Dopo quasi 3 mesi di chiusura a causa dell’emergenza Covid–19, il Museo Accorsi-Ometto è pronto a riaprire le sue bellissime salee ad accogliere il pubblico in totale sicurezza.
Da martedì 2 febbraio 2021 i visitatori potranno accedere agli ambienti museali in maniera contingentata, massimo 60 persone all’ora, 15 ogni quarto d’ora, per consentire il rispetto delle distanze di sicurezza previste (min. 1 metro), lungo un percorsoobbligato che separa l’ingresso dall’uscita. Sarà obbligatorio il rilevamento della temperatura tramite termo-scanner e l’uso delle mascherine per tutta la durata della visita.
Si potrà anche visitare la mostra CRONACHE DALL’800. La vita moderna nelle opere di Carlo Bossoli e nelle fotografie del suo tempo (prorogata fino al 25 aprile 2021). L’esposizione annovera una novantina di opere – ripartite tra dipinti e fotografie– e rende omaggio al XIX secolo e alla sua storia, attraverso la pittura di Carlo Bossoli e la fotografia storica, restituendo fedelmente le vicende del tempo, l’evoluzione dei costumi e del modo di vivere.
Gli ORARI DI APERTURA saranno i seguenti:
Da martedì a venerdì 10.00-18.00 │ Sabato, domenica e lunedì chiuso.
LA PRENOTAZIONE È OBBLIGATORIA:
t. 011 837 688 int. 3 oppure info@fondazioneaccorsi-ometto.it
Sono graditi i pagamenti elettronici.
INFORMAZIONI PER IL PUBBLICO:
MUSEO ACCORSI-OMETTO
Via Po, 55 – Torino │T. 011 837 688 int. 3 | info@fondazioneaccorsi-ometto.it
ORARI
Da martedì a venerdì 10.00-18.00 │ Sabato, domenica e lunedì chiuso.
La biglietteria chiude mezz’ora prima.
TARIFFE
BIGLIETTO UNICO (comprensivo di visita alla collezione permanente):
intero € 10,00; ridotto € 8,00*
Gratuito: bambini fino a 12 anni; possessori Abbonamento Musei e Torino + Piemonte card; diversamente abili + unaccompagnatore; giornalisti
*Ridotto: studenti fino a 26 anni; over 65; convenzioni; insegnanti
Museo di Arti Decorative Accorsi – Ometto, V. Po, 55 | 10124 Torino | T. 011 837 688 int. 3
www.fondazioneaccorsi-ometto.it | info@fondazioneaccorsi-ometto.it
Ma chi era Publio Elvio Pertinace? Solo uno dei tanti imperatori romani, vissuto nel II secolo, certamente meno importante di tanti altri del glorioso impero, ma pur sempre piemontese, anche se il Piemonte non esisteva a quel tempo e soprattutto un buon politico che si occupò dell’Impero con onestà, trasparenza e tanto coraggio. Era nato nel 126 ad Alba, la mitica Alba Pompeia, che apparteneva alla Regio IX Liguria, una delle undici regioni in cui l’imperatore Augusto divise l’Italia Romana. Già militare e console, divenne funzionario di Marco Aurelio e poi governatore di Roma sotto Commodo. Fu portato sul trono imperiale dalla potente Guardia dei pretoriani e da buon piemontese, moderato e parsimonioso, mise in ordine le finanze dell’impero dissipate dal suo predecessore Commodo. Edward Gibbon, lo storico inglese del Settecento, scrive che il suo “troppo affrettato zelo nel voler riformare lo Stato corrotto” portò alla sua tragica morte nel 193 dopo appena tre mesi di regno. Dione Cassio, storico e politico romano, dà un giudizio generale del regno di Pertinace: “era formidabile in guerra e astuto in pace. Per prima cosa cercò di mettere ordine a tutto quello che in precedenza era stato confuso e irregolare e nell’amministrazione dell’impero dimostrò di avere non solo umanità e integrità d’animo ma anche di voler condurre una gestione economica e di avere la più attenta considerazione per il pubblico benessere. Non riuscì però a comprendere che le riforme non possono essere fatte in un batter d’occhio e che il restauro di un intero Stato richiede tempo e buon senso”. Dopo gli sprechi di Commodo seguì una politica di economie e risparmi, vendette le enormi proprietà del defunto imperatore e dimezzò la paga e i premi in denaro ai pretoriani. Fu presto accusato dai suoi avversari di aver indebolito l’impero e di arricchirsi in segreto. A ribellarsi furono soprattutto quei pretoriani che l’avevano scelto come nuovo imperatore. Dilagò lo scontento e si scoprì un complotto contro di lui. Pertinace vinse il primo duello ma nel marzo del 193 i pretoriani circondarono i palazzi del potere. L’imperatore di Alba morì trafitto da una lancia. In seguito fu divinizzato e in suo onore per qualche tempo furono organizzati giochi e feste in tutto l’Impero. Era troppo onesto e per questo fu odiato e ucciso: lo scrisse chiaramente Niccolò Machiavelli che definì Pertinace amante della giustizia e della pace.




Situata nel giardino Lamarmora, all’angolo tra via Bertola e via Stampatori, si innalza una massiccia struttura lapidea di forma quadrangolare. Nella parte frontale un rilievo bronzeo raffigura un manipolo di bersaglieri che muove compatto all’assalto, animato e guidato dall’allegoria alata della Patria vittoriosa. Dalla rigida struttura di pietra sporgono i corpi dei militari che, macabri e scavati, contemplano e quasi scavalcano un compagno morente completamente nudo.
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