POLITICA- Pagina 483

Palazzo Lascaris, nuove leggi per un Piemonte moderno

Il Consiglio regionale, in tutta la legislatura e anche nell’ultimo anno, ha realizzato un deciso rinnovamento e una forte semplificazione del corpus giuridico subalpino

Lo ha fatto intervenendo su quasi tutte le materie, nell’ambito dell’esercizio della propria potestà normativa, anche grazie al lavoro assiduo dell’Aula e dei consiglieri di maggioranza e opposizione: sotto la guida oggi di Nino Boeti e prima di Mauro Laus, l’Assemblea ha registrato nei cinque anni percentuali di presenza in Aula molto alte da parte dei consiglieri. “Una legislatura contraddistinta da un’elevata produttività e da una significativa presenza da parte di tutti i consiglieri regionali, superiore all’85%. Mai si era registrato un così alto numero di presenze. Non solo, maggioranza e opposizione hanno lavorato nel reciproco rispetto e con senso di responsabilità, anche nei momenti di confronto più acceso”, dichiara il presidente Boeti. Che aggiunge: “Finalmente è finita l’epoca in cui si parlava solo di risparmi, di tagli, di scontrini. Il Consiglio regionale in questi anni ha lavorato all’insegna della sobrietà e della trasparenza e ora è una macchina efficiente che deve essere potenziata e valorizzata, a partire dalle risorse umane, dai funzionari e dipendenti che ogni giorno dimostrano di lavorare con passione e competenza”. Con oltre 1.200 sedute di Commissione (302 nel 2018) e 372 dell’Assemblea legislativa (82 nel 2018), il Consiglio regionale ha operato profonde riforme. Nella sintesi si trova un elenco più completo: qui ricordiamo la nuova legge per l’eccellenza artigiana e quella per le Comunità energetiche; la legge di contrasto all’usura e al sovraindebitamento e quella contro bullismo e cyberbullismo. Ma anche la nuova disciplina di bed and breakfast, case vacanze e ostelli, nonché il nuovo Piano paesaggistico regionale (Ppr). Rinnovati anche gli strumenti di contrasto all’inquinamento luminoso e il sistema integrato dei rifiuti e i relativi strumenti di pianificazione.
Da non dimenticare anche la norma di contrasto alla violenza di genere e per il patrocinio legale alle donne vittime di violenza e maltrattamenti e ai Centri Antiviolenza con case rifugio.
Si sta lavorando a semplificare l’intera materia dell’agricoltura (abrogate 32 vecchie leggi) ed è conclusa quella della cultura, con l’eliminazione di 31 norme previgenti.
In tema di sanità nella legislatura sono stati approvati l’utilizzo di farmaci cannabinoidi per finalità terapeutiche, la diffusione delle tecniche di rianimazione pediatrica e il contrasto e prevenzione dell’endometriosi. Dopo l’uscita dal piano di rientro, c’è stato il recepimento del piano nazionale cronicità e del piano di salute mentale, approvato in Commissione e in attesa di definitiva adozione.

I numeri di Aula e Commissioni

Grande produttività da parte dei consiglieri, si diceva, ma anche la Giunta, che chiaramente in media è meno tenuta a partecipare a tutte le sedute del Consiglio, ha messo a referto ottimi numeri nelle partecipazioni e il presidente Sergio Chiamparino si è distinto con un 77 per cento di presenze, vale a dire che sulle 372 sedute svolte, in 287 casi era in Aula.  
Una situazione che è stata confermata anche nell’ultimo anno, visto che ben 7 consiglieri hanno partecipato alla totalità delle sedute e nella maggioranza dei casi si supera il 90 per cento; si registrano percentuali un po’ più basse esclusivamente per quei consiglieri che sono stati eletti in Parlamento e che quindi hanno avuto un paio di mesi di interregno – in tutto 20 sedute – durante i quali hanno ridotto i propri numeri statistici. Una legislatura che si è distinta per l’ammodernamento del corpus giuridico, ma anche per i tanti provvedimenti economico-finanziari tesi alla messa in sicurezza dei conti. Un grande lavoro che ha visto riunirsi le sei Commissioni permanenti oltre 1.200 volte (la prima Commissione Bilancio ha registrato quasi 400 sedute) per preparare il lavoro d’Aula. Nell’ultimo anno le Commissioni si sono riunite per 302 sedute, delle quali 63 per audizione, 5 consultazione, 5 sopralluoghi e 6 volte in sede legislativa. Sono stati licenziati all’Aula complessivamente 114 provvedimenti, tra progetti e disegni di legge, pareri preventivi o consultivi e altro. Nella legislatura sono stati presentati 335 progetti di legge (114 disegni e 221 proposte): sono stati approvati 83 disegni di legge e 37 proposte. Gli atti di indirizzo presentati sono 1.512, quelli approvati 642. Le interrogazioni e le interpellanze sono state 982, i question time 1463. Nel 2018 le sedute d’aula sono state 85. L’attenzione al tema dei diritti umani e della loro difesa contro ogni discriminazione è stata amplificata con l’istituzione del Comitato regionale per i diritti umani, unico nel panorama regionale italiano. Tra i tanti appuntamenti organizzati, anche la partecipazione del medico congolese Denis Mukwege, insignito nell’ottobre scorso del premio Nobel per la pace. Ai concorsi organizzati durante la legislatura hanno partecipato oltre 18.000 ragazze e ragazzi, mentre sono state 38.853 le persone che hanno visitato Palazzo Lascaris nel quinquennio (di cui 1.432 classi); circa 500  allievi e allieve degli istituti superiori sono stati coinvolti nella prima edizione di “Ambasciatori e Ambasciatrici del Consiglio regionale”, innovativo progetto di alternanza scuola-lavoro.


Sono state 102 le mostre allestite durante la legislatura nella galleria Carla Spagnuolo, all’Urp e alla Biblioteca della Regione Piemonte, per un totale di circa 50mila visitatori, che confermano il ruolo dell’Ente quale promotore attivo di cultura, anche attraverso importanti collaborazioni con partner come ad esempio il Museo nazionale della montagna, il Polo del ‘900, il Mef (Museo Ettore Fico), l’associazione Culturando Insieme. Nel corso del 2018 sono poi state organizzate tre aperture straordinarie di Palazzo Lascaris, avvenute il 12 maggio in occasione della Notte bianca della fotografia, il 6 ottobre per Portici di carta e il 5 novembre per l’inaugurazione serale della mostra “Dalla guerra alla pace 1918-2018”. La razionalizzazione dell’organizzazione, nella legislatura, ha portato notevoli risparmi sul bilancio del Consiglio. La spesa corrente è infatti passata da 64,5 milioni di euro del 2014 a 42,5 del bilancio 2018. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 23 settembre 2016 ha apposto la medaglia d’oro sul gonfalone della Regione durante una cerimonia ufficiale a Palazzo Lascaris. Il conferimento al Merito civile – la cui candidatura era stata avanzata dai presidenti di Regione e Consiglio, su impulso del Comitato Resistenza e Costituzione – è stato motivato per gli esempi di solidarietà umana mostrati dalla popolazione piemontese durante la guerra di Liberazione.

Civismo, chi lo interpreta?

di Giorgio Merlo

Dunque, tutti adesso invocano le virtù salvifiche del “civismo” ma pochi, se non pochissimi, sanno come intercettare e interpretare quel civismo

Un civismo che si è imposto all’attenzione del dibattito politico per varie motivazioni che vanno dalla persistente sfiducia nei confronti dei partiti alla “discesa” in piazza di settori della società italiana che mal sopportano di essere intermediati dai partiti. Dalla protesta di Roma contro la sindaca Raggi guidata da un gruppo di giovani donne della capitale alla manifestazione, ormai nota, delle cosiddette “madamine” a Torino contro la sindaca Appendino e la politica dei 5 stelle sul No alla Tav.
Ora, il punto politico della questione è, come sempre, abbastanza semplice al di là di tante
riflessioni. E cioè, questa protesta di piazza – organizzata o spontanea che sia ha poca importanza
– può cambiare la geografia politica nazionale e locale oppure e’ destinata a rientrare nei ranghi e
ad essere uno strumento di supporto per qualche partito o notabile di partito? Avanzo questa
domanda perché qualsiasi protesta di contenuto, o di sistema, assume una valenza politica nel
momento in cui si pone come soggetto politico alle elezioni. Oppure, nella versione minore ma
anch’essa in campo, come semplice stimolo ad alcune forze politiche che si facciano carico di
quelle tesi in vista delle competizioni elettorali locali o nazionali. Questo nodo sarà sciolto solo
attraverso il confronto tra la “piazza” e le forze politiche e, soprattutto, nella capacità dei singoli
partiti di saper farsi carico di quelle istanze.


Ma c’e’ un aspetto che merita di essere ricordato in questo interessante dibattito sul presunto
protagonismo di una fetta della società civile. E cioè, la riscoperta della politica e di alcuni specifici
contenuti avanzati da gruppi della società civile – come la gestione concreta del comune di Roma
o la realizzazione di un progetto ormai antico coma la Torino/Lione – corre il rischio poi di essere
monopolizzato e gestito da vecchi marpioni della politica e dei partiti? Ovvero, se la protesta è
sana, libera, trasparente e spontanea difficilmente potrà essere gestita e patrocinata dai “soliti
noti”.Ecco perché lo stesso civismo e’ ad un bivio: o riesce a trasformarsi in soggettualita’ politica e
quindi a misurarsi concretamente con i cittadini attorno ad un progetto politico e di governo del
territorio, oppure inesorabilmente si limita ad essere un elemento di supporto e di invito ad alcuni
partiti e ad alcuni esponenti di quei partiti a farsi carico di quelle istanze. È’ persin scontato arrivare
alla conclusione che se dovesse prevalere la seconda ipotesi quel civismo si sgonfierebbe
rapidamente per trasformarsi in un semplice prolungamento della propaganda di qualche partito.
E un primo assaggio di questo dibattito lo verificheremo alle prossime elezioni regionali
piemontesi. Certo, non può essere solo la Tav l’elemento discriminante di questo dibattito. Anche
perché, su quel tema specifico, tutti sanno in Piemonte che proprio sulla Tav la coalizione di
centro destra e’ unita e compatta mentre l’ex centro sinistra e’ profondamente diviso perché oltre
alla contrarietà di Sinistra Italiana non possiamo dimenticare l’opposizione dei sindaci Pd No Tav
della Val Susa. Ci dovrà essere anche dell’altro, com’è ovvio e scontato.

 


Ma, in ultimo, la vera sfida politica del civismo – anche e soprattutto in vista delle elezioni regionali
piemontesi – sarà quella di saper recuperare al voto e all’impegno politico concreto quella porzione
di società che si è progressivamente allontanata dalla partecipazione politica e pubblica andando
ad ingrossare le fila dell’astensionismo. Su questo versante si giocherà, dunque, l’efficacia e la
bontà di questo nuovo ed inedito civismo. Purché il tutto non si traduca solo in una operazione
gattopardesca dove un giorno si annunciano grandi proclami politici e di trasparente spontaneismo
e il giorno dopo si scopre che i protagonisti della protesta sono e restano semplici supporter di
alcuni vecchi e noti professionisti della politica. Solo le scelte concrete ci diranno quale sarà la
linea che prevarrà. Lo vedremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

Brandirali, la conversione di un comunista

L’interesse per la politica e il desiderio di servire la propria gente, l’ideale comunista e la passione per l’umano, la sete di uguaglianza e la contestazione sessantottina, gli incarichi di partito e poi la presa di distanza dall’ideologia, l’incontro con don Giussani e la conversione, il lavoro di elettricista e quello attuale di educatore per il recupero dei tossicodipendenti: sono innumerevoli le sfaccettature della vita di Aldo Brandirali, raccontata sul palco del Salone Tartara a Casale Monferrato la sera del 12 dicembre durante l’incontro promosso dal Centro culturale Alberto Gai e presentato da Fiorenzo Pivetta (consigliere comunale di minoranza a Casale), sui cinquant’anni di ricorrenza del Sessantotto. In sala tra gli ascoltatori c’era anche il past sindaco di Casale Monferrato, Giorgio Demezzi, oggi consigliere di opposizione e fresco di annuncio di un suo ‘ritorno in campo’ come candidato sindaco alla guida di una lista civica. Cresciuto nelle file del PCI e divenuto nel ‘68 leader dell’Unione dei Comunisti Italiani, Brandirali prese parte e guidò la contestazione carico dell’entusiasmo di chi, in quegli anni in cui la generazione adulta sembrava accontentarsi del benessere economico raggiunto, era alla continua ricerca di un significato. Come altri giovani dell’epoca rifiutava che lo scopo della vita fosse l’arricchimento, cercava approfondimenti culturali, tentò l’esperienza della “comune” vivendo insieme ad altri undici ragazzi e condividendo tutto, dagli stipendi ai turni per le pulizie e per la cucina, si oppose al potere nella speranza che a tutti fosse garantita una pari dignità. Nelle manifestazioni il suo nome veniva scandito dalla folla insieme a quello di Stalin e di Mao, ma già serpeggiava nell’animo di Brandirali un’insoddisfazione: si rendeva conto che la messa in pratica dell’ideale comunista non era semplice. «Lo vedevo già nell’esperimento della “comune”: senza la guida di un’autorità, basandosi solo sullo sforzo etico di chi vi partecipava, dopo un po’ di tempo la cosa non funzionava, a partire banalmente dai turni delle pulizie non rispettati. E man mano che prendevo parte alla vita di partito, vedevo sempre più una frattura tra la teoria marxista-leninista su cui mi basavo e il mio desiderio di essere responsabile della mia gente, di lavorare trovando un significato in quello che si faceva, di vivere la politica come un servizio.» Quando tra il ’75 e il ’77 decise di mollare tutto, sia per il contrasto che viveva sia perché stava prendendo il sopravvento la frangia violenta che spingeva per la lotta armata, visse un profondo senso di fallimento, che però lo spinse ad analizzare ancora di più la struttura umana. Complice la moglie, esperta d’arte che mostrandogli le opere frutto del genio umano lo aiutò a superare la tendenza alla sintesi schematica a cui l’ideologia l’aveva abituato, intuì che il marxismo non capisce la realtà della persona, la complessità dell’uomo e iniziò a studiare antropologia.

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Negli anni ’80, con gli ultimi dieci compagni che gli erano rimasti fedeli, chiese un incontro a don Giussani, sacerdote a cui si interessò perché, da come ne aveva sentito parlare, viveva la fede nell’esperienza concreta del quotidiano. L’entusiasmo con cui Giussani accettò l’invito e il modo in cui riconobbe e apprezzò la passione politica che li muoveva, ricucì nell’animo di Brandirali quella frattura generazionale che lo aveva spinto alla contestazione del ’68: «Per la prima volta avevo trovato un adulto che cercava di dare un senso alle cose». Per dieci anni seguì Giussani senza convertirsi, poi un giorno, di fronte alla risposta puntuale della Provvidenza a una particolare necessità di un gruppo di carcerati che Brandirali aiutava, non poté fare a meno di inginocchiarsi in chiesa: «Capii che davvero Dio si era fatto uomo e, inginocchiato, riconobbi un popolo nella gente che vedevo in chiesa e che fino a poco prima criticavo. Proprio io che negli anni avevo perso la concezione di che cos’era un popolo. Io che nel ’68 mi sono sentito sconfitto, adesso che sono di Cristo mi dico vittorioso e mi lascio plasmare dall’esperienza, non ho più le mie idee e le mie teorie, nelle circostanze di ogni giorno riconosco una continua chiamata. La mia persona si è riunificata: avevo il problema di non essere dualista, ora posso unire cuore e ragione». Sollecitato dalle domande a un giudizio sul presente della politica italiana e sui giovani d’oggi, Brandirali afferma che «la politica è la capacità di tenere insieme la complessità, è la continua ricerca delle ragioni anche dell’altro per generare un popolo, una nazione, mentre oggi c’è la tendenza a cercare il consenso più che il bene comune. Mentre il problema dei giovani di oggi sono i genitori hanno cercato di tramandare una posizione senza essere dei testimoni, senza raccontare la propria esperienza. E i giovani, che oggi più che mai sono ricchi di informazioni, hanno a loro volta bisogno di fare esperienza, anche esperienza comunitaria, riconoscendo in ogni circostanza l’emergere di una vocazione».  L’iniziativa del Circolo Alberto Gai è stata sicuramente apprezzabile perché ha consentito una rievocazione culturale di un periodo che ormai si tende a mettere nel dimenticatoio ed il cammino di una persona che non è mai scesa a compromessi nella sua vita ma ha sempre fatto scelte nette e precise.

Massimo Iaretti

 

 

In Piemonte c’è Futura, la rete presieduta da Laura Boldrini si presenta ai torinesi

La rete presieduta dalla ex presidente della Camera Laura Boldrini si presenta a Torino, lunedì 17 alle 17.30 alla Fabbrica delle E, in corso Trapani. Durante l’incontro, moderato dal giornalista di La Repubblica, Paolo Griseri, prenderanno la parola anche Marco Furfaro, coordinatore nazionale di Futura, Monica Cerutti, assessora ai Diritti della Regione Piemonte. Poi si alterneranno vari rappresentanti delle istituzioni e della società civile, a partire da Mariagrazia Pellerino, componente del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Torino, Marco Novello, presidente di Circoscrizione, David Valderrama, educatore della cooperativa Mirafiori, Cristina Rogna Manassero e Maria Rosa Profeta dello Studio Associato Aretè , Luca Ozzano professore universitario, Marco Gagliardi, avvocato impegnato nel Movimento Consumatori. Rete Futura vuole essere una casa aperta a tutti coloro che hanno a cuore una politica capace di ascoltare i cittadini e le cittadine.  Lunedì affronteremo i temi cari a chi crede nella possibilità di una società più giusta: a partire da quelli del lavoro, dei diritti, dell’Europa. Inviteremo tutti i partecipanti a unirsi a noi nella ricostruzione di una politica in grado di incidere positivamente nella vita quotidiana, restituendo valore alla parola “speranza”. Crediamo in una società aperta e inclusiva e siamo convinti che una migliore qualità di vita nei quartieri sia perseguibile non soffiando sul fuoco della paura, né alimentando “guerre fra poveri”, ma promuovendo la lotta alle disuguaglianze e la costruzione della giustizia sociale attraverso adeguate politiche di welfare. Vogliamo una società in cui la violenza sulle donne non sia più tollerata nella quale chi ha un orientamento sessuale diverso da quello della tradizione possa cercare la propria felicità senza essere discriminato. Crediamo che sia necessario accompagnare ogni cittadino affinché abbia un lavoro dignitoso e in alternativa, crediamo sia indispensabile aiutarlo a sopravvivere in attesa di trovarne uno. Crediamo in una società più al femminile, ricca di donne in posizione di comando. Perché solo una società in cui c’è spazio per tutti e tutte, è una società giusta. Vorremmo una politica umana, capace di ascoltare, coerente., competente, responsabile, gentile e sorridente. Vi aspettiamo numerose e numerosi. Il Piemonte che verrà dipende anche da noi.

 

Monica Cerutti

I Dem piemontesi cercano il nuovo segretario

Il 16 dicembre sapremo chi è il segretario del Pd piemontese. Non che da ciò dipendano le sorti della nostra regione. Qualcosa comunque fa. Mauro Marino ha incassato l’appoggio di Mercedes Bresso zarina, probabile ricandidata alle Europee. Se eletta finirà il suo mandato a 80 anni. La rottamazione di renziana memoria ha assestato un altro duro colpo. La zarina sceglie Nuova Società per l’ investitura ufficiale del Nostro. Nessuna sorpresa visto che Michele Paolino vero deus ex machina del giornale è da decenni braccio destro del Marino, prima Alleanza per Torino poi della Margherita e nel PD in quota Bindi e poi renziano. G li amori giovanili non si scordano mai. Così Nuova Società dopo essere stata ed essere fustigatrice dell’ignavia pentastellata può diventare organo ufficiale del partito di renziana osservanza. Questa volta si vota e si parla poco se non niente. Il torinesissimo Cesare Damiano ritira la candidatura appoggiando Zingaretti già appoggiato da Piero Fassino, defilato sulle cose torinesi ma sempre vigile su ciò che avviene a Roma. Richetti aveva già rinunciato ed ecco il recupero di Giachetti. Ascari in zona Cesarini. Vecchio radicale per ora famoso per aver perso con la Raggi ed avere apostrofato gli anti renziani: avete la faccia come il c… Indubbiamente persona di spessore che un po’ ci fa rimpiangere Marco Minniti. Ma contro i mulini a vento non si può nulla quando il vento tira. Matteo Renzi non è uno scherzo. Sta dividendo anche i suoi (forse) invitandoli nel marciare separati per colpire duro, dopo e  insieme. Martina e Del Rio mai fuori dal Pd. Giachetti ed Ascari vediamo che succede e la Boschi e Lotti prima andiamo ed è meglio per tutti. Il Toscanaccio si gode lo spettacolo. E il nostro Marino? Vedrà come andranno le cose. Probabile che vinca ma non certo.  Paolo Furia da Biella ce la mette tutta. Mille incontri. Non sempre affollatissimi. Ma pur sempre incontri giusto per non lasciar nulla di intentato. Encomiabile nel buttarla in politica. Verso un popolo frastornato. Un popolo in cerca se non di un messia di un leader con idee chiare ma soprattutto un leader con un certo consenso. E il consenso si misurerà dai voti. Ad oggi tanti candidati, fin troppi. Con la probabilità che nessuno raggiungerà il 50 %.Anche per questo Marco Minniti ha lasciato perdere. Altro che primarie. Una notte dei lunghi coltelli. Una notte senza un apparente perché. Eppure il governo gialloverde dovrebbe dargli una mano. Sono in disaccordo su tutto. Sono solo d’accordo sul dirsi di non essere d’accordo su nulla. Ma il Pd coerente con se stesso continua nel non darsi le risposte necessarie per capire che cosa vuole essere.Per ora accontentiamoci del 16 dicembre quando sapremo chi sarà segretario del piemontese. Nel mentre la fam. Gallo e Mauro scaldano i motori per mobilitate le proprie truppe. Difficile stabilire quanti andranno a votare. Facile prevedere che non ci saranno le folle oceaniche. Probabile ipotizzare trionfanti dichiarazioni dei capataz piddini: “In fondo siamo l’ unico partito che quando sceglie chiede il parere ai propri iscritti”. Ma quando qualcosa si ripete stancamente senza un vero perché perde efficacia. Tanti candidati danno l’impressione di un partito litigioso e non unito. Litigano perché non vanno d accordo. Separarsi consensualmente? Sembrerebbe troppo semplice ma decisamente logico. Coppie litigiose dopo le separazioni, dopo sono diventate ottimi amici. Tra i motivi della loro saggezza ci sono anche i figli. Mi sembra una similitudine pertinente. In un partito il tutto é più complesso. Indubbiamente. Oramai il maggioritario puro è un lontano ricordo. E piangere sul latte versato è inutile. Un problema di contenuti ed anche di forme politiche per ritornare a fare politica.  Due partiti del centro sinistra. Proprio cosi. Ma le cose più semplici e logiche sono il più delle volte le più difficili da realizzare.
Patrizio Tosetto

Referendum Tav? Appendino: “Prematuro”

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Per la sindaca di Torino è prematuro parlare di referendum sulla Torino-Lione. “Il dibattito è in corso e l’urgenza – ha dichiarato Chiara Appendino – è definire l’analisi costi-benefici che dovrebbe indicarci l’utilità o meno dell’opera e l’analisi tecnico-giuridica sui costi di un’eventuale sospensione”. Secondo la sindaca quando il quadro sarà definito toccherà alle valutazioni politiche. Per il momento “è urgente portare a termine e e rendere pubbliche le analisi in modo che il dibattito possa fare un passo avanti”. La prima cittadina sostiene che M5S è un movimento che “apre sempre alla partecipazione, ma un referendum deve essere realizzato in un quadro in cui si conoscano tutti gli elementi”.

La politica torinese e la variabile tav

STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto
La realtà supera ogni immaginazione: la Città metropolitana vota una mozione pro tav, 167 a favore, 1 contrario e 8 astenuti. Chiara Appendino sindaca metropolitana non partecipa alla votazione. Avete letto benissimo, 1 contrario e i sindaci no tav non hanno partecipato al voto. E ovviamente i pentastellati già dicono che la votazione non vale perché i sindaci sono truppe cammellate. Ricapitoliamo: quando il  vice sindaco di Torino sfila con i no Tav è democrazia e quando la Città metropolitana guidata dal sindaco di Torino vota quasi all’unanimità, la votazione è falsa. Gli epigoni del Marchese del Grillo sono fatti così. Vietano agli altri ciò che per loro è consentito. Direi di più: loro fanno ciò che hanno contestato agli altri, giacchè  sono il popolo. Come non rammentare le roboanti affermazione di Giggino: rivoluzione del popolo. E forse non è un caso che Giggino sia in qualche modo un Masaniello  partenopeo e il  sindaco De Magistris il vero leviatano di Potere al Popolo, non quei quattro ragazzotti che ogni tanto si vedono in televisione. Ma come è possibile che chi rappresenta il popolo della provincia di Torino sia andato sotto? Ed è andato sotto di brutto. 1 a 167, e ‘ un ko alla prima ripresa a 10 secondi dal gong iniziale. Primo: chi ha perso allora non rappresenta il popolo. Anzi ne ha di fatto paura visto che, viceversa, indicherebbe il referendum consultivo. Ma c’ è dell’altro. Il Pd ha forse ricominciato a fare politica. Non che tutti i 167 siano del Pd. Si riconosce però ad Avetta e Barrera di aver lavorato bene per costruire questo fronte.  Tutti e due in quota PD. Se poi si fa un calcolo veloce anche dei votanti e residenti in Val di Susa emerge l’elementare considerazione che i no Tav sono un minoranza anche dalle nostre parti. Pd che rincorre la piazza? Fosse vero . Magari dall’inevitabile sfracello pentastellato ne potrebbe ricavare giovamento.
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Chi proprio non capisce – e a questo punto mi domando il perché – sono gli industriali e gli affini pro Tav. Sembrano il coniglietto della duracell che con la carica in corpo continua a sbattere contro il muro. Persino Chiampa li ammonisce. Da questo governo diviso su tutto non solo non ci sono risposte definitive. Non ci sono risposte e basta. Persino Mauro Marino (forse) segretario del Pd piemontese sostiene che si può correre con liste civiche senza simbolo dem. Insomma, monetizzare i propri candidati. Vinca chi avrà più preferenze. Con buona pace di Mimmo Carretta che lo voleva evitare. E la  famiglia Gallo e Mauro Laus ne sono specialisti.  Ovviamente sotto le bandiere del Chiampa. Il Chiampa che ha individuato come sua punta di diamante il  filone pro Tav. O si fa la Tav o si muore.  Proprio vero, il nostro ha proprio una visione nazionale e non solo piemontese e sprona gli amici a favore della Torino-Lione nel cambiare rotta politica ed interlocutoria. Tanto Chiara Appendino prima o poi mollerà, per ora ha sostenuto che non si ricandiderà, per ora non ha partecipato al voto in consiglio comunale. Per ora non ha partecipato alla manifestazione No Tav.  Ha sostenuto di aver sempre detto: è un’ opera obsoleta (non è vero visto che tre anni fa rassicurava gli industriali piemontesi). Per ora ha presieduto un’ assemblea che all’unanimità la sconfessa. Chiara non si sente in dovere di dimettersi. Chiara non c’ è, dimostrando di essere Sindachessa per caso.

REFERENDUM TAV, MONTARULI (FDI): “ORA SALVINI VENGA A PRENDERSI I MODULI”

“Oltre 3.000 sono le firme già raccolte da Fratelli d’Italia per il referendum sulla TAV, ci auspichiamo che gli amici della Lega da oggi, in accordo con le parole di Salvini, sostengano attivamente l’ iniziativa riempiendo i moduli necessari che provvederemo a fargli avere” dichiara in una nota l’onorevole Augusta Montaruli di Fratelli d’Italia “Siamo contenti che Salvini si sia ricreduto sul referendum. Ora, come da lui asserito, si passi dalle parole ai fatti: si raccolgano le firme per dare la parola ai Torinesi su quest’ importante opera”.

Politica senza bussola. Tutto è perduto fuorché l’onore

Tutto è perduto fuorché l’onore. Bisognerà capire chi ha avuto e dunque difenderà il proprio onore. O chi non l’ha mai avuto e allora non avrà nulla da difendere. Per ora sappiamo che un po’ tutti hanno letteralmente perso la bussola. Le forze politiche vagano dicendo e sostenendo che tutto é sotto controllo, ma in realtà nulla ma proprio nulla lo è. I più da sponde opposte sostengono di parlare in nome del popolo diventato Spirito uno ed indivisibile. Così Matteo Salvini pro Tav da Roma si autonomina rappresentante di rutto il popolo. E il Marchese del Grillo (più prosaicamente il Beppe nazionale) benedice i no Tav. A loro Silvio Berlusconi gli fa un baffo. Lui al massimo è unto dal Signore.  Ma c’ è sempre uno più bravo di tutti: Marco Travaglio grande fustigatore dell incoerenza di Matteo Renzi. Lui giovane liberale, giovane montanelliano teorico ed amico del Marchese del Grillo non si accontenta più. Ora con il Fatto Quotidiano si erge ad organo di partito, il partito dei no Tav. Fa i conti giusto per essere preciso e sostiene che la manifestazione di Torino vale il doppio di quella di Roma. Vale il doppio perché ci sono stati il doppio dei partecipanti. Ineccepibile. Conclusione : la maggioranza non c’ è più. Ma no? Manco per idea. Il Pd ha voluto mettere insieme il diavolo e l’acqua santa. Eccoli i risultati, e secondo qualcuno dovrebbero durare cinque anni a palazzo Chigi. Ne dubito fortemente. E la commedia continua. Domenica caffè con Matteo Salvini. Il dopo sarà moderatamente positivo? Nel sentire la dichiarazione del presidente  di Confindustria non si direbbe. Sintesi: con i ritardi le imprese coinvolte falliscono e riprendere sarà impossibile. Più che pessimista direi che è realista. E a Giggino non è bastato un primo incontro. Martedì esame di riparazione per la Banda Bassotti ( Conte Toninelli Di Maio e forse Castelli). Castelli e Toninelli assolutamente non capiscono. Dunque è del tutto inutile.  Conte non si sarà impegnato con il fioretto in Europa. Giggino dira’:  nel contratto di governo abbiamo deciso un approfondimento. Poi decideremo. Ci impegniamo a fine anno nel rendere pubbliche le conclusioni. Ergo, continuano a perdere tempo e francamente continuo nel non capire queste organizzazioni sindacali, perché anche loro perdono tempo. Il vero ed unico obbiettivo di tutto il governo è arrivare alle elezioni europee. Vedere cosa succede e poi decidere. Non c è nulla da decidere. Anche gli industriali e i sindacati hanno perso la bussola. Non capiscono quale direzione prendere. Con una complicanza: rischiare di essere complici dell’ignavia  pentastellata. Sicuramente non è facile. Anche il Pd annaspa ripiegato su se stesso, in attesa che Matteo Renzi decida una volta  per tutte e fondi il suo partito. In questo modo prenderebbe due piccioni con una fava.  Formalmente libero di volare dove vuole e soprattutto con chi vuole e lasciare gli ingenti debiti del PD a quelli che rimangono nel PD.  Renzi ci aveva provato a mettere le mani sul patrimonio dei Democratici di Sinistra che avevano ereditato dal PCI. Ma sulla sua strada ha trovato Ugo Sposetti, uno degli ultimi comunisti . Quelli veri veri. Non gli sbrindellati rifondaroli. Talmente comunista che al suo settantesimo compleanno  ha invitato tutti i capataz comunisti, da Napolitano a Dalema. Tranne Fausto Bertinotti che andando con i gruppettari non poteva essere considerato del PCI. E Ugo Sposetti ha fatto costituire mille fondazioni per la gestione del patrimonio rimasto . E non solo: mille biblioteche e mille sale dove i vecchi comunisti continuano a fare politica. Magari da cosa nasce cosa.  Una speranza dobbiamo avercela anche noi. Speranza che qualcosa cambi in questa nostra martoriata Italia. Per ora tutto è perduto tranne l’onore di chi l’onore ha avuto e magari avrà.
Patrizio Tosetto

Verdi in piazza a Milano e Torino

I Verdi di Grugliasco l’8 dicembre hanno partecipato al Flash Mob Onda Verde organizzata dalla federazione nazionale dei Verdi, con la partecipazione dei Co- portavoce nazionali Elena Grandi e Matteo Badiali e dai Verdi di Milano, al fine di sensibilizzare l’agenda politica sul tema del cambiamento climatico sfilando per le vie del centro di Milano, sorreggendo una bandiera di colore verde di 9 m x 20 simboleggiante l’onda ecologista della sostenibilità ambientale.  “Vogliamo far sapere che l’onda verde che attraversa il pianeta dall’ Islanda all’Australia c’è,  ed è la vera novità politica che è arrivata anche in Italia” afferma la consigliera federale nazionale dei Verdi Tiziana Mossa.  I Verdi di Grugliasco con il portavoce Verdicchio Vincenzo hanno aderito contemporaneamente all’appello No Tav svoltasi a Torino ” bisogna avviare un confronto sincero con le associazioni e i comitati che si occupano da anni della vicenda con una conversione ecologica della nostra realtà e con investimenti che devono essere orientati verso la manutenzione ferroviaria esistente”.  Noi Verdi siamo fortemente convinti che è una vera svolta Green e sostenibile farebbe raddoppiare la ricchezza mondiale generando nuovi posti di lavoro è la ricchezza globale aumenterebbe. 

Il Responsabile comunicazione esterna dei Verdi Grugliasco Giuseppe Pepe