Ecco gli appuntamenti del 20, 22 e 27dicembre
Sempre alle 18.30 sulle pagine social degli organizzatori (Academia Montis Regalis, Accademia Maghini, Accademia Corale Stefano Tempia e I Musici di Santa Pelagia) su quella di Intrecci Barocchi, e sul canale YouTube di SoloClassica Channel
Per informazioni: Segreteria Stefano Tempia
tel. 011 0209882, dal lunedì al venerdì, ore 9,30-12,00
Nonostante l’incessante progredire degli studi, esiste ancora un diffuso pregiudizio secondo il quale la civiltà barocca sarebbe stata appannaggio quasi esclusivo di artisti, letterati e musicisti uomini, con la sola Artemisia Gentileschi a tenere alto il vessillo del genio femminile. In realtà, tra il XVII e il XVIII secolo non mancarono le compositrici di grande talento, che seppero farsi valere di fronte ai colleghi, come dimostra il concerto in programma domenica 20 dicembre alle 18.30, che fa parte del cartellone della “Stefano Tempia”. Protagonista della serata sarà infatti la veneziana Barbara Strozzi, figlia adottiva del poeta Cesare Strozzi, che ci ha lasciato una raffinatissima produzione vocale, che sotto il profilo stilistico si inserisce nel solco della seconda prattica tracciato da Claudio Monteverdi. Le sue opere verranno eseguite dal soprano Lucia Cortese che – dopo il concerto che l’ha vista accompagnata dalla Camerata Accademica di Padova diretta da Paolo Faldi – questa volta sarà affiancata dall’ensemble bolognese Harmonicus Concentus guidato dal violinista Gabriele Raspanti.
Martedì 22 dicembre alle 18.30 le quattro associazioni contraenti di Intrecci Barocchi presenteranno il concerto natalizio, che vedrà riunite sotto la bacchetta di Claudio Chiavazza le orchestre barocche dell’Academia Montis Regalis e dei Musici di Santa Pelagia, il Consort Maghini, l’organista Matteo Cotti e i solisti Valentina Chirico e Massimo Lombardi. Come è lecito attendersi da una rassegna come Intrecci Barocchi, il padrone di casa sarà Johann Sebastian Bach, che verrà rappresentato dalla deliziosa cantata Nun komm der Heiden Heiland scritta per la prima Domenica di Avvento e dal celeberrimo mottetto Lobet den Herrn alle Heiden. Ovviamente, in un concerto del genere non poteva mancare il Concerto grosso op. 6 n. 8 “Fatto per la notte di Natale” di Arcangelo Corelli, uno dei brani più emblematici della Festa più dolce dell’anno. Al contrario, del tutto imprevedibile è la presenza della suggestiva ma quasi sconosciuta cantata Pastores loquebantur di Franz Xaver Brixi, compositore boemo di grande interesse, scomparso nel 1771 all’età di appena 39 anni.
La rassegna si chiuderà domenica 27 dicembre alle 18.30 con Oh di che lode, di che stupore, un concerto interamente dedicato all’eclettica figura di Benedetto Marcello, patrizio veneziano, che si seppe distinguere, oltre che come abile diplomatico della Serenissima, come letterato, pungente polemista (il suo Teatro alla moda delineò con graffiante ironia il panorama musicale dei suoi tempi), nonché raffinato compositore. Tra le opere più significative di colui che amava autodefinirsi “dilettante di contrappunto” spiccano i Salmi Davidici pubblicati nella raccolta Estro poetico-armonico, opere di grande originalità, nelle quali il compositore seppe inserire anche melodie tradizionali ebraiche, che dimostrano il grande rispetto che nutriva nei confronti della comunità ebraica, un fatto per nulla usuale all’epoca. Queste opere verranno eseguite dagli Armonici della Serenissima, un ensemble a geometria variabile costituito per l’occasione dal contralto Giovanna Dissera Bragadin, dalla gambista Silvia De Rosso (che eseguirà da solista una sonata per viola da gamba di Vivaldi) e dall’organista Luigino Favot. Da notare che questo concerto è stato registrato nella Chiesa di San Giovanni in Bragora di Venezia, un luogo particolarmente caro agli appassionati della grande musica, perché al suo interno nel 1678 ricevette il battesimo Antonio Vivaldi.
Un passo importante. La concessione al Comune permetterà infatti di poter accedere con più facilità ai finanziamenti pubblici necessari per il completamento del restauro – già avviato in questi anni dalla stessa Fondazione con risorse proprie e con contributi della Fondazione C.R.C. e del G.A.L. (Gruppo azione locale Langhe e Roero Leader), oltre che della “Cantina Terre del Barolo” e della casa editrice “Einaudi” – dell’edificio, risalente alla prima metà dell’Ottocento, in pietra di Langa, con il tetto in lose e i solai in legno. Costruita nella centrale contrada dei Casazzi, a San Benedetto, in quell’alta Valle Belbo particolarmente amata da Beppe Fenoglio che (fra Cravanzana e San Benedetto, passando per Feisoglio, Niella Belbo, Mombarcaro e Bossolasco) era solito trascorrere qui gran parte delle sue vacanze estive, la “casa di Placido” da sempre soprannominata la “Censa di Placido”, era la classica bottega di paese che all’epoca vendeva di tutto, dai generi di monopolio agli alimentari alle stoviglie fino alla merceria e alla ferramenta ed era anche adibita a bar e osteria, denominata “L’Osteria dei fiori”, con il forno per il pane sul retro.
tragedie di una piccola realtà chiusa che diventa esemplare della condizione stessa dell’uomo nel mondo. Oltre che nel romanzo “La malora” ( “Dovevamo sentirci piuttosto forti se, quando io ero sugli otto anni, i miei tirarono il colpo alla Censa di San Benedetto. La presero invece i Canonica, coi soldi che s’erano fatti imprestare da Norina della posta”), è presente nei racconti “Un giorno di fuoco”, “Superino”, “La novella dell’apprendista esattore” e “Il paese”, dove lo scrittore racconta le partite di pallone elastico che si giocavano nel cortile dell’osteria.
con una risata da quel Placido Canonica, gestore della “Censa”, arguto affabulatore di racconti – più o meno veri – della Langa fenogliana e lui stesso diventato protagonista costante delle storie che sanbenedettesi di Fenoglio. Oggi quei muri, quella slabbrata bottega su cui il tempo ha infierito non poco necessitano di un attento e definitivo restauro, garantito dalla concessione in usufrutto gratuito al Comune di San Benedetto Belbo. Sotto il segno di una garantita sinergia fra la Fondazione “Bottari Lattes” e l’amministrazione pubblica, con lodevoli prospettive e obiettivi ambiziosi. “La nostra volontà – spiegano Caterina Bottari Lattes, Presidente della Fondazione, ed Emilio Porro, Sindaco di San Benedetto– è quella di restituire alla comunità la vecchia osteria di Placido Canonica quale luogo di incontro e di attività culturali, allestendo anche il museo interattivo. Il sogno che ci impegniamo a far diventare realtà è fare rivivere questo spazio, così simbolico e ricco di letteratura e storia, come luogo di incontro, di scambio, di socialità e di lettura, con incontri, seminari, esposizioni. Ma anche creare un punto di accoglienza turistica e di ristoro per gustare la cultura attraverso i sapori enogastronomici del territorio”.


Massimo Iaretti Consigliere delegato all’Identità Piemontese del Comune di Villamiroglio
La proposta è inedita ed originale. Pensata con intelligenza e sicuramente benvenuta in questi tempi di chiusura dei Musei. Protagonista, il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano con alcuni dei suoi più prestigiosi tesori, raccontati da ben selezionati protagonisti del mondo della cultura, del sociale e dell’impresa torinese, per una nuova narrazione della loro importanza e inestimabile ricchezza. Nascono così i “Dialoghi alla scoperta dei tesori del Museo”, presentati sui canali social, Facebook, Instagram e Youtube del Museo di Palazzo Carignano.
partire dai manifesti di Dalsani, al secolo Giorgio Ansaldi, designer e caricaturista di Mondovì, realizzati a inizio Novecento in piena Belle Epoque. Il professor Walter Barberis, presidente della “Giulio Einaudi Editore”, spiegherà quale legame esiste tra il Risorgimento e l’“Encyclopédie” di Diderot e D’Alembert, di cui il Museo conserva l’intera edizione di Livorno stampata tra il 1770 e il 1778. Il tema della “diplomazia”, che ebbe uno dei suoi massimi interpreti in Camillo Benso di Cavour, sarà affrontato nell’incontro con il professor Edoardo Greppi, ordinario di Diritto Internazionale presso l’Università degli Studi di Torino.
Cesare Beccaria.