Di Pier Franco Quaglieni/ Philippe Daverio e’ stato un grande studioso di storia dell’arte. Più contenuto e sobrio dI Sgarbi, non ha mai voluto essere un accademico e basta
E’ stato un grande e brillante divulgatore dell’arte e del patrimonio storico del Paese che seppe difendere con coraggio senza lo snobismo del Fai o di “Italia nostra”; aveva un modo di parlare e di scrivere seducente che colpiva anche gli incolti, virtù molto rara in un uomo di cultura.
Pur provenendo anche lui dal mondo sessantottino si era presto affrancato dagli stilemi ideologici e sociologici che inquinano l’estetica. Presentandolo a Torino all’ Unione Industriale con Giancarlo Bonzo, io parlai di lui come dell’Anti- Argan. Tanto intellettualistico quest’ultimo, tanto limpido e immediato fu Daverio. Fu straordinariamente efficace in televisione, dimostrando una comunicativa che neppure Alberto Angela possiede.
Ma definendolo così, volevo anche mettere in evidenza il suo spirito libero. Fece l’assessore a Milano con la Lega, ma non ci furono mai sbavature di parte nel suo lavoro di critico.
Quella definizione gli piacque e rimase oltre venti minuti a dialogare con me, quasi congelando il tema che avrebbe dovuto trattare e poi affronto’ con ricchezza di argomenti e smagliante vivacità di toni.
I critici d’arte sono spesso criptici ed evanescenti nel linguaggio, Philippe invece amava la chiarezza cartesiana del linguaggio, impastato a volte da illuminazioni volteriane. Con la sua morte l’Italia perde uno dei suoi pochi intellettuali liberi e non conformisti, una merce rara, quasi introvabile. E‘ stato un chierico che non ha tradito. La sua morte a poco più di 70 anni mi commuove e non mi consente di scrivere di più. La sua intelligenza è stata troncata da un male contro cui ha saputo combattere con stoicismo e coraggio.Per dirla con Croce ,la sua vita intera con la sua inesauribile vivacità e’ stata preparazione alla morte che non segnerà certo l’oblio di un impegno non effimero per la cultura e per l’arte mai disgiunte dall’amore per la libertà.
“Umano molto umano” Alla Casa De Rodis di Domodossola, dall’11 luglio al 20 ottobre, in memoria dei volti e delle vite segnati dalla pandemia
Progetto di “Casa Testori” a cura di Giuseppe Frangi, la rassegna nasce su proposta e supporto della locale “Collezione Poscio”, nata dall’“appassionata incompetenza” (ironico titolo del catalogo della Collezione) dell’imprenditore edile Alessandro Poscio, scomparso nel 2013, “complice” la moglie Paola, che nell’arco di cinquant’anni ha saputo mettere insieme un’importante, prestigiosa raccolta di opere (pittura, disegno e scultura) datate fra fine Ottocento e Novecento. Spunto da cui partire, i drammatici mesi segnati dall’epidemia del Coronavirus.
11 – 17 luglio: Barbara Nahmad, “Ritratto di un ritratto (COVID-19, Brescia)”





Confessiamo un un nostro personale debito verso l’autore. Riesce a descrivere questa disperazione con una certa leggerezza che rende la lettura gradevole e meno onerosa per chi ci è nato e vissuto, come il sottoscritto. Il suo racconto penetra nelle strade dandone una visione nitida. Contrera usa l’auto della sorella. La sua gli è stata bruciata perché ha pestato i piedi a chi non doveva pestarli. È un uomo capace schiacciato dal troppo peso del ricordo di suo padre. Piccoli viaggi in auto che, concretamente ti fanno capire che cosa è diventata Barriera. Ad una cena tra vecchi amici mi sfottevano perché invocavo l’intervento dell’Esercito e poi dicevano, giustamente , che Chistian Frascella era un grande per questi suoi romanzi. Nel terzo libro mi sembra che le conclusioni siano molto ma molto simili. A mali estremi estremi rimedi. Quando c’è cancrena bisogna amputare. Viceversa tutto il corpo si ammala. Francamente è dura sperare, ma è l’unica carta in mano che abbiamo da calare. Proprio il finale pessimismo dell’autore potrebbe essere un buon viatico affinché qualcosa cambi. Si diceva una volta che per ritornare in paradiso bisogna scendere negli inferi. Indubbiamente Barriera di Milano sta conoscendo qualcosa di molto simile all’inferno. Durissima la risalita, ma è un nostro dovere impegnarci e sperare ancora.