STORIA

Breve storia di Torino: la Capitale

/

Breve storia di Torino

1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi

6 Torino Capitale

Sto proponendo, in questa serie di articoli, una breve ricostruzione storica delle vicissitudini della nostra bella Torino. In questo articolo nello specifico, desidero soffermarmi sul momento di massimo splendore che vede l’urbe pedemontana tramutarsi da cittadina basata sull’antico “castrum” romano in una vera e propria capitale regionale; nella seconda parte del Cinquecento, i diversi membri della famiglia Savoia, i signori torinesi per eccellenza, ordinano a diversi artisti una serie di interventi urbanistici che modificano definitivamente l’aspetto della città, rendendola un gioiello barocco invidiato e osservato da tutta la regione.
Sono questi gli anni del primo effettivo ampliamento territoriale, opera nella quale si inseriscono i grandi nomi dell’architettura barocca italiana: Ascanio Vittozzi, Carlo di Castellamonte e suo figlio Amedeo, Guarino Guarini, Filippo Juvarra, Benedetto Alfieri e Bernardo Antonio Vittone. Il lavoro di tali immense personalità fa emergere la nuova anima della città, adeguandola al ruolo di protagonista assoluta del Regno sabaudo.

Molti dei tratti architettonici assunti nel lontano Seicento sono ancora oggi ben visibili, passeggiando per le vetuste vie ci si imbatte in palazzi caratterizzati dalla monumentalità delle forme, piazze dall’impianto fortemente scenografico, giardini adorni di fontane e giochi d’acqua e, se si alza lo sguardo verso il cielo, grandiose cupole che si stagliano all’orizzonte. Non c’è dubbio, la nostra bella Augusta Taurinorum ancora sa risplendere del suo fascino sempiterno.
Tuttavia, come sempre, mi piace andare per ordine e definire dapprima il contesto.
Dal 1563, grazie alla decisione del duca Emanuele Filiberto, Torino diviene sede ufficiale della famiglia sabauda, tale scelta influisce grandemente sulla sorte dell’urbe pedemontana, che passa dall’essere prima un “semplice” avamposto, poi una vera e propria capitale regionale e infine, nel glorioso periodo cinquecentesco, verrà considerata cuore pulsante dell’intero Stato sabaudo.
Tale passaggio di status accelera non di poco la crescita della città: parimenti all’aumento demografico si promuovono gli interventi, sia politici che architettonici, fervidamente voluti dai Savoia.

L’assetto strutturale di Torino è ormai gerarchico, esso rispecchia l’ordine sociale secondo cui il potere si acquisisce per nascita, come testimonia la corte nobiliare che si accerchia sempre più intorno alla figura del monarca. È opportuno tuttavia sottolineare come in realtà i sovrani non fossero dei veri “desposti”, essi a loro volta dovevano comunque sottostare alle leggi dello Stato, perseguendo l’alto e specifico obiettivo di amministrare la giustizia, perseguendo il difficile scopo di mantenere l’ordine sociale, anche tenendo in considerazione i principi divini.
Col tempo i Savoia, anche grazie ai loro ministri e ai loro burocrati, riescono a rendere sempre più “illuminata”la struttura del governo torinese, rifacendosi ai dettami dell’Anciem Régime.
Ciò che è bene sottolineare è altresì la scelta della famiglia sabauda di non limitarsi ad interventi politici ed amministrativi, ma anche –soprattutto- a livello estico-costruttivo sul territorio: Torino viene costantemente ampliata, rafforzata e abbellita; inoltre è evidente come al nuovo aspetto corrisponda l’importanza simbolica dei luoghi, infatti alla giovane capitale vengono affidate diverse “funzioni chiave”, essa è sede degli uffici del governo, ossia domicilio dell’autorità politica, nonché residenza della base militare dello Stato.
Il potere monarchico, solido e ben definito, si riflette nell’omogeneo assetto urbanistico e nell’impianto stradale che regola e suddivide i diversi quartieri, l’ordine urbanistico si fa simbolo dell’ordine politico che lo Stato vuole instillare all’interno dei propri domini.
La partecipazione dei Savoia è più che attiva nel frangente costruttivo, la famiglia promuove una sistematica opera di ampliamento e modifica del primigenio impianto medievale, attraverso la costruzione di palazzi estrosi ed eleganti, che fanno da contrappunto al rigore stradale. Torino nel tempo si trasforma in una capitale barocca, le cui tracce sono tuttora ben visibili nel centro della città.
Si pensi ad esempio ad uno degli edifici simbolo della città: Palazzo Reale. Qui il barocco si mescola al rococò e al neoclassico, la facciata principale è esempio tipico del barocco aulico piemontese, così come lo sono l’eleganza delle decorazioni esterne ed interne alle varie sale.
Vi è poi la peculiare Chiesa di San Lorenzo, edificata a metà Seicento dal maestro Guarino Guarini per commemorare la vittoria di Emanuele Filiberto nella battaglia di San Quintino in Piccardia. L’ambiente interno si presenta ricco di marmi policromi, adorno di cappelle concave e convesse, così come vuole il gusto barocco, che esalta il ritmo della linea curva; l’illuminazione è data da un preciso e puntuale gioco di luci, tutto basato sullo sfumare dalla zona d’ombra dell’ingresso, verso il chiarore che aumenta con il sollevarsi dello sguardo; esaltano l’effetto gli oculi che bucano le pareti.

L’elemento caratteristico dell’edificio è la cupola a costoloni, osservandola si evince anche la genialità costruttiva del Guarini, il quale attraverso l’incastro dei costoloni costringe il visitatore a guardare verso l’alto, unica direzione perseguibile per trovare la salvezza divina.
Palazzo Madama invece deve la sua ristrutturazione allo Juvarra: cuore dell’intervento è lo scalone d’ingresso, tutto stucchi e marmi, costantemente illuminato dalla luce che si irradia dai grandi finestroni.
Ancora un esempio, Palazzo Carignano, situato nel centro di Torino e progettato dal Guarini, presenta la facciata principale curvata dall’alternanza di parti concave e convesse, il ritmo rispecchia i dettami del gusto barocco, così come lo fanno le particolari decorazioni interne, gli elaborati affreschi e gli stucchi sontuosi.
A segnare l’inizio di questo nuovo periodo, così glorioso e florido per la città di Torino, è il trattato di Cateau-Cambrésis (3 aprile 1559). Il documento non solo sancisce la fine delle guerre che avevano devastato la penisola fino ad allora, ma ripristina la sovranità del duca Emanuele Filiberto di Savoia sui propri domini. Quest’ultimo porta avanti una serie di interventi volti appunto a sottolineare l’importanza della nuova capitale: non più Chambéry ma Torino. Il duca individua come sua dimora, e sede della corte, Palazzo dell’Arcivescovado, edificio che viene così ampliato e modificato; Emanuele ordina poi la costruzione di una cittadella all’estremità sud-occidentale della città che cambia drasticamente il tessuto urbano, la nuova fortezza ha certo funzione difensiva ma essa deve anche simbolicamente rappresentare l’autorità ducale.
A livello politico Emanuele ricostituisce la Camera dei Conti e l’Alta Corte d’Appello francesi rinominandole Senato piemontese e facendo di esse le principali istituzioni del governo.

Per incrementare l’economia cittadina il duca promuove diverse attività, tra cui la piantumazione dei gelsi e la produzione di seta.
In sintesi sono principalmente due i fatti fondamentali che definiscono il nuovo status torinese: il ripristino delle attività dell’Università (1560) e il trasferimento nell’urbe della Sacra Sindone (conservata a Chambéry per più di un secolo). Torino è così anche custode e guardiana della santissima reliquia, il prestigio della città e – di conseguenza- della famiglia sabauda non si possono più mettere in discussione.
A Emanuele Filiberto succede Carlo Emanuele I (1580).
Sono anni turbolenti per il nuovo regnante, eppure Torino continua a prosperare; sotto Carlo la città si trasforma in una delle corti più raffinate d’Europa, il principe ama gli sfarzi, è mecenate di artisti e letterati, tra cui il poeta Giambattista Marino, il filosofo Giovanni Botero e il pittore Federico Zuccaro, autore delle decorazioni presenti nella galleria tra Palazzo Ducale e il vecchio castello, destinata alle curiosità e alle opere d’arte del duca.
Il gusto di Carlo per organizzare celebrazioni di vario genere porta alla costruzione di un grande spazio adibito alle cerimonie di fronte a Palazzo Ducale, il processo di edificazione inizia nel 1619 in occasione delle nozze della principessa Maria Cristina, figlia di Enrico IV di Francia. Per tale evento è inoltre aperta una porta nelle mura a sud (chiamata Porta Nuova), viene in seguito progettato una sorta di corridoio che congiunge Palazzo Ducale e Piazza Castello (attuale via Roma), a metà di tale passaggio è aperta una piazza (attuale piazza San Carlo). Carlo affida il cospicuo progetto del nuovo assetto cittadino a degli architetti esperti, che costituiscono il “Consiglio per l’edilizia e le fortificazioni”. I nuovi quartieri, definiti da residenze aristocratiche ben diverse da quelle presenti nel centro storico, non sono ideati per essere delle “vere abitazioni”, bensì per rendere la capitale preziosa, maestosa ed elegante.
Carlo Emanuele II ordina un ulteriore ampliamento urbanistico, seguito da un terzo progetto, sostenuto e terminato poi da Vittorio Amedeo II; quest’ultimo intervento rappresenta la fase conclusiva di ampliamento cittadino, dopo gli architetti si dedicheranno ad abbellire le antiche strutture preesistenti, rendendole moderne e lineari; si intraprenderanno poi diversi lavori volti a ristrutturare le strade principali, tra cui l’attuale via Garibaldi.
Caratterizza invece l’epoca settecentesca il completamento di diverse residenze nei dintorni di Torino, tra cui le ville nei parchi Mirafiori e Regio Parco e la dimora di Venaria Reale, poi completamente riassestata da Filippo Juvarra, uomo di fiducia di Amedeo II; all’architetto messinese si devono i lavori di modifica del Castello di Rivoli, la costruzione del mausoleo di Superga e la residenza di caccia di Stupinigi.

Nello specifico, la Reggia di Venaria, tuttora considerata un capolavoro d’architettura, si presenta come un’imponente struttura circondata da ampi giardini, ricchi di aiuole, fiori, piante, vanta numerosi esempi d’arte barocca, quali la Sala di Diana, la Galleria Grande, la Cappella di Sant’Uberto, le Scuderie Juvarriane, la Fontana del Cervo e le numerose decorazioni presenti in tutta la struttura. L’edifico è parte del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO dal 1997.
La scenografica palazzina di caccia di Stupinigi, situata alle porte di Torino, ha un corpo centrale ampio, a pianta ellittica, a cui si accede attraverso un maestoso viale affiancato da giardini. Cuore pulsante della struttura è il salone ovale, affrescato da dipinti che si rifanno all’arte venatoria; dal salone si dipartono a croce di Sant’Andrea quattro bracci che conducono agli appartamenti reali e a quelli degli ospiti.
A fine Settecento anche l’anello satellite costituito da tali residenze testimonia il potere e la gloria della famiglia sabauda.
Figura essenziale del XVIII secolo è Vittorio Amedeo II, il quale si dedica principalmente alle riforme interne: egli riorganizza la burocrazia, istituisce diversi dipartimenti con ambiti di competenza ben distinti; per ospitare tali istituzioni vengono edificati lungo il lato settentrionale di Piazza Castello una serie di uffici comunicanti con Palazzo Reale (un tempo detto Ducale). Accanto a tale struttura viene innalzato un palazzo per gli Archivi di Stato (il primo edificio edificato appositamente per questo scopo in tutta Europa); nel 1738 iniziano i lavori per annettere alle costruzioni preesistenti un teatro lirico a uso esclusivo della nobiltà. La zona adiacente Palazzo Reale è quindi il regno della corte e assume un carattere distinto non solo dal punto di vista architettonico ma anche sociale.

Amedeo II riforma anche l’ateneo, precedentemente chiuso a causa della guerra con i francesi; il re ottiene il controllo dell’Università e la trasforma in una istituzione regia volta a formare futuri uomini di governo, professionisti o ecclesiastici. L’ateneo riformato sorge vicino ai nuovi uffici governativi, apre le porte agli studenti nel 1720, ed è articolato in tre facoltà: Legge, Medicina, Teologia, ( a partire dal 1729 è presente anche l’indirizzo di Chirurgia).
Alla nuova istituzione è affidato il compito di gestire il sistema scolastico dell’intero Piemonte.
A Vittorio Amedeo II si deve il rivoluzionario passo di creare quello che può essere considerato il primo sistema scolastico laico dell’Europa cattolica, sottraendo così il primato dell’istruzione ai religiosi. L’Università è ora il dicastero responsabile dell’istruzione. Sotto Amedeo opera Juvarra, uno dei grandi maestri del barocco, formatosi a Roma come architetto e scenografo. Le sue costruzioni hanno tutte una chiara impronta scenografica, che risponde alle esigenze dei committenti e all’intento di celebrare la grandezza della capitale. Juvarra progetta chiese e facciate di palazzi, come per esempio quella di Palazzo Madama, che dà a piazza Castello una perfetta e nuova prospettica architettonica. Oltre Juvarra anche Guarino Guarini è uno dei protagonisti indiscussi che trasformano la città in un gioiello barocco. Guarini realizza la Chiesa di San Lorenzo, la Cappella della Santa Sindone e Palazzo Carignano, dando vita a eccentrici modelli architettonici divenuti modelli da imitare per gli artisti successivi. Il lavoro di questi architetti è ammirato dai visitatori e l’influenza delle loro opere presto si estende ben oltre i confini piemontesi: è grazie a loro se Torino da anonimo centro provinciale si tramuta in maestoso esempio di architettura barocca e pianificazione urbana. È grazie a loro se ancora oggi possiamo passeggiare per la città con lo sguardo incantato, attraverso l’eterna bellezza dell’arte.

Alessia Cagnotto

STUPINIGI, STAFFARDA, S. ANTONIO DI RANVERSO: 20 milioni di euro per il restauro dei beni della Fondazione Ordine Mauriziano

Con un investimento di 20 milioni di euro nel biennio 2023-2024, la FOM Fondazione Ordine Mauriziano ha costruito progetti, consolidato sinergie territoriali, razionalizzato risorse per il recupero e la valorizzazione della Palazzina di Caccia di Stupinigi, dell’Abbazia di Santa Maria di Staffarda, della Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso e della Basilica Mauriziana.

L’obiettivo è l’ampliamento dei percorsi museali di visita con l’apertura al pubblico di spazi chiusi da decenni, di percorsi nascosti, mai resi accessibili e di nuove aree dal grande valore storico e artistico. Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi si vuole ripristinare l’originario percorso ad anello che si chiudeva con la sala dove un tempo era esposta la carrozza napoleonica, ora alla Reggia di Venaria ma che presto ritroverà una nuova specifica collocazione in Palazzina. Il complesso progetto di riqualificazione della Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso renderà invece fruibile, per la prima volta nella storia, tutto il complesso monastico destinato alla cura e al rifugio di pellegrini e bisognosi: dalla manica del Corridoio degli Stemmi, alla piccola cappella dell’abate di Montchenu, dal Coro d’Inverno al camminamento con passerella sopra le capriate della navata destra della chiesa, all’Ospedaletto, che sarà trasformato in uno spazio ricettivo di ristoro. All’Abbazia di Santa Maria di Staffarda è stato avviato il progetto di recupero della Manica dei Ricostruttori che ospita decorazioni pittoriche di grande pregio. La Basilica Mauriziana di via Milano a Torino, infine, sarà oggetto nel 2024 di lavori di restauro che porteranno progressivamente alla riapertura della chiesa non solo al culto ma anche alle visite guidate, in collaborazione con la Arciconfraternita dei Santi Maurizio e Lazzaro, ente che attualmente gestisce il bene e custodisce l’archivio della più antica confraternita torinese.

«Un anno e mezzo dopo il mio insediamento – spiega Licia Mattioli, presidente della FOM Fondazione Ordine Mauriziano – iniziamo a raccogliere i frutti di una serrata pianificazione in termini di recupero e di valorizzazione dei beni. Al mio arrivo, l’obiettivo chiaro che avevo in mente era quello di una politica della ripresa e della costruzione. La FOM mi è stata consegnata in equilibrio, ma dopo un lungo periodo di commissariamento era arrivato il momento di camminare con le nostre gambe e la squadra che ho incontrato si è dimostrata perfettamente all’altezza di questa onerosa sfida. In silenzio e con determinazione sono stati costruiti progetti, consolidate sinergie territoriali, razionalizzate risorse per permettere a tutti i siti della Fondazione di iniziare a pensare al futuro con basi più solide. La filosofia adottata nel piano strategico di sviluppo si consoliderà anche in futuro secondo il criterio dell’azione sinergica tra interventi di conservazione e valorizzazione, basandosi sul fatto che la sostenibilità passa obbligatoriamente dal bilanciamento tra l’uno e l’atro aspetto delle azioni di restauro».

I RESTAURI

Nel mese di dicembre 2023, alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, si sono conclusi i lavori di riqualificazione delle aree di ingresso e accoglienza al pubblico: gli atrii di passaggio laterali e la sala – dove sono stati recuperati gli affreschi del primo Novecento a cura del CCR Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale – e le aiuole del parterre all’esterno, per un progetto cofinanziato con Art Bonus dalla società di sviluppo immobiliare Vailog SEGRO, un perfetto connubio tra conservazione e valorizzazione nel rispetto della sostenibilità ambientale. Nel frattempo, è stato avviato un ambizioso progetto che porterà al restauro del giardino storico e alla sua riapertura nei primi mesi del 2025 grazie ai fondi del PNRR. Il finanziamento consente di coniugare il recupero del disegno caratteristico del giardino, unico nelle sue forme e configurazione ed espressione della genialità di Filippo Juvarra, e la sua componente botanica originale con le esigenze di tutela ambientale presenti. Di prossima partenza, il restauro dell’Appartamento del Re Carlo Felice, ambiente straordinariamente integro nell’originalità degli anni del rococò torinese, dopo quasi 10 anni di chiusura e con un finanziamento di 350mila euro per il recupero degli apparati decorativi fissi, patrocinato dalla Consulta per la Valorizzazione Beni Storico Artistici e Culturali Torino, e la riqualificazione di uno dei più affascinanti percorsi nascosti, la Galleria interrata di Levante da dove si gestiva l’attività che permetteva la vita di corte ai piani superiori. L’appartamento del Re Carlo Felice rientra nel più ampio progetto di restauro dell’ala di Ponente, grazie al finanziamento di 5 milioni di euro del MiC Ministero della Cultura, attraverso il piano strategico “Grandi Progetti Culturali”, che vuole rendere progressivamente di nuovo visitabili gli spazi dell’ala ovest: la Galleria di Ponente, l’atrio degli appartamenti di Ponente e gli Appartamenti del re Carlo Felice e del Principe di Carignano.

Il totale degli investimenti sulla Palazzina per il biennio 2023-2024 si aggira intorno ai 3 milioni e 200mila euro tra fondi pubblici e privati, a cui si aggiungono 5 milioni di euro del MiC destinati al completamento del percorso museale. Il MiC, inoltre, ha anche disposto un finanziamento di 3 milioni e 200mila euro per la messa in sicurezza del Castelvecchio, il castello che si trova a lato della Palazzina juvarriana.

La Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso è interessata da un progetto di riqualificazione finalizzato all’ampliamento del percorso di visita e servizi al pubblico con il recupero dell’area aulica conventuale, il cui investimento ammonta a circa 2 milioni e 400mila euro, ammessi alla richiesta di contributo in conto capitale da parte del Ministero della Cultura come progetto pilota dalla strategica rilevanza territoriale.

Il primo lotto di lavori è iniziato ad ottobre 2023 con gli interventi di ripristino delle coperture della manica conventuale e della cascina alta. Dal 2022 è in atto un cantiere pilota portato avanti dal CCR sugli affreschi tardo gotici della parete sinistra del presbiterio che recano la firma di Giacomo Jacquerio, che terminerà nel mese di gennaio 2024. Il cantiere di analisi e di definizione delle metodologie di intervento è finanziato dalla Fondazione CRT (Bando Cantieri Diffusi 2021) e dalla Fondazione Magnetto di Alpignano. Dopo queste prime attività che si concluderanno a fine anno, in base ai risultati diagnostici e agli studi propedeutici, potrà essere avviato il secondo lotto di lavori, nel 2024-2025, che renderà accessibile la manica denominata “Corridoio degli Stemmi”, al primo piano, alla quale si accede dallo scalone monumentale nel cortile delle guardie e l’Ospedaletto che diventerà una struttura ricettiva di ristoro.

Progetti di grande respiro anche all’Abbazia di Santa Maria di Staffarda. Ad ottobre 2023 è stato avviato un programma di interventi strutturali urgenti che porterà alla riqualificazione di una manica adiacente al chiostro della chiesa, detta “Manica dei Ricostruttori”, per un ampliamento del percorso di visita e potenziamento dei servizi. Il progetto, che richiede un investimento complessivo di 2 milioni e 500 mila euro, è stato ammesso alla richiesta di contributo in conto capitale da parte del MiC, per la copertura di circa il 40% dei costi sostenuti dalla FOM. A questo finanziamento si aggiunge il contributo straordinario di 1 milione e 500mila euro della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

In mostra alla “Sabauda” Giulia & Tancredi Falletti di Barolo collezionisti

MUSEI REALI DI TORINO GALLERIA SABAUDA | Spazio Scoperte DAL 28 NOVEMBRE 2023 AL 7 APRILE 2024

 

Si è aperta ai Musei Reali di Torino, nello Spazio Scoperte della Galleria Sabauda, la mostra dossier Giulia & Tancredi Falletti di Barolo collezionisti, in occasione del bicentenario della nascita del Distretto Sociale Barolo.

 

L’esposizione, curata dai Musei Reali in collaborazione con l’Opera Barolo, celebra i marchesi Giulia e Carlo Tancredi Falletti di Barolo, personalità di spicco della società piemontese del XIX secolo, illustrandone il gusto collezionistico, le committenze e gli interessi culturali, ricostruendo il nucleo originario della loro raccolta attraverso una selezione tra le 45 opere d’arte antica donate nel 1864 con lascito testamentario alla Regia Pinacoteca, oggi Galleria Sabauda, esposte in dialogo con dipinti e sculture un tempo parte della stessa collezione.

 

Nella Torino di primo Ottocento, i marchesi Falletti di Barolo furono molto attivi in campo assistenziale, mostrando un costante impegno a favore delle classi povere. In particolare, dopo aver riformato le carceri femminili torinesi, il 7 marzo 1823 Giulia Colbert fondò il Rifugio, una delle prime istituzioni ad accogliere ed educare le cosiddette “donne pericolanti”; negli anni successivi, i marchesi ampliarono la prima struttura, fino a creare un complesso di istituti riuniti in una sorta di cittadella della promozione umana, in grado di sostenere soprattutto bambine e donne in difficoltà.

La mostra dossier ripercorre gli interessi culturali dei due nobili attraverso la pittura e la scultura loro contemporanee e le loro scelte collezionistiche, frutto di un gusto ecclettico raffinato, orientato verso quanto di più significativo offrisse il mercato antiquario; il racconto dei loro viaggi in Italia, alla scoperta dei monumenti dell’antichità classica e delle opere dei grandi maestri italiani del Rinascimento e del Seicento; il loro amore per l’arte, intesa come strumento di educazione ai valori della morale cattolica, di crescita e riscatto sociale.

 

Il percorso espositivo si apre con la sezione dedicata alla produzione artistica contemporanea, in particolare la plastica neoclassica legata alle teorie estetiche di Bertel Thorvaldsen. Tra i capolavori si segnala l’Erma di Saffo, celebre scultura in marmo commissionata ad Antonio Canova nel 1819-1820 dal marchese Tancredi, donata per sua volontà alla Città di Torino e oggi conservata alla GAM – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea. Sono esposte opere come la Fanciulla con le tortore e il Bambino in preghiera dello scultore Luigi Pampaloni con Gesù e i fanciulli, tela commissionata a Pietro Ayres, pittore attivo anche per la corte sabauda come ritrattista, conservate a Torino nel Palazzo Falletti di Barolo; sono presenti due disegni eseguiti da Giuseppe Pietro Bagetti, in prestito dalla GAM di Torino, due dipinti del torinese Pietro Righini, oltre alla tela raffigurante Guglielmo Falletti di Barolo e Luigi XI di Francia, opera di Giovanni Migliara. La sezione si completa con due raffinati ritratti a pastello di Giulia e Carlo Tancredieseguiti nel 1812 da Luigi Bernero (Torino, Palazzo Falletti di Barolo), che mostrano evidenti contatti con la ritrattistica francese di Jacques-Louis David.

 

Fondamentali nell’indirizzare le scelte dei marchesi furono i viaggi in Italia tra il 1815 e il 1834, durante i quali visitarono chiese e collezioni d’arte e acquistarono molti oggetti della loro raccolta, frequentando i più influenti circoli intellettuali dell’epoca e i laboratori degli artisti più in voga. Queste esperienze furono raccolte in tre Diari, due dei quali sono esposti insieme a documenti di archivio e a un nucleo di disegni realizzati dai due coniugidelicati schizzi a matita nei quali Giulia ritrae i suoi familiari, e i disegni raffiguranti tombe papali eseguiti da Carlo Tancredi, a riprova di come l’esercizio del disegno fosse una consuetudine che entrambi praticavano e condividevano. È presente, inoltre, un prezioso modellino-reliquiario del Santo Sepolcro di Gerusalemme realizzato in avorio, madreperla e legno del Getsemani, oggi conservato a Palazzo Madama e parte del gruppo di opere donate dai marchesi al Comune di Torino.

 

L’esposizione prosegue con le opere della collezione appartenenti al nucleo destinato alla Regia Pinacoteca nel 1864: le più significative sono segnalate da didascalie specifiche e pannelli didattici lungo il percorso permanente della Galleria Sabauda. Si incontrano capolavori come l’Incoronazione della Vergine, acquistata da Carlo Tancredi come opera di Giotto e ora attribuita a Bernardo Daddi, I Quattro evangelisti attualmente attribuiti a Mariotto di Nardo di Cione, il tondo con la Madonna e san Giovannino in adorazione del Bambino di Giovanni Antonio Della Robbia, e ancora la Madonna con Bambino di Lorenzo di Credi, uno dei dipinti più apprezzati della quadreria Falletti di Barolo, ricercato da importanti istituzioni internazionali come la National Gallery di Londra. Considerevoli, inoltre, il tondo su tavola raffigurante la Madonna con il Bambino, san Giovannino e un angelo, in cui la qualità stilistica del disegno, emersa da recenti indagini diagnostiche, fa supporre un intervento diretto di Botticelli, la Madonna con il Bambino e san Giovannino, attribuita ad Andrea del Sarto, e il San Pietro in cattedra eseguito da Anton Raphael Mengs.

La mostra dossier presenta inoltre un gruppo di dipinti della collezione finora conservato nei depositi della Galleria Sabauda; sono opere poco note al pubblico e, per la prima volta, vengono esposte insieme per una riflessione sugli interessi dei marchesi in ambito figurativo: la predilezione per la pittura emiliana del Seicento, con opere della cerchia di Guercino, Guido Reni, Francesco Albani, Carlo Cignani, tra le quali un bel Ritratto di gentiluomo attribuito a Simone Cantarini e, per i soggetti religiosi, la Madonna con il Bambino della bottega del Sassoferrato e la Testa di Madonna di Pompeo Batoni.

Nella sala 18, al primo piano della Galleria Sabauda, una sezione espositiva rivela l’interesse dei marchesi per la pittura caravaggesca a tema musicale: alla magnifica tela con il Suonatore di Antiveduto Gramatica (1569-1626), che proviene dalla loro collezione, è accostato il Concerto a due figure dello stesso artista, acquistato recentemente per i Musei Reali dal Ministero della Cultura per riunire i due frammenti di un’opera intitolata La Musica, un tempo appartenente alla collezione romana del cardinale Del Monte. All’opera di Gramatica è accostato il bellissimo Concertinoricondotto all’attività giovanile di Mattia Preti, anch’esso appartenuto alla collezione Falletti di Barolo e donato da Giulia Colbert al Palazzo Comunale di Alba, che lo ha concesso in prestito in occasione della mostra.

GIULIA & TANCREDI FALLETTI DI BAROLO COLLEZIONISTI

Torino, Musei Reali – Galleria Sabauda | Spazio Scoperte (Piazzetta Reale, 1)

28 novembre 2023 – 7 aprile 2024

Ingresso compreso nel biglietto dei Musei Reali

 

Orari

dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 19

La biglietteria chiude un’ora prima

 

Biglietti

Intero: euro 15

Gruppi (massimo 25 persone): euro 13 a persona

Ridotto (18/25 anni): euro 2

Gratuito (0/17 anni, Soci ICOM, Abbonamento Musei, Torino + Piemonte Card, Royal Pass, 1 accompagnatore

per disabili non autosufficienti, giornalisti, dipendenti MiC, insegnanti)

Per l’acquisto online: https://www.coopculture.it/it/prodotti/biglietto-musei-reali-di-torino/

 

Sito internet

https://museireali.beniculturali.it

Krumiri Rossi, un dolce pezzo di storia piemontese

Anche un biscotto può aggiungere fama ad una città come Casale Monferrato, già nota per aver dato i natali a grandi pittori e scultori, ad un politico della statura di Giovanni Lanza, a Stefano Guazzo autore della “Civil conversazione” oltre ad una nutrita presenza di chiese e palazzi settecenteschi, della Cattedrale con il magnifico nartece romanico, del castello Paleologo e di tutto quanto la rende la “Siena del Piemonte” come un tempo fu definita.

Ad attirare il turismo allo stesso modo concorrono i KrumiriRossi,  deliziosi biscotti inventati pochi anni dopo l’esito risorgimentale in una tranquilla serata allorché il pasticcere Domenico Rossi li sfornò nel suo laboratorio per farli gustare agli amici.

Ne uscì una prelibatezza dalla forma ricurva simile ai baffi di Re Vittorio Emanuele II di Savoia che con Cavour “Fece l’Italia”.

I dolci, attualmente forniti dagli eredi della famiglia Portinaro, che rilevò l’azienda nel 1953, sono rimasti identici a quelli originali ottocenteschi ottenuti con uova, farina, burro, zucchero, vaniglia a cui si aggiungeva un ingrediente, gelosamente tenuto segreto ancor oggi, al fine di ottenere il gusto inconfondibile ed inimitabile.

KrumiriLe belle scatole di latta rossa litografata contenenti i biscotti sono un ulteriore attrazione e talmente apprezzate da diventare oggetto di collezionismo.

Se l’arte, per essere tale, deve essere invenzione di qualcosa che prima non c’era e creatività, perché non pensare che i Krumiri, inventati e creati dal signor Rossi, non siano essi stessi opere d’arte.

Giuliana Romano Bussola

 

(Nella foto di copertina la latta gigante di Krumiri Rossi che riproduce un’antica confezione dei famosi biscotti)

 

Cesare Mondon. La Resistenza scuola di vita e di libertà

Presentazione del libro di Raffaella Chiaravalloti sul partigiano Rino. 1° Dicembre 2023 – Sala Consiliare, corso Pastrengo n. 10 Collegno

Era da molto tempo che si sperava che qualcuno scrivesse un libro su Cesare Mondon, meglio conosciuto come “il miracolato di Rubiana”. Finalmente, grazie al lavoro della giornalista Raffaella Chiaravalloti, questo desiderio è diventato realtà.
L’autrice ci guida attraverso i pensieri e le esperienze di Cesare Mondon, condividendo con i lettori i valori di giustizia e libertà che hanno ispirato la sua lotta durante i giorni bui della Resistenza. Non solo un partigiano coraggioso, ma anche un individuo di notevole rilevanza per la comunità nord ovest di Torino.
Cesare Mondon è stato un personaggio molto importante per Collegno; sarà, infatti, l’Amministrazione Collegnese a rendergli omaggio organizzando la prima presentazione del libro a lui dedicato, presso la Sala Consiliare in Corso Pastrengo n. 10, alle ore 18.00.
La presentazione del libro di Raffaella Chiaravalloti promette di essere un momento toccante e significativo, un’opportunità per onorare la memoria di Cesare e soprattutto trasmettere i valori fondamentali ai nostri giovani che rappresentano il nostro futuro e per riflettere sulle lezioni di coraggio e impegno che la Resistenza ci ha lasciato in eredità.

 

La Torino di Napoleone

Breve storia di Torino


1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi

 

7 La Torino di Napoleone

Levento che più di ogni altro segna il XVIII secolo è senzaltro la Rivoluzione Francese.
Il movimento parigino che si batte per i diritti delluomo riecheggia in tutta Europa e anche la nostra bella Torino non ne rimane indifferente, e non solo per ciò che riguarda gli alti ideali proposti ma soprattutto per via delloccupazione militare francese che, nel 1798, porta limpeto rivoluzionario allinterno delle stesse mura cittadine.
Nello stesso anno Carlo Emanuele IV di Savoia abdica e si ritira con la sua corte in Sardegna, lasciando la cittadinanza ad affrontare un periodo di forti trasformazioni politiche e sociali: Torino è pronta ad un ulteriore mutamento che presto la porterà ad assumere la forma di una moderna città borghese ottocentesca.
Il nuovo governo repubblicano prende il posto della monarchia, abolisce molti privilegi aristocratici e ridimensiona non di poco linfluenza della Chiesa.
Tale situazione tuttavia non ha vita lunga, la parentesi repubblicana termina appena un anno dopo, nel 1799, quando le armate austro-russe invadono il Piemonte, sconfiggono i Francesi e occupano la città.
Sarà necessario attendere larrivo di Napoleone, nel giugno 1800, per assistere ad una nuova riorganizzazione politica della penisola italica, assetto che vede il Piemonte riannesso al Primo impero francese e costringe i Torinesi a sottoporsi al Codice napoleonico, accettando di conseguenza di sottostare al  sistema giuridico e amministrativo francese.
Torino non è più la città-fortezza dei Savoia, e per sottolineare tale circostanza il generale di origini corse, protagonista indiscusso della prima fase della storia contemporanea, ordina lo smantellamento delle fortificazioni cittadine, rendendo lurbe una città aperta, dallimpianto più similare a quello urbanistico francese, giocato su unimpostazione ad ampio raggio. Il regime governante impone ai costruttori ledificazione di nuove piazze, strade e ponti, come ad esempio quello realizzato tra il 1810 e il 1813 sul Po, viene poi abolita lantica divisione in isolati della città a favore di unamministrazione basata su quattro distretti denominati Po, Dora, Moncenisio e Monviso, corrispondenti alla circolazione dellandirivieni da e verso il centro abitato.

Ancora una volta, anche il potere ecclesiastico viene colpito duramente, nelle stessa Torino ben ventinove tra monasteri e conventi vengono chiusi, con conseguente confisca delle terre di cui disponevano gli stabilimenti.
La città pedemontana risponde ormai alle nuove procedure in voga nella Francia napoleonica: si introduce il concetto di uguaglianza tra cittadini, si esalta il valore dellautorità imperiale, del progresso razionale e del servizio pubblico.
La nuova legislatura torinese si basa sul Codice napoleonico, che riconferma labolizione dei privilegi della nobiltà, estende i diritti civili, amplia la tolleranza religiosa, specie nei confronti della comunità ebraica presente sul territorio piemontese e fatto che mi piace rimarcare in questi periodi così moderni–  considera il matrimonio più come un contratto civile di competenza statale che un sacramento religioso, logica che porta anche alla legalizzazione del divorzio.
Le nuove norme investono anche il campo amministrativo-commerciale. Napoleone ordina leliminazione delle corporazioni, cancella i dazi doganali e tutte le difficoltà che possono recare danno alle vendite, inoltre istituisce nuovi organi quali la Camera del commercio, la Borsa e il Tribunale commerciale, tutti enti appositamente pensati per promuovere rapporti di mercato tra i Torinesi e gli imprenditori francesi.
Questa generale spinta modernizzatrice investe le autorità di nuovi poteri, ad esempio il ruolo del sindaco acquisisce un maggior valore, si ampliano le mansioni dellamministrazione municipale, che ora si occupa anche del mantenimento dellordine pubblico, della sanità, dellassistenza ai bisognosi nonché della gestione degli ospedali.
Altro aspetto determinante del dominio napoleonico riguarda proprio lambito della cura alla persona, lassistenza medica rispecchia ora dei canoni moderni, in più gli stretti contatti  tra Torino e Parigi fanno sìche si crei una sorta di infrastruttura amministrativa interna che rende più veloci le mansioni burocratiche, snellendo il carico di lavoro che prima ricadeva su medici e infermieri, che ora possono dedicarsi quasi esclusivamente allo studio delle terapie. Il punto di riferimento per la sanità, nello specifico per le malattie non infettive e curabili, diviene lospedale San Giovanni, a cui è riconosciuto lo status di ospedale nazionale ed è posto sotto il diretto controllo del ministero degli interni di Parigi; si affiancano a tale struttura specifiche istituzioni con compiti precisi, ognuna appositamente dedicata ad una categoria di persone con criticità, quali orfani, poveri o donne che dovevano affrontare gravidanze indesiderate.
Lestrema attenzione alla questione sanitaria porta a due grandi vittorie: la prima riguarda limpedimento di consumare cibo avariato, attraverso controlli meticolosi e limposizione di rigide norme su mercati e macelli, la seconda invece concerne la (momentanea) sconfitta del vaiolo, una delle malattie più temute dellepoca, grazie ad una sorta di vaccinazione di massa attuata nei primi anni dellOttocento.
Lo Stato si impegna inoltre anche in campo sociale: vengono tutelati gli orfani, gli anziani e gli indigenti e anche le persone con disabilità.
Nondimeno Napoleone ha a cuore la diffusione della cultura allinterno della capitale piemontese. Diversi circoli letterari privati ricevono ingenti fondi monetari, come ad esempio accade allAccademia dei Concordi o ai Pastori della Dora. Anche alcuni personaggi ricevono lonore di essere sostenuti dal generale francese, come Prospero Balbo, diplomatico e intellettuale, nonché giovane rampollo di nobili origini, che, nel 1801, è nominato Rettore dellUniversità di Torino. Balbo, grazie a legami politici e a un innato atteggiamento avveduto, riesce a gestire non solo il polo universitario, ma anche lAccademia delle Scienze, lAccademia di Agricoltura, lOsservatorio astronomico e diversi Musei. Inoltre, il vero merito di Balbo e dei suoi collaboratori- sta nellessere riuscito a realizzare un primo effettivo progetto di collaborazione tra ricerca e istruzione a livello territoriale piemontese.
Tuttavia non è tutto ora ciò che luccica, infatti se da una parte il nuovo governo pare dare vita ad una città idilliaca, allinterno della quale vigono giustizia ed uguaglianza, dallaltra, limperatore teme di poter perdere il consenso nobiliare, motivo per il quale diverse famiglie illustri vengono favorite, attraverso lassegnazione di cariche pubbliche o ricoprendo ruoli di prima importanza allinterno delle diverse corti, come ad esempio quella assai ambita di Camillo Borghese, governatore francese di Piemonte, Parma, Liguria.
Si assiste dunque ad una lenta ma continua fusione tra aristocrazia e borghesia: si forma una nuova classe dirigente che occupa i piani alti del consiglio municipale e degli altri organi che reggono la città di Torino.

È poi opportuno sottolineare come agli immediati successi subentrino non poche difficoltà, legate a problemi economici, al brusco impatto dei repentini cambiamenti imposti dal regime francese alla cittadinanza e allapplicazione concreta delle riforme amministrative. Torino poi è certamente parte del generale rinnovamento, ma rimane in una posizione subordinata rispetto al resto dellimpero francese, fatto che implica diverse problematiche legate alla circolazione delle merci e alleconomia, anche landamento demografico riporta alcune criticità: nei primi ventanni dellOttocento la popolazione pare diminuire di un terzo rispetto al secolo precedente.
Torino si scopre dunque ad eseguire le nuove indicazioni in modo decisamente passivo e ben presto il malcontento si diffonde non solo tra la popolazione ma anche allinterno della classe nobiliare; chi partecipa alla vita pubblica lo fa senza esporsi eccessivamente, chi invece risente del taglio dei legami con la famiglia Savoia non puòche rimanere ostile al nuovo governo straniero. A livello lavorativo la modernizzazione non porta solo dati favorevoli, al contrario aumenta la disoccupazione e i nuovi ritmi di produzione si fanno ancora piùestenuanti senza la protezione delle corporazioni e dellatteggiamento paternalistico dellaristocrazia.
Quando l 8 maggio 1814 le truppe austriache entrano a Torino sotto la guida del del generale Ferdinand von Bubna-Littiz, la popolazione non si dimostra ostile nei confronti dei nuovi arrivati.
Non ci sono né giubili né azioni violente, solo un generale e livellato malcontento, perché il potere e il benessere sono di pochi, per i più la fame e la miseria rimangono sempre tali, indipendentemente dalle insegne che le ricoprono.
Nihil sub sole novum.

ALESSIA CAGNOTTO

I caffè storici di Torino inseriti nella Historic Cafes Route

PATRIMONIO STORICO DELLA TRADIZIONE PIEMONTESE

Una tra le prime cose che ho apprezzato venendo a vivere a Torino sono stati i suoi eleganti caffe’, luoghi di memoria storica, regali e in linea con lo stile frugale di questa citta’ . Non era unicamente la voglia di qualcosa da consumare che mi attirava negli interni di questi ambienti, ma il desiderio di visitarli, di viverli, di ammirarne gli arredi, i particolari e di provare quella gradevole sensazione che ti riporta ad uno splendore del passatoimmaginando il passaggio di personaggi importanti, aristocratici, scrittori, letterati. L’Associazione Caffe’ Storici sa farne un ritratto perfetto riportandone, nella sua presentazione, le peculiaricaratteristiche “ Sono espressione di uno stile di vita, un modo di essere, di vivere, dal senso di sobrietà innato, quasi sommesso, senza eccessi: per quanto eleganti siano gli arredi di ognuno di loro e per quanto garbati siano i gesti di chi serve al banco o ai tavoli, non c’è mai ridondanza ed opulenza sulle pareti e nei banconi, ma raffinata armonia di linee e di colori”.

Queste meraviglie di tradizione e cultura sono state inserite nella Historic Cafes Route, itineraio internazionale dei caffe’ storici che ne riunisce circa 100 in tutta Europa. Il Piemonte rappresenta il maggior numero di caffe’ storici in Italia, solo a  Torino se ne contano 13 mentre gli altri 7 sono sparsi per tutta la regione. I locali torinesi sono: il Bicerin, il Caffe’ Elena, Stratta, Baratti, Florio, Caffe’ Mulassano, la Gelateria Pepino, Platti, il Caffe’ San Carlo, Caffe’ Torino, la Pasticceria Abrate, Pfatish e Moderna Torrefazione Caffe’. Oltre alla bellezza e al loro stile, questi luoghi sono depositari della trazione gastronomica del Piemonte, con i loro prodotti squisiti hanno fatto la felicita’ di centinaia dipalati e allo stesso tempo hanno fatto conoscere specialita’ come il Bicerin, il Pinguino, i Nocciolini o il tramezzino. La tradizione passa anche per la tavola, in questo caso per i tavolini, dove ci vengono servite delizie a cui e’ difficile rinunciare sia per noi cittadini che per chi, mosso da un sentito dire accertato, approda in questa favolosa citta’ e la celebra gustando le sue unicita’culinarie.

E’ necessario tutelare e promuovere queste eccellenze che fanno parte della nostra cultura e della nostra societa’ e a breve sara’istituito un elenco dei locali storici, “Veri tesori da scoprire e valorizzare” dice l’Assessore alla Culture della Regione PiemoneVittoria Poggio, che dovranno avere alcuni requisiti come almeno 70 anni di attivita’ e vincoli di tutela.

Cavour beveva il suo Bicerin nell’omonivo caffe’, Erminio Macario e Mario Soldati frequentavano  Mulassano, Cesare Pavese prediligeva il Bar Elena, Luigi Einaudi era un cliente di Platti, Benedetto Croce amava il Caffe’ San Carlo; storia e storie,vite vissute in luoghi unici e iconici, un passato glorioso da proteggere, una eredita’  importante da magnificare.

MARIA LA BARBERA

Fred Buscaglione, la vita veloce a ritmo di swing 

Il 23 novembre del 1921, cento e due anni fa, nasceva a Torino da una famiglia originaria di Graglia, nel biellese, Ferdinando Buscaglione, in arte Fred, il cantante più innovativo degli anni cinquanta.

La sua formazione musicale viaggiò su di un doppio binario: da una parte lo studio al Conservatorio Verdi (tra gli 11 e i 14 anni), dall’altro l’apprendistato nelle orchestrine jazz che si esibivano nei locali notturni delle città, suonando il contrabbasso. Iniziò la carriera come cantante grazie all’amico e avvocato Leo Chiosso, a cui si deve anche la scelta di Fred Buscaglione di interpretare un personaggio unico e singolare. Così, in un’epoca in cui la musica leggera italiana era ancora legata a motivi dei decenni precedenti o a rime un po’ melense, un poco banali, proponendo argomenti triti e ritriti, Buscaglione irruppe sulla scena con canzoni completamente diverse, come “Che bambola!”, “Teresa non sparare”, “Eri piccola così” (“T’ho veduta, t’ho seguita, t’ho fermata, t’ho baciata. Eri piccola, piccola, piccola… così!”). Fred, cantautore, musicista e attore, si presentò anche come un personaggio completamente diverso: niente aria ispirata e sofferente, nessun romanticismo zuccheroso o d’effetto. Si affermò come una caricatura da film, con la sigaretta all’angolo della bocca, i baffetti da gangster e le pose da duro viste nei polizieschi americani. Il successo non tardò ad arrivare e il suo primo 78 giri “Che bambola”, nel 1955, consentì al cantante torinese di fare un botto da quasi un milione di copie. Buscaglione entrò rapidamente nella schiera degli artisti più richiesti: il suo personaggio si impose come modello al punto da essere imitato su larga scala. I suoi comportamenti diventarono una sorta di status symbol, come — ad esempio — il suo viaggiare su una Ford Thunderbild color rosa quando in Italia circolavano soprattutto le Topolino e le Seicento. E fu proprio a bordo di quell’auto che, nel momento in cui il suo successo era salito alle stelle, il cantante “dal whisky facile” si schiantò contro un camion in una strada di Roma. Fred Buscaglione, popolare cantante di musica leggera è morto stamani a Roma, in un pauroso incidente stradale alle sei e venti, all’incrocio di via Rossini con via Paisiello”. Così giunse la notizia, in apertura del giornale radio, la mattina del 3 febbraio 1960. Poche ore prima, tra le lamiere della sua Thunderbird, comprata sette mesi prima per l’astronomica cifra di sei milioni di lire, si concludeva la rapida parabola del grande Fred.

Non aveva compiuto nemmeno 39 anni e il successo, quello vero, lo aveva raggiunto da non molto, essendosi fatto conoscere dal grande pubblico solo nel ’57, con l’apparizione in ” Musica alla ribalta”. La trasmissione Rai era una formidabile vetrina nella quale artisti del calibro di Renato Carosone, Henry Salvador e Gilbert Becaud si alternavano a cantanti meno noti. Dopo anni e anni di gavetta, finalmente, la celebrità. Le sue canzoni sono rimaste memorabili, fischiettate e canticchiate un po’ da tutti, iniziando da “Guarda che luna” (“Guarda che luna, guarda che mare,da questa notte senza te dovrò restare; folle d’amore vorrei morire mentre la luna di lassù mi sta a guardare..”) e da “Che notte” (“Che notte, che notte quella notte!Se ci penso mi sento le ossa rotte: beh, m’aspetta quella bionda che fa il pieno al Roxy Bar,l’amichetta tutta curve del capoccia Billy Carr” ). Di successo in successo , da “Cocco bello” all’autocelebrativa “A qualcuno piace Fred”, passando per “Porfirio Villarosa” (“Esta é la cancion de Porfirio Villarosa, che faceva el manoval alla Viscosa…Porfirio dalla bocca fascinosa, lo credevano spagnolo o portoghese, egli invece è torinese..”), Fred Buscagliene, dopo tanta gavetta, visse in fretta i suoi anni ruggenti. Lui stesso, in un intervista del ’59, su “Stampa Sera” raccontava, con una punta d’amarezza: “Sono diventato famoso troppo tardi.. Da vent’anni suono nei night club e nelle sale da ballo”. Così, in un Paese in bianco e nero che stava faticosamente uscendo dal dramma della guerra, con alti tassi di disoccupazione e analfabetismo, Buscaglione aveva scalato il successo con il suo spirito ribelle, irriverente e anticonformista. Come tanti altri personaggi dalla breve vita la sua leggenda non era destinata a spegnersi con lui. Sessantuno anni dopo, la stella di “Fred” Buscaglione brilla ancora, luminosa. Nessuno saprà mai dove se ne sia andato quel 3 febbraio del 1960 ma forse si è ritagliato un posto in qualche luogo che assomiglia al suo “cielo dei bar“.

Marco Travaglini

 

Gli appuntamenti della Fondazione Torino Musei

24 – 30 novembre 2023

 

VENERDI 24 NOVEMBRE

 

Venerdì 24 novembre ore 14.30

UN NUOVO QUARTIERE AL POSTO DELLA CITTADELLA

Palazzo Madama – percorso guidato in città

Secondo di tre percorsi, legati alla mostra Liberty. Torino Capitale, in corso a Palazzo Madama fino al 10 giugno 2024, che intendono presentare tre aree della città fortemente caratterizzate da costruzioni sorte durante il periodo del Liberty con esempi di edifici destinati sia alla residenza che alla produzione e all’istruzione. Passeggiando lungo le strade sarà possibile cogliere esempi di architetture e decorazioni ispirate sia all’Art Nouveau floreale che ai modelli più geometrici tipici dello Jugendstill.

Dopo la demolizione della Cittadella, Torino vide una rapida espansione urbana nell’area prossima al Maschio salvato dalla distruzione; nel nuovo quartiere scuole e palazzi sorsero prima secondo il modello definito “Umbertino” e successivamente con spiccati riferimenti al Liberty.

Ultimo appuntamento

 

Domenica 03/12Palazzina Lafleur e la bizzarria del nuovo stile Liberty

Costo singolo itinerario: 14€ intero; 11€ ridotto (possessori di Abbonamento Musei, fruitori della visita guidata alla mostra Liberty. Torino Capitale, under 18); gratuito under 6

Durata: 2 ore

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun-dom 9-17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

Ritrovo ore 14.30 davanti al monumento di Pietro Micca, via Cernaia angolo corso Galileo Ferraris

 

 

SABATO 25 NOVEMBRE

 

Sabato 25 novembre ore 10 – 17.30

QUESTO NON È AMORE

Palazzo Madama – proiezione del video della Polizia di Stato in occasione della GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA SULLE DONNE

Per l’intera giornata del 25 novembre sullo schermo nell’atrio di Palazzo Madama sarà proiettato il video della Polizia di Stato dal titolo Questo non è amore, che ha l’obiettivo di aiutare le donne a difendersi da violenze fisiche, psicologiche, verbali ed economiche.

Il video fa parte di una campagna permanente volta a contrastare il fenomeno della violenza contro le donne, sottolineando alcuni dei concetti chiave che in questi ultimi anni hanno portato ad affrontare il tema con maggiore sensibilità e consapevolezza, al fine di non colpevolizzare la vittima e di sostenerla anche nel suo legittimo desiderio di tornare a gestire in serenità la propria esistenza.

L’iniziativa intende contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica sul grave problema della violenza sulle donne, per ricordare le vittime di maltrattamenti, abusi e femminicidi e per combattere le discriminazioni e le disuguaglianze di genere.

 

Sabato 25 novembre ore 15:00

LE DONNE NELL’ARTE – VISITA GUIDATA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA SULLE DONNE

GAM – visita tematica speciale

In occasione della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne” la GAM propone una visita che si sviluppa tra le sale della collezione del ‘900 alla ricerca delle donne che hanno saputo far sentire la propria voce nel panorama artistico italiano e internazionale.

Diverse per origine e formazione, lontane per personalità e stile, queste artiste sono accomunate dal fatto di essere riuscite a imporsi con passione e intelligenza nella realtà artistica del Novecento sfuggendo agli stereotipi e ai clichés di genere. A partire dai primi decenni del ‘900 con Nella Marchesini e Antonietta Raphaël che hanno cercato di emergere in un ambiente artistico prettamente maschile alle artiste degli anni ‘50 e ’60 come Carla Accardi e Giosetta Fioroni, Carol Rama e Dadamaino che hanno portato avanti, attraverso il loro lavoro, la riflessione sul ruolo della donna nella società e nell’arte.

Costo a partecipante: € 7

Costi aggiuntivi: biglietto di ingresso al museo (gratuito per i possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte e Valle d’Aosta)

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

 

Sabato 25 novembre ore 16.30

MATERIA SACRA

MAO – visita tematica speciale

Pietra, legno, bronzo e tessuti sono alcuni tra i materiali che, grazie all’abilità di artigiani e artisti, diventano il tramite con cui dare forma a immagini sacre e strumenti rituali di supporto alla pratica e alla devozione nelle tradizioni religiose dell’Asia. Dalla multiforme iconografia delle divinità induiste all’estetica dell’impermanenza intrinseca alla statuaria buddhista giapponese, dagli immortali del Taoismo nei corredi funerari della Cina alle intense raffigurazioni dell’immaginario tantrico tibetano sino alle preziose decorazioni dell’arte islamica. L’itinerario di visita propone una lettura di vari nuclei di opere delle collezioni permanenti del MAO con particolare interesse a come la componente materiale degli oggetti contibuisca a esprimerne i relativi significati culturali, simbolici e religiosi.

Costo: 6 € a partecipante

Costi aggiuntivi: biglietto di ingresso al museo; gratuito per possessori di Abbonamento Musei

Info e prenotazioni: t. 011.5211788, prenotazioni ftm@arteintorino.com

 

 

DOMENICA 26 NOVEMBRE

Domenica 26 novembre ore 16

TRAME E ORDITI TRA MONDI IN CONNESSIONE

MAO – attività per famiglie

Il percorso all’interno della nuova mostra temporanea Trad u/i zioni d’Eurasia prevede la visita della mostra temporanea con una particolare attenzione alle opere in tessuto tra fili di seta che tracciano intricate e preziose trame. In laboratorio verranno utilizzati piccoli telai per comprendere l’antica tecnica di tessitura manuale e realizzare uno scampolo di tela.

Da 8 anni in su.

Prenotazione obbligatoria 011.4436927/8 – maodidattica@fondazionetorinomusei.it

Costo: €7 a bambino; adulti ingresso ridotto in mostra

 

LUNEDI 27 NOVEMBRE

 

Lunedì 27 novembre ore 17

IN BRONZO E IN PIETRA, PER UN LIBERTY MONUMENTALE

Palazzo Madama – conferenza con Giovanni Carlo Federico Villa, direttore Palazzo Madama

Inizia il ciclo di cinque conferenze a ingresso gratuito che approfondiscono alcuni dei temi presentati nella mostra Liberty. Torino Capitale, in corso a Palazzo Madama fino al 10 giugno 2024. Al centro della riflessione Torino e l’Europa, attraverso lo specchio dell’architettura, dell’urbanistica e delle arti figurative.

Le conferenze sono a cura di SIAT – Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino.

“La scultura italiana, di fatto, non ha ormai in Europa che una rivale: la scultura francese” scrive Ugo Ojetti sul “Corriere della Sera” del 16 giugno 1905, quando la capacità aggregante della poetica di Leonardo Bistolfi è ormai deflagrata nell’Italia al passaggio del secolo, quell’Italia che fa dell’Arte Nuova, il modello artistico unitario per la giovane nazione. A sancire questa apoteosi è, significativamente da Torino, il monumento ad Amedeo di Savoia duca d’Aosta. Con esso Davide Calandra crea un’opera di riferimento nelle forme nuove del Liberty, sdoganando definitivamente il nuovo stile nella statuaria celebrativa e portando all’autore la commessa dell’altorilievo bronzeo con La Gloria dei Savoia (1908-1912) per l’aula del Parlamento italiano a Montecitorio: una delle ultime testimonianze dell’esaltazione di casa Savoia quale espressione della storia nazionale italiana e perfetta visualizzazione di quella che Mazzini definì la “smania dei monumenti”. Da qui nasceranno decine di opere capaci di unire in un’unica lingua tutta la penisola italiana, da nord a sud, con gli scalpelli e le fusioni degli artisti suoi maggiori: da Enrico Butti a Edoardo Rubino, da Mario Rutelli a Luigi Contratti e infine con Bistolfi, capace di chiudere la stagione con le opere liguri dedicate a Garibaldi. A Sanremo con un monumento antiretorico in cui il Generale diviene ora il difensore e propugnatore di un’idea e poi a Savona, dove la stupefacente proiezioni onirica de Il fantasma di Garibaldi segna il culmine di un’arte configurandosi quale uno dei massimi capolavori della scultura celebrativa d’ogni tempo.

 

Giovanni Carlo Federico Villa

Direttore di Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino, professore presso le Università di Bergamo e di Udine, è stato componente del Consiglio Superiore per i Beni culturali e Paesaggistici (2019-2022) e direttore onorario dei Musei Civici e Conservatoria Pubblici Monumenti di Vicenza (2015-2018). Ha curato numerosi progetti espositivi in Italia, tra cui quelli per le Scuderie del Quirinale di Roma (2006-2013), e all’estero. Autore di oltre trecento pubblicazioni scientifiche e monografie, numerose sono le sue presenze divulgative relative al patrimonio artistico nazionale sui principali canali radiotelevisivi italiani e stranieri.

 

Prossimi appuntamenti

 

Lunedì 5 febbraio 2024 ore 17: Torino città Liberty? Dionisiaco e apollineo, dalle premesse barocche agli esiti Liberty con Carlo Ostorero

Lunedì 25 marzo 2024 ore 17Eredità del liberty torinese con Roberto Fraternali

Lunedì 29 aprile 2024 ore 17: Architettura e opera d’arte totale: dall’impaginato di facciata al dettaglio costruttivo con Beatrice Coda Negozio

Lunedì 20 maggio 2024 ore 17: Un salotto Liberty a Torino. Annibale Rigotti e Maria Calvi in via Oropa con Chiara Rigotti e Marco Corona

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Prenotazione consigliata: t. 011.4429629 (dal lun. al ven. 9.30-13; 14-16)

madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

MERCOLEDI 29 NOVEMBRE

 

Mercoledì 29 novembre ore 17.30

MEMORIE SQUISITE: LA STORIA GINORI

Palazzo Madama – un racconto di Luca Scarlini

Palazzo Madama ospita l’ultima tappa di una narrazione a cura dello scrittore e drammaturgo Luca Scarlini dedicata alle vicende della manifattura Ginori, impiantata nel 1737 sulle colline di Sesto Fiorentino. È una storia tutta toscana quella della porcellana, nata quando il marchese Carlo Ginori (Firenze, 1702-Livorno, 1757) acquistò la Villa Buondelmonti per fondarvi la Manifattura di Doccia, così chiamata dal nome della località in cui si trovava e che ben presto divenne una delle più prolifiche e rinomate.

L’evento chiude le celebrazioni dei vent’anni dell’Associazione Amici di Doccia, che dal 2003 promuove la ricerca, lo studio, la conservazione e valorizzazione dell’antica porcellana Ginori, che fu una delle prime ad essere prodotte in Italia e tra le più prestigiose in Europa.

Per festeggiare questo importante traguardo l’associazione ha ideato e promosso Memorie squisite: la storia Ginori, un racconto che Luca Scarlini ha portato in cinque grandi città dal 26 settembre al 29 novembre 2023, raccontando la vicenda della manifattura in alcuni dei luoghi più strettamente legati a essa.

Il ciclo è organizzato in collaborazione con il Museo Poldi Pezzoli a Milano, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali – Musei Capitolini a Roma e Palazzo Madama a Torino, con il patrocinio del Comune di Sesto Fiorentino e della Fondazione Museo Archivio Richard Ginori della Manifattura di Doccia.

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

Prenotazione obbligatoria:

  1. 011 4429929 (lun-ven 9.30-13 e 14-16.30);madamadidattica@fondazionetorinomusei.it


Theatrum Sabaudiae
 propone visite guidate in museo
alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.
Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html

14 ottobre 1964. “Il Concerto per la Resistenza” Tre incontri del “Comitato Arci Torino”

Per far conoscere il recuperato Concerto eseguito per la prima volta nel ’64 al “Gobetti”

Si inizia domenica 19 novembre

241

Quasi sessant’anni fa. L’evento fu decisamente unico nella storia di Torino e dell’Italia, capace di mettere insieme musica e memoria storica. Era il 14 ottobre del 1964, un mercoledì, quando al torinese “Teatro Gobetti” fu eseguito in primis il “Concerto per la Resistenza”, commissionato da un’allora giovanissima “Arci” (nata nel ’56) a tre grandi compositori – Giorgio Ferrari, Guido Ferraresi e Carlo Mosso – e composto da  tre opere musicali, tributo alla “Resistenza” e all’“antifascismo”, su testi poetici di illustri autori come Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo e Corrado Govoni. Per far conoscere quel concerto, oggi recuperato, il “Comitato Arci Torino” ha organizzato tre incontri tra novembre e dicembre, occasione anche per promuovere la “piattaforma” nata per farlo rivivere.

Il concerto fu voluto e organizzato dall’ “Associazione Culturale Arturo Toscanini” e dall’“Arci di Torino” grazie al presidente del primo Circolo Enzo Lalli, che quel giorno registrò l’evento in maniera amatoriale. Arrivato a noi, il nastro è stato ripulito e distribuito digitalmente. Nel 2022 è stato poi scomposto in più di 150 campioni musicali dai maestri Andrea Maggiora e Giorgio Mirto: con questi campioni è stata ricostruita una bacheca online all’interno del sito www.risuonalaresistenza.it, una “piattaforma digitale” dove è possibile non solo prendere coscienza del “Concerto” e del suo valore culturale e storico ma anche usarne alcuni campioni – selezionati da musicisti esperti – per le proprie composizioni che potranno essere ricaricate e condivise come omaggio, decostruzione e ricostruzione del narrato sulla “Resistenza”.

Gli Incontri

Sono tre. Si inizia con “Il concerto per la Resistenza del 1964 – Un’esperienza d’ascolto con Edoardo Dadone” (giovane musicista e compositore cuneese), in collaborazione con l’associazione “Dewrec”, domenica 19 novembre, ore 17, nella sede dell’“Unione Culturale Antonicelli”, in via Cesare Battisti 4, a Torino.

L’incontro racconterà quel concerto, com’è nato, e guiderà il pubblico all’ascolto e all’approfondimento delle musiche di quel giorno. Sarà anche possibile consultare gli spartiti, avere tra le mani il libretto di sala, proprio in quegli “Infernotti” di “Palazzo Carignano”, culla dell’antifascismo torinese, dove si svolsero tante attività dell’“Associazione Toscanini”, dell’“Arci” stessa, insieme a quelle dell’“Unione Culturale Franco Antonicelli”. Interverranno anche Claudio Simone e Guido Panelladell’“Unione Culturale Antonicelli”, Max Borella dell’“Arci di Torino” e Francesco Salinas, vicepresidente della “Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci”.

A seguire, il secondo appuntamento sarà all’insegna de “L’impegno musicale dell’‘Arci’ negli anni ’60. Dal ‘Concerto per la Resistenza’ a www.risuonalaresistenza.ital “Circolo Arci Margot” di via Donizzetti 23 a Carmagnola, domenica 26 novembre, ore 17. L’incontro vuole raccontare quel momento storico e lo spirito che mosse l’ “Arci” di allora a commissionare tre opere a tre grandi artisti della classica contemporanea. Allo stesso tempo si guarda però avanti, con la presentazione al pubblico più giovane della piattaforma www.risuonalaresistenza.it. Interverranno Max Borella per “Arci Torino” ed Elisa Salvalaggio, etnomusicologa.

Terzo incontro: “Il portale www.risuonalaresistenza.it, funzionamento e potenzialità”, una lezione di introduzione al portale musicale di Max Borella, mercoledì 15 dicembre, ore 19, alla “Gamma Music Institute”, in via Carlo Allioni 3, a Torino. Per partecipare a questo ultimo incontro: info@gammamusicinstitute.com

Scrive Matteo D’Ambrosio, direttore della “Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci”:  “Questo progetto dimostra ancora una volta quanto gli archivi siano non solo fonti documentarie, ma anche e soprattutto strumenti di partecipazione in grado di generare nuova creatività e produzione culturale, a partire però da percorsi di senso, in questo caso specifico, dai valori della ‘Resistenza’ e dell’ ‘antifascismo’”.

g.m.

Nelle foto:

–       L’unica immagine arrivata a noi del Concerto del ‘64

–       Articolo dell’epoca sul Concerto da “L’Unità”, a firma di Nino (Leone) Ferrero, ferito, durante gli anni di piombo, in un attentato terroristico messo in atto da “Azione Rivoluzionaria”