SPETTACOLI- Pagina 55

Fabio Banfo in “Patria. Il paese di Caino e Abele”

Sabato 13 aprile alle 21

LA STORIA D’ITALIA DAL DOPOGUERRA A OGGI SUL PALCO DELLO SPAZIO KAIROS

La storia d’Italia dal dopoguerra ai giorni nostri vista attraverso gli occhi di due fratelli che hanno misteriosamente incrociato gli eventi più sanguinosi della storia italiana: le stragi, i golpe, il terrorismo, le lobbY, le mafie, i servizi segreti. E’ uno spettacolo particolarissimo quello proposto sabato 13 aprile alle 21 sul palco dello Spazio Kairos, via Mottalciata 7, per la stagione “Riflessi” organizzata da Onda Larsen: si tratta di “Patria. Il paese di Caino e Abele”, di e con Fabio Banfo, coproduzione Centro teatrale MaMiMò (RE) e Eco di Fondo (MI) per la regia di Giacomo Ferraù.

Il pubblico in sala potrà fare un viaggio in quelle verità sulle stragi che sono state dimenticate, occultate, cancellate nella storia recente del nostro paese e che hanno ancora un profondo seppur spesso invisibile riflesso sul tempo in cui viviamo. Il testo intreccia tutte quelle vicende che hanno contribuito a fare dell’Italia dei nostri nonni, il paese che lasceremo ai nostri figli.  E’ un racconto, quello dell’Italia, inevitabilmente tragicomico, dove le memorie degli eroi e quelle dei malvagi, si mescolano indissolubilmente come le storie dei nostri due fratelli.  Una biografia famigliare che finisce per diventare la biografia di una nazione.

La storia
I fatti vengono rivisti attraverso gli occhi di un personaggio bianco, un idiota Dostoevskiano che tutti considerano lo scemo del villaggio. Lui, da quando ha battuto la testa da piccolo forse per colpa del fratello, viene chiamato Abele; cerca spasmodicamente tracce del fratello Caino scomparso in un attentato ferroviario (la strage dell’Italicus). La vita di questo microcosmo, di questo piccolo paese che si chiama Patria e che rappresenta nelle sue dinamiche l’intera Italia, scorre inesorabilmente verso una fine lenta e pietosa, indifferente ai suoi figli che vanno e vengono, nascono sempre meno e muoiono sempre di più.

Fabio Banfo, nello spettacolo, interpreta 15 personaggidifferenti, dando voce agli abitanti del Paese che diventano metafora dei costumi e delle ideologie dell’Italia degli anni ’70 e ’80 che hanno segnato il nostro presente.

 

NOTE DI REGIA

BUM.

ABELE: Ci sono esplosioni che durano poco. Altre che durano una vita intera. Dicono che L’intero Universo è nato da un’esplosione. Ma era sicuramente più forte della mia. La mia era un’esplosione da niente. È durata il tempo di ricordarmi tutto. Di ricordarmi com’era non essere scemo. E della vita che è passata tra l’esplosione dell’inizio e quella della fine. E tutte le esplosioni che ci sono state in mezzo come i tuoni, gli aerei che superavano la barriera del suono, e le bombe che sventravano cose e le persone creando vuoti immensi come le galassie e i buchi neri che vi stanno al centro. Dalla goccia di seme che ha acceso la mia luce, alla scintilla che la spegnerà. La storia della mia vita. La storia del mio paese. Stanno tutte dentro un bum, come chiuse in una bolla di sapone. Non era una gran vita, non era un gran paese. Ma era la mia, la nostra Patria. E adesso non c’è più. Adesso non ci siamo proprio più…

PATRIA è la storia italiana degli anni di piombo anni vista attraverso gli occhi di un personaggio bianco, un idiota Dostoevskiano che tutti considerano lo scemo del villaggio. Lui, da quando ha battuto la testa da piccolo forse per colpa del fratello, viene chiamato Abele; cerca spasmodicamente tracce del fratello Caino scomparso in un attentato ferroviario (la strage dell’Italicus). Forse il fratello però non è morto, sopravvissuto e misteriosamente non dà notizie di sé. Forse è addirittura un terrorista. Forse un mafioso. Forse è implicato talmente a fondo nelle efferate vicende raccontate da dover scomparire per forza. O forse è semplicemente morto come tanti in una dei mille misteri rimasti senza risposta di quegli anni incredibili. La vita di questo piccolo microcosmo, di questo piccolo paese che si chiama Patria e che rappresenta nelle sue dinamiche l’intera Italia, scorre inesorabilmente verso una fine lenta e pietosa, indifferente ad i suoi figli che vanno vengono, nascono sempre meno e muoiono sempre di più. Come dice il testo, una vita che può essere contenuta all’interno di una sola esplosione, di una bolla. Così lavora la scenografia nella realizzazione di un unico spazio stretto a un gusto come un paese che vuole assolvere sé stesso la funzione di un’intera Nazione.

 

Spazio Kairos è via Mottalciata 7.
Intero 13 euro. Ridotto (ex allievi Scuderia Onda Larsen, Over 65, studenti universitari) 10 euro.
Ridotto speciale (allievi Scuderia Onda Larsen 23/24, under 18 e disabili) 6 euro.
Biglietti online su: www.ticket.it. Necessaria la tessera Arci. Info: biglietteria@ondalarsen.org

Attraverso le canzoni e la danza la nostra storia: e non soltanto

Sabato e domenica sul palcoscenico del Gioiello

Fu un bel momento di cinema, godibilissimo, quel “Ballando ballando” che nel 1983 Ettore Scola diresse sotto i triplici colori dell’Italia, della Francia e dell’Algeria e che andò a rappresentare quest’ultima agli Oscar. Quattro David di Donatello nell’anno successivo (tra cui spiccano le musiche di Vladimir Cosma e Armando Trovajoli, chiaramente miglior film e Scola miglior regista), tre César oltralpe e ancora Cosma e Scola e miglior film, per concludere certo non in ultima posizione la prestigiosa miglior regia a Scola al Festival di Berlino di quello stesso anno. Tutto derivato da quel “Le Bal” inventato da Jean-Claude Penchenat con il Théatre du Campagnol, oggi con un sottotitolo che suona “L’Italia balla dal 1940 al 2001”, dallo scoppio del secondo conflitto mondiale all’annus horribilis delle Torri Gemelle, ripreso da Giancarlo Fares, tra gli interpreti oltre a curarne la regia. Con lui sul palcoscenico del Gioiello (repliche sabato 13 alle ore 21 e domenica 14 alle ore 16) Sara Valerio e dieci compagni di viaggio attori/ballerini pronti a dare il via alle danze.

Tutto si svolge in una balera, uomini e donne a incontrarsi per incollarsi in una danza dopo l’altra, per uno spettacolo dove la musica si fa drammaturgia per attraversare un lungo periodo di Storia e accompagnare il pubblico in un susseguirsi di vitalità e di emozioni, dall’alba al tramonto, dalla guerra alla pace, dal pianto al riso, dal dolore all’amore. Una musica che attraversa le giornate e le notti, le anime e i cuori, che arriva in discoteca, che si perde per le strade, che coinvolge nella diversità degli abiti, delle mode, delle note tutti quanti, un interminabile viaggio che attraversa gli anni bui della guerra e la felicità e la spensieratezza della liberazione, la ricostruzione e il boom economico, le lotte di classe, le tragedie della divisione, le droghe e il degrado, la paura dell’undici settembre, la riconquista dei valori, i tanti cambiamenti della vita quotidiana, le migrazioni verso il nord, il cibo e l’allegria, i cambiamenti e le nuove affermazioni di idee e di esseri umani, il modo di esprimere le proprie emozioni.

Uno spettacolo tutto speciale, assolutamente da vedere. È un’esplosione d’allegria questa colonna sonora che unicamente fuoriesce dal palcoscenico per spandersi in sala, per coinvolgere e appassionare, essa, unicamente, bandito ogni dialogo tra i vari protagonisti. Un fiume di note, con smagliante originalità, un filo rosso di musica magnificamente distribuita nei vari decenni a unire tutto quanto lo stivale, un susseguirsi di atmosfere sulle note che appartengono alla nostra memoria. Sono le canzoni di Claudio Villa e Domenico Modugno, di Celentano e Gino Paoli e Morandi, di Mina insuperata e insuperabile, della Pavone e della Carrà, le musiche dei Pink Floyd e dei Rolling Stone, i ritmi di Gloria Gaynor e la disco music, le nuove forme d’intrattenimento all’orizzonte. Sono le musiche che ti hanno conquistato e continuano a conquistarti, che ricreano ricordi ed empatie e unioni che raccolgono attorno a sé, ancora una volta, le tante anime di un popolo. Un consiglio che ripetiamo: assolutamente da non perdere.

e. rb.

Nelle immagini di Giulia Baresi e Damiano Sordi, alcuni momenti dello spettacolo.

“La Mole armonica”, quarto appuntamento cameristico delle “Domeniche dell’Auditorium Rai”

 

 

Domenica 14 aprile, alle 10.30, all’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino, il protagonista del quarto appuntamento cameristico delle “Domeniche dell’Auditorium” sarà “La Mole armonica”, ensemble barocco dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Il concerto, registrato da Radio 3, sarà trasmesso domenica 21 aprile alle 20.30.

Il programma accosta pagine di autori vissuti quasi tutti a cavallo tra il Seicento e il Settecento: la Sinfonia in do maggiore per archi e basso continuo di Giovanni Antonio Giay, il Concerto in sol maggiore per violino, archi e basso continuo di Giovanni Battista Somis, la Sinfonia in si maggiore per archi e basso continuo di Gaetano Pugnani, il Concerto per due violini, archi e basso continuo RV 517 di Antonio Vivaldi e la Suite dell’opera “Scyllaet Glaucus” op.11 di Jean Marie Leclair. “La Mole armonica” dell’OSN Rai è affermata da qualche anno quale promotrice di musica antica con strumenti d’epoca, composta da Lorenzo Brufatto, violino e concertatore; Paolo Lambardi, Carola Zosi, Pietro Bernardin, Alice Milan, Giulia Marzani, Antonella D’Andrea, violini; Davide Ortalli e Federico Maria Fabris, viole; Fabio Storino e Amedeo Fenoglio, violoncelli; Pamela Massa, contrabbasso; Maurizio Fornero, clavicembalo.

I biglietti per il concerto sono in vendita sul sito dell’OSN Rai e presso la biglietteria dell’Auditorium Rai di Torino, in piazza Rossaro.

Tel: 011 8104996 – 331 8361276

 

Mara Martellotta

 

‘Old Fools’ di scena a Settimo

‘Old Fools’ con Marianna de Pinto e Marco Grossi è una produzione della Compagnia Malalingua e Festival trame contemporanee, per la regia di Silvio Peroni. Andrà in scena sabato 13 aprile.

È stato scritto dall’autore britannico Tristan Bernays e racconta di Tom e Viv, del loro amore della vita che hanno condiviso insieme, della prima scintilla che si affievolisce fino all’ultimo momento trascorso insieme.

Ma non necessariamente una storia deve essere raccontata in questo ordine. L’unicità del testo è nella sua struttura. Una narrazione che, senza soluzione di continuità, mescola e confonde il tempo, può passare dal primo incontro e proiettarsi, un istante dopo, nella senilità dei protagonisti per poi ritrovarli sposati o al secondo appuntamento, o alle prese con la nascita di un figlio o vederli impegnati nello sforzo di tenere unita la loro relazione.

Questa asimmetria temporale pare che abbia qualcosa a che fare con la nostra costante ricerca di significato e ordine nella vita e di come riusciamo a trovarlo solo in brevi istante, ma alla fine ci sfugge e un ordine non esiste.

Per Tom e Viv il mondo crolla e il tempo collassa quando si scoprirà che uno dei due soffre di Alzheimer e di fronte ad una malattia così debilitante trovare un significato diventa difficile e ancora di più trovare un ordine.

Quest’opera ordinariamente empatica si coniuga con il lavoro del regista Silvio Peroni che da anni conduce una ricerca sull’attore e il desiderio di raccontare sul palcoscenico delle vite senza spettacolarizzazione.

 

MARA MARTELLOTTA

 

Contatti 3494037423

info.malalingua@gmail.com

Al Baretti: “A little gossip never killed nobody”

venerdì 12 aprile 2024, ore 20

Il Teatro Baretti è onorato di ospitare la compagnia under35 Le Ore Piccole, con il debutto del loro spettacolo la cui anteprima ridotta è stata vista ad Asti Teatro 2023 nell’ambito del bando Scintille.

regine, parlatrici
Klara, Agnes e Martha si ritrovano tutte le sere per bere una birra insieme dopo l’estenuante lavoro in fabbrica. La vita nel paese dove vivono è logorante, non succede mai nulla di nuovo e niente sembra in grado di cambiare in meglio. Un giorno, però, qualcosa finalmente succede: Martha ha un rapporto sessuale con il loro capo, di cui si è invaghita, che presto si trasforma in una vera e propria relazione. Da quel giorno tutto cambia irrimediabilmente e, mentre loro ottengono piccoli miglioramenti sul lavoro grazie al rapporto privilegiato di Martha col capo, le conversazioni quotidiane delle tre donne diventano sempre meno innocue e sempre più inquietanti.

A little gossip never killed nobody è una favola oscura sul potere della parola, così potente che può cambiare la realtà, crearne una nuova, spingerti a immaginare, desiderare, manipolare, obbedire.

“il titolo della stagione contiene la parola regine in minuscolo, a simboleggiare uno status personale di consapevolezza, una regalità che proviene dalla coscienza di sé e non concessa da altri, la virgola e lo spazio vuoto suggeriscono poi un elenco potenzialmente infinito di declinazioni, ruoli, condizioni possibili del genere femminile. Esplorare, sfidare e celebrare il femminino in tutte le sue molteplici sfaccettature: ecco il cuore di questa nuova stagione teatrale, che mi vede nell’inedita veste di direttore artistico.” Sax Nicosia

Una stagione speciale resa possibile grazie alla collaborazione con PiemonteDalVivo nell’ambito del bando CortoCircuito, e con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo.

Per avere altre informazioni sulla stagione è sufficiente cliccare qui

A LITTLE GOSSIP NEVER KILLED NOBODY

di Chiara Arrigoni

regia Francesca Caprioli

con Chiara Arrigoni, Giulia Gallone, Ottavia Orticello

costumi Paola Arcuria

in collaborazione con PiemonteDalVivo nell’ambito del bando CortoCircuito
PAV- Fabulamundi Playwriting Europe e LE ORE PICCOLE

BIGLIETTERIA:
INTERO 12€
RIDOTTO 10€ (studenti/over65/anpi)
ABBONAMENTO 5 SPETTACOLI 45€
BIGLIETTERIA ONLINE:
È consigliato l’acquisto dei biglietti online su anyticket.it | L’acquisto prevede il diritto di prevendita di 0,70€. | Non sono possibili prenotazioni telefoniche o via mail.
PREVENDITA IN CASSA:
Qualora fossero ancora disponibili dei posti in sala è possibile acquistare i biglietti degli spettacoli teatrali prima dell’inizio dell’evento.

Dal 27 maggio al 2 giugno torna il Torino Fringe Festival

Il festival del teatro off e delle arti performative

Arcadia Crossover

Dal 17 maggio al 2 giugno 2024 il Torino Fringe Festival mette in scena 154 repliche e 14 eventi speciali in 17 giorni in 16 spazi performativi non convenzionali con 38 compagnie nazionali e internazionali. Il tema della XII edizione, “Arcadia Crossover”, è un invito all’esplorazione di un futuro armonioso, ispirato dalla visione utopica di Arcadia: un luogo simbolico di pace e profonda connessione.

Oltre che celebrare i linguaggi e la diversità artistica, segni distintivi della manifestazione, quest’anno il Festival mira a dimostrare come l’arte possa essere un ponte tra i vari aspetti dell’esistenza: il personale e l’universale, il concreto e l’immaginario, il passato e il presente. Attraverso la fusione di generi, culture e idee, il Festival invita a considerare la diversità come una risorsa preziosa, superando i confini tradizionali e le sfide della contemporaneità per promuovere una società più equa, connessa e giusta. L’arte si trasforma in uno strumento per risolvere divisioni, conflitti e barriere, sia ideologiche sia geografiche e artistiche, promuovendo una società in maggior armonia interna e con l’ambiente.

Torino Fringe Festival

Il Torino Fringe Festival è un festival di teatro off e di arti performative nato nel 2013 sulla scia delle esperienze dei più importanti festival off europei, incentrati sulla massima accessibilità e il coinvolgimento del tessuto sociale e urbano della città di riferimento. È un festival che si è allargato a tutto il territorio piemontese, una vetrina e un punto di riferimento a livello nazionale ed internazionale per il Teatro Off e le arti performative che intorno a questo gravitano. È al contempo un nuovo modo di fare cultura sul territorio, caratterizzato dalla trasversalità rispetto ai generi culturali e aperto alla possibilità di interagire e co-progettare con gli stakeholder.

In questi 13 anni Torino Fringe Festival ha sviluppato ogni genere di performance in teatri, ma anche e soprattutto in spazi diversi e diversamente “off” rispetto agli spazi consueti dell’offerta culturale e delle arti performative, arrivando in birrerie, sale da ballo, stazioni, dimore storiche, mercati, club, locali, musei, piazze, gallerie d’arte.

Ufficialmente riconosciuto da “World Fringe”, network mondiale che seleziona i Fringe Festival che rispettano le linee guida del format, negli anni è diventato punto di riferimento in Italia coinvolgendo oltre 300 compagnie nazionali e internazionali per 2000 repliche in 70 spazi di Torino al chiuso e 35 all’aperto per un totale di oltre 100.000 spettatori.

Arcadia Crossover

Il tema scelto per la XII edizione evidenzia il ruolo dell’arte come catalizzatore di connessione, trasformazione, esplorazione e manifestazione. L’arte è celebrata come mezzo per unire persone di culture e storie diverse, superando le barriere che troppo spesso ci separano. È riconosciuta per il suo potere trasformativo, capace di scatenare cambiamenti sia personali che collettivi, offrendo nuove prospettive su tematiche globali.

“Arcadia Crossover” invita a esplorare coraggiosamente nuovi orizzonti artistici, culturali e personali, incoraggiando un viaggio creativo che supera i confini conosciuti. Il festival diventa un laboratorio di idee vivente, un crocevia di percorsi artistici variegati e un luogo di esperienze trasformative. Ogni performance, ogni spettacolo e ogni scenografia apre una finestra su universi diversi, stimolando riflessioni, emozioni e immaginazione.

“Arcadia Crossover” invita a immergersi nell’arte come esperienza condivisa che arricchisce, sfida e trasforma. Celebrando il ruolo cruciale dell’arte nel connettere storie umane e promuovere dialoghi tra realtà diverse, il Torino Fringe Festival si impegna a guidare verso visioni di comprensione e innovazione sempre più ampie. Con questo spirito, il festival desidera porsi come ponte verso un futuro in cui le divisioni e le diversità si dissolvono, lasciando spazio alla costruzione condivisa di mondi nuovi, armoniosi e più inclusivi.

Contatti:

www.tofringe.it

Di scena al teatro Astra lo spettacolo di Aurélien Bory “Gli invisibili”

Dall’11 al 14 aprile prossimi andrà in scena al teatro Astra la pièce “Gli invisibili”, per la regia di Aurélien Bory, coreografo e regista francese di fama internazionale, da sempre affascinato dalle contaminazioni linguistiche e culturali, che realizza uno spettacolo che nasce dalla sua infatuazione per la città di Palermo.

“Invisibili” è il risultato di diversi sopralluoghi del regista nel capoluogo palermitano, d’incontri con cittadini e artisti, di riflessioni sulle bellezze e contraddizioni di Palermo.

Si tratta di uno spettacolo multidisciplinare, capace di affiancare il teatro alla musica e alla danza che, a partire dal “Trionfo della morte” di palazzo Abatellis e da altre suggestioni legate alla città di Palermo, riesce a sviluppare un percorso poetico di relazioni, analisi sociali, identità e complessità.

Ho immaginato – afferma Aurélien Bory- l’affresco nel contesto attuale che esprime i flagelli della nostra epoca, quali le morti dei migranti, la guerra, le catastrofi naturali . Sulla tela sono rappresentati artisti, danzatrici e musicisti. Gianni Gebbia, sassofonista di fama internazionale, Chris Obehi, cantante nigeriano che ha iniziato la sua nuova vita a Palermo arricchendo il suo repertorio con canzoni in lingua siciliana e, infine, le danzatrici Valeria Zampardi, Bianca Lo Verde, Maria Stella Pitarresi e Arabella Scalisi.Con loro l’affresco al centro della scena si anima, e, attraverso la loro danza, assume un’altra dimensione”.

Lo spettacolo resta in scena fino a domenica 14 aprile.

Giovedì ore 20, venerdì ore 21, sabato ore 19, domenica ore 17

Produzione Teatro Biondo di Palermo. Compagnie 111 Aurélien Brody

Marcore’ sotto la Mole debutta da regista

Nella più grande sala cinematografica della regione,nella centralissima sala 1 del multisala Ideal, Film Commission con la presenza del regista Nero Marcore’ e l’ attore protagonista Alberto Paradossi ha presentato il film girato nel 2023 in Piemonte “Zamora”.
Ispirato al racconto di Roberto Perrone il debutto di Marcore’ dietro la macchina da presa è stato accolto favorevolmente dal pubblico che si è fermato per un simpatico dibattito al termine della proiezione
Ambientato in Lombardia, descrive perfettamente ambienti lavorativi, rapporti familiari, di vicinato e il rapporto con il calcio, racconta di una vita che non c’è più, una storia che affrontando molti temi di umanità sempre attuali, incontri casuali e ricercati,incontri che forgiano la  vita  è trattato anche il tema romantico in modo non sdolcinato, ma insegna a non arrendersi, a guardare avanti senza rimpianti. Importanti anche le figure femminili, mamma, sorella, amori.
Brava Marta Gastini, ruoli femminili tutti positivi, mentre i ruoli maschili disastrosi, fallimenti personali, padri assenti, colleghi invidiosi,uno spaccato anni 60, dove l’ appuntamento più importante della settimana era il sabato sera  riunirsi tra vicini di casa davanti ai primi televisori  per assistere ai quiz di Mike Bongiorno.
Un film piacevole dove ognuno potrà immedesimarsi e ritrovarsi.
Consigliatissimo.

GABRIELLA DAGHERO

In prima nazionale al teatro Carignano la tragedia pirandelliana “La vita che ti diedi”

Per la regia di Stéphane Braunschweig

 

 

Debutta in prima nazionale una  nuova produzione dello Stabile di Torino dal titolo “La vita che ti diedi”, ospitata al teatro Carignano dal 9 al 28 aprile 2024, per la regia di Stéphane Braunschweig.

Tra i principali registi della scena teatrale contemporanea e direttore artistico dell’Odéon Théatre de l’Europe di Parigi, Braunschweig approfondisce il legame con la scrittura di Pirandello dopo i successi internazionali di “Sei personaggi in cerca d’autore”, “I giganti della montagna”, “Vestire gli ignudi” e “Come tu mi vuoi” ( gli ultimi due  presentati nel cartellone del TST nel 2007 e 2022). Per il Teatro Stabile di Torino dirige latragedia forse più struggente del teatro pirandelliano, scritta nel 1923 sul tema della maternità  e del lutto.

L’opera, concepita da Pirandello per Eleonora Duse, non venne mai recitata dall’attrice e il testo venne rappresentato al teatro Quirino di Roma, portato in scena da Alda Borelli il12 ottobre 1923.

Scritto nel 1923 , “La vita che ti diedi” è uno dei testi teatrali in tre atti più brevi di Luigi Pirandello, uno dei pochi che egli abbia definito “una tragedia”, anticipata da tre novelle scritte tra il 1914 e il 1916.

Ne ‘I pensionati della memorie’ il drammaturgo siciliano si interroga sul rapporto tra i vivi e i morti e formula l’idea disturbante che, quando si piange la perdita di una persona cara, non è  la persona amata che si sta piangendo ma “voi piangeteperché il morto non può più dare a voi una realtà”.

In “Colloqui con i personaggi”, scritto subito dopo la  morte della madre, Pirandello esplora la stessa idea in un lungo e struggente dialogo con la defunta.

Sconvolto dalla carneficina della Grande Guerra e angosciato dall’idea di perdere i figli al fronte, Pirandello scrive “La camera in attesa”: la madre e le sorelle di un soldato scomparso, non avendo la prova certa della sua morte, continuano a preparargli la camera in attesa del suo ritorno. E ai vicini che deridono la famiglia per il suo bisogno di illudersi e il rifiuto di elaborare il lutto, Pirandello risponde azzardando un’altra idea disturbante: i vostri figli che sono andati a studiare in città li riconoscete?  Non sono forse morti per voi? “La verità è che voi non riconoscete  nel vostro figliuolo o nella vostra figliuola, ritornati dopo un anno, quella stessa realtà che davate loro prima che partisse. Non c’è più,  è morta quella realtà. Eppure voi non vi vestite di nero per questa morte e non piangete. Il rifiuto del lutto, quindi, è  legato all’idea che forse la morte definitiva del corpo non sia nulla rispetto a quella morte lenta che costituisce la vita stessa nelle sue metamorfosi, la progressiva e ineluttabile scomparsa del bambino che eravamo per nostra madre.

“La vita che ti diedi” riprende alcuni degli elementi principali di questa novella, sviluppandone il tema su di un registro ancora più radicale. Come può una madre sopravvivere alla morte di un figlio, si chiede Pirandello. Semplicemente affermando che non è morto. O, più esattamente, fingendo che sia ancora vivo. Perché Donna annalisa, a differenza della madre de “La camera in attesa”, ha assistito all’agonia del proprio figlio e quindi non può prendere a pretesto l’incertezza della sua morte. Decide, invece, consapevolmente di proseguire lasua vita come se il figlio non fosse morto

Si affretta a far rimuovere il corpo, senza nemmeno prendersi il tempo di vestirlo, finisce di scrivere in sua vece all’innamorata, nascondendone la morte quando quest’ultima decide di andare a trovarlo.  Donn’Anna Luna trasforma la casa in un  teatro dove il protagonista è  assente, assente ma fin troppo vivo.

Nell’opera di Pirandello la realtà della vita appare spesso come uno scandalo insuperabile,  che il teatro e  la follia hanno lo scopo di trasfigurare. Nel mondo immaginario del mondo teatrale e in quello parallelo della follia si può evadere, elevarsi, far vivere i morti e sfuggire alla logica mortifera della vita.

In Pirandello teatro e follia sono strettamente connessi. Spesso i grandi personaggi paiono pazzi  a chi li circonda, ma contrariamente ai veri pazzi la loro è  una pazzia voluta, la pazzia di chi vuole essere come i pazzi e, al pari loro, rifiuta i limiti di una realtà ridotta alla sola verità dei fatti.

Donn’Anna sembra pazza, eppure c’è  da chiedersi se non sia lei ad avere ragione, ragione contro la ragione. Pirandello fa vacillare le nostre certezze e i nostri preconcetti.  Malgrado sappia che la realtà finirà per mettere fine all’illusione, ci fa capire quanto abbiamo bisogno di illusioni, di illusioni coscienti e non dimenzogne.  Quanto abbiamo bisogno di teatro per affrontare la vita e da questo punto di vista “La vita che ti diedi” eguaglia i grandi capolavori di Pirandello, dai Sei personaggi in cerca d’autore a Come tu mi vuoi, ai Giganti della montagna, nella forma compatta di una favola che va all’essenziale,  avvolgendo nell’aura di una poesia  miracolosa.

MARA MARTELLOTTA

Teatro Carignano dal 9 al 28 aprile 2024

I Sonohra in concerto all’Hiroshima MonAmour con il #Civico6 Club Tour

Mercoledì 10 aprile il duo veronese fa tappa nel club torinese: ancora disponibili Vip Pack e Meet&Greet

 

Luca e Diego, dopo il feat con il frontman dei The Calling, tornano sui palchi d’Italia in un imperdibile live

VERONA – Dopo il sold-out nella loro Verona e le fortunatissime date di Firenze e Roma, Luca e Diego Fainello, in arte i Sonohra, mercoledì 10 aprile fanno tappa a Torino all’Hiroshima MonAmour con il loro #Civico6 Club Tour, dando la possibilità anche ai fan torinesi di vivere l’esperienza unica del Meet&Greet.

Il duo veronese, accompagnato da Timo Orlandi al basso e Alberto Paderni alla batteria, si esibirà sul palco del celebre club di Torino sulle note delle loro hit storiche che hanno fatto sognare un’intera generazione, tra cui “L’Amore”, con cui i Sonohra si aggiudicarono la vittoria a Sanremo Giovani nel 2008 che, dopo 15 anni, è stato premiata col Disco d’Oro per aver raggiunto gli oltre 12milioni di streaming. In scaletta non mancheranno anche i nuovi brani, tra cui gli inediti “Se tu te ne vai” e “Sembra Hollywood da quassù”, e le cover più apprezzate del formato social #Civico6 con cui i Sonohra, rivisitando in chiave acustica e non cover e inediti, hanno raggiunto una visibilità mondiale, attirando anche l’attenzione di artisti internazionali del calibro di John Legend, The Rasmus, Blue e Alex Band dei The Calling.

Proprio con un featuring di Alex Band, il frontman americano dei The Calling, i Sonohra sono tornati in radio dallo scorso 22 marzo con il singolo “Ovunque andrai io ci sarò”, una versione inedita in italiano e in inglese di “Wherever you will go”, il brano che ha reso celebre la band statunitense in tutto il mondo.  Proprio grazie al format musicale #Civico6, ideato e proposto ogni settimana dai Sonohra sui loro social, in cui i fratelli Fainello si esibiscono tra canzoni del loro repertorio e cover, Luca e Diego hanno attirato l’attenzione di Alex Band e dei The Calling con la loro versione unplugged di “Wherever you will go”, il cui video è diventato virale in pochi giorni, raggiungendo anche l’America e venendo ripostato dall’intero gruppo e dal suo frontman. La collaborazione ha portato così alla nascita di “Ovunque andrai io ci sarò”, versione inedita della hit iconica, prodotta e arrangiata dai Sonohra e adattata in italiano da Manuel Tavoni. (https://bfan.link/ovunque-andrai-io-ci-saro)

Il #Civico6 Club Tour 2024 dei Sonohra, prodotto e organizzato da Baobab Music&Ethics, toccherà i principali club italiani nelle prime date annunciate per il mese di aprile, proseguendo il 12 aprile al Fuori Orario di Taneto di Gattatico a Reggio Emilia, il 17 aprile ai Magazzini Generali di Milano e il 20 aprile all’H2N0 di Pistoia.

Anche per la data all’Hiroshima Mon Amour di mercoledì 10 aprile sono disponibili su linktr.ee/sonohramusic biglietti e pacchetti VIP con possibilità di assistere al soundcheck e usufruire della modalità Meet&Greet per incontrare Luca e Diego. Il concerto inizierà alle 22:00.

Per maggiori info www.baobabmusic.it.