redazione il torinese

Rosso (FDI): "Grandi opere, lavoro e cultura per il futuro del Piemonte"

La decisione di Giorgia Meloni di far confluire Fratelli d’Italia nel raggruppamento europeo che comprendeva anche il movimento di Raffaele Fitto apre nuovi scenari, non solo a livello continentale ma anche in Italia ed in Piemonte”.  Roberto Rosso, consigliere comunale torinese ora confluito in Fdi, guarda con ottimismo alle sfide del prossimo futuro. A partire da quelle per il rinnovo del Consiglio regionale piemontese.

”È evidente che la nostra regione ha assoluta necessità di un cambiamento radicale. Che non parta dagli slogan gridati in piazza da qualche madamina in cerca di notorietà e di una candidatura, ma che arrivi alle grandi opere partendo dalla riscoperta dei nostri valori, della nostra identità “.  D’altronde con gli slogan non si costruisce nulla e non si scavano tunnel, mentre i risultati si ottengono quando si ha la consapevolezza di ciò che si è e di ciò che si vuol fare.

”Il Piemonte è in crisi, cresce meno delle altre regioni del Nord. E questo perché si è affidato ad un sistema di potere che non funziona, che premia gli amici degli amici e non i migliori, i più competenti. Difficile crescere quando tutto viene gestito dai mediocri, ad ogni livello. Così la Tav diventa la foglia di fico dietro cui nascondere tutti gli errori commessi in questi anni”.

Rosso, da sempre, è favorevole alla tratta ferroviaria  ad alta velocità, “che non deve essere solo un’occasione per garantire commesse pubbliche ad aziende che impiegano manodopera straniera, ma deve essere lo strumento per valorizzare tutto il nostro territorio”.  A suo avviso, inoltre, la Tav deve essere messa in rete con una serie di altre opere non solo utili ma indispensabili. “Basti pensare al completamento della tangenziale di Torino che manca della tratta ad Est, o alla pedemontana che favorirebbe il rilancio del Canavese, ad un collegamento tra la Val Chisone e la Valle di Susa, alla Ceva-Albenga”. 

Grandi opere, grandi cantieri, nuova occupazione. Ma non basta. “Perché bisogna restituire un’anima alla nostra regione. Bisogna restituire l’orgoglio di essere piemontesi, occitani, francoprovenzali, walser. Senza dimenticare l’apporto degli italiani arrivati dalle altre regioni e valorizzando anche l’apporto di quegli stranieri che si sono integrati”.

Dunque la riscoperta della cultura come base per una nuova fase di crescita. “Ma una cultura aperta, non le solite manifestazioni a senso unico nel nome del politicamente corretto e del pensiero unico obbligatorio. Una cultura che possa spaziare dalla storia all’arte, dalla filosofia all’impresa. Perché nel Dna del Piemonte è presente la cultura del lavoro, dell’industria, della sana amministrazione. Nel nostro Pantheon ci sono Alfieri e Gozzano, ma anche Einaudi e Adriano Olivetti “.

Da qui occorre ripartire. E forse l’esperienza di Adriano Olivetti diventa l’esempio più utile “poiché unisce la visione del grande imprenditore che lancia la sfida agli Stati Uniti con quella del mecenate che porta ad Ivrea intellettuali ed artisti, senza dimenticare il filosofo ed il politico con il suo progetto di Comunità “.

Un campo di patate

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È uno di quei modi di dire, insieme a maggioranza  bulgara,  tra i più popolari in Italia. Per i più giovani vale la pena di ricordare che, per quanto riguarda l’espressione “maggioranza bulgara” ci si riferisce a quando la Bulgaria era una repubblica popolare nell’orbita sovietica e le votazioni dei mitici e famosi comitati centrali dei partiti al potere nei paesi dell’est Europa avvenivano sempre all’unanimità. In quella parte d’Europa il mondo è cambiato, non sempre in meglio, ma il detto è rimasto . In verità anche per quanto riguarda il modo di dire :  è come un campo di patate , bisogna fare qualche precisazione. Il detto vale se ci si riferisce a dopo che i buoni  tuberi o se vogliamo chiamarli con il nome scientifico ” solanum tuberosum ” sono stati raccolti . Prima , se si guarda un campo coltivato di patate , è uno spettacolo di ordine e di rigogliosità bello a vedere e dove la natura ed il lavoro dell’uomo danno uno spettacolo straordinario. Ma tornando al nostrano modo di dire esso mi è ritornato in mente , con qualche imprecazione , nella giornata di venerdì mentre in parte a piedi ed in parte , come sempre , guidavo    la Vespa attraversavo  il centro di Torino. Una tristezza ed un pericolo. Le vie delle zone auliche della capitale sabauda ridotte come e peggio del famoso “campo di patate”. Piazza Castello, Piazza Carignano, Via Cesare Battisti e zone adiacenti disseminate di cubetti di porfido divelti e ampie macchie di catrame a deturpare la pavimentazione di quello che una volta si poteva definire il salotto di Torino.

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Per non parlare del tratto che da Via Giolitti porta a Piazza San Carlo e poi fiancheggiando la bella chiesa di Santa Cristina porta ad accedere alla Piazza CLN dove la pavimentazione era uno spettacolo , quasi un biliardo,  e che ora è una tristezza a guardarlo. E così girando per via Pietro Micca, Cernaia , Garibaldi, Po e tutte , dove più e dove meno, le altre. Non si salvano nemmeno le vie laterali , dove i cubetti di porfido, come tante piccoli satelliti viaggiano per conto loro sballottati dalle auto e dalle persone in un carambola brutta a vedersi ed in qualche caso pericolosa per i pedoni più distratti e per incauti ciclisti e motociclisti . Ogni tanto dopo giorni ed in alcuni casi settimane, nei casi più evidenti, a sistemare momentaneamente e a deturpare esteticamente arriva uno sconnesso manto di catrame che anticipa di mesi ed in qualche caso , purtroppo in via definitiva , la risistemazione originale . Incuriosito mi sono informato da alcuni amministratori di altri comuni che, con dovizia di informazioni, mi hanno spiegato che in questo modo , oltre a fare tardi e male, si spende di più . Prima per la sistemazione provvisoria e poi per quella definitiva che avviene su di un’area più ampia rispetto all’intervenire  subito ed in maniera definitiva appena uno o due cubetti di porfido oppure una losa  o una pietra si smuovono. Insomma si opera tardi e male e si spende di più. Così , tra una buca ed  un cubetto di porfido da evitare ed concerto delle pietre che sotto le ruote della Vespa si muovono , si circola per le vie del centro di Torino al tempo di ” Chiarabella” .

Pennette “risottate” in sugo di calamari

Un primo piatto di pesce per una gustosa cena da “gourmet”
La pasta viene cotta come se fosse un risotto, direttamente nel sugo. Questo tipo di cottura esalta il sapore degli ingredienti e conferisce alla pasta una irresistibile cremosita’. 



Ingredienti 

400gr. di calamari puliti 
300gr. di pennette integrali 
1 grosso pomodoro 
1/2 cipolla 
1 carota 
1 bicchiere di vino bianco secco 
Brodo vegetale q.b. 
2 filetti di acciuga sott’olio 
1 peperoncino 
Prezzemolo, olio, sale q.b. 

Tritare finemente la cipolla e la carota, soffriggere in poco olio in una larga padella. Aggiungere il pomodoro pelato e tagliato a dadini, lasciar cuocere qualche minuto poi, aggiungere i calamari precedentemente puliti e tagliati a tocchetti. Lasciar insaporire e sfumare con il vino bianco. Quando il vino sarà evaporato aggiungere la pasta e mescolare bene, salare poco e coprire con qualche mestolo di brodo caldo. Aggiungere i filetti di acciuga ed il peperoncino. Proseguire come si fa con il risotto, aggiungendo brodo sino a cottura. Prima di servire cospargere con prezzemolo tritato. Servire subito. 

Paperita Patty 

Pennette "risottate" in sugo di calamari

Un primo piatto di pesce per una gustosa cena da “gourmet”
La pasta viene cotta come se fosse un risotto, direttamente nel sugo. Questo tipo di cottura esalta il sapore degli ingredienti e conferisce alla pasta una irresistibile cremosita’. 



Ingredienti 

400gr. di calamari puliti 
300gr. di pennette integrali 
1 grosso pomodoro 
1/2 cipolla 
1 carota 
1 bicchiere di vino bianco secco 
Brodo vegetale q.b. 
2 filetti di acciuga sott’olio 
1 peperoncino 
Prezzemolo, olio, sale q.b. 

Tritare finemente la cipolla e la carota, soffriggere in poco olio in una larga padella. Aggiungere il pomodoro pelato e tagliato a dadini, lasciar cuocere qualche minuto poi, aggiungere i calamari precedentemente puliti e tagliati a tocchetti. Lasciar insaporire e sfumare con il vino bianco. Quando il vino sarà evaporato aggiungere la pasta e mescolare bene, salare poco e coprire con qualche mestolo di brodo caldo. Aggiungere i filetti di acciuga ed il peperoncino. Proseguire come si fa con il risotto, aggiungendo brodo sino a cottura. Prima di servire cospargere con prezzemolo tritato. Servire subito. 

Paperita Patty 

La ribellione di Rosa Parks

PARKSNella sua biografia, prima di morire nel 2005, scrisse: “Molti dissero che quel giorno non mi alzai perché ero stanca. Ma non è vero. Ero invece stanca di cedere”. La sua storia ispirò, tra gli altri, il film La lunga strada verso casa (1990) con Whoopi Goldberg

 

A Montgomery, capitale dell’Alabama, erano le sei del pomeriggio del 1° dicembre del 1955, quando Rosa Parks –  una sarta afroamericana di 42 anni-  prese posto nell’autobus giallo e verde della Cleveland Avenue, per rincasare dopo una giornata di lavoro. Un gesto normale, quotidiano, quasi banale se non fosse che per le assurde leggi segregazioniste dell’America degli anni Cinquanta, la donna ebbe la grave colpa di sedere nella parte sbagliata del mezzo, quella riservata ai “bianchi”. A quelli dalla carnagione scura, come lei, spettavano pochi posti in coda. Ma quei posti, quel giorno d’inizio dicembre di più di sessant’anni fa, erano tutti occupati e alla sarta non andava di affrontare un viaggio in piedi. Oltretutto, come segretaria della locale sezione del NAACP (l’associazione nazionale per la promozione delle persone di colore), non lo trovava più ammissibile. Così, sfidando le convenzioni sociali dell’epoca e gli sguardi di sbieco dei bianchi, prese posto nella fila di mezzo. Dopo alcune fermate, l’autobus era tutto occupato e alcuni bianchi rimasero in piedi. Fu a quel punto che Rosa Parks si vide intimare dall’autista James F. Blake l’ordine di alzarsi e cedere il posto ai primi. La donna si rifiutò e tenne una posizione ferma fino all’arrivo della polizia, che la trasse in arresto per condotta impropria e per aver violato le leggi di segregazione razzialePARKS2 della città. Il gesto della donna innescò un moto di sdegno e indignazione nelle comunità afroamericane che portò ad un boicottaggio dei mezzi pubblici, durato ben 381 giorni. A guidare la protesta c’era il pastore protestante Martin Luther King, che individuò nell’atto di ribellione della Parks la molla che diede vita al movimento dei diritti civili americani. L’anno seguente arrivò la prima importante vittoria: la Corte Suprema stabilì l’incostituzionalità delle discriminazioni razziali sugli autobus. Altre ne seguirono, come l’approvazione del Civil Rights Act del 1964.  Il gesto coraggioso di Rosa Parks, diventata la figura-simbolo del movimento dei diritti civili, venne premiato, nel 1999,  con la Medaglia d’oro del Congresso. Nella sua biografia, prima di morire nel 2005, scrisse: “Molti dissero che quel giorno non mi alzai perché ero stanca. Ma non è vero. Ero invece stanca di cedere”.La sua storia ispirò, tra gli altri, il film La lunga strada verso casa (1990) con Whoopi Goldberg.

 

Marco Travaglini

Dalla Regione 800mila euro contro la violenza di genere

La Regione finanzia l’apertura di quattro nuovi centri antiviolenza e 10 sportelli per le donne in difficoltà. Per consentire questo, l’ente ha assegnato 200mila euro (risorse statali e regionali), parte dei quasi 800mila euro stanziati per finanziare, nel suo complesso, la lotta contro la violenza di genere. Oltre all’apertura di nuove strutture, la Regione ha infatti continuato a sostenere l’attività dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio. I sedici Centri Antiviolenza hanno ricevuto un finanziamento di 260mila euro.  I trentasei sportelli informativi hanno percepito 50mila euro, le nove Case Rifugio (in tutto 76 posti letto) 251mila euro. Per ogni Centro Antiviolenza sono anche previsti dei posti per accogliere le donne che si allontanano da casa e hanno bisogno di un luogo dove essere ospitate in emergenza. “Ciò che è più importante è che in un anno i nostri centri antiviolenza passeranno da sedici a venti. – spiega l’assessora ai Diritti Civili, Monica Cerutti – In questo modo, rafforziamo le strutture a supporto delle donne che vogliono rifarsi una vita e sfuggire a compagni o mariti violenti, dando loro la possibilità di avere un tetto sopra la testa e di poter ricominciare. Così facendo, tuteliamo allo stesso tempo i figli di queste donne, che possono essere ospitati insieme alle madri”. I nuovi centri sorgeranno nel Comune di Vercelli, in quello di Santhià (il progetto è del Consorzio Socio Assistenziale Cisas), in quello di Settimo Torinese (progetto dell’Associazione Uscire dal Silenzio), in quello di Borgomanero (progetto dell’Associazione Mamre Onlus). I nuovi dieci sportelli saranno aperti in diverse località, da Moncalieri a Ceva, per citarne alcuni. Solo a Torino saranno inaugurati quattro nuovi sportelli, due ad opera del Comune e due da parte dei Centri antiviolenza Emma Onlus. In modo particolare, l’apertura delle strutture di Vercelli e di Santhià andrà a coprire una carenza: il territorio provinciale era finora sfornito di centri di questo tipo. “In questi anni è stata creata una vera rete a tutela delle vittime di violenza, e questo sistema è sempre più conosciuto dalle donne piemontesi che ogni anno, in numero sempre maggiore, vi fanno riferimento. – conclude Cerutti – Giovedì prossimo faremo il punto della nostra programmazione riunendo il coordinamento regionale dei Centri Antiviolenza”.

100% Italia: il collezionismo privato

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Delle caratteristiche, note e meno note, alla base di un fenomeno sociale e culturale ancora in buona parte da scoprire, si parlerà al MEF di Torino

“Costruire, valorizzare, gestire una collezione sono le tappe principali del percorso di un collezionista”: ad affermarlo, con ragionata coscienza di causa, è Andrea Busto, direttore del MEF – Museo Ettore Fico di Torino. Sarà lui a condurre l’incontro sul tema de “Il collezionismo privato”, in programma il prossimo mercoledì 23 gennaio, presso il Museo torinese di via Cigna 114, a partire dalle ore 18,30 e a ingresso libero. L’iniziativa è inserita nell’ambito dell’enciclopedica mostra “100% Italia, Cent’anni di capolavori” promossa dallo stesso MEF fino al prossimo 10 febbraio e dedicata –in sette sedi espositive dislocate fra Torino, Biella e Vercelli– a raccontare gli ultimi cento anni dell’arte made in Italy e dei movimenti artistici che, lungo tutto il “secolo breve”, più hanno influenzato le estetiche mondiali. E sarà proprio partendo da questi movimenti – dal Futurismo alla Metafisica e al Realismo Magico, via via fino all’Astrazione all’Informale alla Pop Art per arrivare all’Arte Povera e Concettuale e alle Transavanguardie – che Andrea Busto coinvolgerà in un dibattito all’ultima parola collezionisti e appassionati d’arte fra i più accreditati a livello nazionale, e non solo. I loro nomi: Giuseppe Iannaccone (Collezione Iannaccone, Milano), Giorgio Fasol (Collezione AGI, Verona) e Eva Brioschi (Collezione La Gaia, Busca). “Con loro – sottolinea il direttore del MEF – indagheremo anche le ragioni da cui muove questo interesse per il collezionismo di arte moderna e contemporanea: investimento, realizzazione e visibilità sociale, mecenatismo”. Di tutto un po’. E tutto è lecito, purché non si trascuri il valore assoluto che l’opera d’arte (quand’é vera arte) custodisce in sé.

Per info: MEF – Museo Ettore Fico, via Cigna 114, Torino; tel. 011/853065 o www.musefico.it

g.m.

Nelle foto
– Andrea Busto
– Particolari di “100% Italia” al MEF di Torino

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria

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Carmen Korn “Figlie di una nuova era” – Fazi editore- euro 17,50

 

E’ il primo capitolo di una trilogia scritta dalla giornalista e scrittrice tedesca Carmen Korn che racconta la sua città, Amburgo, attraversando la storia con la S maiuscola. Una saga al femminile che in Germania è diventata un vero e proprio caso editoriale. D’altra parte come non appassionarci all’amicizia tra quattro donne molto diverse tra loro, tutte nate nel 900 e travolte da due sanguinosissime guerre mondiali, il nazismo e l’antisemitismo. Incontriamo le protagoniste ad Amburgo intorno agli anni 20, nel pieno della loro giovinezza. Caratteri e classi sociali diversi. Henny proviene da una buona famiglia della borghesia, abbraccia con passione il suo lavoro di ostetrica e vive all’ombra della madre. Käthe è di famiglia modesta, comunista convinta, percorre l’impervia strada dell’emancipazione in quegli anni difficili. Poi c’è Ida che nasce ricca e viziata; per salvare il padre dal tracollo finanziario accetta di sposare l’intraprendente Friedrich Campmann, nonostante sia innamorata del cinese Tian. Sarà il classico matrimonio di convenienza, pieno zeppo di rancori e tradimenti. L’altra amica, Lina, ha avuto vita difficile ed è sopravvissuta grazie al sacrificio dei suoi genitori che sono letteralmente morti di fame per salvarla. Quattro personaggi che vediamo dibattersi per crescere e attraversare pagine di storia crudeli. Due sanguinose guerre mondiali, crisi economiche, lutti e battaglie politiche. E sullo sfondo, la Germania nazista in cui Hitler sale al potere e spazza via tutti quelli che gli si oppongono o non rientrano nella pura razza ariana. Ed ecco l’ostracismo degli ebrei da tutte le professioni, la loro persecuzione, i campi di sterminio e le tante vite scomparse dietro i reticolati elettrificati dei lager. Un libro che racconta con scrittura limpida stati d’animo e vicende storiche che appassionano. Non resta che aspettare il seguito.

 

Michelle Obama “Becoming. La mia storia” –Garzanti- euro 25,00

 

Dagli umili sobborghi di Chicago allo splendore della Casa Bianca come first lady. E’ questa la straordinaria traiettoria di vita di Michelle Obama che, in circa 500 pagine (scorrevoli come un romanzo), la racconta fin nei minimi particolari. Emerge il ritratto di una donna normalissima con tutte le ansie, gioie, paure e fatiche che l’esistenza mette in circolo per ognuno di noi. Solo che lei è andata decisamente più lontano. Studentessa modello, maniaca del controllo e dell’ordine, responsabile fin da piccola, la vediamo crescere e impegnarsi per diventare un avvocato di successo a soli 25 anni. Talmente brava che farà da tutor a uno studente brillante e geniale che arriva da Harvard. E’ l’incontro che finirà per cambiarle la vita. Lui è il giovanissimo Barack Obama, studente di legge eccezionale, stella nascente da tutti ritenuto oltremodo dotato, sempre un passo avanti gli altri, senza mai sbagliare un colpo. Le descrizioni che ne fa Michelle grondano amore e ammirazione per quest’uomo che è “…una strana miscela di qualità tanto diverse…”. Barack Hussein Obama, bianco e nero, africano e americano è un ragazzo modesto che modestamente vive: col denaro ha un rapporto complicato, come lei non è ricco, ma nemmeno aspira a diventarlo. I due convivono e si supportano a vicenda. Poi lui si appassiona alla politica, quella interessata a cambiare in meglio le cose. Inizia così la sua corsa da senatore fino ai due mandati alla Casa Bianca, come presidente e uomo più potente del mondo libero. Dietro c’è la grande donna. Michelle svela le difficoltà incontrate per creare una famiglia, un penoso aborto e poi la fecondazione assistita grazie alla quale vengono al mondo Malia e Sasha. Poi gli affanni del doppio ruolo di First Lady e mamma che cresce le sue bambine nel dorato e iper- protetto mondo della Casa Bianca, sotto il costante controllo dei bodyguard. Gli sforzi per dare a loro una vita il più possibile normale e con i piedi ancorati per terra. Con sensibilità, intelligenza e tenacia sembra ci sia riuscita. E in mezzo ci sono anche le sue battaglie per un’alimentazione più sana, la lotta all’obesità, le visite di Stato. Compresa quella a Buckingham Palace nel corso della quale lei e la Regina Elisabetta si confidano il reciproco mal di piedi per le scarpe che non vedono l’ora di togliersi. Insomma l’autoritratto di una donna normale con una vita eccezionale.

 

Matt Haig “Come fermare il tempo” –Edizioni e/o – euro 18,00

 

Vivere più di 400 anni e attraversare molte epoche storiche: dall’Inghilterra Elisabettiana alla Parigi dei ruggenti anni 20 del jazz, veleggiare nei mari del sud, passare per la New York in grande divenire di fine 1800. Privilegio o condanna? Chiedetelo al protagonista di questa visionaria e affascinante storia. Lui è Tom, anche se nei secoli cambierà più volte nome, è nato nel 1581 in un piccolo château francese e passa indenne da un luogo all’altro senza mai invecchiare. Ha una rara disfunzione, “l’anageria”, che si manifesta all’epoca della pubertà e ti cristallizza così come sei nel tempo a venire. Sono i longevi albatros, contrapposti alle comuni effimere. Gli altri incanutiscono e muoiono…mentre per lui il processo è molto più lento. Ha esattamente 436 anni, non è immortale ma avanza nel tempo secondo un rapporto di 1 anno ogni 15. Ha avuto il privilegio di vedere Shakespeare, Charlie Chaplin e la stella di Hollywood Lilian Gish, Gertrude Stein e Alice B, Toklas, ha stretto la mano a Francis Scott Fitzgerald (autore cult sull’onda del successo del “Grande Gatsby”) e a sua moglie Zelda. Certo esperienze incredibili…eppure c’è un rovescio della medaglia. Quando le persone intorno a lui avvertono l’inspiegabile anomalia si scatena di tutto, dalla caccia alle streghe, al demonio, alla persecuzione. L’unica salvezza sembra che sia far parte di un gruppo di altri anomali che ogni 8 anni, giusto per sicurezza, devono abbandonare la vita che stanno conducendo e ripresentarsi altrove sotto mentite spoglie, per un’altra missione. Solo così evitano di dare troppo nell’occhio e riescono a sfuggire da chi vuole catturarli per studiarli come cavie di laboratorio. Non è certo una vita facile, perché ogni volta ricominciare da capo è stancante. Gli albatros sono umani al 100%, amano e soffrono come tutti. Il grande e unico amore di Tom è stata Rose: l’ha sposata nella Londra del 1600, hanno avuto una figlia e poi per salvarle dai sospetti ha dovuto abbandonarle. La ritroverà morente per un’epidemia che strazia Londra. Tale è la sofferenza di perdere i loro cari che nelle vite successive cercano di non affezionarsi più ai temporanei compagni di viaggio….farebbe troppo male. Ma che esistenza è ?. Lo svela il protagonista che chiede solo di poter avere una vita normale, mentre vaga nei secoli alla ricerca della figlia Marion che nel Dna ha ereditato la sua stessa anomalia.

L'isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Carmen Korn “Figlie di una nuova era” – Fazi editore- euro 17,50
 
E’ il primo capitolo di una trilogia scritta dalla giornalista e scrittrice tedesca Carmen Korn che racconta la sua città, Amburgo, attraversando la storia con la S maiuscola. Una saga al femminile che in Germania è diventata un vero e proprio caso editoriale. D’altra parte come non appassionarci all’amicizia tra quattro donne molto diverse tra loro, tutte nate nel 900 e travolte da due sanguinosissime guerre mondiali, il nazismo e l’antisemitismo. Incontriamo le protagoniste ad Amburgo intorno agli anni 20, nel pieno della loro giovinezza. Caratteri e classi sociali diversi. Henny proviene da una buona famiglia della borghesia, abbraccia con passione il suo lavoro di ostetrica e vive all’ombra della madre. Käthe è di famiglia modesta, comunista convinta, percorre l’impervia strada dell’emancipazione in quegli anni difficili. Poi c’è Ida che nasce ricca e viziata; per salvare il padre dal tracollo finanziario accetta di sposare l’intraprendente Friedrich Campmann, nonostante sia innamorata del cinese Tian. Sarà il classico matrimonio di convenienza, pieno zeppo di rancori e tradimenti. L’altra amica, Lina, ha avuto vita difficile ed è sopravvissuta grazie al sacrificio dei suoi genitori che sono letteralmente morti di fame per salvarla. Quattro personaggi che vediamo dibattersi per crescere e attraversare pagine di storia crudeli. Due sanguinose guerre mondiali, crisi economiche, lutti e battaglie politiche. E sullo sfondo, la Germania nazista in cui Hitler sale al potere e spazza via tutti quelli che gli si oppongono o non rientrano nella pura razza ariana. Ed ecco l’ostracismo degli ebrei da tutte le professioni, la loro persecuzione, i campi di sterminio e le tante vite scomparse dietro i reticolati elettrificati dei lager. Un libro che racconta con scrittura limpida stati d’animo e vicende storiche che appassionano. Non resta che aspettare il seguito.
 
Michelle Obama “Becoming. La mia storia” –Garzanti- euro 25,00
 
Dagli umili sobborghi di Chicago allo splendore della Casa Bianca come first lady. E’ questa la straordinaria traiettoria di vita di Michelle Obama che, in circa 500 pagine (scorrevoli come un romanzo), la racconta fin nei minimi particolari. Emerge il ritratto di una donna normalissima con tutte le ansie, gioie, paure e fatiche che l’esistenza mette in circolo per ognuno di noi. Solo che lei è andata decisamente più lontano. Studentessa modello, maniaca del controllo e dell’ordine, responsabile fin da piccola, la vediamo crescere e impegnarsi per diventare un avvocato di successo a soli 25 anni. Talmente brava che farà da tutor a uno studente brillante e geniale che arriva da Harvard. E’ l’incontro che finirà per cambiarle la vita. Lui è il giovanissimo Barack Obama, studente di legge eccezionale, stella nascente da tutti ritenuto oltremodo dotato, sempre un passo avanti gli altri, senza mai sbagliare un colpo. Le descrizioni che ne fa Michelle grondano amore e ammirazione per quest’uomo che è “…una strana miscela di qualità tanto diverse…”. Barack Hussein Obama, bianco e nero, africano e americano è un ragazzo modesto che modestamente vive: col denaro ha un rapporto complicato, come lei non è ricco, ma nemmeno aspira a diventarlo. I due convivono e si supportano a vicenda. Poi lui si appassiona alla politica, quella interessata a cambiare in meglio le cose. Inizia così la sua corsa da senatore fino ai due mandati alla Casa Bianca, come presidente e uomo più potente del mondo libero. Dietro c’è la grande donna. Michelle svela le difficoltà incontrate per creare una famiglia, un penoso aborto e poi la fecondazione assistita grazie alla quale vengono al mondo Malia e Sasha. Poi gli affanni del doppio ruolo di First Lady e mamma che cresce le sue bambine nel dorato e iper- protetto mondo della Casa Bianca, sotto il costante controllo dei bodyguard. Gli sforzi per dare a loro una vita il più possibile normale e con i piedi ancorati per terra. Con sensibilità, intelligenza e tenacia sembra ci sia riuscita. E in mezzo ci sono anche le sue battaglie per un’alimentazione più sana, la lotta all’obesità, le visite di Stato. Compresa quella a Buckingham Palace nel corso della quale lei e la Regina Elisabetta si confidano il reciproco mal di piedi per le scarpe che non vedono l’ora di togliersi. Insomma l’autoritratto di una donna normale con una vita eccezionale.
 
Matt Haig “Come fermare il tempo” –Edizioni e/o – euro 18,00
 
Vivere più di 400 anni e attraversare molte epoche storiche: dall’Inghilterra Elisabettiana alla Parigi dei ruggenti anni 20 del jazz, veleggiare nei mari del sud, passare per la New York in grande divenire di fine 1800. Privilegio o condanna? Chiedetelo al protagonista di questa visionaria e affascinante storia. Lui è Tom, anche se nei secoli cambierà più volte nome, è nato nel 1581 in un piccolo château francese e passa indenne da un luogo all’altro senza mai invecchiare. Ha una rara disfunzione, “l’anageria”, che si manifesta all’epoca della pubertà e ti cristallizza così come sei nel tempo a venire. Sono i longevi albatros, contrapposti alle comuni effimere. Gli altri incanutiscono e muoiono…mentre per lui il processo è molto più lento. Ha esattamente 436 anni, non è immortale ma avanza nel tempo secondo un rapporto di 1 anno ogni 15. Ha avuto il privilegio di vedere Shakespeare, Charlie Chaplin e la stella di Hollywood Lilian Gish, Gertrude Stein e Alice B, Toklas, ha stretto la mano a Francis Scott Fitzgerald (autore cult sull’onda del successo del “Grande Gatsby”) e a sua moglie Zelda. Certo esperienze incredibili…eppure c’è un rovescio della medaglia. Quando le persone intorno a lui avvertono l’inspiegabile anomalia si scatena di tutto, dalla caccia alle streghe, al demonio, alla persecuzione. L’unica salvezza sembra che sia far parte di un gruppo di altri anomali che ogni 8 anni, giusto per sicurezza, devono abbandonare la vita che stanno conducendo e ripresentarsi altrove sotto mentite spoglie, per un’altra missione. Solo così evitano di dare troppo nell’occhio e riescono a sfuggire da chi vuole catturarli per studiarli come cavie di laboratorio. Non è certo una vita facile, perché ogni volta ricominciare da capo è stancante. Gli albatros sono umani al 100%, amano e soffrono come tutti. Il grande e unico amore di Tom è stata Rose: l’ha sposata nella Londra del 1600, hanno avuto una figlia e poi per salvarle dai sospetti ha dovuto abbandonarle. La ritroverà morente per un’epidemia che strazia Londra. Tale è la sofferenza di perdere i loro cari che nelle vite successive cercano di non affezionarsi più ai temporanei compagni di viaggio….farebbe troppo male. Ma che esistenza è ?. Lo svela il protagonista che chiede solo di poter avere una vita normale, mentre vaga nei secoli alla ricerca della figlia Marion che nel Dna ha ereditato la sua stessa anomalia.