ilTorinese

Gli anni formidabili della Valanga Azzurra

IL LIBRO DI AUGUSTO GRANDI

Pare incredibile in un’epoca di turismo dello sci per altospendenti e bassopensanti, ma ci sono stati anni in cui l’Italia intera (o quasi) si fermava per ascoltare i risultati degli slalom e delle discese libere. Erano gli anni della Valanga Azzurra.  Teoricamente dal 1974 al ’76, ma in realtà i trionfi dello sci azzurro erano iniziati prima, con Gustavo Thoeni che aveva già vinto le Coppe del mondo generali nel 70/71/72 oltre ai successi alle Olimpiadi e ai Mondiali.
Dunque perché la Valanga nasce nel ’74?
Lo racconta il nuovo libro del giornalista Augusto Grandi,  “Giuliano Besson: il ragazzo terribile della Valanga Azzurra”, pubblicato dalla casa editrice Cicles. Un racconto che parte dai ricordi del grande discesista di Sauze d’Oulx – uno degli esponenti più pazzi di quella squadra irripetibile – per andare a svelare i retroscena non sempre edificanti di un’avventura che non fu solo sportiva.
La Valanga Azzurra nasce, formalmente, il 7 gennaio 1974 grazie alla definizione creata dal giornalista Massimo di Marco di fronte al successo nel Gigante di Berchtesgaden di 5 slalomisti italiana nei primi 5 posti: Gros, Thoeni, Stricker, Helmuth Schmalzl e Pietrogiovanna. Uno sport tipicamente individuale si trasformava in uno sport di squadra.
Ma Grandi e Besson non si accontentano delle rievocazione di facciata. E spiegano le ragioni che hanno portato al successo di una squadra che, nel momento di massimo fulgore, evidenziava già le crepe che ne avrebbero sancito la fine.
Dalla squalifica della squadra francese alla grande opera realizzata dall’allenatore transalpino degli Azzurri, Bernard Favre. Dagli scontri con Vuarnet all’arrivo di Cotelli, più attento ai giornalisti che agli atleti. E, infine, alla radiazione di Besson e Stefano Anzi, nel 1975, per aver osato mettere in dubbio l’operato della Federazione in ambito economico ed in quello della sicurezza soprattutto per le squadre giovanili.
Besson e Anzi, i gemelli della velocità, erano stati scelti dai compagni di squadra per rappresentarli nelle trattative con la federazione. Ma di fronte alla radiazione nessuno osò protestare.
I due non si persero d’animo e l’anno successivo diedero vita ad un’azienda di abbigliamento per lo sci, la AnziBesson, che alle Olimpiadi di Torino conquistò ben 11 medaglie con le  nazionali di Francia e Austria.
Ma il libro affronta anche i temi legati al turismo alpino. Che non si è sviluppato grazie alla Valanga Azzurra poiché già negli Anni 30 erano state costruite le colonie montane per i figli dei lavoratori (la Torre di Sauze era nata proprio per questo) e dopo la guerra era iniziata la trasformazione (non proprio entusiasmante) di Cervinia. Negli Anni 60 la Francia lancia il Plain Neige e lo stesso succede ad esempio a Viola St.Gréé nel cuneese.
Mentre i campioni della Valanga hanno il merito di essere stati i protagonisti del cambiamento dell’abbigliamento dello sci.
Non potevano mancare gli aneddoti sulle goliardate e sulle avventure erotiche di ragazzi che avevano 20 anni e volevano divertirsi, non solo sugli sci. Qualcuno preferiva andare a dormire presto, altri preferivano vivere. Dalle follie alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi in Giappone alla fuga in Brasile dopo un trionfo in Cile. Ragazzi terribili, non solo Besson…

Torino è libera: una mostra all’Archivio di Stato

All’Archivio Storico, in via Barbaroux, 32, è stata inaugurata la mostra “Aprile 1945: Torino è libera. La ripartenza della città” con fotografie, manifesti e documenti originali che raccontano la Liberazione e la ricostruzione del capoluogo piemontese.

La mostra che sarà visitabile per tutto l’anno, sino al 31 dicembre 2025 con orario dal lunedì al venerdì, dalle ore 8,30 alle 16,30, presenta alcune rarità.

Si va dalla copia  del quotidiano realizzato grazie all’utilizzo delle rotative de “La Gazzetta del Popolo” ed uscito la notte stessa della Liberazione, alle deliberazioni della  Giunta Popolare delle prime vie dedicate ai partigiani ed agli eventi collegati alla lotta per la libertà e tante altre curiosità tutte da scoprire.

Igino Macagno

Papa Francesco e Special Olympics

 

Amava lo sport e ne riconosceva il valore. È stato il primo Pontefice a dedicare udienza privata agli atleti Special Olympics

Roma 25 aprile 2025 – Papa Francesco ha lasciato un’impronta indelebile nel cuore degli atleti di Special Olympics Italia e delle loro famiglie. Quando il Pontefice prese in mano, per la prima volta, il pallone rosso di calcio, simbolo dello sport unificato e del Movimento stesso, è apparsa subito nei suoi occhi vivaci la tentazione di provare un tiro. Per sua stessa ammissione, Papa Francesco è stato un grande appassionato di sport.

Nel corso degli anni, ha dedicato sempre tempo e attenzioni agli atleti di Special Olympics Italia.

Tra i momenti memorabili della nostra storia, c’è senz’altro l’incontro tra Papa Francesco e la piccola Gemma Pompili, un’atleta del programma Young Athletes. Era il 2017 e Papa Francesco aveva di fronte a sé la delegazione dello Special Olympics Unified Football Tournament in corso a Roma. Nonostante fosse un’udienza privata, fece il giro del mondo l’immagine di lei che, dopo avergli donato le scarpe sportive rosse, si è seduta accanto a lui spontaneamente restituendo al mondo intero un messaggio potente di futuro e di piena inclusione. Quel gesto semplice e naturale fu un simbolo della rivoluzione di prospettiva che Special Olympics promuove ogni giorno.

Pensionato annegato: inchiesta per omicidio colposo

Per la morte del pensionato di 92 anni di Monteu da Po che  trovava all’interno della propria abitazione quando l’acqua lo ha travolto ed è annegato,  La procura di Ivrea ha aperto un fascicolo. Al momento l’inchiesta è a carico di ignoti, per omicidio colposo.
Si cercherà di verificare l’accuratezza del sistema di allerta meteo, le tempestività delle segnalazioni alla cittadinanza e l’intervento dei soccorsi.

25 aprile, ottant’anni di libertà

L’Italia celebra, questo 25 aprile, l’80 anniversario della Liberazione, “fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all’Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità”, come ricordato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’ultimo discorso di fine anno. Tenere viva la memoria si configura oggi come un atto di resistenza. Una resistenza capace di reggere il tempo, di sconfiggere i tentativi di revisione, di presentare i valori scaturiti da una delle stagioni cruciali per la nostra democrazia con la necessaria chiarezza. Mai come ora, a ottant’anni da quei giorni di aprile del 1945, da quella giornata intensa di lotta e libertà, scandita dalla proclamazione dell’insurrezione generale da parte del Comitato di liberazione nazionale alta Italia, si avverte l’esigenza o, ancor meglio, il dovere civile della pratica concreta e quotidiana dell’antifascismo. I valori democratici sono per definizione antifascisti, come ha ricordato più volte lo storico Gianni Oliva. Lo sono poiché la democrazia si basa su principi di libertà, pluralismo e rispetto delle istituzioni, tutti elementi incompatibili con un regime dittatoriale. Il fascismo negò le libertà fondamentali, represse ogni dissenso e impose un modello politico totalitario. In questo senso, chiunque difenda la democrazia non può che essere antifascista, in quanto rifiuta ogni forma di governo che si fondi sulla soppressione delle libertà individuali e collettive. Ottant’anni fa il Paese, pur ridotto in macerie dalla guerra fascista e segnato da profonde divisioni politiche ed umane, seppe iniziare un nuovo cammino. La memoria cha anche il compito di ”far conoscere e non dimenticare quanti hanno lottato per la difesa degli ideali di indipendenza e di libertà che permisero la liberazione dell’Italia dall’oppressione nazi-fascista”, come più volte sottolineato dal Presidente Mattarella. Soprattutto oggi occorre riconoscere il valore dell’antifascismo in modo aperto, chiaro, inequivocabile, diretto, senza ambiguità. Per questo è indispensabile cercare di ricucire i frammenti di una memoria collettiva sempre più labile, sempre più frammentaria. Lo dobbiamo a chi lottò allora per liberare l’Italia e lo dobbiamo a tutti noi.

Marco Travaglini

“Default”, intenso thriller di Galardo al confine tra verità e illusione

informazione promozionale

Francesco Galardo, dottore commercialista, economista e professional partner Sole24Ore ci porta nel cuore di una crisi finanziaria globale con il suo thriller Default, un romanzo che fonde abilmente realtà economica, tensione psicologica e una profonda riflessione sul confine tra verità e illusione. 

.
Galardo costruisce una trama intensa, con un ritmo serrato e una tensione crescente. Il romanzo alterna momenti di riflessione interiore a scene d’azione frenetiche, immergendo il lettore in un’atmosfera carica di suspense.

L’intreccio si muove su più livelli: da un lato il collasso economico, raccontato con una precisione tecnica che non appesantisce la lettura ma la arricchisce di realismo; dall’altro, la dimensione personale e psicologica di Giovanni Santoro — il protagonista — che si trova costantemente in bilico tra genialità e paranoia. Ogni personaggio è caratterizzato con grande attenzione, dai funzionari della CIA alle alte sfere del potere, fino alla misteriosa Sarah Foster, agente con un passato difficile che diventa il contrappunto perfetto all’intelligenza inquieta di Santoro. Uno degli aspetti più affascinanti di Default è il modo in cui gioca con la percezione della realtà. Man mano che la storia procede, il lettore si ritrova a dubitare di tutto, compreso il protagonista stesso. La narrazione insinua costantemente il dubbio: ciò che leggiamo è reale o solo il frutto di un disegno più complesso che sfugge alla comprensione immediata?

Il romanzo, appunto, si sviluppa come un sofisticato enigma, portando il lettore a interrogarsi su cosa sia vero e cosa sia proiezione della mente del protagonista. Galardo riesce a rendere credibile questo slittamento della realtà, e ci porta a esplorare i labirinti della mente del protagonista con una scrittura evocativa e incisiva. Lo stile di Galardo è denso, dettagliato, eppure scorrevole. La sua prosa alterna descrizioni incisive a dialoghi serrati, riuscendo a mantenere alta l’attenzione del lettore. La costruzione della tensione è magistrale: ogni capitolo aggiunge un tassello a un puzzle sempre più complesso, tenendo viva la curiosità senza mai cadere in spiegazioni superflue.

Il lessico tecnico legato all’economia e alla cybersecurity è ben bilanciato, permettendo anche ai meno esperti di seguire gli sviluppi della trama senza difficoltà. Le scene d’azione e i momenti di introspezione si alternano con naturalezza, creando un equilibrio narrativo che rende il libro difficile da mettere giù.

Default è un thriller che va oltre la semplice narrazione di una crisi economica, trasformandosi in un viaggio nei meccanismi occulti del potere e nei recessi più oscuri della mente umana. Con una trama avvincente, personaggi ben delineati e una tensione costante, Francesco Galardo firma un romanzo che appassiona gli amanti del genere, lasciandoli con un’unica domanda: e se il confine tra immaginazione e realtà fosse più sottile di quanto crediamo?

Un libro consigliato a chi ama i thriller ad alta tensione, le storie che sfidano la percezione della realtà e i racconti che sanno coniugare critica sociale e intrattenimento con maestria.

www.francescogalardoautore.it

 

L’autore sarà presente al Salone del Libro di Torino il 16 e 17 maggio presso lo Stand Homo Scrivens 

 

LINK UTILI

“DEFAULT” di Francesco Galardo: un thriller avvincente da leggere – Giornale della Cultura

 

“Default” di Francesco Galardo – Navigando Parole – Soluzioni per Scrittori

“Default” di Francesco Galardo: quando la finzione diventa realtà

Default di Francesco Galardo, recensione del libro

E’ tempo di Cosplay Tattoo

Domenica 27 aprile il mondo del tatuaggio si unisce a quello del cosplay per una giornata dedicata alla solidarietà. Dalle 10:30 alle 18:30, le famiglie del torinese potranno partecipare a un evento unico dove il divertimento incontra l’impegno sociale.

Il cuore dell’iniziativa batte per Fondazione Forma Onlus, realtà legata all’Ospedale Infantile Regina Margherita, che sarà protagonista della raccolta fondi destinata alla nuova struttura per le patologie neonatali e della prima infanzia. Durante l’evento sarà possibile contribuire con una donazione presso “Il Mio Tattoo”, in Via Dante di Nanni 105, tramite Satispay o bonifico bancario.

La giornata speciale nasce dalla collaborazione tra Fondazione Forma (www.fondazioneforma.it), Accademia 72 A.S.D., Mati APS e United Avengers Cosplay, unendo mondi diversi con un unico obiettivo: fare del bene, divertendosi.

I componenti delle tre associazioni, coi loro coloratissimi costumi ispirati ai Supereroi e le Principesse più famose del mondo fantasy, saranno a disposizione dei più piccoli per foto ricordo e per giocare insieme con attività interattive.

Il tutto con un divertente sottofondo musicale e con ben due parate per tutta la via: in mattinata alle ore 12 e nel pomeriggio alle ore 16.30, dopo il momento nanna dei piccini.

Possibilità per i più grandi di walk-in tattoo e piercing a prezzi agevolati presso “Il Mio Tattoo” di Linda che dichiara: “Mi auguro che in questa giornata si comprenda ancora di più che il tatuaggio possa essere un mezzo e non il fine.”

Insomma, una giornata pensata per tutte le età, dove ogni gesto può fare la differenza.

Per maggiori informazioni, è possibile visitare le pagine ufficiale instagram delle associazioni:

MATI ODV

https://www.instagram.com/mati.officialpage?igsh=MTN4YTdoczRldTlsMQ==

ACCADEMIA72

https://www.instagram.com/accademia72?igsh=aXFka3VycDhwbncx

FAMILY UNIVERS HEROES COSPLAY

https://www.instagram.com/familyuniversheroescosplay?igsh=ZHF1eGpnbmd0b254

Per prenotare un tatuaggio o ricevere maggiori dettagli è possibile contattare IL MIO TATTOO al numero 376/2035286.

Pentenero (Pd): “Finalmente incontreremo Riboldi”

“MARTEDI’ L’ASSESSORE NON SARA’ SOLO PIU’ UNA SAGOMA E L’OPPOSIZIONE CESSERA’ DI ASPETTARE GODOT”

23 aprile 2025 – “Dopo mesi di attesa e di annunci affidati agli organi di informazione, sembra che l’Assessore alla Sanità Riboldi abbia finalmente deciso di incontrarci e di confrontarsi con noi sul futuro della sanità piemontese e sul nuovo piano sociosanitario, annunciato prima entro marzo, poi entro Pasqua, ora forse entro l’estate” afferma la Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Gianna Pentenero

“L’appuntamento, richiesto più e più volte da Pd e dalle Opposizioni, è fissato per martedì prossimo. Ci aspettiamo che venga mantenuto e che l’Assessore sia pronto a rispondere alle nostre richieste e a illustrarci le sue proposte per la sanità piemontese. Finalmente Riboldi cesserà di essere solo una sagoma e noi smetteremo di “aspettare Godot”. Speriamo che possa essere l’inizio di quella discussione che abbiamo tante volte proposto” conclude Pentenero.

“106 garofani rossi”, spettacolo a Chieri

 “Velia e Giacomo, l’Antifascista” con Gianni Masella e Monica Massone

In occasione dell’80° anniversario della Liberazione dal nazifascismo, lunedì 28 aprile andrà in scena a Chieri lo spettacolo teatrale “106 GAROFANI ROSSI Velia e Giacomo, l’Antifascista”, dedicato alla figura di Giacomo Matteotti (con Gianni Masella e Monica Massone, drammaturgia di Sergio Angelo Notti, produzione Quizzy Teatro): al mattino all’Auditorium Rosario Livatino (rappresentazione riservata alle scuole medie) e alla sera, alle ore 21.00, all’Auditorium Leo Chiosso (ingresso libero). Il lavoro teatrale scava, nella polvere del tempo, alla ricerca di un Giacomo Matteotti diverso, immerso nella quotidianità famigliare, che traspare dalla fitta corrispondenza tra lui e la moglie Velia, con un racconto temporalmente imperfetto, che ci trasporta oltre la cronaca tragica di quel giugno 1924, alla ricerca di un’umanità scevra da falsi sentimentalismi. Quest’opera vuole essere Teatro di Narrazione Civile, attraverso un linguaggio storicamente vero, con note verosimili.

La Poesia come naturale senso religioso

L’ANGOLO DELLA POESIA

A cura di Gian Giacomo Della Porta

La morte di un Papa, così come quella di ogni guida religiosa, non mette in luce soltanto l’importanza di un momento storico e politico, la fine di un’era e l’inizio di un’altra, ma apre in tutti noi le porte alla spiritualità, confessionale o meno che sia. La sede vacante è una riflessione profonda sull’esistenza da interpretare nel passaggio del tempo che misteriosamente muta in futuro, sostenuto, come occorre, dalla sottigliezza del presente.

Il mio pensiero deve per forza di cose esprimersi nella dimensione della poesia, e non solo perché riguarda la mia intimità e lo strumento principale di cui dispongo per leggere e interpretare il mondo che mi circonda, ma anche per le parole di cui è composta la stoffa della poesia, quando da ispirazione (soffio vitale, spirito divino) diventa universale attraverso lo scritto del poeta, si diffonde nell’anima di ognuno di noi, nel cuore pulsante del corpo immerso in preghiera. William Shakespeare citava questa condizione ne “La Tempesta”, uno dei grandi testi dell’umanità, in cui vi è la visione quasi assoluta che ci avvicina al mistero della letteratura, del sogno e della vita stessa – “Noi siamo della stessa stoffa* di cui sono fatti i sogni” – che non significa illusorietà della vita, ma verità del sogno.

Il poeta sente e vive questa ambivalenza spirituale e religiosa, la certezza di essere credente e di non esserlo del tutto, o di essere ateo, ma mai completamente. Un poeta, anche se ateo, deve presumere l’esistenza di Dio.

Vi è una prova di questo nelle più ispirate opere dei grandi poeti, in cui Dio è inevitabilmente una presenza fissa, anche quando si esprime nell’assenza. Tralasciando gli esempi più scontati, dagli italiani Dante e Tasso fino agli inglesi Milton, Melville e Blake, è importante citare il capolavoro di Coleridge “The Rime of the Ancient Mariner”, in cui l’assenza di Dio tramuta il percorso di redenzione del vecchio marinaio (iniziato dopo aver ucciso l’albatro, simbolo del patto d’amore tra uomo e natura, in un momento di noia, di bonaccia, che da elemento di viaggio diventa malattia dello spirito, privazione di soffio divino) in una condanna senza assoluzione.

La poesia non è frutto di un’invenzione. Nasce con l’uomo. Come disse Brodskji nel discorso di ricevimento del Nobel: “la poesia è nel Dna dell’uomo”. Ma, come scrive il grande Shelley: la poesia ha due realtà: una è Poetry, la necessità e potenzialità poetica di ogni uomo, l’altra il Poem, o i Poems, le poesie, le opere con cui alcuni, pochi uomini dotati, ispirati e appassionati esprimono questa dimensione universale e silente, quasi sempre inconscia, facendone opere, poesie, dando forma al sogno congenito dell’uomo. La poesia non è inventata, ma nasce con l’uomo, come la religione, che non è l’adesione a una confessione o un credo, ma il naturale senso religioso.

*Nella più nota traduzione, la parola “Stuff” è tradotta come “Sostanza”. Personalmente sento più vera e intensa “Stoffa”.