcosa di più di questo bel fiore”.
Anche Lucia non sapeva bene come comportarsi. Tanto per cominciare, si sbottonò il vestito e lo lasciò cadere a terra, rimanendo in guêpière e calze di seta e si rimise ferma, quasi sull’attenti, in mezzo alla stanza, dando le spalle alla porta del bagno come a lasciare qualsiasi inizia- tiva al suo prossimo amante.
Il Manucelli intanto, in bagno, si stava lavando i denti ma, improvvisamente, fu scosso da brividi violenti e da un tre- more che non riusciva a controllare. Capì subito che una violenta febbre lo stava assalendo e gli venne impellente il desiderio di stendersi per non cadere. Spalancò la porta e crollò sul letto quasi privo di conoscenza.
Lucia non si mosse per qualche secondo, non riuscendo a comprendere quale gioco amoroso il suo partner volesse praticare. Non aveva la forza di girarsi. Sentiva il letto scricchiolare sotto gli spasmi del Manucelli e un suono quasi di nacchere che, ben presto se ne rese conto, era pro- vocato dallo sbattere dei denti dell’uomo. Alla fine si voltò e vide il Segretario Provinciale, terreo in volto, ballonzola- re sul materasso, il viso contratto in un ghigno che dimo- strava grande sofferenza.

Lucia non sapeva cosa fare. Gli si accostò, istintivamen- te gli mise una mano sulla fronte e quasi si scottò. Il Manucelli doveva avere la febbre a quaranta! Che fare? Corse in bagno, bagnò una salviettina da bidet e la pose sulla fronte del malato che rispose con un mugolio di piacere e riconoscenza. Ben presto la salviettina divenne calda e lei la rimosse, corse in bagno, la mise sotto il rubinetto dell’acqua fredda, la strizzò e ritornò in camera riposizionandola sulla fronte.
Il tremore stava esaurendosi, probabilmente perché la temperatura aveva raggiunto una certa stabilità. Trovò in bagno un’altra salvietta e una bacinella. La riempì, vi immerse la salviettina ed andò a sedersi sul letto di fianco al Manucelli. Cominciò a cambiare sistematicamente ogni dieci minuti le pezzuole sulla fronte del malato, il quale sembrava essersi assopito e solo ogni tanto allungava una mano per accarezzare la coscia di Lucia, quasi volesse accertarsi della sua presenza.
Così passò la notte. Alle sei la donna, in punta di piedi per non svegliare il Segretario che sembrava caduto in un sonno ristoratore, lasciò la stanza, uscì dall’albergo e si incamminò verso la Colonia Elioterapica. Alle otto il Manucelli si svegliò. Si sentiva come se lo avessero bastonato in tutto il corpo ed era debole come non si era sentito mai.
Con estrema fatica si alzò, andò in bagno e si fece, con mano malferma, la barba. Si pettinò e scese al bar dell’albergo per prendere un caffè. Al bar erano già presenti buona parte dei suo scagnozzi che avevano saputo dall’albergatore che il loro capo si era portato in camera la bella maestra di Breno, con la quale aveva passato la notte.
All’apparire del Manucelli stavano per applaudirlo per la nuova avventura, ma rimasero bloccati nel vederlo invecchiato di 10 anni, bianco in volto, con un paio di occhiaie violacee e quasi incapace di restare diritto. Che femmina doveva essere quella maestra signora Lucia per essere riuscita a ridurre il leggendario Segretario Provinciale in quelle condizioni!

(continua)

 

 

 

 

 

 

 

Scavolini apre a Rivarolo

Scavolini prosegue il piano di sviluppo del canale retail nazionale con l’apertura a giugno dello Scavolini Store Rivarolo, nuovo punto vendita monomarca interamente dedicato a cucine, living e bagni firmati dall’Azienda punto di riferimento del settore in tutto il mondo e da sempre sinonimo di qualità Made in Italy.

Lo Scavolini Store Rivarolo, situato a Rivarolo Canavese in provincia di Torino, in Corso Re Arduino 47, nasce dalla collaborazione con TMT di Tattoli Marco, realtà operante nel settore montaggio arredamento da due generazioni.

Qui, l’attenzione ai dettagli, al design e alla massima libertà compositiva che caratterizza Scavolini è racchiusa in un’esposizione di oltre 225 mq, che include le migliori proposte del brand per la cucina, il bagno e il living. Tra queste, le nuove collezioni FormaliaDandy Plus DeLinea, ma non mancano i modelli cucina best seller come Carattere LiberaMente e le sofisticate proposte living.

Arricchiscono l’offerta, le soluzioni per l’arredo bagno tra cui le nuove collezioni Tratto Juno.

Alleanza delle Cooperative del Piemonte, nuovi vertici

Alleanza delle Cooperative del Piemonte rinnova i suoi vertici e programma la ripartenza della cooperazione

Si è svolta giovedì 8 luglio 2021 l’8°Assemblea di Alleanza delle Cooperative del
Piemonte nella sede di corso Francia a Torino. L’incontro è stato l’occasione per
rinnovare i vertici dell’Alleanza riconfermando Dimitri Buzio quale presidente e Tino
Cornaglia e Giuseppe D’Anna come co-presidenti.

Il Presidente Dimitri Buzio ha dichiarato: “Ringrazio l’Assemblea per aver voluto
condividere questo percorso e per aver scelto di rinnovare il mio incarico che
continuerò a svolgere nella convinzione che Alleanza delle Cooperative è uno
strumento necessario per portare a casa risultati importanti.

Dopo un anno e mezzo di pandemia siamo ora di fronte alla sfida della ripartenza del
Piemonte e crediamo che la cooperazione possa apportare il suo contributo alla
crescita del nostro territorio, come ha sempre fatto. In occasione di questa assemblea
abbiamo voluto anche porre all’attenzione delle Istituzioni regionali alcuni temi su cui ci
auguriamo di avere un dialogo proficuo e collaborativo: la cultura dell’innovazione, le
leggi a sostegno della cooperazione, il sistema di welfare, l’edilizia sociale, la necessità
di superare la logica del massimo ribasso nelle gara d’appalto, il sostegno ai comparti
maggiormente colpiti dalla crisi, l’andare la logica duale piccolo commercio-grande
distribuzione per favorire chi davvero crea legami sul territorio sono tutti aspetti strategici
per il futuro. Non sappiamo cosa ci attende usciti dalla pandemia, ma sappiamo che di
fronte ai cambiamenti, come sempre è stato, la cooperazione ci sarà e continuerà a
interpretarli per portare benessere ai suoi soci e ricchezza al territorio”.

Il Co-Presidente Tino Cornaglia ha sottolineato l’importanza dell’occasione: “È stato un
piacere potersi ritrovare nella Casa della Cooperazione per l’Assemblea dell’Alleanza
delle Cooperative del Piemonte dopo la pausa imposta l’anno scorso dall’emergenza
sanitaria. La giornata di oggi ha segnato una nuova tappa nel percorso intrapreso anni
fa nel cammino verso l’Alleanza delle Cooperative. Un percorso non privo di ostacoli
ma che, grazie al dialogo e al confronto interno, ci aiuta a rappresentare sempre
meglio gli interessi delle nostre associate.

Con l’Assemblea di oggi, abbiamo voluto riaffermare che, anche in Piemonte, la
cooperazione continuerà a essere un interlocutore affidabile, serio e leale, soprattutto
nell’ottica di una reciproca collaborazione con la Regione per riuscire a programmare
e attuare tutte le misure che saranno previste dal PNRR e dai fondi strutturali europei.”

Giuseppe D’Anna, Co-Presidente, ha commentato: “L’Alleanza delle Cooperative del
Piemonte ritiene importante da sempre, soprattutto in un momento di grande
cambiamento del nostro sistema economico come quello che stiamo vivendo, ribadire
e riaffermare i principi della cooperazione. E questa Assemblea vuole avere questo
ruolo. Le cooperative sono imprese intergenerazionali, che dimostrano come sia
possibile fare impresa coniugando efficienza ed equità, costruendo un modello
imprenditoriale più incline a produrre benessere diffuso e sviluppo economico duraturo
ma in grado di competere sul mercato ed esserne in alcuni casi leader. Realtà che
meritano di essere sempre più conosciute sul territorio, perché sono ancora oggi non
solo un’opportunità lavorativa per giovani in cerca di occupazione o imprenditori che
vogliono avviare una propria attività d’impresa, ma anche un soggetto in grado di dare
risposte ai bisogni della collettività”.

All’Assemblea ha portato i suoi saluti anche il Presidente della Regione Piemonte Alberto
Cirio: “Ho voluto essere presente oggi all’Assemblea di Alleanza delle Cooperative
Piemonte come occasione per ringraziare del prezioso lavoro svolto e soprattutto
programmare insieme la miglior ripartenza per il nostro Piemonte”.

Intervenuto nel corso dell’Assemblea anche l’Assessore al Bilancio, Andrea Tronzano:
“Nonostante le difficoltà di questo periodo storico, la Regione vuole fare la propria
parte nel sostegno alle imprese cooperative. In particolare nel corso dell’ultimo anno e
mezzo, con le sfide lanciate dalla pandemia da COVID-19, imprenditori, cooperatori e
lavoratori hanno dimostrato a tutti l’importanza di questo movimento per il nostro
Piemonte. Sono certo che la capacità di ascolto e collaborazione che ci ha
contraddistinto in questo percorso insieme proseguirà anche nel prossimo futuro”.
Importante contributo arrivato anche dal livello nazionale, grazie all’intervento del CoPresidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, Maurizio Gardini, che ha portato ai
presenti i saluti del Presidente Mauro Lusetti e ribadito l’importanza del lavoro che
attenderà l’Alleanza, i territori e le istituzioni con cui sarà fondamentale proseguire un
confronto costruttivo.

In conclusione è intervenuto inoltre il Co-Presidente dell’Alleanza delle Cooperative
Italiane, Giovanni Schiavone, che ha dichiarato: “Teniamo ad augurare buon lavoro
alle cooperative del territorio. Non abbiamo dubbi che il Piemonte e l’Alleanza
sapranno dimostrarsi all’altezza delle sfide future che ci attendono”.

Parole e musica per Giorgio Strehler e Vivaldi vs Piazzolla al ritmo delle Stagioni, nel Cortile di Palazzo Arsenale

Regio Opera Festival. A Difesa della Cultura. Programma da sabato 10 a lunedì 12 luglio, in via dell’Arsenale 22

Il Regio Opera Festival. A Difesa della Cultura ci ha permesso di scoprire una meraviglia in centro città, il Cortile di Palazzo Arsenale e di riassaporare, finalmente, la musica dal vivo, in una platea all’aperto di 1000 posti in totale sicurezza.

Il Regio Opera Festival. A Difesa della Cultura ci ha permesso di scoprire una meraviglia in centro città, il Cortile di Palazzo Arsenale e di riassaporare, finalmente, la musica dal vivo, in una platea all’aperto di 1000 posti in totale sicurezza.

Dopo Madama Butterfly, continua la programmazione del
Regio Opera Festival

Proseguono gli appuntamenti gratuiti per offrire musica alla città e per condividere il lavoro dei nostri artisti. Il Regio propone la seconda prova musicale aperta a ingresso gratuito, che avrà luogo – in completa sicurezza –, nella Galleria Tamagno del Teatro Regio. Sabato 10 luglio dalle ore 16.30 alle 18.30 il Coro del Teatro Regio, istruito da Andrea Secchi, proverà il Concerto di mezza estate (in programma il 30 luglio) e l’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo (in programma il 7, 10 e 12 agosto).

Sabato 10 luglio ore 21 Concerto Le 8 Stagioni. L’Orchestra d’Archi Teatro Regio Torino, con Sergey Galaktionov maestro concertatore e violino solista, propone un accostamento di grande successo delle Stagioni di Vivaldi con le Estaciones porteñas di Piazzolla. Di Antonio Vivaldi verranno eseguiti i quattro concerti per violino e orchestra tratti dall’op. 3, le celeberrime Quattro stagioni, capolavoro del barocco musicale italiano.

In alternanza si potranno ascoltare le Cuatro estaciones porteñas composte da Astor Piazzolla tra il 1964 e il 1970. Da Venezia a Buenos Aires il passo è, musicalmente, breve; sin dal titolo, il lavoro di Piazzolla richiama le Quattro stagioni di Vivaldi, che allora come oggi erano estremamente popolari, in Argentina come in Italia. Le Estaciones porteñas, composte per quintetto di bandoneón, violino, pianoforte, chitarra elettrica e basso, furono presto arrangiate per orchestra; ognuna di esse si svolge in un unico movimento che possiede tuttavia la stessa ricchezza di idee dei modelli vivaldiani. In collaborazione con Piemonte dal Vivo.

Nella foto: L’Orchestra d’Archi Teatro Regio Torino  © Teatro Regio Torino
Lunedì 12 luglio ore 21 Strehler 100. Parole e musica per Giorgio Strehler. Un concerto-spettacolo dedicato al grande regista che ha rivoluzionato il teatro di prosa e l’opera: un omaggio, a cent’anni dalla nascita (1921-1997), che ripercorre la sua vita e la sua poetica attraverso scritti autografi e brani teatrali. Con la partecipazione straordinaria delle attrici Marta Comerio, Margherita Di Rauso, Andrea Jonasson e Pamela Villoresi e con il Quartetto del Teatro Regio di Torino accompagnato al pianoforte da Carlo Caputo. La regia è di Lluís Pasqual. Tommaso Rossi Trak è regista collaboratore. Il concerto-spettacolo è una produzione Spoleto Festival dei Due Mondi in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa e Teatro Regio Torino, ed è realizzato grazie alla collaborazione di Piemonte dal Vivo.

«Sentiremo i suoi pensieri – commenta il regista Lluís Pasqual – e i suoi sentimenti attraverso voci da lui amate e brani di musica che facevano parte del suo respiro». In scena, Marta Comerio e Margherita Di Rauso, che fecero il loro debutto proprio alla corte di Strehler, Andrea Jonasson, moglie del Maestro e protagonista di molti dei suoi spettacoli – da Come tu mi vuoi a L’anima buona di Sezuan – e Pamela Villoresi, che a soli 18 anni approdò al Piccolo Teatro di Milano diretto da Strehler, interpretano alcuni degli scritti più significativi indirizzati dal Maestro alle sue attrici. «Si dice che Strehler, non abbia lasciato allievi, che non abbia trasmesso i suoi “segreti” ad altri. «Venite alle prove e rubate» diceva – aggiunge Pasqual – Tutti noi abbiamo ereditato non solo un modo di fare teatro, ma anche un modo di andare a teatro e di essere spettatore: Strehler con Paolo Grassi, Nina Vinchi, Giovanni Soresi, Rosanna Purchia e con tanti altri, ha fatto nascere nel cittadino il bisogno di esigere dal teatro qualcosa in più al di là dell’esperienza estetica».

A sottolineare le parole, le musiche di Wolfgang Amadeus Mozart, Fiorenzo Carpi e Franz Schubert eseguite dal Quartetto del Teatro Regio di Torino: Stefano Vagnarelli e Marco Polidori violini, Alessandro Cipolletta viola, Relja Lukic violoncello, con Carlo Caputo al pianoforte. Il programma prevede musiche sognanti e soavi di Wolfgang Amadeus Mozart: la Serenata in sol maggiore Eine kleine Nachtmusik, Soave sia il vento da Così fan tutte, le Ouverture da La nozze di Figaro e Don Giovanni e l’Adagio in do minore da K 546; di Fiorenzo Carpi (Suite di brani dalla Trilogia della villeggiatura e altri spettacoli) e di Franz Schubert: Quartettsatz in do minore e Trio in mi bemolle maggiore per violino, violoncello e pianoforte (Notturno).

I prossimi appuntamenti con il Regio Opera Festival

Sabato 17 luglio alle ore 21 (replica il 20 luglio ore 21) La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi, la “prima opera buffa” della storia che racconta del riscatto di una donna, capace di ribaltare la sua condizione con astuzia e determinazione.
Sabato 24 luglio alle ore 21 (con replica il 27 luglio ore 21) Pimpinone ovvero le nozze infelici di Georg Philipp Telemann, un piccolo capolavoro da scoprire, tra commedia dell’arte e opera buffa.

Il Regio Opera Festival. A Difesa della Cultura, che si svolge presso la sede del Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito, è realizzato dal Teatro Regio Torino con il patrocinio del Ministero della Difesa e del Ministero della Cultura, grazie al Main Partner Camera di commercio di Torino, in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo, con il contributo di Reply, di Federfarma Torino con l’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Torino e Farma Cares, e di Sipal.

BIGLIETTERIA
La Biglietteria è aperta dal lunedì al sabato ore 10-14 presso l’Info-Point di piazza Castello 215 (Ingresso Uffici) e un’ora prima degli spettacoli al Cortile di Palazzo Arsenale (via dell’Arsenale 22): acquisti esclusivamente con carta di credito, bancomat e Satispay.
Biglietti e Festival Card in vendita anche online su www.teatroregio.torino.it, su www.vivaticket.it e presso i Punti Vivaticket (v. elenco qui).

BIGLIETTI
Biglietti per il concerto “Le 8 Stagioni” e per il concerto-spettacolo “Strehler 100”: € 1015 a seconda del settore
Under 30: € 8 12 a seconda del settore

FESTIVAL CARD
Festival Card Giovani (under 30) 10 biglietti: € 100.
Festival Card 10 biglietti: € 200
Festival Card 6 biglietti: € 120

INFORMAZIONI
Info-Point:
ore 10-14 dal lunedì al venerdì presso l’Ingresso Uffici del Teatro Regio (piazza Castello 215), per informazioni e assistenza al pubblico; info@teatroregio.torino.it. Lo stesso servizio è attivo un’ora prima degli spettacoli al Cortile di Palazzo Arsenale (via dell’Arsenale 22).

Info-Tel. 011.8815.241: ore 10-18 dal lunedì al venerdì 10-18; sabato 10-13.
biglietteria@teatroregio.torino.it.

REGIO OPERA CAFÉ
All’interno del Cortile di Palazzo Arsenale, il Regio Opera Café vi aspetta a partire da un’ora prima dell’inizio degli spettacoli.

Per tutte le informazioni: www.teatroregio.torino.it.

Clima, Verdi: “Basta fondi Ue a gas, mobilità militare e Tav”


“I finanziamenti europei del programma CEF 2 non sono in linea con il Green Deal europeo, e per questo come gruppo Greens/EFA chiediamo al Parlamento di respingerlo”.

Così Eleonora Evi, eurodeputata di Europa Verde, a commento del voto a Strasburgo sul regolamento del “Meccanismo per collegare l’Europa”, che finanzierà lo sviluppo delle infrastrutture dei trasporti, energetiche e digitali fino al 2027.
“Proprio come per la PAC, anche sui finanziamenti allo sviluppo infrastrutturale le istituzioni non hanno saputo adeguare tempestivamente le regole di spesa ai nuovi obiettivi climatici e al Green Deal europeo” – spiega Evi.

“Oltre a investimenti anacronistici sulle reti del gas e sulla mobilità militare, è a dir poco sconcertante che l’UE continui a finanziare opere come il TAV Torino-Lione, che non sono solo uno spreco di soldi, ma anche un danno a clima e ambiente, come certificato dalla Corte dei conti europea.”
“Lo scorso marzo, con altri 20 europarlamentari avevo sollecitato il vice-presidente Timmermans ad ascoltare le segnalazioni degli scienziati, preoccupati dall’impatto climatico ed ambientale di quest’opera. La sua risposta è finalmente arrivata, ma – dopo la Legge sul clima e la PAC – non si tratta che di una riprova che questa Commissione, più che ascoltare i moniti della scienza, preferisce affidarsi ad analisi di parte e non aggiornate sugli impatti del TAV, continuando a finanziarlo.”
“Tocca ora al Parlamento europeo difendere gli interessi delle nuove generazioni fermando questa nuova ondata di soldi pubblici buttati in opere che danneggiano il clima e l’ambiente, pertanto mi auguro che l’emendamento di rigetto presentato dal gruppo Greens/EFA possa essere accolto”.

Autostrade, Lega: “Per il mare ogni weekend è un incubo”

Cantieri ovunque, chiusure notturne che congestionano le strade del cuneese e code che spesso impattano sulla viabilità locale. È questo lo scenario che si ripete ogni weekend sulla Torino-Savona, per i piemontesi l’Autostrada del Mare.

“Anche nello scorso fine settimana – commenta Paolo Demarchi, consigliere regionale di Saluzzo del gruppo Lega Salvini Piemonte – la situazione è stata allucinante, iniziando dal venerdì sera con le prime partenze fino a lunedì mattina con gli ultimi rientri. Domenica, complice la veloce perturbazione che ha interessato la Liguria, sin dalla mattina le strade del cuneese hanno risentito del traffico che l’autostrada non era più in grado di sostenere. Cantieri e incidenti segnalati da Pietra Ligure fino alle porte di Torino hanno congestionato tutta la viabilità, lunghe code anche per mangiare nei punti ristoro vicini alle uscite, a causa del pienone anche negli autogrill, hanno creato file anche nella zona degli outlet di Mondovicino. Un paradosso se si pensa che i cantieri sono spuntati come funghi nel momento peggiore, a ridosso della stagione estiva mentre durante la pandemia poco è stato fatto”.

“La situazione non è certo destinata a migliorare nelle prossime settimane – incalza Matteo Gagliasso, consigliere saviglianese del gruppo Lega Salvini Piemonte che siede in Commissione trasporti del Consiglio regionale – l’elenco dei cantieri che, durante la settimana da lunedì 5 a domenica 11 luglio, potrebbero creare rallentamenti sulla A6 Torino-Savona e sulla A10 tra Savona e il confine di Stato è lungo, e a questi si affiancano le chiusure già previste. Una situazione inaccettabile di cui mi farò portavoce: siamo in grado di prevedere i flussi di traffico della stagione estiva e la ripartenza del turismo di prossimità era ampiamente annunciata. La società di gestione dell’autostrada doveva provvedere per tempo ai lavori, perché il problema non è solo nell’aumento dei tempi di percorrenza ma si estende all’impatto sulla viabilità ordinaria che i cuneesi, da troppo tempo, subiscono”.

Il bollettino Covid di sabato 10 luglio

COVID PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE 16,30

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato 33 nuovi casi di persone risultate positive al Covid-19 (di cui 4 dopo test antigenico), pari allo 0,1 % di 22.580 tamponi eseguiti, di cui 18.845 antigenici. Dei 33 nuovi casi, gli asintomatici sono 16 (48,5%).

I casi sono così ripartiti: 6 screening, 17 contatti di caso, 10 con indagine in corso; per ambito: 0 RSA/Strutture Socio-Assistenziali, 0 scolastico, 33 popolazione generale.

Il totale dei casi positivi diventa quindi 367.271 così suddivisi su base provinciale: 29.622 Alessandria, 17.507 Asti, 11.538 Biella, 52.985 Cuneo, 28.301 Novara, 196.555 Torino, 13.758 Vercelli, 12.999 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.506 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 2.500 sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 3 (uguale  a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 64 (-3 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 644.

I tamponi diagnostici finora processati sono 5.592.303(+22.580 rispetto a ieri), di cui 1.813.166 risultati negativi.

I DECESSI RIMANGONO 11.698

Nessun decesso  e’ stato comunicato dall’Unità di Crisi della Regione di persona positiva al test del Covid-19.

Il totale rimane quindi di 11.698 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia: 1.566 Alessandria, 713 Asti, 432 Biella, 1.454 Cuneo, 944 Novara, 5.591 Torino, 525 Vercelli, 373 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 100 residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.

354.862 GUARITI

I pazienti guariti sono complessivamente 354.862 (+19 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 27.998 Alessandria, 16.781 Asti, 11.049 Biella, 51.470 Cuneo, 27.314 Novara, 190.603 Torino, 13.194 Vercelli, 12.605 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.437 extraregione e 2.414 in fase di definizione.

Tenta di introdursi in un edificio del centro città: arrestato

Ha tentato di introdursi all’interno di un edificio di via dell’Arsenale posto di fronte alla Banca d’Italia.

Ma la sua presenza è stata notata e sono giunte numerose segnalazioni al riguardo al 112 NUE. Sul posto accorreva una pattuglia del Comm.to  Centro in servizio di Volante, che perlustrava l’edificio, immerso nel buio, notando a un certo punto la sagoma di un giovane che, con un balzo fulmineo, cercava di uscire proprio dalla finestra dalla quale era stato visto entrare. I poliziotti riuscivano a fermarlo all’intersezione fra via dell’Arsenale e via Santa Teresa: si tratta di un trentatreenne russo; all’interno del suo zaino gli agenti hanno rinvenuto e sottoposto a sequestro una tenaglia. L’uomo, che ha numerosi precedenti di polizia per reati contro il patrimonio e risulta anche sottoposto all’obbligo di presentazione della P.G. presso il Commissariato San Donato, è stato arrestato per tentato furto aggravato.

PNNR , Ruffino (CI): i boschi devono essere risorsa

“Il bosco è una grande risorsa, offre opportunità di lavoro straordinarie. Anche grazie al PNNR, oggi possiamo e dobbiamo investire in progetti condivisi con obiettivi comuni, creando reti, salvaguardando i piccoli comuni e con loro le comunità.

Occorre creare reti finalizzate a favorire l’economia circolare e Investire per creare una filiera corta nazionale, con una tutela del patrimonio boschivo, unita a uno utilizzo equo e ambientale.
La filiera del legno concorre alla protezione dell’ambiente, all’economia di montagna e evita lo spopolamento delle aree marginali, attraverso una nuova e sana occupazione, l’esempio più lampante è la trasformazione di un rifiuto come gli sfalci in pellet”.
Lo ha dichiarato la deputata di Coraggio Italia Daniela Ruffino, capogruppo in Commissione Ambiente in occasione dell’inaugurazione della Fiera Boster Nord Ovest a 2021 a Oulx.