“China Goes Urban. La nuova epoca della città”
Fino al 14 febbraio 2021

La città che verrà. Spazi urbani declinati al futuro. O meglio, in equilibrio (più o meno precario) fra passato, presente e futuro. Con tutte le conseguenti implicazioni e contraddizioni – sul piano sociale, economico, non meno che estetico – che inevitatibilmente possono derivarne, così come ci raccontano gli imponenti grattacieli affacciati alla campagna dove vediamo donne curve al lavoro dei campi o i moderni edifici residenziali e gli avveniristici centri del “business” affiancati a mercatini e botteghe che resistono all’implacabile ondata del “nuovo” che avanza: contrasti stonati e perfino sfrontati, ma inevitabili – si diceva – e che ben si amplificano in un Paese come la Cina, dove ogni anno oltre 16milioni di persone si spostano dalle aree rurali a quelle urbane (quando, a fine anni ’70, solo il 18 per cento della popolazione cinese abitava nelle città), dando origine a quella che è considerata la più grande migrazione di massa che il mondo abbia mai visto. Giustificati dunque i riflettori puntati sulla “nuova” Cina urbana presentataci, attraverso fotografie, video, mappe e pannelli, nell’originale mostra “China Goes Urban.

La nuova epoca della città” ospitata, fino al 14 febbraio, al MAO-Museo d’Arte Orientale di Torino. Curata dal Politecnico di Torino e da “Prospekt Photographers” con la “Tsinghua University” di Pechino, in collaborazione con Intesa San Paolo, la rassegna, partendo dal “caso Cina”, vuole essere “un’occasione – precisano gli organizzatori – per approfondire e interrogarsi sulle sfide lanciate dai cambiamenti urbani in atto non solo in Cina, ma in tutto il pianeta, indagando su alcune new town cinesi e sulle contraddizioni innescate dai loro frenetici processi di inurbamento e di espansione urbana”.

Quattro sono le “new town” su cui, fra ricerca e immaginazione, il visitatore viene condotto a riflettere sulla nuova urbanizzazione cinese e sul (nostro) comune futuro urbano: Tongzhou, Zhengdong, Zhaoqing, e Lanzhou. Due le sequenze logiche attraverso cui si snoda il percorso della mostra progettata per smontare via via il rassicurante concetto di “eccezionalità” cinese. La prima ci porta in una “exhibition hall”, luogo tipico delle “new town” dove le amministrazioni pubbliche e le imprese di costruzioni mettono in scena la città promuovendone sul mercato lo stile di vita e i successi ottenuti; la seconda si muove invece partendo da spazi vuoti per arrivare alle persone, ai singoli individui ripresi nelle loro attività quotidiane o in ritratti “situati” dentro i nuovi insediamenti.
Ecco così smontarsi il castello delle ipotesi e delle presunte certezze. In un gioco di immagini riflesse in cui le nuove megalopoli cinesi non ci appaiono più come “altro da noi”, ma luoghi dove “la vita quotidiana è fatta degli stessi piccoli gesti di cui è fatta la vita ad ogni latitudine e le persone che li compiono non sono diverse da noi nei comportamenti, nelle pratiche d’ogni giorno e nei desideri”.

Altro aspetto interessante della mostra è il suo presentarsi come acuta occasione per sperimentare nuovi modelli di accesso alla cultura e, in tal senso, come “caso pilota”, in tempi di Covid-19. Attraverso un’apposita segnaletica i visitatori sono infatti indotti a spostarsi temporaneamente o a muoversi a velocità diverse, evitando in tal modo assembramenti. Inoltre, in corrispondenza di tre varchi lungo il percorso espositivo, sono stati anche allestiti dei segnali luminosi e alcuni “QR code”, al fine di portare il visitatore a scoprire spazi virtuali dove poter fruire di contenuti visivi e approfondimenti aggiuntivi scaricabili sui dispositivi mobili personali.
Gianni Milani
“China Goes Urban. La nuova epoca della città”
MAO-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436919 o www.maotorino.it
Fino al 14 febbraio 2021
Orari: giov. e ven. 12/19 e sab. e dom. 10/19
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L’
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L’iniziativa è patrocinata dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte. Il progetto, nell’ambito della rete degli attuali 25 parchi letterari promossi e istituiti da Paesaggio Culturale Italiano in collaborazione con la Società Dante Alighieri, si prefigge di valorizzare i luoghi di ispirazione dell’autore e di altre figure importanti della storia culturale e scientifica del territorio della Val Grande e delle aree limitrofe attraverso la realizzazione di itinerari storico-paesaggistici, la valorizzazione della cultura sociale, antropologica e dei valori di libertà propri di quelle aree montane. La val Grande è l’area selvaggia più vasta d’Italia, una wilderness a due passi dalla civiltà, stretta tra l’entroterra del lago Maggiore e le alpi Lepontine.



