Il sentimento amoroso e la poesia. Una dicotomia in cui non sempre è facile indicare quale dei due fattori preceda l’altro, vale a dire se l’amore venga espresso nella poesia o se la poesia sia essa stessa un atto d’amore verso l’universo.
Questo connubio è alla base della produzione poetica di Pinuccia Matta, autrice di un recente volume dal titolo “Amare è poesia” (Aletti Editore). Da sempre amante dell’arte e impegnata nel seguire la galleria d’arte e antiquariato di famiglia, Mattarte, con sede a Verolengo, Pinuccia Matta si è ispirata, nelle sue liriche, all’amore, inteso nell’accezione dell’amor cortese, tipico del Dolce Stil Novo. Questo sentimento, generato dal profondo del cuore, trova la sua espressione più felice proprio nella parola poetica e rappresenta la chiave di volta per l’essere umano per potersi avvicinare al divino.
La stessa autrice ama, infatti, definirsi “stilnovista” nei suoi versi, che sono musicali e al tempo stesso intimistici, capace di comunicare una filosofia di vita che risulta tanto più preziosa e esemplare in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, una filosofia ispirata alla gentilezza, al rispetto, alla fede e alla speranza che da questa si apre.
La raccolta di liriche rappresenta anche una silloge capace di trasformare in poesia esperienze autobiografiche, quali la visita a Malta, l’incontro a Medjougorie con la dimensione spirituale, i momenti vissuti e sofferti, e gli incontri che hanno contribuito alla sua evoluzione interiore e personale.
Pinuccia Matta è partita dal cuore e dal profondo dell’anima per affidare alla scrittura poetica la sua esperienza di vita e il suo impegno nel comunicare l’amore intorno a sé.
La sua raccolta di poesie ‘Amare è poesia’ è online sul sito della Biblioteca delle Suore Montevergine, in occasione della Fiera del Libro giunta alla sua seconda edizione. L’autrice ha anche partecipato nell’agosto 2019 alla rassegna Libri nel Borgo Antico di Bisceglie.
Il testo di poesie di Pinuccia Matta è visibile sulla piattaforma della Fiera, accessibile sul sito www.bibliotecasuoremontevergine.it e su www.adelinodimarino.com
Mara Martellotta
Riproponiamo, in occasione della riapertura in presenza e della proroga della mostra, l’articolo già comparso su “Il Torinese” il 28 ottobre scorso, prima della chiusura per emergenza sanitaria dei Musei.
Altroché un quarto d’ora di celebrità! “Nel futuro- diceva lui – ognuno sarà famoso per quindici minuti”. Profezie o pillole di profezia. Non semplice boutade. Ma icone di pensiero buttate lì da un’autentica icona vivente. A pronunciarle Andy Warhol, padre universalmente riconosciuto della Pop Art, che di fama ne ha invece macinata in quantità indescrivibile nei suoi cinquantotto anni di vita, continuando tutt’oggi, a poco più di trent’anni dalla scomparsa, ad esserne compagno fedele, al di là dei tempi, delle mode e in barba ai flussi implacabili dell’oblio.
Del resto, affermava “non è forse la stessa vita una serie di immagini, che cambiano solo nel modo di ripetersi?”. Di grande interesse e suggestione, accanto agli acetati e alle lastre serigrafiche da cui prendevano corpo le sue stampe, sono anche le foto in bianco e nero del fotografo Fred W. McDarrah (Ney York 1926 – 2007) che con i suoi scatti documentò la nascita dell’Espressionismo Astratto e della Beat Generation e che, per oltre trent’anni, immortalò Warhol, non solo attraverso le sue opere ma anche sotto l’aspetto più intimo e umano, all’apice della carriera circondato dalle scatole del detersivo “Brillo”, durante l’inaugurazione di una sua personale, o mentre gira una delle sue pellicole sperimentali (il cinema e la musica, altre sue grandi passioni) o ancora, anni dopo, intento a una delle sue attività preferite: una telefonata. In mostra troviamo anche una replica delle “Silver Clouds”, un’installazione composta da palloncini che fluttuano a mezz’aria circondando il visitatore, creata per la prima volta nel 1966 alla “Leo Castelli Gallery”, dove McDarrah documentò il processo di allestimento.
di una toilette”) o intento a far bisboccia in chiassosa compagnia nei locali di maggior tendenza degli States o accogliente padrone di casa nella sua “Silver Factory”, l’ampio locale al quarto piano di un’ex fabbrica di cappelli sulla 47^ strada, l’“open house”, la “fabbrica” dove l’artista produceva la gran parte del suo lavoro, ma anche quartier generale, luogo di ritrovo per un mondo di “originali” che lì si riunivano per rincorrere i principi della Pop Art come stile di vita. Senza pregiudizi, fra attori, drag queen, musicisti e innumerevoli personaggi dello “Star System”, alla sua corte Warhol accolse e lanciò verso i lidi del successo un nutrito gruppo di Superstar, dai “Velvet Underground” a Edie Sedgwick e a Candy Darling.
“Andy Warhol é…Superpop!”
e con le quali Ventura prosegue la propria ricerca pittorica, iniziata nella scorsa primavera durante il “lockdown” passato in Toscana, nel borgo di Anghiari. Dove, lontano dalla propria macchina fotografica e dagli abituali strumenti di lavoro, rimasti nello studio di Milano, l’artista si è dedicato all’unica attività consentitagli dal ritrovamento di alcuni vecchi acrilici e dai fogli 100×140, reperibili nella cartoleria vicino a casa: la creazione di un diario visivo della quarantena ( “Quarantine Diary” ) in cui la pittura prende il posto della fotografia e cui per stile e tecnica si richiamano in certo senso anche le immagini di “War and Flowers”, caricandosi però di un significato completamente nuovo. I reperti della guerra vengono qui accostati alla delicatezza dei fiori di campo che, nella loro semplicità e complicità, fanno da contraltare alla tragedia che questo lavoro richiama.
diversi linguaggi vengono da Ventura utilizzati all’interno di un percorso che rimane sempre estremamente coerente”.
In mostra (per ora online) alla Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba, le opere “recuperate” dell’artista torinese
del francese Odilon Redon o del belga James Ensor), i dipinti sono stati realizzati da Lattes nell’arco temporale che va dal 1959 al 1990 e, mai esposti prima, fanno parte delle nuove acquisizioni recuperate dal fondo di collezionisti privati per entrare a far parte del prezioso patrimonio della pinacoteca a lui dedicata nelle sale espositive al primo e al secondo piano della Fondazione, accanto ai molti lavori già presenti in collezione.
o come quella figura femminile (?) avvolta nel gorgo di un’umbratile nuvola grigiastra che non ci sembra abbraccio carezzevole ma misteriosa pur se suggestiva prigione del cuore. Dice bene Vincenzo Gatti: “L’accesso ai mondi di Lattes è insidioso.
FondazioneBottariLattes


Ma chi era Publio Elvio Pertinace? Solo uno dei tanti imperatori romani, vissuto nel II secolo, certamente meno importante di tanti altri del glorioso impero, ma pur sempre piemontese, anche se il Piemonte non esisteva a quel tempo e soprattutto un buon politico che si occupò dell’Impero con onestà, trasparenza e tanto coraggio. Era nato nel 126 ad Alba, la mitica Alba Pompeia, che apparteneva alla Regio IX Liguria, una delle undici regioni in cui l’imperatore Augusto divise l’Italia Romana. Già militare e console, divenne funzionario di Marco Aurelio e poi governatore di Roma sotto Commodo. Fu portato sul trono imperiale dalla potente Guardia dei pretoriani e da buon piemontese, moderato e parsimonioso, mise in ordine le finanze dell’impero dissipate dal suo predecessore Commodo. Edward Gibbon, lo storico inglese del Settecento, scrive che il suo “troppo affrettato zelo nel voler riformare lo Stato corrotto” portò alla sua tragica morte nel 193 dopo appena tre mesi di regno. Dione Cassio, storico e politico romano, dà un giudizio generale del regno di Pertinace: “era formidabile in guerra e astuto in pace. Per prima cosa cercò di mettere ordine a tutto quello che in precedenza era stato confuso e irregolare e nell’amministrazione dell’impero dimostrò di avere non solo umanità e integrità d’animo ma anche di voler condurre una gestione economica e di avere la più attenta considerazione per il pubblico benessere. Non riuscì però a comprendere che le riforme non possono essere fatte in un batter d’occhio e che il restauro di un intero Stato richiede tempo e buon senso”. Dopo gli sprechi di Commodo seguì una politica di economie e risparmi, vendette le enormi proprietà del defunto imperatore e dimezzò la paga e i premi in denaro ai pretoriani. Fu presto accusato dai suoi avversari di aver indebolito l’impero e di arricchirsi in segreto. A ribellarsi furono soprattutto quei pretoriani che l’avevano scelto come nuovo imperatore. Dilagò lo scontento e si scoprì un complotto contro di lui. Pertinace vinse il primo duello ma nel marzo del 193 i pretoriani circondarono i palazzi del potere. L’imperatore di Alba morì trafitto da una lancia. In seguito fu divinizzato e in suo onore per qualche tempo furono organizzati giochi e feste in tutto l’Impero. Era troppo onesto e per questo fu odiato e ucciso: lo scrisse chiaramente Niccolò Machiavelli che definì Pertinace amante della giustizia e della pace.