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Food for profit: domenica 21 aprile al cinema Esedra

Una proiezione da non perdere quella di domenica 21 aprile presso il Cinema Esedra di Torino (Via Bagetti 30) dove l’associazione Slowfood Torino Città in collaborazione con Slow City Turin (Comunità SlowFood) daranno la possibilità di assistere alla proiezione di un documentario che sta già facendo parlare di sé raccogliendo molteplici consensi: “Food for profit“.

Si tratta del primo lungometraggio che mostra il filo che lega l’industria della carne alle lobby e al conseguente legame con il potere politico, in grado di “far aprire gli occhi sull’industria della carne e sulle spaventose torture degli animali negli allevamenti intensivi sovvenzionati con i nostri soldi, sulla nostra salute e su quella del pianeta“.

Un documentario investigativo, ma dall’approccio cinematografico, scritto e diretto da Giulia Innocenzi e Pablo D’ambrosi, che tenta di mostrare “non solo l’orrore degli allevamenti intensivi e la connivente protezione politica di cui godono, ma con una squadra di esperti internazionali affronta le principali problematiche legate a questo tipo di produzione industriale: inquinamento delle acque, sfruttamento dei migranti, perdita di biodiversità e antibiotico resistenza“.

Un po’ di chiarezza sui liberali dopo la pubblicazione del “manifesto torinese”

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IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il manifesto “liberale”  torinese ha  creato un po’ di confusione a livello locale e nulla di più. Miei amici romani con cui sono stato, non ne sapevano nulla.
Per i non addetti andrebbe comunque distinto il termine “liberale”  contrapposto a quello “illiberale”  in senso molto ampio, anche se molti liberali senza virgolette sono “illiberali” e settari come molti dei grigi firmatari torinesi del manifesto, che è una dichiarazione anti destra  che rivela una certa ignoranza storica di fondo.  In primis andrebbe dimostrato che essere anti destra sia liberale. La destra storica erede di Cavour fu certamente liberale, come liberale fu la sinistra di Depretis, mentre quella di Crispi fu reazionaria e forcaiola ed anticipò la svolta reazionaria di fine ‘800.

Andrebbe anche fatta una riflessione sulla parola liberal-democratico con o senza  trattino che fu oggetto di raffinate ed inutili discussioni.  Nei liberal-democratici

Mario Pannunzio

rientrarono anche i repubblicani malgrado i due La Malfa rifiutassero quella appartenenza che ebbe solo Francesco Compagna, secondo il quale Pannunzio fu un “liberale duro e puro” e non un radicale. Pininfarina e Gawronski sono stati due deputati liberal-democratici al Parlamento come non fu neppure Bettiza. Una analoga riflessione dovrebbe riguardare Marco Pannella leader radicale profondamente liberale. Un autorevole giornalista ha citato come appartenenti alla cultura liberal-democratica  Bobbio e Alessandro Galante Garrone che invece si possono definire liberal-socialisti o socialisti liberali, ambedue vicini al PCI come lo fu Gobetti e  lo furono molti suoi seguaci. I gobettiani in genere come Antonicelli (che finì fiancheggiatore di “Lotta continua”) finirono tutti nel PCI: la sinistra indipendente – come mi disse Lucio Libertini con coraggio – fu indipendente da tutti salvo che dal PCI che faceva eleggere i vari intellettuali  comunisteggianti.

Giovanni Giolitti

Gobetti stesso non fu mai veramente liberale perché la sua “Rivoluzione liberale” fu un ossimoro: i rivoluzionari non sono mai liberali, ma sono giacobini e i liberali non sono mai rivoluzionari, ma riformisti o conservatori. Forse queste cose quasi tutti i cento firmatari torinesi non le sanno. Essi non dovrebbero ignorare che i grandi liberali furono Cavour, Minghetti, Lanza, Giolitti, Francesco Ruffini, Soleri, Croce, Einaudi, Malagodi, Gaetano Martino, Vittorio Badini Confalonieri, Pannunzio,  Matteucci, Leoni, oltre a Popper e agli Austriaci. Spesso siamo ancora fermi alle giravolte di Francesco Forte, socialista con conversione berlusconiana  o altre corbellerie del genere. Nei berlusconiani gli unici liberali di rilievo sono stati Antonio Martino, Alfredo Biondi e  Giuliano Urbani, mentre nella sinistra stento a riconoscere dei liberali.  Questa è una realtà oggettiva che attende smentite perché i Liberali veri non presumono di possedere la verità.

Nuovi Gobetti un po’ attempati

IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni

Un manifesto di circa cento persone, in verità non tutti intellettuali (evito di citarne i nomi), merita sempre attenzione.  Se poi a ispirarlo e illustrarlo è un avvocato di lungo corso come Fulvio Gianaria, esso merita di essere letto e meditato. A due mesi dal voto, appare strumentalizzabile e anche un po’ fuori tempo perché il manifesto di Croce del 1926 ebbe ben altre firme e guardava al fascismo con una profondità di pensiero che qui non si coglie anche perché oggettivamente non ci sono le condizioni per scriverlo. Manca anche l’interlocutore Giovanni Gentile e il delitto Matteotti. Fa sorridere Elena Caffarena, figlia del più noto Mino, funzionario e dirigente del PLI , quando scrive: “ Ci unisce il desiderio di vedere un nuovo Risorgimento. Vogliamo ispirare chi la pensa come noi”. L’idea sarebbe buona,  ma mancano gli ispiratori. Neanche una parola diretta a sostegno di Israele, ma solo giri di frase. I liberali, i liberal-democratici sono stati sempre dichiaratamente filoisraeliani. Stupisce la conversione al liberalismo di Massimo Negarville, figura oggettivamente lontana da vecchi e nuovi risorgimenti, anche lui autorevole firmatario. Gobetti nel suo slancio non sempre rigoroso aveva un’attenuante: era giovane ed immaturo. Un‘attenuante che non si può concedere a molti dei firmatari. Sempre cento o quasi,  come quelli che ebbero bisogno dell’Ungheria invasa per dimettersi dal PCI togliattiano che difendeva i carri armati di Mosca.  I liberali non si agitano per l’eguaglianza sociale ma per libertà che consente ai più capaci e meritevoli di liberarsi dal soffocante egualitarismo livellatore. Farmacisti, politicanti vari della I repubblica e improvvisati saggisti provenienti dal pci, si sono dimenticati anche di denunciare la corruzione correntizia in particolare del  Pd odierno  che allontana dal voto i cittadini e dà il potere ai capi bastone, fomentando il populismo di ogni colore, anch’esso incompatibile con il liberalismo. Non sono dimenticanze da poco. Ma molti il liberalismo l’hanno conosciuto in un corso al Cepu, come dice Dino Cofrancesco.

La fabbrica della felicità targata Pastiglie Leone

La storica azienda delle caramelle più famose d’Italia, rinasce nel nuovo stabilimento di Collegno, con tante novità dedicate soprattutto al pubblico, a partire dall’autunno prossimo.

È del 14 aprile il nuovo spot pubblicitario della “Fabbrica della felicità “ per pastiglie Leone, dai toni, dai costumi dei personaggi  coinvolti, dalle atmosfere fiabesche e oniriche, che ricordano un po’ quelle della “Fabbrica di Cioccolato”, il famoso film con protagonista Johnny Depp. 

Leone è la Fabbrica della Felicità da quasi 170 anni” spiega Mario De Luca, Marketing Director dell’azienda torinese. “Con il nuovo spot vogliamo raggiungere un pubblico sempre più vasto e diffondere la filosofia del Brand: un inno alla bontà e alla gioia di vivere, un’esplosione di allegria e squisitezza tutte italiane, in grado di viaggiare per il mondo e far vivere a chiunque – e ovunque – dei momenti di pura spensieratezza. I nostri prodotti sono unici perché realizzati da una squadra che lavora in perfetta armonia per rendere le iconiche pastiglie il linguaggio universale della felicità” 

Recente anche  la presentazione alla stampa e alle istituzioni del territorio locale e regionale, della nuova sede per Leone 1857, accolti dalla Presidente di Leone, Michela Petronio insieme al marito Luca Barilla. Le novità che porta in serbo per il futuro e le stesse dolcezze delle quali è ambasciatrice addirittura dai tempi di Cavour, regalano felicitá sin dall’ingresso in azienda. Leone è un’azienda dolciaria innovativa e sorprendente dal 1857, che racchiude nel proprio DNA gusto, bellezza e italianità, per offrire momenti di piacere sofisticato e spensierato allo stesso tempo. Tutto ha inizio più di 166 anni fa quando Luigi Leone aprì una confetteria ad Alba e cominciò a produrre piccole pastiglie di zucchero, diventando in pochi anni il fornitore ufficiale della Real Casa Savoia. Oggi, Leone è il brand di pastiglie più vendute in Italia: completano la gamma squisite gelatine, gommose e caramelle e raffinato cioccolato, prodotte con materie prime eccellenti e ricette tradizionali dell’antica confetteria italiana, della quale intende farsi rappresentante nel mondo, regalando piccoli momenti di inaspettata felicità.

La Fabbrica della Felicità – 7.000 mq di superficie di cui una parte destinata all’area esperienziale e l’altra alla produzione – ambisce a diventare una vera e propria destinazione turistica e rappresenta una tappa fondamentale nell’evoluzione di questa eccellenza italiana, già protagonista a settembre dello scorso anno di un rebranding che ha modernizzato il “volto” dello storico marchio.

“La decisione di investire in Leone” spiega Michela Petronio, presidente del brand “è stata motivata dalla volontà di rilanciare un marchio storico del food italiano, celebre per la sua qualità e autenticità. Leone rappresenta non solo un prodotto di alta qualità, ma anche un simbolo dell’italianità nel mondo. Abbiamo scelto di investire in quest’azienda perché pensiamo che abbia il potenziale per conquistare nuovi mercati essendo un marchio unico con prodotti distintivi.

Siamo entusiasti di inaugurare i lavori per la nuova Fabbrica Leone, che non sarà solo un centro di produzione, ma una vera e propria destinazione per tutti quelli che vorranno entrare nel mondo del brand. Questo ambizioso progetto consentirà al pubblico di immergersi nel magico processo di trasformazione delle materie prime in caramelle e cioccolato, offrendo un’esperienza coinvolgente, senza precedenti. Sarà un luogo dove la magia prende vita e dove sveleremo i segreti di questa antica confetteria, affascinando tutti coloro che vi entreranno.”

 

La progettazione, a opera dello studio di architettura milanese Piuarch, ha avuto come obiettivo quello di esaltare, attraverso l’espressione artistica del nuovo fabbricato, l’” anima” dell’industria dolciaria, guardando il futuro e l’innovazione ma non dimenticando la tradizione e l’artigianalità di Leone.

Chiara Vannini

Radio RBE, la radio oltre la radio

Radio RBE o Radio Beckwith è  un’emittente radiofonica nata a Torre Pellice nel 1984 da un gruppo di giovani appassionati della val Pellice, desiderosi di affrontare questa sfida radiofonica in una valle valdese.

“L’editore è  l’associazione culturale Francesco Lo Bue – spiega Matteo Scali- e la radio è stata dedicata al personaggio di CharlesJohn Beckwith, generale britannico ferito a Waterloo, che si stabilì nelle valli valdesi e ne divenne benefattore e evangelizzatore. Fece costruire molte scuole che ancora oggi portano il suo nome e la radio ha voluto intitolarsi a lui per ricordarne i grandi meriti in val Pellice. Morì a Torre Pellice il 19 luglio 1862.

Abbiamo deciso anche di intitolare la radio a lui perché non volevamo creare una radio confessionale, ma una radio sul territorio, una radio comunitaria.

In analogico la radio in FM nelle province di Torino, Cuneo e, in Liguria,  nella provincia di Savona, a Cengio e in Val Roia. Abbiamo la possibilità di trasmettere in streaming il segnale  che, online, è fruibile da tutti”.

“Il consolidamento della redazione è  avvenuto – spiega Matteo Scali – nel 2000,quando stava arrivando il digitale che affiancava come mezzo nuovo la radiofonia. Abbiamo introdotto la tecnologia dei podcast per rendere l’informazione più fruibile e adeguata fino poi a giungere all’apertura, nel 2022, della TV.

Il primo momento della giornata si articola in due programmi di informazione con due rassegne stampa della prima pagina e della pagina culturale.

Segue poi una trasmissione intitolata ‘Café blue’, che affronta tematiche legate al territorio e al cibo, musica e curiosità dal mondo dell’arte e della cucina con Claudio Petronella.

Dopo la pausa di metà pomeriggio è presente una trasmissione dedicata all’ecumenismo e al mondo della chiesa evangelica.

Radio RBE propone anche una breve meditazione quotidiana dal lunedì  al sabato alle 7.20 e in replica alle 19.15 con i predicatori e le predicatrici delle chiese valdesi e metodiste.

Le celebrazioni del culto vengono proposte in collaborazione con le chiese valdesi del Pinerolese, sia in versione audio sia video. Il formato radiofonico del culto è  leggermente più breve di quello televisivo.

Vi sono poi ricorrenze che seguiamo con particolare interesse, come il 17 febbraio, quando si ricorda il fatto che, nel 1848, re Carlo Alberto, con le Lettere Patenti, concesse i diritti civili e politici ai sudditi valdesi. Ogni anno, in quella data, le comunità valdesi si ritrovano per momenti di culto e di celebrazione, tra i quali l’accensione dei falò della libertà. In occasione della Pasqua e della festa del 15 agosto trasmettiamo in diretta.

Non mancano programmi che affrontano confronti politici che trattano le tematiche che stanno a cuore al territorio non soltanto circoscritto alle valli valdesi. Per il futuro lo slogan che vogliamo portare avanti è quello di diventare sempre di più  una “radio oltre la radio”, in relazione con il territorio e la sua comunità”.

 

Mara Martellotta

Sarà vero?

Ormai tutti conosciamo il termine fake news ed il suo significato. Lo sviluppo dei social, del web e l’enorme proliferazione di giornali online, spesso editi da perfetti sconosciuti, ha portato allo sviluppo abnorme di notizie, in ogni campo, con tutto ciò che ne consegue.

La legge n° 62/2001, “Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali” e la legge n° 47/1948 “Disposizioni sulla stampa” dettano regole precise per il funzionamento di un giornale, a partire dall’obbligatorietà di avere un direttore responsabile, iscritto all’Ordine dei giornalisti, di indicarne il nome sulla pubblicazione e di registrare la testata presso il Tribunale di una città.

Sono esonerate da tale obbligo le pubblicazioni che non rivestano carattere di periodicità, come un blog.

E’ palese, però, che quando una notizia compare a video o ci giunge via mail difficilmente andiamo a vedere chi siano l’autore dell’articolo ed il direttore del giornale e se si tratti di testataregolarmente registrata.

Considerando che le persone prestano maggior attenzione al gossip, al pettegolezzo puro e semplice piuttosto che a poche notizie verificate, ecco che la diffusione delle fake news sembrerebbe avere un futuro roseo.

E’ di questi giorni la notizia che Stellantis avrebbe deciso di portare via dall’Italia parte degli insediamenti produttivi, riportata da voci non ben controllate, che ha ovviamente scatenato, da un lato, l’ira dei torinesi e degli italiani e, dall’altro, costretto Tavares, AD di Stellantis a smentire sostenendo di non aver mai detto una cosa simile.

Non entro nel merito della notizia, ma solitamente una notizia verificata necessita di una fonte autorevole, un documento dal quale nasca la notizia, una comunicazione ufficiale, un comunicato stampa degli interessati; altrimenti è solo allarmismo.

Il capogruppo di FdI al Senato ha presentato un ddl che prevede il carcere fino a 4 anni e 6 mesi ed una multa di 120mila euro per il giornalista che pubblica notizie anche parzialmente false; è evidente che le fake news siano pericolose e la loro diffusione sia in grado di turbare i mercati, l’onorabilità di una persona, l’equilibrio politico di un Paese e molto altro.

Immaginate se qualcuno diffondesse la notizia che l’azienda XYZ stia per essere sospesa dalle contrattazioni per un problema fiscale o legale: prima che la verità torni a galla il titolo di quell’azienda sarà con ogni probabilità crollato, permettendo a speculatori di rilevarla pagandola molto meno del suo reale valore o riuscendo, addirittura, ad assumerne il controllo.

In campagna elettorale è abbastanza consueto buttare fango sull’avversario, ricordando di quando faceva lo sgambetto all’asilo, segno che era un prepotente già allora, salvo scoprire a elezioni avvenute che il tizio all’asilo non c’era mai andato.

E lo stesso discorso vale per un Governo: immaginate che circoli la notizia che il rating di un Paese sia notevolmente peggiorato rispetto a quello verificato durante il Governo precedente: è possibile che qualche scossone al Governo arrivi, come pure se circolasse la notizia che la magistratura sta indagando sul Ministro X o sul Presidente di questo o quel ramo del Parlamento la tenuta del Governo o del Parlamento sarebbe a rischio.

Ecco perché occorre innanzitutto verificare sempre la fonte della notizia: è un giornale affidabile? Le agenzie di stampa (ANSA, Reuter, Adnkronos, France Press, AGI, ecc) l’hanno riportata? Il diretto interessato ha smentito? Pensate quante volte diffondono la notizia che quel cantante o quell’attrice sono morti, salvo smentita da parte dell’interessato poco dopo.

Un tempo, per fermare il diffondersi di notizie false, era sufficiente allontanare la bottiglia di vino da chi sproloquiava; ora, essendo difficile individuare subito la fonte dello sproloquio, occorre fermare la notizia falsa perché venga contrassegnata come tale.

Spesso la libertà di stampa sancita dall’art. 21 della Costituzione viene citata a sproposito; qualcuno sostiene che chiunque abbia diritto alla diffusione del proprio pensiero e che non possa, perciò, essere sanzionato, qualsiasi sia la notizia; in realtà tale articolo sostiene, in pratica, che non può esservi censura nei confronti della stampa; la responsabilità vi è sempre, sia nel caso di fuga di notizie, sia nel caso di notizie la cui diffusione possa turbare un qualsiasi equilibrio.

Ricordate “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio? Già oltre cinquanta anni fa non era insolito turbare, in questo caso le elezioni, grazie alla diffusione di notizie alterate o inventate di sana pianta.

Visto che fate lo sforzo di leggere una notizia e sottraete tempo ad altre cose preziose, assicuratevi almeno che il vostro tempo sia stato impiegato bene; imparate a farvi un’idea con la vostra testa.

Sergio Motta

A Milano menzione d’onore per il decennale de “il Torinese”

Al nostro giornale, “il Torinese”, è stata assegnata ieri a Milano una delle menzioni d’onore  della VII Edizione del premio internazionale di giornalismo e comunicazione “La Rosa d’Oro”, promosso dall’Associazione Internazionale Regina Elena Odv.

La cerimonia si è svolta nella sala “Falcone e Borsellino” del Municipio 1, in corso Garibaldi nel capoluogo lombardo. E’ intervenuto il presidente Mattia Abdu Ismahil.

Il Premio, che ha le finalità di incentivare la corretta informazione e il riconoscimento dell’impegno professionale di giornalisti e comunicatori è stato conferito quest’anno ai seguenti giornalisti:

1 classificato: Colonnello Giuseppe Cacciaguerra (direttore di Rivista Militare)
2 classificato: Ludovico Fontana (giornalista RAI)
3 classificato: Timothy Dissegna (direttore de Il Goriziano).
Poiché l’Associazione Internazionale Regina Elena Odv è ispirata dal principio della carità – come ricordato dal suo motto “SERVIRE”- i riconoscimenti non sono in denaro ma in diplomi e targhe
 che sono stati consegnati dal Presidente nazionale del sodalizio, Ilario Bortolan e da Biagio Liotti, delegato  per i Rapporti Istituzionali e la Comunicazione.
Le Menzioni Speciali sono state conferite, oltre al “Torinese”, a:
– ⁠Rivista di Cavalleria
– ⁠Rivista L’Alpino
– ⁠Museo del Tesoro di San Gennaro
-Comune di Buttigliera Alta (TO)
– ⁠dott. Daniele Bartocci
– ⁠Associazione Nazionale ex Internati (ANEI) sezione di Treviso

 

Creata in Francia il 28 novembre 1985,  presente con propri volontari, iscritti e delegati, in 56 Stati, l’Association Internationale Reine Hélène (AIRH) riunisce persone di ogni estrazione sociale per attività di carattere spirituale, caritatevole e culturale.

L’Associazione s’ispira all’esempio di Elena del Montenegro, che ricevette la Rosa d’oro della Cristianità da Papa Pio XI e passò alla storia anche come “Regina della Carità” e il cui motto è “SERVIRE”.

L’AIRH è d’ispirazione cristiana, ma dialoga con le altre confessioni religiose. Essa è apolitica e apartitica e le sue spese di amministrazione e di gestione sono inferiori allo 0,5 per cento del valore dei beni distribuiti.

La menzione è stata ritirata dal nostro direttore Cristiano Bussola che, nel suo saluto, l’ha voluta dedicare a tutta la redazione e ai lettori del giornale.

Tornano i Torino Digital Days: edizione 2024

In questi giorni si sta svolgendo la tanto attesa quinta edizione dei Torino Digital Days 2024.
Questo evento unico nel suo genere, che si tiene dal 9 al 14 aprile 2024 in oltre 10 location diverse, presenta un programma ricco di oltre 60 appuntamenti.
Il tema di quest’anno è “Human AI Love You“, progettato per esplorare il connubio tra l’umanità e l’intelligenza artificiale.
Si prevede che l’evento dia voce agli esperti del mondo digitale, coinvolgendo professionisti, aziende e agenzie per condividere conoscenze, esperienze e anticipare i nuovi trend del settore.
L’essenza di questo dialogo profondo tra umanità e tecnologia viene esaltata dalla Presidente dell’Associazione Digital Days, Federica Toso, che sottolinea come l’intelligenza artificiale stia diventando parte integrante della nostra vita quotidiana, modellando il futuro dell’innovazione.
Quest’anno, l’evento si propone di essere un’occasione per immergersi nelle correnti del cambiamento e plasmare attivamente il domani.
Gli ospiti d’eccezione includono nomi come Paolo Bovio di Will Media, l’artista Greg Goya, Ivan Ortenzi, Veronica Civiero e diversi autori di Franco Angeli edizioni.
Inoltre, Gabriele Pantaleo, esperto SEO e imprenditore digitale, terrà un workshop durante l’evento sul tema “Come ridurre o azzerare i costi pubblicitari grazie al posizionamento organico“.
Il festival si estenderà per sei giorni, trasformando la città di Torino in un vivace hub di innovazione digitale. Il Torino Digital Days Village presso Toolbox sarà il fulcro dell’evento, ospitando tre sale tematiche dedicate giornalmente ad argomenti diversi, mentre nel fine settimana sono previsti eventi speciali dedicati ai giovani e al Market Day presso Combo.
La partecipazione all’evento è aperta e gratuita, con la possibilità di prenotare gli eventi tramite il sito ufficiale e su Eventbrite per il Torino Digital Days Village.
Per ulteriori informazioni, il programma completo e la registrazione agli eventi, è possibile visitare il sito ufficiale dell’evento all’indirizzo https://digitaldays.it/.
CRISTINA TAVERNITI

 

Ecco la Planet Week, oltre 60 eventi a Torino e in Piemonte verso il G7

 

Un palinsesto di oltre sessanta eventi che, dal 20 al 28 aprile a Torino e in Piemonte, coinvolgeranno soggetti pubblici, imprese, giovani, artisti e società civile sui temi green. Il calendario della Planet Week è stato presentato a Roma.

Organizzata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica con “Connect4Climate”, il programma di comunicazione della Banca Mondiale sui cambiamenti climatici, la manifestazione precederà l’atteso G7 Clima, Energia e Ambiente, in programma dal 28 al 30 aprile alla Reggia di Venaria.

Per il ministro Gilberto Pichetto “La Planet Week guarda al contributo di idee che i giovani, le imprese, il mondo associativo possono dare, integrate tra loro, in queste cruciali sfide del nostro tempo. “Voglio ringraziare quanti, in ambito pubblico e privato, ci accompagneranno nella Planet Week e idealmente avvicineranno Torino e il Piemonte a questo storico vertice istituzionale”.

Da sabato 20 a domenica 28 si alterneranno decine di iniziative tra convegni, workshop, mostre, proiezioni di film ed eventi di diffusione della cultura ambientale: tra queste, le celebrazioni per la Giornata della Terra e il dialogo interreligioso su Pace e Ambiente il 22 aprile, il confronto tra giovani di oltre venti Paesi e il settore privato sul cambiamento climatico organizzato da “Connect4Climate” e la Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, presieduta dal Politecnico di Torino. E ancora: i focus sulle nuove tecnologie, le energie del futuro e le politiche di adattamento, l’impegno trasversale dei giovani come attori del cambiamento. Una media zone sarà allestita nel Museo di Palazzo Madama per un continuo aggiornamento sulle iniziative, il cui programma completo è disponibile sul sito della Planet Week, www.planetweek.org.

Alla presentazione per la Città di Torino era presente l’assessora alla Transizione Ecologica Chiara Foglietta. “Il cambiamento climatico – ha detto – rappresenta una delle maggiori sfide che ci troviamo ad affrontare, perché i rischi per il pianeta e per le persone, soprattutto per le generazioni future, sono enormi e ci impongono di intervenire con urgenza. Gli appuntamenti della Planet Week, in avvicinamento al G7, saranno per la nostra Città un’occasione unica per dare forza al percorso che stiamo affrontando proprio rispetto alle tematiche protagoniste di questi appuntamenti, ovvero il clima, l’energia e l’ambiente”.

Torino Click

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