SPETTACOLI- Pagina 55

La magia del Teatro Juvarra

Un gioiello torinese con un incantevole foyer e un palco dove va in scena l’arte.

Entrare in questo luogo intriso di arte, musica e incanto e’ come fare un viaggio nel tempo, nel momento in cui si si addentra,scendendo le scale al numero 13 di via Juvarra, si ha la sensazione, infatti, di vivere un’altra dimensione temporale.

L’ex Cafe’ Procope, affascinante bar fondato da Sergio Martin dove sono andati in scena artisti famosi come Franca Rame, Michele di Mauro ed Ezio Bosso, un incredibile spazio dedicato alla poesia, alla letteratura ma anche al tango che oggi ospita il Circolo Amici della Magia, e’ il primo spazio che si incontra, un’area magnetica ed emozionante dove un tempo si poteva andare semplicemente a fare un aperitivo mentre attualmente, alSim Sala Bar, prima o dopo uno spettacolo in una atmosfera d’altri tempi si puo’ gustare un cocktail o bere un caffe’.

Con il circolo il foyer torna ad essere un luogo magico e di valore. I suoi cento posti, il palco illuminato, il sipario con paillette e le pareti tappezzate di quadri e manifesti di illusionisti famosi, bauli e attrezzi di scena ne fanno uno spazio suggestivo e incantevole.

Una sala didattica molto attrezzata, infine, e’ a disposizione per le attività associative come conferenze magiche o l’insegnamento a bambini, ragazzi e adulti iscritti come soci, ad oggi 300 persone. A completamento della prestigiosa struttura e’ presente una bellabiblioteca composta da oltre 5000 volumi, un prezioso patrimonio, la seconda biblioteca magica al mondo.

E poi c’e’ il teatro, il palco, un pezzo di storia di Torino, uno spazio nato, intorno al 1910, dalla necessita’ di dotare i ragazzi che alloggiavano al Collegio Artigianelli di un’area di svago con  novita’ “multimediali” del tempo come il cinema o il grammofono. Il primo spettacolo, inscenato nel 1913,  fu solo uno dei tanti che avevano, perlopiu’, l’obiettivo di raccogliere fondi.

Questo tesoro, situato in pieno centro citta’, dalle strutture e dalle decorazioni auree fu per decenni un centro formativo di arte, musica e teatro gestito dai Giuseppini del Murialdo appartenenti all’ istituto religioso ispirato a San Giuseppe, presso il Collegio Artigianelli, fondato da Leonardo Murialdo che si dedico’, come sacerdote, all’educazione dei giovani poveri  e abbandonati di Torino.

Dal 2017 al 2020 e’ stato attuato il progetto Le Musichall con Arturo Brachetti come direttore artistico, attualmente questo gioiello di grande fascino e’ tornato alla sua vocazione originariadi luogo aperto a tutte le manifestazioni artistiche dalla musica alla prosa, dall’illusionismo al musical alla danza. Dal 2021 la direzione artistica e tecnica è gestita a Muvix Europa e il teatro, insieme al foyer, puo’ essere affittato privatamente per spettacoli, lezioni di danza  ed eventi vari.

MARIA LA BARBERA

Sul palco della “Soms” di Racconigi lo spettacolo “Premio UBU 2022”

“L’angelo della storia”. In scena il collettivo dei fiorentini di “Sotterraneo”

Sabato 13 gennaio, ore 21

Racconigi (Cuneo)

Testo sempre e , drammaticamente, attuale nonostante il suo attingere a “filosofie” e a “concetti” carichi di storia e stravolgimenti di pensiero. A portarlo in scena sul palco della “Soms – Progetto Cantoregi”, la ricostruita “Società Operaia di Mutuo Soccorso” di Racconigi  (via Carlo Costa 23), sarà il collettivo “Sotterraneo”, nato a Firenze nel 2005 e che negli anni è riuscito a collezionare alcuni fra i più importanti riconoscimenti teatrali a livello nazionale ed internazionale. L’appuntamento – inserito nella rassegna “Raccordi” nata dalla collaborazione di “Progetto Cantoregi” con “Piemonte dal Vivo” – è per il prossimo sabato 13 gennaio, alle 21. “L’angelo della storia”, il titolo dell’opera, “Premio UBU 2022”, che (per chi ne ha memoria) ci riporta a quelle “Tesi di filosofia della storia”, ultima opera (1940) del geniale pensatore e scrittore tedesco Walter Benjamin, sicuramente fra i filosofi del secolo scorso che meglio hanno saputo “incarnare la modernità e le problematiche ad essa connesse, i suoi lati oscuri e le molteplici sue tensioni”. L’“angelo” di Benjamin fa riferimento all’“Angelus Novus” protagonista di una celebre tela di Paul Klee che vola, “le ali distese”, con il viso rivolto al passato. “Dove ci appare – scrive lo stesso Benjamin – una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine … Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto”, ma  una tempesta gonfia le sue ali e lo trascina inesorabilmente in avanti dove trova “la qualunque”: danze isteriche di massa, paracaduti inceppati, gatti milionari.

Questa tempesta, tempesta perfetta, è ciò che noi chiamiamo “progresso”. In realtà “macerie della storia”, della storia dell’uomo che “è rimasta la storia di sangue e morte che è sempre stata”. Inamovibile. Macerie incontrollate e incontrollabili di eventi, che “mute dinanzi alla nostra interrogazione, non trovano giustificazione, non acquisiscono dignità per ciò che hanno prodotto o per quello che hanno rappresentato”. E nulla l’angelo può fare per aiutarci. Non può resistere alla tempesta che travolge lui e tutto e tutti. “Tutto ciò che sta alle sue spalle dovrà forzatamente essere trasportato, nel bene o nel male, nel tempo successivo, non è possibile evitarlo”. Si diceva, testo oltremodo impegnativo e complesso. Ma una scommessa vinta, quella degli attori di “Sotterraneo”, che fra teorie e concetti di miti del “gran pensiero” riescono a dare nuova linfa, in un connubio che pur resta tale fra passato e presente, all’arte scenica. Condivisibili appieno, in tal senso, sono dunque le parole di Maddalena Giovannelli su “Il Sole 24 ore”: “Tempio del mito fin dall’antichità, luogo per eccellenza delle storie, oggi il teatro può diventare invece il luogo per decostruire finzioni e per mettere in discussione certezze. Intelligente, ironico, sulfureo, il teatro di ‘Sotterraneo’ si fa dunque soprattutto palestra di paradosso e allenamento al dubbio”.

g.m.

Nelle foto: immagini da “L’angelo della storia”

XXVIII Valsusa Filmfest, ecco il bando

Il primo febbraio è il termine per iscriversi 

 

È giunto alla XXVIII edizione il Valsusa Filmfest, festival cinematografico e culturale di comunità, che anima la bassa e l’alta valle di Susa, ricco di eventi di cinema, letteratura, musica, teatro, arte e impegno civile.

Sono online il concorso cinematografico e le regole di partecipazione, i premi e tutte le informazioni sono contenute nel bando pubblicato sul sito www.valsusafilmfest.it. Le iscrizioni devono pervenire entro le ore 24 del primo febbraio 2024.

Nelle sezioni di concorso appaiono due novità, con il ritorno della sezione dedicata ai videoclip musicali e la nuova sezione “Raccontare raccontarsi”, dedicata ad opere della durata massima di dieci minuti, tra le quali vengono richiesti anche brevi reel, che raccontino e diano voce a storie sotterranee probabilmente destinate a rimanere nell’indifferenza quotidiana, su temi vari, quali politica, società,  amore, lavoro, disagio giovanile e discriminazioni.

Le altre sezioni del concorso sono le storiche “Cortometraggi”, “Fare Memoria” e ”Le Alpi”.

La sezione cortometraggi è a tema libero e riservata a film e video di finzione della durata massima di 10 minuti, senza preclusione di stili, generi o tecniche di realizzazione.

“Fare Memoria”, proposta in collaborazione con ANPI valle di Susa, è riservata ad opere che intendono rendere testimonianza e memoria del passato, ispirata ai temi della Resistenza, o a un avvenimento di attualità che quei valori interpreti. “Le  Alpi” è  riservata a filmati su temi della montagna, quali esplorazioni, alpinismo e altri sport verticali, tutela dell’ambiente e delle specie animali, cultura e tradizioni, vita e abitudini di grandi e piccole comunità.

Per  partecipare gli autori devono inviare  le opere registrandosi  e creando un proprio account  nel form raggiungibile direttamente in https://concorsi.valsusafilmfest.it oppure cliccando sul tasto ‘iscriviti’ presente nella home page del sito www.valsusafilmfest.it

II XXVIII Valsusa Filmfest si svolgerà nei mesi di marzo e aprile 2024 in diversi paesi della Valle di Susa.

Il programma è in via di definizione e avrà quest’anno come sottotitolo la frase “Si potrebbe poi sperare tutti in un mondo migliore. Vengo anch’io ? No, tu no”, citazione della celebre canzone di Enzo Jannacci. Nonostante il tono apparentemente umoristico, la tematica di fondo della canzone è quella della solidarietà e dell’inclusione di persone che vivono ai margini della società perché escluse. Un tema che evidenzia la costante volontà di stimolare la riflessione sulla società contemporanea da parte dell’Associazione Valsusa Filmfest, offrendo una piattaforma per esprimere speranze, dubbi e desideri riguardo a un futuro migliore, più accogliente, consapevole e solidale. Non importa da dove veniamo, ma ciò che conta è l’impegno comune nel cercare risposte condivise, eque e rispettose, che vanno verso un “Vengo anch’io? Sì, tu si !”.

Il Valsusa Filmfest è un festival che, dal 1997, anima la Valle di Susa su tre temi principali: il cinema, la memoria storica e l’ambiente. Un festival Itinerante che, in numerosi comuni della valle, ha proposto in ogni edizione concorsi cinematografici, proiezioni fuori concorso, numerosi eventi a metà tra cinema, letteratura, musica, teatro, arte e impegno civile, coinvolgendo scuole, associazioni e tante singole persone grazie al suo profondo radicamento sul territorio. Obiettivo principale del festival è sempre stato quello di promuovere cultura, dando spazio anche alle nuove generazioni e a eventi in grado di far riflettere e cogliere i cambiamenti sociali e politici della contemporaneità. Da dieci anni è attiva una collaborazione col Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà di Torino, che ospita la proiezione del filmato vincitore del concorso “Fare Memoria”, tra gli eventi organizzati per celebrare l’anniversario della Liberazione.

 

Mara Martellotta

Con l’Orchestra Sinfonica della RAI debutta il giovanissimo violoncellista Ettore Pagano

Giovedì 11 gennaio, alle 20:30

Sul podio il Maestro Michele Mariotti

 

Debutta per la stagione dell’Orchestra Sinfonica della RAI il giovanissimo violoncellista Ettore Pagano, classe 2003, che propone il Concerto-rapsodia di Chačaturjan, con il quale si è aggiudicato la vittoria del XVIII Concorso Internazionale dedicato al compositore russo di origine armena. La serata vede il ritorno sul podio di Michele Mariotti ed è in programma giovedì 11 gennaio, alle 20:30, all’Auditorium RAI “Arturo Toscanini” di Torino, con diretta su Radio 3 e trasmissione in live streaming sul portale raicultura.it, in replica venerdì 12 gennaio alle ore 20:00.

Mariotti aprirà il concerto con l’Ouverture-fantasia in si minore Romeo e Giulietta di Pëtr Il’ič Čajkovskij  eseguita nell’ultima versione del 1880.

Segue il Concerto-rapsodia per violoncello e orchestra che AramIl’ič Chačaturjan scrisse all’inizio degli anni Sessanta per il celebre violoncellista Mstislav Rostropovič, cui è dedicato. A interpretarlo il violoncellista Ettore Pagano, che a soli vent’anni ha già collezionato vittorie in competizioni internazionali, come il Concorso Internazionale Johannes Brahms e la ChačaturjanInternational Competition.

Chiudono la serata le musiche tratte da “Jeu de Cartes” il balletto in tre mani commissionato a Igor Stravinskij dall’American Ballett, che lo rappresentò la prima volta al Metropolitan di New York nel 1937, con le coreografie di Georges Balanchine.

Nel 1935, infatti, durante un soggiorno negli Stati Uniti, Stravinskij ricevette l’invito da Edward Warbung e LincolnKirstein per scrivere una partitura a beneficio dell’American Ballett, che si era costituito da poco e di cui era coreografo Georges Balanchine. La scelta del soggetto fu demandata al libero arbitrio del compositore, e Stravinskij non si smarrì certo d’animo, né perse tempo a riguardo. Da mesi aveva coltivato il progetto di scrivere un balletto sull’intarsio di certe combinazioni numeriche, una sorta di “Chiffres dansants”, che rimandava alle “Lettresdansants” di Schumann. La composizione di “Jeux de Cartes” fu avviata e condotta a termine entro la fine del 1936 durante il soggiorno parigino a Faubourg St. Honorè, con l’eccezione di un breve episodio scritto a bordo della nave Kap Arcona nel corso del viaggio intrapreso tra Boulogne e Buenos Aires senza l’ausilio del pianoforte.

Ultimato il lavoro, la partitura venne mandata a New York per la realizzazione coreografica di Balanchine.

 

I biglietti per il concerto, da 9 a 30 Euro, sono in vendita online sul sito dell’OSN RAI e presso la biglietteria dell’Auditorium RAI diTorino.

Info: 0118104653

 

Mara Martellotta

A San Pietro in Vincoli il pubblico scoprirà i segreti del pane nello spettacolo “Cumpanaggiu”

Il 13 gennaio 

Due fornai attori porteranno in scena il pane, personaggio centrale dello spettacolo sensoriale “Cumpanaggiu . Il pane e il resto”, opera che sarà rappresentata a San Pietro in Vincoli il 13 gennaio prossimo alle 18.30 e alle 20.30. L’idea è di condurre il pubblico attraverso un’esperienza sensoriale diretta per approdare alla conoscenza di questo alimento base, presente in tantissime culture del mondo a partire dalla tradizione italiana.

Lo spettacolo fa parte della stagione “Intelligenza naturale” di Fertili Terreno Teatro, per la prima volta a Torino grazie alla regia di Salvatore Tramacere, che ha scritto il testo insieme a Silvio Pagani. La traduzione è di Andelka Vulic.

Si assaggia, si toccano con mano e si scoprono i diversi tipi di pane e soprattutto il companatico, pomodori secchi sott’olio, lampascioni, scapece, biscotti africani e “tarantata”, la donna morsa dalla tarantola) Tutto si svolge grazie all’opera di una mediatrice “gastro-culturale”. L’assaggio segue la modalità della degustazione sensoriale condotta con un linguaggio metaforico che allarga gli orizzonti della percezione.

Il pubblico incontrerà, oltre ai due fornai attori, un celebrante dei prodotti tipici salentini, un pedagogo fornaio in pensione e una traduttrice simultanea.

San Pietro in Vincoli ( San Pietro in Vincoli 28, Torino)

13 gennaio 2024 ore 18.30 e 20.30

 

Mara Martellotta

Rock Jazz e dintorni a Torino: Laura Pausini e Raiz

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al teatro Alfieri la ritorna la PFM riproponendo il sodalizio con Fabrizio De Andrè.

Mercoledì. Al Blah Blah suonano i Sulphureum. Al teatro Alfieri si esibisce Fabio Concato.

Giovedì. Al Jazz Club suona l’Entanglements Trio. All’Hiroshima Mon Amour tributo a De Andrè offerto da Alberto “Napo” Napolitano. Al Dash sono di scena i Liquid Jazz. Al Cafè Des Arts si esibisce il cantautore Leonardo Gallato.

Venerdì. Al Cap 10100 è di scena >Eman. Al Pala Alpitour primo di 2 concerti consecutivi per Laura Pausini. Al Blah Blah suonano gli Oreyeon. Allo Ziggy si esibiscono i Nocturnal Depression.

Allo Spazio 211 suona la Rhabdomantic Orchestra. Al Circolo Sud è di scena Ila Rosso. All’off Topic si esibisce il rapper Jaku. All’Imbarchino suonano i The Wends.

Sabato. Documentario biografico e set acustico per l’americano Scott “Wino” Weinrich paladino del “metal” al Kontiki. Al Folk Club suona il quintetto della vocalist Zoe Francis e il chitarrista  Jim Mullen. Alla Suoneria di Settimo Raiz rende omaggio a Sergio Bruni. Al Circolo della Musica di Rivoli suonano i Darzava Wave. Al Blah Blah sono di scene i Fratelli Borgazzi.

Pier Luigi Fuggetta

Un inno alla poesia delle cose semplici l’ultimo film di Wim Wenders

“Perfect days” sugli schermi

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

C’è un vasto cielo sopra Tokyo, e poi il verde degli alberi e il traffico congestionato, punteggiato dalle luci delle tante auto, gli ingorghi delle sopraelevate nell’andare e venire della giornata. C’è un altro angolo, del tutto appartato, alla periferia della metropoli, che appare come un altro mondo, il protagonista Hirayama e la sua casa, semplice e disadorna, dove ogni oggetto superfluo è bandito. Siamo dentro a “Perfect days” che il tedesco Wim Wenders – l’autore mai troppo lodato di capolavori come “Paris, Texas” (1984) e “Il cielo sopra Berlino” (1987) – ha costruito nella capitale nipponica, esattamente a trentotto anni dal suo “Tokyo-ga”. Come in una sorta di religiosa ritualità, esatta, particolareggiata sino alla virgola nella prima ora di proiezione (poi le azioni si diraderanno), guardata in ogni atto, in ogni più minuta azione, specchio umano delle piccole cose, Wenders segue Hirayama – e il suo interprete, Koji Yakusho, eccezionale, cui al festival di Cannes dello scorso maggio è stato decretato il Palmarès quale migliore attore -: un ventaglio di sorrisi impercettibili, per un uomo, sessant’anni più o meno,  che con troppa fretta potrebbe esser definito senza qualità, di lacrime trattenute, di inchini e gentilezze, rispetto del proprio lavoro e della cosa pubblica, l’affetto verso una nipote che gli capita dal nulla all’improvviso, il desiderio di ricostruire i ponti tagliati e un passato scalfitto all’interno della famiglia, l’amore per la musica (dalle musicassette arrivano le voci di Lou Reed e Patti Smith, di Otis Redding e dei Velvet Underground, di Nina Simone e di Van Morrison, la colonna sonora del film che sa di sospirata giovinezza e di riscoperta) e le piccole piante che cattura dai terreni della città, l’amore per i libri e la lettura (da una libreria si porta a casa William Faulkner e Patricia Highsmith).

Lo segue: nel prolungarsi del silenzio, l’alzarsi il mattino e riordinare futon e coperta, i denti da lavare e la barba da fare, la cura delle piante, la tuta da indossare, gli oggetti da raccogliere accanto alla mensola accanto all’ingresso – l’orologio le monete le chiavi di casa e dell’auto – riposti in bell’ordine la sera precedente, il caffè alla macchinetta davanti a casa, l’accensione del motore, la musica e il tragitto. Il silenzio e il frastuono, il caos, il disordine. Poi il posto di lavoro: Hirayama opera per conto di un’impresa nella pulizia dei gabinetti pubblici della città, ambienti di radiosa ipertecnologia, vere e proprie meraviglie di design poste a fianco di giardini e di viali alberati, che a suon di spazzoloni bacinelle disinfettanti spugne rende puliti come in casa nostra non ci si può immaginare. Un lavoro fatto con scrupolo, con ricercata meticolosità, con disciplina. E poi i brevi incontri, sempre fatti di poche parole: gli aiutanti che arrivano e spariscono, il bambino che si è perso e ritrovato e la madre che nemmeno lo ringrazia, il gioco del tris lasciato in un bagno da uno sconosciuto che lui continua e conclude, gli avventori di una sorta di trattoria in cui è solito andare per farsi uno spuntino, l’incontro con un uomo malato di tumore che potrebbe essere l’ultimo; l’appuntamento fisso con un bagno pubblico per ripulirsi e il ritorno a casa, il bucato in lavanderia, un giro in bicicletta e una corsa ai giardini per fotografare con una vecchia macchina, analogica, in un rigoroso bianco e nero, l’intreccio delle nervature delle foglie e il tetto degli alberi, una corsa dal fotografo per lo sviluppo, il libro alla luce di una semplice lampada la sera.

Per ricominciare il giorno dopo. Wenders descrive la bellezza della ripetuta quotidianità, la poesia raffinata delle ripetizioni, siano raccontate sotto il calore del sole o sotto la pioggia. Per Hirayama sono “giorni perfetti”, tutti da vivere. Tutti pieni di serenità e di calma. Spiega ad un certo punto Hirayama alla nipote: “Il mondo è fatto di tanti mondi, alcuni s’incontrano, altri rimangono in disparte”; ecco, lui è quel mondo in disparte, di una solitudine tutta particolare, diremmo fiera, fanciullescamente caparbia, in perfetto e sperimentato equilibrio, dove trova spazio anche il sorriso e le abitudini sono l’essenza che rinfranca, la bellezza di quei luoghi in cui lavora si riverbera nella bellezza della propria vita, tranquilla, accompagnata per mano, in ogni più semplice azione. Di ogni giorno.

Non cercate una trama, non ci sono scene ad effetto, godetevi le tante tracce e le suggestioni che Wenders – e il suo grandioso attore – sanno creare, l’amore per le piccole cose che invade lo schermo e l’amore per il lavoro umile. Godetevi la fotografia di Franz Lustig. Godetevi i 123 minuti di proiezione, tutti quanti. Non sono immagini vuote, ripetitive, banali e alla fine pronte a scivolare nella noia, non è un’idea che non riesce a prendere il volo: anzi. Non vi capiterà mai di guardare l’orologio. “Perfect days” (che il Giappone presenta agli Oscar prossimi in corsa come miglior film straniero) è un inno alla poesia, alla semplicità dell’animo, alle emozioni lasciate timidamente trasparire, alla Bellezza ricercata ogni giorno, a quel Bene che forse non esiste nemmeno più. È la visione dell’esistenza da parte di Wenders: lui, arrivato a settantotto anni oggi il mondo lo vede così. E su Tokyo c’è ancora un vasto cielo.

Rock Jazz e dintorni a Torino: Laura Pausini e Raiz

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al teatro Alfieri la ritorna la PFM riproponendo il sodalizio con Fabrizio De Andrè.

Mercoledì. Al Blah Blah suonano i Sulphureum. Al teatro Alfieri si esibisce Fabio Concato.

Giovedì. Al Jazz Club suona l’Entanglements Trio. All’Hiroshima Mon Amour tributo a De Andrè offerto da Alberto “Napo” Napolitano. Al Dash sono di scena i Liquid Jazz. Al Cafè Des Arts si esibisce il cantautore Leonardo Gallato.

Venerdì. Al Cap 10100 è di scena >Eman. Al Pala Alpitour primo di 2 concerti consecutivi per Laura Pausini. Al Blah Blah suonano gli Oreyeon. Allo Ziggy si esibiscono i Nocturnal Depression.

Allo Spazio 211 suona la Rhabdomantic Orchestra. Al Circolo Sud è di scena Ila Rosso. All’off Topic si esibisce il rapper Jaku. All’Imbarchino suonano i The Wends.

Sabato. Documentario biografico e set acustico per l’americano Scott “Wino” Weinrich paladino del “metal” al Kontiki. Al Folk Club suona il quintetto della vocalist Zoe Francis e il chitarrista  Jim Mullen. Alla Suoneria di Settimo Raiz rende omaggio a Sergio Bruni. Al Circolo della Musica di Rivoli suonano i Darzava Wave. Al Blah Blah sono di scene i Fratelli Borgazzi.

Pier Luigi Fuggetta

Debutta al Teatro Gobetti il 9 gennaio in prima nazionale lo spettacolo “Wonderland”

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Al teatro Gobetti debutta in prima nazionale il 9 gennaio prossimoWonderland, tratto da Lewis Carroll, per la regia di Giulia Odetto

 

Debutta al Teatro Gobetti di Torino il 9 gennaio prossimo in prima nazionale lo spettacolo “Wonderland”, per la regia di Giulia Odetto, ispirato al celebre romanzo di Lewis Carroll “Alice in Wonderland”. In ordine alfabetico saranno in scena nello spettacolo adattato da Giulia Odetto e Antonio Careddu, Lav Gilardoni, Marta Pizzigallo, Camilla Soave, Alice Spisa, Francesca Turrini. Drammaturgo Antonio Careddu, scene e costumi di Gregorio Zurla, luci di Giulia Pastore, suono di Lorenzo Abattoir. Andrà in scena fino al 21 gennaio prossimo, in abbonamento per la stagione del Teatro Stabile di Torino.

Ispirandosi  ad Alice in Wonderland un cast multidisciplinare di attrici e performer darà vita ad un luogo abitato da giochi collettivie significanti fluttuanti, in cui corpi e parole si muovono liberi da motivazioni o aspettative di senso e di logica. A Wonderland i confini tra case, corpi e realtà,  identità si confondono e tutto sembra contemporaneamente qualcos’altro. Il lavoro del collettivo EFFE si muove alla ricerca di modalità performative  che uniscono al lavoro sul corpo e sulla parola, l’uso del video in presa diretta, allo scopo di creare atmosfere percettive che trasportano il pubblico in mondi alternativi.

“MI sono chiesta cosa sia Wonderland per me – spiega la registaGiulia Odetto – e non ho trovato una risposta. Mi sono chiesta cosa penso dovrebbe essere Wonderland in questo periodo storico e ho trovato un legame con molte parole che io stessa faccio fatica a comprendere appieno. Una di queste è  ‘queer’, e l’ho ritrovata in tutto il racconto di Carroll. In inglese il verbo “to wonder” viene  usato per esprimere il desiderio di conoscere qualcosa verso cui si prova curiosità,  ma anche per comunicare un dubbio, la presenza di qualcosa di poco chiaro, qualcosa che non torna. Il verbo “to wonder” contiene un movimento in avanti in cui il soggetto ‘who wonders’ è  impegnato per comprendere e conoscere.  To wonder è  un verbo ‘queer’ e Wonderland è un luogo ‘queer’.

Abbiamo conosciuto Wonderland attraverso gli occhi di Alice nel romanzo di Lewis Carroll e attraverso i vari adattamenti cinematografici  e teatrali. È un mondo che non rispetta il senso logico, privo di un senso univoco e che, al contempo, si abbandona a volte a un eccesso di senso. Ma cos’è  Wonderland senza Alice, senza uno sguardo esterno che ne evidenzi la stranezza,  senza un soggetto che applichi quel “to wonder”?Wonderland è  uno spettacolo queer e in quanto tale non rispetta le regole, non c’è  una storia da seguire, non ci sono personaggi con cui empatizzare, non ci sono conflitti personali o sogni da realizzare.

Wonderland non si trova da un’altra parte o in un altro tempo, ma si offre a chiunque accetti di abbandonare le dimensione logico-razionale che porta con sé paura e giudizio per entrare in uno spazio di libertà e di gioco. E’ in una costante ma rinnovatadimensione ludica che Wonderland continua a esistere o meglio, che non smettere mai di esistere.

Wonderland è quella terra ambigua tra infanzia e età  adulta, tra casa e mondo esterno, tra rischio e sicurezza, tra palcoscenico efoyer, tra ricordare e dimenticare.

Wonderland è  uno spettacolo che non rispetta le regole, non per anarchia o rifiuto, ma perché  le regole stesse sono vive, in costante mutazione e cambiamento ”

“ Io credo – prosegue la regista- nella potenza del fallimento, nel non raggiungere obiettivi normativamente riconosciuti importanti. Wonderland è un altrove, un’alternativa al nostro reale,  uno spazio utopico.

E le utopie contemplano le delusioni e i fallimenti. Il successo del presente è  determinato dalla norma del passato. Il fallimento del presente può essere il successo del futuro, una nuova concezione di successo. Wonderland è  un luogo che coinvolge i corpi di chiunque e comprende le regole mutanti. Gli abitanti di Wonderland sono soggetti che si disfano, cherifiutano di essere coerenti,  che non vogliono essere se l’essere è  già  stato definito.

Wonderland è un luogo in cui ci si può sentire privati della propria identità  e chiedersi “cosa sia  rimasto di me”, un luogo dove non essere un grado di nominare qualcosa può diventare un’occasione poetica, dove il linguaggio è  liberatodall’obbligo del significare.

Wonderland è popolato di significati selvatici che si fanno addomesticare. Il lavoro drammaturgico e compositivo parte dai quadri attraversati dalla Alice di Carroll, dalle situazioni e dai personaggi che ella incontra, riscrivendoli in una composizione  che segue la logica-non logica, del mondo onirico, secondo un criterio di montaggio non gerarchico, un metodo di associazione libero dalla razionalità per creare un concatenamento di situazioni sceniche che possono esserericonosciute più che comprese”.

Teatro Gobetti, via Rossini 8.

Orario degli spettacoli martedì giovedì e sabato ore 19.30, mercoledì e venerdì ore 20.45, domenica ore 16. Lunedì riposo

Mara Martellotta