A Palazzo Chigi ci vorrebbe il piemontese Pertinace…

Quanti piemontesi della storia invieremmo oggi a Roma per risolvere la crisi di governo? Sicuramente non mancano e potremmo fare anche qualche nome ma questa volta andiamo molto indietro nel tempo, di quasi 2000 anni.

E troviamo un imperatore romano, piemontese di Alba, che gestì con cura e lealtà la cosa pubblica meritandosi i complimenti di numerosi storici, a lui contemporanei, e anche di Machiavelli. Magari sbroglierebbe egli stesso l’intricato caos politico che regna sovrano nei Palazzi romani, tanto per cambiare.
Ma chi era Publio Elvio Pertinace? Solo uno dei tanti imperatori romani, vissuto nel II secolo, certamente meno importante di tanti altri del glorioso impero, ma pur sempre piemontese, anche se il Piemonte non esisteva a quel tempo e soprattutto un buon politico che si occupò dell’Impero con onestà, trasparenza e tanto coraggio. Era nato nel 126 ad Alba, la mitica Alba Pompeia, che apparteneva alla Regio IX Liguria, una delle undici regioni in cui l’imperatore Augusto divise l’Italia Romana. Già militare e console, divenne funzionario di Marco Aurelio e poi governatore di Roma sotto Commodo. Fu portato sul trono imperiale dalla potente Guardia dei pretoriani e da buon piemontese, moderato e parsimonioso, mise in ordine le finanze dell’impero dissipate dal suo predecessore Commodo. Edward Gibbon, lo storico inglese del Settecento, scrive che il suo “troppo affrettato zelo nel voler riformare lo Stato corrotto” portò alla sua tragica morte nel 193 dopo appena tre mesi di regno. Dione Cassio, storico e politico romano, dà un giudizio generale del regno di Pertinace: “era formidabile in guerra e astuto in pace. Per prima cosa cercò di mettere ordine a tutto quello che in precedenza era stato confuso e irregolare e nell’amministrazione dell’impero dimostrò di avere non solo umanità e integrità d’animo ma anche di voler condurre una gestione economica e di avere la più attenta considerazione per il pubblico benessere. Non riuscì però a comprendere che le riforme non possono essere fatte in un batter d’occhio e che il restauro di un intero Stato richiede tempo e buon senso”. Dopo gli sprechi di Commodo seguì una politica di economie e risparmi, vendette le enormi proprietà del defunto imperatore e dimezzò la paga e i premi in denaro ai pretoriani. Fu presto accusato dai suoi avversari di aver indebolito l’impero e di arricchirsi in segreto. A ribellarsi furono soprattutto quei pretoriani che l’avevano scelto come nuovo imperatore. Dilagò lo scontento e si scoprì un complotto contro di lui. Pertinace vinse il primo duello ma nel marzo del 193 i pretoriani circondarono i palazzi del potere. L’imperatore di Alba morì trafitto da una lancia. In seguito fu divinizzato e in suo onore per qualche tempo furono organizzati giochi e feste in tutto l’Impero. Era troppo onesto e per questo fu odiato e ucciso: lo scrisse chiaramente Niccolò Machiavelli che definì Pertinace amante della giustizia e della pace.
Filippo Re
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