CULTURA E SPETTACOLI

A passo lento lungo i sentieri percorsi da Don Bosco

“Il Cammino Don Bosco”: tutto e di più nel nuovo libro di Claudio Rolando e Gian Vittorio Avondo

Dal centro di Torino al Po, dalle pendici di Superga alle colline del Chierese, fino alla Basilica di Colle Don Bosco, dove la storia del “Santo dei giovani” (Castelnuovo d’Asti, 1815 – Torino, 1888) cominciò, dentro una casetta rurale nella frazione collinare de “I Becchi”. E’ un cammino lungo ben 165 chilometri – fra storia, paesaggi, vini e buon cibo – quello che ci porta lungo le orme di Don Bosco (canonizzato da Papa Pio XII, il 1° aprile 1934), per i sentieri, le strade – e le colline del Chierese e dell’Astigiano – percorse, con i suoi ragazzi, dal fondatore dei “Salesiani”. Un “cammino” unico in Italia: dalla Torino colorata e ciarliera del mercato di Porta Palazzo alle animate rive del Po, dai boschi della collina ai vigneti sui crinali, dal centro storico di Chieri alle “Terre dei Santi”.

“Un cammino per escursionisti puri e pellegrini, privo di difficoltà tecniche e percorribile tutto l’anno. Un cammino diverso. A due passi da Torino”. Così lo definiscono Gian Vittorio Avondo e Claudio Rolando, autori del libro di recente pubblicazione “Il Cammino Don Bosco. A passo lento tra Torino, Chieri e l’Astigiano”160 pagine, edite da “Capricorno”. Laureato in “Storia contemporanea” e insegnante, il primo, Rolando è invece biologo e autore di vari lavori scientifici e di articoli divulgativi. A lui si devono anche – sempre per Edizioni del “Capricorno” – diversi titoli di Storia, Escursionismo e Cultura locale.

Il loro recente “Cammino Don Bosco” è un itinerario escursionistico di alto valore culturale e naturalistico che si snoda lungo i luoghi legati alla vita del Santo. Ideato e realizzato all’interno del progetto “Strade di Colori e Sapori”, coinvolge la “Città Metropolitana di Torino” e interessa 21 comuni, con Chieri capofila. Un’occasione per conoscere in “modo lento” i paesaggi, le bellezze architettoniche, storiche e culturali, i castelli, le pievi e le abbazie, nonché i sapori dei prodotti tipici del territorio.

Il  libro, che propone anche diverse schede di approfondimento, fa parte della “Rete Escursionistica Regionale” della Regione Piemonte e s’intreccia con altri progetti culturali come la “Rete Romanica di Collina” e la “Rete dei musei diffusi”.

Quattro sono i “Cammini” (a seconda delle difficoltà escursionistiche) proposti dagli autori:

 

Cammino alto:

Maria Ausiliatrice – Basilica di Superga • Basilica di Superga – Abbazia di Vezzolano • Abbazia di Vezzolano – Colle Don Bosco (variante Castelnuovo Don Bosco – Colle Don Bosco)

Cammino medio:

Maria Ausiliatrice – Basilica di Superga • Basilica di Superga – Tetti Chiaffredo, Arignano • Tetti Chiaffredo, Arignano – Colle Don Bosco

Cammino basso:

Torino – Eremo dei Camaldolesi (variante Torino-Pecetto) • Eremo dei Camaldolesi – Chieri (variante Pecetto-Chieri) • Chieri – Colle Don Bosco

Gli itinerari collegati:

Cinzano – Arignano – Tetti Chiaffredo • Cinzano – Moncucco Torinese – Cascina Moglia • Anello di Trofarello • Villanova d’Asti – Colle Don Bosco • Buttigliera d’Asti – Colle Don Bosco

Ce n’è per tutte le gambe. E per tutti i gusti!

Per info: “Capricorno”, via Borgone 57, Torino; tel. 011/3853656 o www.edizionidelcapricorno.com

g.m.

Nelle foto:

–       Cover “Il Cammino Don Bosco”

–       Don Bosco e i suoi ragazzi

Un Califfo nel Piemonte Saraceno

Dallo splendido Alcazàr eretto sulla collina di Saliceto, circondato da torri, giardini esotici e fontane moresche, il califfo dominava il territorio circostante e lì visse a lungo insieme alle sue quaranta mogli. Siamo nell’Alta Langa, lungo il Bormida, vicino alla Liguria. Il grande sogno di Abdul Alì era quello di fondare un regno arabo proprio in quella zona, che si estendesse dal Monviso alle coste della Provenza da dove il Saraceno era arrivato con i suoi predoni per saccheggiare il Piemonte poco più di mille anni fa.
Non ci riuscì e quando il califfo morì il suo corpo fu chiuso in un enorme sarcofago d’oro e seppellito nella terra, poi i saraceni ricoprirono il terreno con un bosco di querce per far sparire ogni traccia. Si favoleggia sulla bella vita del califfo nelle Langhe ma non è solo leggenda poiché il nostro personaggio viene citato anche nelle antiche cronache provenzali. È però inutile andare a caccia dei resti dell’Alcazàr a Saliceto perché fu distrutto dai marchesi del Monferrato che espulsero i Mori dal Piemonte e oggi, di quella dimora, non resta proprio nulla. Tra il IX e il X secolo il Piemonte fu invaso dai saraceni che dal mare risalirono le nostre montagne e le nostre valli distruggendo e uccidendo. Di questi mujaheddin di mille anni fa non si sa molto ma le tracce del loro percorso non sono completamente scomparse. Il libro “Saraceni in Piemonte, mito, realtà e tradizione” di Gianbattista Aimino e Gian Vittorio Avondo, Priuli&Verlucca, ricostruisce storicamente il passaggio dei saraceni nelle valli piemontesi “che hanno lasciato segni di cui si trova ancora memoria nella lingua occitana, nei costumi, nell’architettura e nella cultura”. E che dire della Valle di Susa, una delle valli più colpite dalla violenza saracena. A Novalesa, il paese dell’antica abbazia benedettina fondata nel 726, il passaggio devastante dei guerrieri dell’islam arrivati dalla Provenza nel 906 viene revocato ogni anno con la danza delle spade.
I monaci abbandonarono in tempo il monastero portando con sé gli oggetti più preziosi tra cui 6000 libri. Si rifugiarono a Torino presso la chiesa di Sant’Andrea (oggi la Consolata) per tornare a Novalesa alla fine del secolo. Per sfuggire alla violenza e ai saccheggi dei Mori, narrano le leggende locali, alcuni paesani salirono sulla montagna e si infilarono in una galleria che conduceva nella valle francese di Bessans. I saraceni li inseguirono nella galleria ma i novalicensi, all’uscita del tunnel, procurarono una frana che lo chiuse mentre quelli rimasti in paese bloccarono l’ingresso con altri massi. Così i saraceni vi rimasero intrappolati per sempre. Nessuno sa dove si trovi il tunnel e sempre secondo la leggenda i resti dei saraceni con tutti i tesori rubati sono intrappolati dentro la montagna. Garessio e Ormea furono tra i primi paesi piemontesi a subire i saccheggi dei Mori. Tra le due località sulla cima di un’altura si trova una torre di avvistamento detta “Torre saracena” eretta dagli abitanti del luogo quando i Mori giunsero dal Frassineto (Fraxinetum) l’attuale Saint-Tropez, in Costa Azzurra, per devastare la Val Tanaro. Per alcuni storici il torrione risalirebbe al periodo bizantino ma per altri studiosi sarebbe stato innalzato proprio dai garessini per controllare dall’alto i movimenti dei saraceni che poi, dopo la conquista, la utilizzarono come base per loro incursioni.
Oggi i Saraceni non ci terrorizzano più ma nei racconti di valligiani e contadini di Langhe. Monferrato ed Acquese la figura del saraceno è rimasta stampata in modo incancellabile per merito di vicende e leggende che si sono tramandate nei secoli e sono giunte ai giorni nostri. “A l’é un sarasin”, quello è un saraceno, dicevano una volta i montanari per indicare furfanti e delinquenti comuni. I Mori erano molto temuti mille anni fa dalle popolazioni locali e la mamme per spaventare i figli troppo ribelli li ammonivano dicendo loro “guarda che ti porto dal Sarassin!”.Al tempo dei saraceni, all’inizio del IX secolo, il Piemonte faceva parte dell’impero carolingio che si allungava sui territori di Francia, Germania e sull’Italia del nord. La presenza saracena viene rievocata in alcune manifestazioni folkloristiche nell’arco alpino occidentale e molte feste prendono spunto dal passaggio di queste genti provenienti dal Medio Oriente, dal nord Africa o dai Balcani. Ancora oggi alcune valli, come nel cuneese e in Val Susa, ne conservano la memoria. Basta pensare alle danze degli Spadonari che si svolgono tra gennaio e febbraio a Giaglione, Venaus e a Bagnasco in Val Tanaro e alla Baìo che ogni cinque anni si svolge in alcuni paesi della Val Varaita. La presenza saracena si avverte ancora oggi nei modi di dire, nei cibi e nei prodotti della terra. A ricordo dei saraceni restano tanti vocaboli nella nostra lingua, come il grano saraceno, la saracinesca, la persiana, cognomi come il Moro, Negro. Saraceno e Taricco, dal generale musulmano Tarik che conquistò la Spagna. Le stesse Crociate portarono nelle terre del Vicino Oriente migliaia di europei ed è probabile che lo stesso mais o granoturco sia giunto dal Medio Oriente e non dalle Americhe come si ritiene, nei dintorni di Vinchio, nell’astigiano, viene coltivato un particolare tipo di “asparago saraceno” e in Val Tanaro la polenta saracena…insomma questa preziosa semente è tra i tanti regali che le invasioni moresche ci hanno lasciato oltre alle tradizioni popolari, alle parole e alle leggende che arricchiscono il patrimonio storico e culturale del Piemonte come ben raccontano nel loro libro Avondo e Aimino.
 Filippo Re

Nasce RADIO LISCIO, la nuova emittente per chi ama la musica da ballo

 

Il progetto editoriale comprende anche un sito di informazione del settore

Una nuova radio interamente dedicata alla musica da ballo. Partirà il prossimo 2 maggio la nuova emittente radiofonica che avrà tra i suoi protagonisti Ettore Andenna, Clara Taormina, Genio dei Pierrots, Alessio Molla e Wilmer Modat.

RADIO LISCIO promette un’iniziativa editoriale che rivoluzionerà il modo in cui viviamo e godiamo della musica da ballo. Non solo una radio quindi, ma un vero e proprio hub multimediale che pone al centro la produzione delle orchestre di musica da ballo, declinando contenuti unici e coinvolgenti su diverse piattaforme di distribuzione, tra cui DAB+, app e web.

RADIO LISCIO nasce dal lavoro di un gruppo di esperti del settore radiofonico e della musica da ballo, desiderosi di creare uno spazio dedicato a un genere musicale che ha radici profonde nella cultura italiana. Un segmento che ha accompagnato generazioni di italiani nelle loro feste e balli, diventando parte integrante del tessuto sociale e culturale del nostro paese.

Intanto ha fatto il suo esordio il sito radioliscio.it che sarà un portale di informazione del mondo della musica da ballo. Ogni giorno tanti nuovi contenuti live e on demand, condivisi, per raggiungere tutto il pubblico della radio e non solo. Il progetto si propone infatti di offrire ai suoi ascoltatori un’esperienza completa, arricchendo la programmazione con contenuti editoriali originali, tramite interviste esclusive ad artisti del settore, approfondimenti sulla storia e l’evoluzione della musica da ballo, racconti di protagonisti, eventi dal vivo e tanto altro ancora.

RADIO LISCIO propone un palinsesto in diretta, dalle 6 del mattino per tutto il giorno, con un cast di primo piano: da Ettore Andenna, che torna in radio dopo aver debuttato su Radio Monte Carlo nel 1967, a Clara Taormina, conosciuta dai telespettatori del nord Italia per i suoi numerosi programmi televisivi; dall’animatore e creatore di contenuti Alessio Molla a Wilmer Modat, musicista e conduttore televisivo su Primantenna; Dario Maria Dossena sarà la voce ufficiale, mentre la direzione artistico-musicale è affidata a Eugenio Zanni, conosciuto dal grande pubblico del ballo come Genio dei Pierrots.

Con una programmazione curata e innovativa, una presenza su diverse piattaforme e un gruppo di lavoro appassionato e competente, RADIO LISCIO si candida a diventare un punto di riferimento per tutti coloro che amano ballare e vivere la musica in modo autentico, coinvolgente e live!

COME ASCOLTARLA

RADIO LISCIO sarà fruibile in “multipiattaforma” (DAB+, DTT, App, Web Streaming, Smart Speaker, aggregatori di flussi streaming radiofonici) 7 giorni su 7, 24 ore al giorno.

  • in DAB+ in Lombardia, Piemonte e Liguria.
  • su DTT e SMART TV
  • scaricando l’APP disponibile su Play Store e Apple Store con possibilità di ascolto su smartphone, tablet, Android Auto, Apple Car Play, Android Tv
  • in streaming sul sito radioliscio.it
  • attraverso gli Smart Speakers Google Home e Alexa
  • attraverso i principali aggregatori di flussi streaming radiofonici
  • sulle piattaforme di streaming on demand per podcast e catch up radio 

IL PALINSESTO

Un lungo flusso in diretta accompagnerà gli ascoltatori nei diversi momenti della giornata.

Un intrattenimento intelligente e leggero per coinvolgere gli ascoltatori di ogni età e area geografica.

dalle 6 alle 8: ENERGIA CONTAGIOSA con Alessio Molla

La carica giusta per iniziare la giornata. Con ALESSIO MOLLA un’iniezione di buonumore con tanta musica, curiosità e personaggi. E ogni giorno un giro per l’Italia alla scoperta di fiere, sagre, eventi. Gli appuntamenti più divertenti della settimana raccontati dai protagonisti.

dalle 8 alle 10: PIU’ CLARA DI COSI’ con Clara Taormina

Ogni mattina la padrona di casa è CLARA TAORMINA per un buongiorno in diretta tra amici. Canzoni, notizie, curiosità e… un caffè con gli artisti. Il garbo, la classe e la simpatia di Clara per iniziare la giornata con ritmo e allegria, ascoltando i successi di ieri e di oggi delle più grandi orchestre di musica da ballo.

dalle 11 alle 13: CANZONI SENZA FRONTIERE con Ettore Andenna

In questo spazio la nostra musica non ammette frontiere e consente di spaziare dai grandi classici di sempre al meglio della musica italiana, con un’incursione negli anni 60-70-80.

La trasmissione segna il ritorno alla radio del mitico ETTORE ANDENNA che per questo progetto porterà in dote la sua inconfondibile voce, il ritmo e il timing che da sempre lo contraddistinguono.

Due ore in diretta, tutti i giorni, a contatto con i radioascoltatori che hanno la possibilità di dialogare, partecipare e… giocare (e da lui c’era da aspettarselo)!

Alle 15: ROMAGNA CHIAMA ITALIA con Genio dei Pierrots

In diretta da Rimini GENIO e i suoi ospiti portano la Romagna in tutta Italia. Il Direttore Artistico di Radio Liscio Eugenio Zanni (Genio dei Pierrots) al grido di “Facciamo baracca” è un vulcano di idee: personaggi, ricordi e novità discografiche. E ogni giorno un collegamento con i luoghi dove tutto è partito per festeggiare i 70 anni di Romagna Mia.

Alle 16: AIAIAI – NIENTE DI ARTIFICIALE con Wilmer Modat

Una rubrica giornaliera di musica dal vivo in compagnia della voce e della chitarra di WILMER MODAT. In ogni puntata l’eclettico artista si trova a fare i conti con la fredda e a tratti irriverente assistente virtuale. Un dialogo sulla musica e i suoi interpreti in cui a rispondere è l’intelligenza artificiale. Ne nascono spunti curiosi che portano alla riscoperta delle più belle canzoni di tutti i tempi riproposte in chiave acustica e rigorosamente live. Nessun algoritmo, ma solo improvvisazione, simpatia e creatività.

e inoltre:

I SIMPATICI ITALIANI i miti di ieri e di oggi

QUELLI ERAN GIORNI monografie sulle grandi orchestre

MA COS’E’ QUESTO PALCO? I protagonisti si raccontano

ROMAGNA MIA 70 e la storia continua

PEZZI DA BALERA selezione musicale non stop

RADIO LISCIO LIVE le serate delle orchestre dal vivo

Oggi al cinema. Le trame dei film nelle sale di Torino

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A cura di Elio Rabbione

Back to Black – Biografico, drammatico. Regia di Sam Taylor-Johnson, con Marisa Abela, Eddie Marsan e Jack O’Connell. La tragica vita di Amy Winehouse, la sua morte dopo i devastanti problemi di alcol, di droga e di Bulimia/anoressia, ancor prima il divorzio dei genitori quando lei aveva soltanto nove anni, la figura di un padre assente che torna a casa quando per la figlia scocca l’ora del successo, i suoi rapporti con il palcoscenico e con il modo dell’industria discografica, la voglia di essere felice, di vivere e di essere compresa. Durata 122 minuti. (Massaua, Classico, Greenwich Village sala 2 V.O., Ideal, Lux sala 2, Reposi sala 3, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Cattiverie a domicilio – Commedia. Regia di Thea Sharrock, con Olivia Colman, Jessie Buckley e Timothy Spall. 1922. Una cittadina affacciata sulla costa meridionale dell’Inghilterra è teatro di un farsesco e a tratti sinistro scandalo. Basato su una bizzarra storia realmente accaduta, il film segue le vicende di due vicine di casa: Edith, originaria del posto e profondamente conservatrice, e Rose, turbolenta immigrata irlandese. Quando Edith e altri suoi concittadini iniziano a ricevere lettere oscene piene di scabrosità, i sospetti ricadono immediatamente su Rose. Le lettere anonime scatenano una protesta a livello nazionale che scaturisce in un processo. Saranno le donne – guidate dalla poliziotta Gladys – a indagare sul crimine, sospettando che le cose potrebbero non essere come sembrano. Durata 90 minuti. (Massaua, Eliseo Grande, Nazionale sala 1, Uci Moncalieri)

Challengers – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist. Il film che avrebbe dovuto inaugurare l’ultima Mostra di Venezia. Con la sceneggiatura dell’esordiente Justin Kuritzkes – che sarà pure lo sceneggiatore del prossimo film di Guadagnino, “Queer”, dal romanzo di William Borroughs, interprete Daniel Craig -, è la storia di Tashi, ex tennista prodigio, che ritiratasi dalle gare prende ad allenare il marito Art, il quale si ritroverà a gareggiare in un concorso con l’ex fiamma della moglie, Patrick, nonché suo vecchio e migliore amico. Quando il gioco diventa metafora del potere e della vita, quando attraverso il ritmo delle gare e lo specchio che si viene a creare tra passato e presente, accade la rappresentazione di un rapporto a tre. Durata 132 minuti. (Centrale anche V.O., Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Fratelli Marx sala Grouche anche V.O., Ideal anche V.O., Lux sala 2, Massimo anche V.O., Reposi sala 1, The Space Torino, Uci Lingotto anche V.O., Uci Moncalieri)

Civil War – Drammatico. Regia di Alex Garland, con Kirsten Dunst, Wagner Moura, Cailee Spaeny e Nick Offerman. In un’America raccontata in un futuro più o meno prossimo a noi, si assiste ad una seconda guerra civile, dove Texas e California si sono staccati dagli altri stati, eleggersi a indipendenti e marciare contro l’autorità di Washington, Quattro giornalisti, tra cui la Lee della Dunst ritagliata sulla figura della reporter di guerra Lee Miller (dalle copertine di Vogue raccontò i bombardamenti di Londra e le imagini atroci dei campi di concentramento), hanno un unico, immediato scopo, quello di intervistare il presidente degli Stati Uniti. Il loro viaggio è in un clima di guerra, dove sparatorie e attacchi si susseguono, dove militari e persone comuni sono ormai dedite alla violenza. Durata 109 minuti. (Massaua, Greenwich Village sala 2, Ideal, Nazionale sala 4, Reposi sala 3, The Space Torino, , Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Confidenza – Drammatico. Regia di Daniele Luchetti, con Elio Germano, Federica Rosellini, Vittoria Puccini, Pilar Fogliati e Isabella Ferrari. Pietro vive con Teresa un amore tempestoso. Dopo l’ennesimo litigio, a lei viene un’idea: raccontami qualcosa che non hai mai detto a nessuno – gli propone -, raccontami la cosa di cui ti vergogni di più, e io farò altrettanto. Così rimarremo uniti per sempre. Si lasceranno, naturalmente, poso dopo. Ma una relazione finita è spesso la miccia per quella successiva, soprattutto per chi ha bisogno di conferme. Così, quando Pietro incontra Nadia, s’innamora all’istante della sua ritrosia, della sua morbidezza dopo tanti spigoli. Pochi giorni prima delle nozze, però, Teresa magicamente ricompare. E con lei l’ombra di quello che si sono confessati a vicenda, quasi un avvertimento, “attento a te!”. Da quel momento in poi la confidenza che si sono scambiati lo seguirà minacciosa: la buona volontà poggia sulla cattiva coscienza, e Pietro non potrà mai più dimenticarlo. Anche perché Teresa si riaffaccia sempre, puntualmente, davanti a ogni bivio esistenziale. E è lui che continua a cercarla? Durata 136 minuti. (Eliseo, Fratelli Marx sala Chico, Greenwich Village sala 1, Lux sala 1, Romano sala 2, The Space Torino, Uci Lingotto, Uci Moncalieri)

E la festa continua! – Commedia drammatica. Regia di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean Pierre Darroussin e Robinson Stévenin. Rosa è il cuore e l’anima del quartiere popolare della vecchia Marsiglia in cui vive. Essa divide la propria energia che non conosce limiti tra la sua numerosa famiglia, estremamente unita, il lavoro di infermiera e il suo interesse politico nei confronti delle persone più bisognose. Ma con l’avvicinarsi della pensione le sue illusioni cominciano a vacillare. Sostenuta dalla vitalità delle persone che le sono accanto e dall’incontro con Henri, si rende conto che non è mai troppo tardi per realizzare i propri sogni, sia politici che personali. Durata 106 minuti. (Nazionale sala 3)

Ghostbusters – Minaccia glaciale – Fantasy. Regia di Gil Kenan, con Mckenna Grace, Finn Wolfhard, Paul Rudd e con Bill Murray e Dan Aykroyd. Come dire che le avventure degli acchiappafantasmi non finiranno mai, ricordi e successi e incassi da favola lo impongono. Ai giorni nostri, ecco che la famiglia Spengler lascia i campi dell’Oklaoma per tornare là dove tutto ha avuto inizio, ovvero quella caserma newyorkese dei vigili del fuoco che già fu il centro delle operazioni per contrastare gli invadenti spiritelli. Gli antichi acchiappafantasmi sono forti di un laboratorio in cui hanno sviluppato la loro personale ricerca sui fantasmi e sul paranormale: ma alla comparsa di una antica sfera di cristallo che minaccia di ghiacciare completamente la Grande Mela, ecco che il vecchio e il nuovo gruppo dovranno unire le proprie forze e salvare la città e il mondo dall’irruzione di una nuova era glaciale. Durata 115 minuti. (Massaua, Ideal, Lux, Reposi sala 4, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Gloria! – Drammatico. Regia di Margherita Vicario, con Galatea Bellugi, Carlotta Gamba e Veronica Lucchesi (La rappresentante di Lista), Paolo Rossi e Elio (delle Storie Tese). A Venezia, verso la fine del Settecento, in un collegio femminile, vive Teresa, una giovane di talento visionario che, insieme ad un gruppetto di straordinarie musiciste, scavalca i secoli e sfida i polverosi catafalchi dell’Ancien Régime inventando una musica ribelle, leggera e moderna: il pop! Durata 100 minuti. (Eliseo)

I misteri del bar Etoile – Commedia, poliziesco. Di e con Dominique Abel e Fiona Gordon, e con Philippe Martz. L’ex attivista Boris lavora in incognito come barista all’Etoile Filante. Ma una delle sue vittime lo identifica e reclama vendetta. La comparsa di un sosia, il solitario Dom, sembra fornire a Boris, alla sua ingegnosa compagna Kayoko e al loro fedele amico Tim un perfetto piano di fuga. Non hanno calcolato però la ex moglie di Dom, una sospettosa detective che si mette sulle loro tracce. Durata 94 minuti. (Romano sala 3)

La moglie del presidente – Commedia. Regia di Léa Domenach, con Catherine Deneuve e Denis Podalydès. Quando arriva all’Eliseo, Bernadette Chirac si aspetta di ottenere finalmente il posto che merita, avendo sempre lavorato all’ombra del marito Jacques per aiutarlo a diventare presidemte. Tuttavia sin dall’inizio fu considerata una figura priva d’importanza, chiusa nei suoi tailleur Chanel, e persino messa da parte dal marito e dal suo staff. Bernadette decise un radicale cambiamento, nell’abbigliamento, nei comportamenti privati e pubblici: diventando una figura popolare e sempre più accettata e amata dai media. Durata 92 minuti. (Nazionale sala 2)

Past Lives – Commedia. Regia di Celine Song, con Greta Lee, Teo Yoo e John Magaro. Na-young e Hang-seo sono fidanzatini ai tempi della scuola ma i genitori di Na-young devono trasferirsi da Seoul a New York. Da questa dolorosa separazione trascorrono dodici anni, dopo i quali Na-young, che ora si chiama Nora, e Hang-seo riescono a ritrovarsi e a comunicare via Skype. Di fronte allimpossibilità di incontrarsi nello stesso luogo, Nora sceglie di interrompere la relazione a distanza e concentrarsi sulla propria carriera di scrittrice nella metropoli americana. Dopo altri dodici anni, Hang-seo vola a New York per vedere Nora. Durata 93 minuti. (Nazionale sala 4)

La terra promessa – Drammatico. Regia di Nikolaj Arcel, con Mads Mikkelsen e Amanda Collin. 1775, Il capitano Ludvig von Kahlen, dopo aver combattuto per molti anni nellesercito, una volta in congedo dopo la fine della guerra, decide di realizzare un progetto che sembra una pura e semplice utopia. Lidea è quella di rendere coltivabile la brulla e arida brughiera che copre una vasta area del Paese. Gli viene concessa la possibilità solo perché non chiede finanziamenti immediati ma solo un titolo nobiliare e dei diritti di proprietà qualora limpresa avesse buon esito. Non sa che ad attenderlo c’è un nobile latifondista privo di qualsiasi senso morale che si ritiene, senza averne alcun diritto, proprietario del terreno. Durata 120 minuti. (Greewich Village sala 3)

Un mondo a parte – Commedia. Regia di Riccardo Milani, con Antonio Albanese e Virginia Raffaele. Per il maestro elementare Michele Cortese sembra aprirsi una nuova vita. Dopo 40 anni di insegnamento nella giungla romana, riesce a farsi assegnare all’Istituto Cesidio Gentile detto Jurico: una scuola composta da un’unica pluriclasse, con bambini dai 7 ai 10 anni, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. Grazie all’aiuto della vicepreside Agnese e dei bambini, supera la sua inadeguatezza metropolitana e diventa uno di loro. Quando tutto sembraandare per il meglio però, arriva la notizia che la scuola, per mancanza di iscrizioni, a giugno chiuderà. Inizia così una corsa contro il tempo per evitarne la chiusura in qualsiasi modo. Durata 90 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Fratelli Marx sala Harpo, Reposi sala 2, Romano sala 3, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

“Il Mandala della prosperità” al MAO dal 26 al 28 aprile

Da venerdì 26 a domenica 28 aprile, dalle 10 alle 18, il MAO ha il piacere di presentare l’evento “Il Mandala della prosperità”, a cura dell’Associazione Fedinsieme e della Casa della Cultura del Tibet. Per tre giorni consecutivi si potrà assistere alla creazione di un Mandala di sabbia ad opera di un gruppo di monaci buddisti della tradizione tibetana Geluk. Quella del Mandala, fonte di bellezza e perfezione, che rappresenta una delle più alte rappresentazioni della cultura spirituale buddista, è una pratica che prevede la costruzione di un complesso disegni composto da forme geometriche iscritti in un cerchio, mediante l’utilizzo di sabbia di vari colori, ciascuno con la sua valenza simbolica.

Frutto di una tradizione risalente a oltre 2500 anni fa, questa pratica è legata ai concetti di prosperità, pace, armonia e, soprattutto, all’idea di impermanenza e di distacco dalle cose materiali. Dopo aver lavorato per giorni alla composizione dell’opera, i monaci autorizzati allo svolgimento della pratica celebrano la cerimonia di dissoluzione, durante la quale la sabbia che compone il Mandala viene dispersa in acqua o distribuita alle persone presenti al rito. Durante l’evento al MAO, le fasi di creazione del Mandala si alterneranno a momenti di recita di Sutra e Mantra propiziatori, per culminare nella distruzione del Mandala domenica 28 aprile alle ore 17.

I visitatori del museo potranno assistere a tutte le fasi del processo, avvicinandosi così alla tradizione di riti nati sotto altri cieli. La partecipazione è inclusa nel biglietto d’ingresso al museo.

 

Mara Martellotta

“Fabbricatori di favole”. Esercizio non facile. Però …!

In trasferta al “MIIT” di Corso Cairoli, a Torino, ventisei artisti dell’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini”

Fino a sabato 4 maggio

Un dipinto che è “favola pura”. Racconto improbabile, poetico, surreale. Tanto immaginario da apparire, nella nitidezza della cifra stilistica, più reale del reale. Un infinito cielo blu, appena mosso da morbidi sipari di nubi bianche da cui fa breccia, occhi socchiusi e bella sorridente, una vispa bimbetta, sciarpa al collo e pantaloncini scuri, in volo – redini in mano – sul dorso di un agile fenicottero rosa con becco nero, diretto non si sa dove e per raggiungere chi o sfuggire chi o che cosa. L’unica certezza è la gioia di quella cavalcata in cieli amici, forse verso nuove, imprevedibili ma certo desiderate, più che mai, libertà. “Portami via” è il titolo del dipinto, olio su tela del torinese Giacomo Gullo. Sicuramente è questa la tela che, in maniera più esplicita, risponde al tema “imposto” (meglio, “suggerito”) dalla Collettiva ospitata, fino al prossimo 4 maggio, dal “MIIT – Museo Internazionale Italia Arte” di corso Cairoli, a Torino, con la curatela ed il solito impegno, di Elio Rabbione, “architetto” di molti degli eventi espositivi tenuti in quel di Carmagnola, negli storici spazi del “Palazzo Lomellini”, oggi – e per almeno un anno – inagibile per improcrastinabili interventi di restauro.

Di qui la mano tesa dal torinese “MIIT” di Guido Folco, che oggi espone una settantina di opere a firma, per l’appunto, di 26 (su più di settanta) artisti appartenenti all’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini”, raccolte sotto il tema accomunante (ma “con piena libertà di espressione”, precisa Rabbione) di “Fabbricatori di favole”. Un fil rouge cui le opere in mostra, in modo più o meno visibile, ben s’adeguano, accompagnando l’abilità del “fare” con il gusto del “creare” e del lasciarsi andare a “libere fantasie”. Ognuna a modo suo. Campione assoluto, l’abbiamo detto, il “Portami via” di Gullo, ma non di meno gli sta a pelo di ruota quella “Gioiosa melodia” (un po’ picassiana, fosse un tantino meno “gioiosa”) con “maschere clownesche” e magiche “trottole” – in cui si proiettano astratte visioni oniriche – della maceratese (torinese d’adozione) Anna Branciari.

In molte/i non rinunciano al richiamo di “paesaggi” e “realtà” filtrate attraverso l’ottica del “guizzo” di fantasia: ed ecco allora i meticolosi “grovigli cromatici” di Graziella Alessiato o i deliziosi “Frutti di stagione” di Andreina Bertolini. Anche da qui possono partire le “favole”. Come dalle “sperimentazioni” astratte, travolte dai “Riflessi” di mondi lontani e inaspettati narrati da Maria Brosio o da quella minuta, graficamente perfetta, “Coppia di Germani Reali” pronti a spiccare il volo oltre il Po di Enrica Carbone, promettente allieva di Gasparin. L’iter espositivo prosegue con la maestria a pastello e la nitidezza della grafica di Giorgio Cestari, per poi incontrare le turbolenti “Acque bianche” di Dario Cornero, fino al tripudio dei gialli ocra verdi e rossi dei “fiori” di Giancarlo Costantino e alle informali “pittosculture” di Ezio Curletto, giocate di fantasia e surrealtà come le “Strade di Pesci” di Cristina De Maria. Allieva di Giansone e Lobalzo, Lidia Delloste presenta due suggestivi “acquerelli”, fortemente giocati sul blu, rapidi essenziali, in cui la realtà sembra perdersi in un inquietante groviglio di sensazioni e misteri, che s’acquietano nella composta, ma potente, “Tenerezza” di Mara Destefanis.

 

Rientra bene nel tema della Collettiva Alessandro Fioraso con “Il guardiano del tempo perso”: mani poderose (e tecnicamente perfette) reggono il barattolo di vetro che custodisce l’orologio del “tempo perso”. Mani senza volto. Lo immaginiamo benevolo. Aprirà o chiuderà per sempre quel barattolo? Pittura aperta alle fantasie fortemente colorate del paesaggio , quella di Franco Goia, cui seguono le tecniche miste di Giorgia Madonno, in brani pittorici “in continua tensione estetica fra astrazione e figurazione, oriente ed occidente”, accompagnati dalle magnifiche nuvole gialle delle “mimose” di Bruno Molinaro e dal “rosso” svolazzante di Luisella Rolle.

A chiudere il percorso le dinamiche linee astratte  di Marina Monzeglio accanto ai delicati acquerelli di Annamaria Palumbo, in contrasto con le vocianti realtà “da spiaggia” di Giacomo Sampieri, così lontano dai fiabeschi paesaggi montani di Simonetta Secci e dalle surreali “fantasie” di Magda Tardon, come dai fitti “Notturni” di Eleonora Tranfo o dalle piacevoli “installazioni” e domestiche “pittosculture” di Paola Viola. Menzione speciale per la torinese Adelma Mapelli: eccelsa acquarellista, anche nell’olio fa pesare la sua indubbia alta professionalità con quei colori e contrasti di luce che s’abbattono sulla sua “Vetta innevata”. Non proprio ligia al tema della “favola”, ma troppo brava per meritarsi un rimbrotto. A lei un grande 10 … e con lode!

Gianni Milani

“Fabbricatori di favole”

MIIT-Museo Internazionale Italia Arte, corso Cairoli 4, Torino; tel. 011/8129776 o www.museomiit.it

Fino al 4 maggio

Orari: dal mart. al ven. 15,30/19,30; sab. 10/12,30 e 15,30/1930

Nelle foto: Giacomo Gullo, “Portami via” (2019); Anna Branciari, “Gioiosa melodia” (2017); Alessandro Fioraso, “Il guardiano del tempo perso” (2021); Giorgia Madonno, “Lacrime che ti fanno scudo” (2024); Adelma Mapelli, “Vetta innevata” (2001)

In scena al teatro Gobetti “David Copperfield Sketch Comedy”

Un carosello dickensiano per l’adattamento e la regia di Marco Isidori con i Marcido Marcidorjs e Mimosa Famosa

 

 

Debutta martedì 30 aprile, alle 19.30, al teatro Gobetti, per la stagione del teatro Stabile di Torino, la pièce teatrale “David Copperfield Sketch Comedy. Un carosello dickensiano”, tratto da Charles Dickens per la riscrittura, adattamento drammaturgico e regia di Marco Isidori. Saranno in scena Paolo Oricco, Maria Luisa Abate, Valentina Battistone, Ottavia della Porta, Alessio Arbustini, Vincenzo Quarta e Marco Isidori. Scene e costumi sono di Daniela Dal Cin, le luci di Fabio Bonfanti.

Lo spettacolo è prodotto da Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa e verrà replicato fino a domenica 5 maggio prossimo.

La Compagnia affronta le tematiche del romanzo ottocentesco, trasformandolo per il palcoscenico in una iperbolica narrazione dal ritmo verticale, che procede sostenuta da una serie di sketch dove la prevalenza del passo comico non impedisce la notazione di costume pungente, l’affondo nella contraddizione primaria del tempo storico in cui è collocato il romanzo, l’avvento della società industriale, permeata, tuttavia, da modelli comportamentali antecedenti, ricchi di un’ambiguità favorevole alla drammatizzazione teatrale. Tutto ciò avviene in un tono molto vicino a quello del vaudeville che si è scelto di assumere per far vivere al meglio la natura prismatica di quella giostra teatrale e sentimentale ideata da Dickens.

La scenografa Daniela Dal Cin anche per questo spettacolo si è espressa con una delle sue mirabolanti invenzioni e la chiave di volta di questa riduzione del romanzo di Dickens si colloca nella lotta mortale tra l’esasperazione iconica e la tramatura sonora della recitazione, portata verso una vivificante astrazione. Risulta evidente il tentativo di una rappresentazione segnata integralmente da quella tensione verso il teatro totale che, da sempre, caratterizza la specificità artistica della compagnia.

“David Copperfield Sketch Comedy – spiega il regista Marco Isidori – vuole essere la riproposta in chiave satirico grottesca del capolavoro di Dickens. Lo spettacolo ha una struttura drammaturgica dove le singole situazioni della “novella”, agganciandosi le une alle altre, si concatenano in una sarabanda teatrale di stupefacente rilievo spettacolare, in questo aiutate e servite dall’impianto scenografico di Daniela de Cin, andando così a instaurare una giostra veloce e incalzante, in cui il dinamismo è duplice, sonoro e iconografico, capace di comporre quel corpo drammatico che giustifica oggi la riproposizione teatrale di un testo di tale natura. Lo scandagliare scenico diventa lo strumento più adatto ad individuare nelle pieghe della narrazione ottocentesca quei temi universali che da sempre sono appannaggio della vicenda umana e che il teatro soltanto sa specchiare con verità completa”.

MARA MARTELLOTTA

Giorgio Stella. Scatti fotografici come … “geografie dell’anima”

Al “Collegio San Giuseppe” di Torino la prima retrospettiva dedicata al fotografo torinese mancato alcuni mesi fa

Fino a sabato 4 maggio

L’occhio del fotografo – come quello del pittore – si sa, è sempre un po’ “speciale”. Anche quando non ha fra le mani i “ferri del mestiere”. L’inquadratura, le luci, i particolari. Ogni cosa di un qualunque paesaggio, o di una scheggia di architettura urbana, gli appare secondo un suo particolare schema che, un giorno (chissà?) potrà cristallizzarsi come d’incanto in scatti unici e singolari. Se poi, a quell’occhio un po’ “speciale” s’aggiunge – in fase lavorativa – anche la capacità (non frequente) di fissare e trattenere le cose con la “lente dell’anima”, allora il “gesto” si fa “meraviglia” e poesia. Ed il “gioco” è fatto. “Gioco d’arte”. Arte vera. Arte pura. Quella capace di regalarti immagini che ti tengono lì, immobile, a fissare anche solo un particolare dell’intero soggetto e a portartelo dentro e addosso per sempre.  Sensazione estraniante e benefica! Mi è capitata qualche giorno fa all’inaugurazione della mostra – omaggio dedicata dal “Collegio San Giuseppe” di Torino al bravo davvero bravo fotografo torinese Giorgio Stella, mancato nel luglio scorso, lasciando un vuoto non da poco nel migliore panorama dell’arte torinese. E non solo.

Curata dalla pittrice Luisa Porporato, con la presentazione di Fratel Alfredo Centra (direttore dell’“Istituto” di via San Francesco da Paola), del critico Angelo Mistrangelo e di Alberto Novo (presidente dell’“Associazione Fotografica NAMIAS” di Parma), la rassegna, in programma fino a sabato 4 maggio, comprende una quarantina di scatti in bianco e nero dedicati ai suoi “Viaggi”, compiuti nei luoghi più misteriosi e affascinanti del Pianeta o anche solo sotto casa, fra le bellezze (mai del tutto conosciute) della sua Torino o, andando e volando oltre le mura e i confini della città, fra scorci tutti particolari di una “stelliana” Venezia o della grandiosa, a tratti “improbabile” New York City. Scatti dunque come … “geografie dell’anima”. Mi è piaciuto – e spero non aver toccato la suscettibilità di alcuno – titolare così la personale di Stella. In parete, paesaggi esotici. Che di più non si può. Indimenticabili.

Per l’esasperazione di una tecnica tanto attenta da perderci gli occhi e il controllo di quella resa “veristica” mai disgiunta dall’interpretazione dei “sensi” che affiora in ogni sua immagine. In quest’ottica, scorrono realtà che vanno dalle “lagune glaciali” e dagli “icberg blu” d’Islanda (“Terra del fuoco e del ghiaccio”, su cui nel 2005 Stella pubblica anche un libro edito da “Elena Morea”), fino al magico mistero che scorre lungo le acque dell’Irrawaddy in Myanmar o alla “complessa” sacralità dei templi di “Ta Prohm” o di “Angkor Wat”, capolavoro di tutta l’arte “Khmer” (una delle meraviglie del mondo) in Cambogia, per chiudersi ai più vicini “notturni torinesi” e alla grandiosità di una New York, colta “in momenti di silenzio – scrive bene Alfredo Centra – che accentuano la bellezza di angoli richiamanti pensieri di eternità nel contesto di imponenti architetture moderne”. Meraviglie! E pensare che fino al 2000 la fotografia è stata per Stella un semplice hobby. Importante ma solo hobby. Solo dal 2000/2003 l’arte fotografica diventa invece per lui “mestiere” a tempo pieno. Attratto inizialmente dalla stampa in bianco e nero e affezionato al negativo all’argento, dal 2005 – in cerca sempre più di una fotografia nitida, esatta e corretta – si dedica alla “stampa al Platino/Palladio” (tecnica considerata “il punto di arrivo qualitativo nella stampa fotografica in bianco e nero”), aderendo al “Gruppo Rodolfo Namias” con sede a Parma e che riunisce fotografi impegnati per l’appunto nel recupero delle più antiche tecniche di stampa.

“Non per un recupero nostalgico – scriveva Stella – di vecchie tecniche, ma per un nuovo utilizzo di uno strumento in più a disposizione del fotografo. Io vedo la stampa finale un po’ come l’esecuzione di un brano musicale dallo spartito, che contiene delle indicazioni per eseguire una musica … Però poi c’è sempre spazio per l’interpretazione degli esecutori, così per noi fotografi le ‘Antiche Tecniche’ sono uno strumento in più per suonare la nostra musica”. E che musica, ragazzi! Per ricordarla, insieme al suo grande esecutore, Luisa Porporato ha voluto annotare, in catalogo, alcuni versi di Sant’Agostino“Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dov’erano, ma sono dovunque siamo noi”. A dimostrarlo i molti colleghi, amici, compagni di vita dell’artista presenti, nei giorni scorsi, al vernissage. E chissà? E’ bello crederci. Lì, forse, c’era anche Giorgio. Fra tutti noi e le sue magiche, poetiche … “geografie dell’anima”.

Gianni Milani

 

Giorgio Stella

“Collegio San Giuseppe”, via San Francesco da Paola 23, Torino; tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it

Fino al 4 maggio

Orari: dal lun. al ven. 11/12,30 e 16,30/18,30; sab. 11/12,30

Nelle foto: Giorgio Stella, “Islanda”, “Myanmar”, “Torino – La Mole”, New York

Giorgio Griffa. Una linea, Montale e qualcos’altro

La colorata, poetica “visionarietà” dell’ artista torinese in mostra al “Castello di Miradolo”

Fino al 25 dicembre

San Secondo di Pinerolo (Torino)

Molti anni dopo la sua prima mostra negli Stati Uniti, nel dicembre del 2012 una sua personale (“Fragments 1968 – 2012”) presso la “Casey Kaplan Gallery” di New York, gli fece guadagnare la definizione di “una delle dieci riscoperte più emozionanti dell’anno”, tanto che sul “ New York Times” la critica d’arte Roberta Smith ebbe allora a scrivere che “la sua arte merita un posto nella storia mondiale dell’astrattismo”. E’ proprio vero. Nemo propheta in patria, dicevano gli antichi. E il concetto non è mai passato di moda. Vedi, appunto, Giorgio Griffa (Torino, 29 marzo 1936), allievo di Filippo Scroppo nei primi anni Sessanta e sicuramente fra i principali esponenti, a livello internazionale, della ricerca pittorica contemporanea, nominato “Artista dell’Anno 2024” da “Il Giornale dell’Arte”… eppure artista cui, inspiegabilmente, la “Torino dell’arte” non ha ancora tributato i doverosi massimi onori toccati, invece, ad altri suoi illustri colleghi come lui ruotanti, fra gli Anni Sessanta e i primi Settanta – sotto l’egida non univoca – dell’“Arte Povera” attorno alla prestigiosissima Galleria torinese di “Gian Enzo Sperone. Non faccio nomi.

Ma ben si conoscono. Nomi iconici delle “Avanguardie” internazionali (meritevoli, per carità!), nel cui gruppone troppo poco e inspiegabilmente (oltreché ingiustamente) si legge il nome di un artista altrettanto “grande” come Giorgio Griffa. Lodevole, dunque, l’iniziativa di dedicargli, fors’anche in occasione del suo 88° genetliaco (fra un paio di giorni; tanti auguri, Maestro!) una ricca personale nella prestigiosa location del settecentesco “Castello di Miradolo”, antica dimora della famiglia Cacherano di Bricherasio e, dal 2008, sede della “Fondazione Cosso”. In programma fino al giorno di Natale, mercoledì 25 dicembre, la rassegna (“Una linea, Montale e qualcos’altro”) si articola in diverse tappe espositive, articolate lungo le quattro stagioni, in un percorso che abbraccia oltre mezzo secolo di pittura dell’artista, coinvolgendo tutti gli spazi interni del “Castello” di San Secondo di Pinerolo e del suo “Parco storico”. Prodotta dalla “Fondazione Cosso” e dalla “Fondazione Giorgio Griffa”, la mostra, curata da Giulio Caresio e Roberto Galimberti, è stata ideata e progettata con lo stesso Giorgio Griffa, che ha anche realizzato, appositamente per l’occasione, alcune opere site specific, studiate per essere inserite armoniosamente nel contesto ambientale.

E in linea con quel suo operare assolutamente singolare, “suo” e solo “suo”, partecipe inizialmente ai sussulti post-informali dell’“Arte Povera” (cui è stato spesso accostato) o “minimalista” o “analitica”, ma ben deciso a lavorare attorno all’iniziale ciclo dei “segni primari” che da sempre hanno accompagnato la “sua” arte. “Io non rappresento nulla, io dipingo”, dice lo stesso Griffa, fedele a ritmi cromatici tesi a sottolineare e a fondersi, in una sorta di “scrittura zen” (alla Natalie Goldberg), con l’ambiente naturale e spirituale e con la vita di cui è parte trasognante e trasognata. “La sua – è stato scritto– è una pittura fatta di segni spogliati di significato … memoria della pittura che si sovrappone alla memoria personale dell’artista”. Un “costante non finito”, come “fermare un pensiero a metà frase”. Così, fra interni ed esterni, l’iter ci porta dai “Sei colori” (tre tele con colori complementari esposte all’esterno e ai segni più o meno rancorosi del tempo), a “Una linea” (serie di ceramiche bianche e blu che collegano una gigantesca farnia caduta nel 2020 con l’architettura del “Castello”) e a “Un filo” (corde bianche parallele simili a a linee spezzate nel canneto di bambù gigante). Per proseguire, via via, con “Canone Aureo 980” (18 tele che scandiscono i 36 metri della serra, metafora – secondo gli antichi principi propri della “sezione aurea” – a “conoscere l’inconoscibile e a dire l’indicibile”), con “Montale” (dalla poesia “Arte Povera” dove il poeta ironizzava sulla sua attività pittorica), fino a “Bianchi” (realizzati un’estate anni ’70, in cui l’artista sopraffatto dal “verde” di un bosco, decide di mettersi a dipingere affidandosi solo al “bianco”) e a “Venti frammenti” (dipinto nell’’80, installato temporaneamente in una Sala del “Castello”, in occasione della mostra “Oltre il giardino. L’abbecedario di Paolo Pejrone”, e lì lasciato in maniera permanente). Ad accompagnare l’esposizione un’inedita “installazione sonora” a cura del progetto “Avant-dernière pensée”, che indaga assonanze e analogie con la pittura di Griffa “sottolineando – spiegano gli organizzatori – gli itinerari e le linee di differenti strumenti e, insieme, li ricompone come unità”.

Gianni Milani

 

“Giorgio Griffa. Una linea, Montale e qualcos’altro”

“Castello di Miradolo”, San Secondo di Pinerolo (Torino); tel. 0121/502761 o www.fondazionecosso.com

Fino al 25 dicembre

Orari: sab. dom. e lun. 10/19

Nelle foto di Giulio Caresio: Giorgio Griffa al lavoro in studio; Canone aureo”, water color on paper, 2015 e “Tre linee con arabesco”, pastel on paper, 1991