Il Padre Generale del Cottolengo: “Il Vangelo abbonda di preghiere di intercessione. Don Adriano svolge ministero di consolazione e ascolto”
Riceviamo e pubblichiamo un nuovo, argomentato intervento del giornalista cattolico e saggista Maurizio Scandurra, in prima linea sulla querelle apertasi in Piemonte e Valle D’Aosta sull’importanza delle cosiddette ‘preghiere di domanda e intercessione’, spesso anche dai vescovi erroneamente scambiate per ‘messe di guarigione’. Di seguito il testo integrale della lettera che è stata inviata dall’autore ufficialmente anche all’Ufficio Liturgico della Curia di Torino “perché sia di esempio a tutti quei fedeli innamorati del Signore Gesù ancora convinti che, per dirla con una felice espressione dell’ottimo ed esemplare Ernesto Ferrero del Sermig, sia ancora possibile il dialogo con una chiesa scalza“, dichiara Scandurra.
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LETTERA APERTA – “Dal 18 settembre scorso, giorno del varo del discusso e controverso documento intitolato ‘Disposizioni disciplinari circa le cosiddette messe di guarigione’ promulgato – soltanto, in tutta Italia, fatto a dir poco curioso e singolare – dalla Conferenza Episcopale Piemontese e Valdostana (la locale CEI), è giunto il momento di tirare le fila del discorso.Ho chiesto più volte e ad altrettante riprese per tutto il mese di ottobre 2018 un incontro personale a Monsignor Franco Lovignana, Segretario della CEP: me l’ha negato, però quantomeno ha avuto il garbo di farmi una telefonata personale, rifiutando di pronunciarsi in merito al tema oggetto di domanda ma indicandomi comunque con precisione i nomi e i ruoli rispettivi dei due vescovi piemontesi relatori e ostensori del dibattuto provvedimento, qualora desiderassi approfondire maggiormente. Idem con l’Arcivescovo di Torino, Monsignor Cesare Nosiglia: appuntamento negato (e neanche, al contrario del collega valdostano, una telefonata), che mi ha fatto invece ricevere in sua vece da Don Paolo Tomatis, Responsabile dell’Ufficio Liturgico della Curia di Torino il 9 novembre scorso. Il prelato in oggetto riferisce di alcune pratiche in auge per lo più in alcune realtà del Rinnovamento dello Spirito (che avrebbero, tempo fa, dovuto essere oggetto di visite pastorali ad hoc da parte dei Vescovi della CEP, come si sente dire in ambienti ecclesiastici e di informazione a essi vicini), in cui taluni sacerdoti passerebbero persino il Santissimo di mano in mano ai fedeli, come fosse un comune biscotto: e allora, perché non agire soltanto lì?
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E dal colloquio edificante e producente con il Tomatis è emerso che la vexata quaestio, il ‘problema’ vero e proprio parrebbe consistere non tanto in se e per sé nel passaggio del Santissimo tra i fedeli (cosa che di fatto avviene tranquillamente e reiteratamente ab illo tempore anche a Lourdes, così come ho anche dichiarato sulle pagine del quotidiano ‘LA STAMPA’), ma più che altro in una sorta di “distanza di prossimità” – riferisce sempre in appuntamento Don Tomatis – che si richiede ai fedeli dall’ostensorio con la particola consacrata, quale atto di riverente e composto rispetto devozionale. Una questione che sembra quasi più da ‘Codice della Strada’, un po’ come la metratura che occorre mantenere dall’auto che precede innanzi in caso di frenata brusca. Un tempo Gesù passava in carne e ossa fra le folle, e le sue vesti erano appiglio speranzoso delle mani di poveri, sbandati, malati, vedove e lebbrosi: e Il Signore, quando riteneva che ciò fosse nella Volontà del Padre, guariva e rispondeva spesso “Va’, la tua fede ti ha salvato“. Questo è Vangelo. Oggi, invece, Gesù Eucaristia passa nel pane transustanziato lungo la chiesa in processione, ma ad aspettarlo ci sono sempre gli stessi: gli sguardi e le mani dei miseri supplici di cui tutti, indistintamente, siamo parte. Dal tempo del Risorto a oggi non è cambiato nulla: tale è, e resta, l’umanità bisognosa di un contatto – talvolta anche tangibile, nell’Eucaristia (ma con i dovuti accorgimenti e modi, certo) – con la realtà materico-misterica di Gesù Sacramentato. Un fatto incontrovertibile sottolineato in maniera inequivocabile anche dalle dichiarazioni pubbliche tranchant dello stimato Professor Alessandro Meluzzi, intervenuto a favore della missione di fede di Don Adriano Gennari, che ha ricordato espressamente come Santa Teresa della Croce, cresciuta in ambiente protestante e luterano, abbia scelto di farsi cattolica proprio grazie al contatto ravvicinato con la dimensione materiale dell’Eucaristia.
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Quindi, dov’è il problema, Signori Vescovi? L’ostia consacrata è o non è il Corpo di Cristo? Posso affermare e testimoniare (e con me, anche ben più di un migliaio abbondante di persone disposte a fare altrettanto) che Don Adriano Gennari ha sempre fatto almeno tre passi indietro, per evitare che mani e fotografie venissero a contatto con il Santissimo debitamente esposto. Sarebbe pertanto cosa buona e giusta che i Signori Vescovi venissero anch’essi in loco a vedere, prima di sentenziare a vuoto, e unilateralmente. Perché ragionino a buon diritto in una prospettiva escatologica. In sintesi, alcune considerazioni che, cari Pastori, e in particolare rivolte a Sua Eccellenza Monsignor Nosiglia, intendo esporre e sottoporre direttamente, oltre che all’attenzione dei diretti interessati, anche dell’opinione pubblica:
- Davvero singolare che innanzi a temi di così attuale, primario e diffuso interesse ben due vescovi (i Vertici della CEP) rifiutino di incontrare un fedele, un giornalista, un personaggio pubblico che altrettanto pubblicamente chiede confronto e spiegazioni ben precise. A Nosiglia ho persin scritto una lettera aperta ripresa da autorevoli e innumerevoli media, che ancora giace in attesa di risposta.
- Quando il Sottoscritto ha chiesto alla Collega Maria Teresa Martinengo de ‘LA STAMPA’ di venire a conoscere da vicino la splendida realtà di Don Adriano Gennari, a toccare con mano la differenza sostanziale che passa tra le tanto (anche, giustamente) osteggiate e controverse ‘messe di guarigione’ e invece una solenne celebrazione eucaristica seguita da un tempo di adorazione eucaristica con preghiere di domanda e intercessione per poveri, malati, bisognosi e sofferenti, la giornalista in oggetto con immensa disponibilità e altrettanta evidente correttezza e specchiata onestà intellettuale si è recata personalmente a Casanova di Carmagnola una domenica pomeriggio. Ha pregato, si è commossa, ha scritto un dettagliato reportage dal titolo significativo che dice di tutto e di più: “Preghiamo per i malati, ma ai vescovi non piace“, apparso il 30 ottobre 2018 sull’edizione torinese dello storico quotidiano. I vescovi Nosiglia e Lovignana che figura ci fanno? Quando tutti e due a messa da e con Don Adriano? Li stiamo ancora aspettando, e speriamo di vederli anche al più presto. Loro, come i restanti 15 episcopi della CEP, all’unanimità asserviti e favorevoli al documento oggetto di questa lettera.
- Dalle medesime pagine de ‘LA STAMPA’, Monsignor Nosiglia ha indicato e supposto la radice dell’origine del conclamato provvedimento in alcuni presbiteri provenienti da fuori – a sua detta, dalla Toscana – ‘rei’ di recarsi in Piemonte a celebrare presunte messe di guarigione: e allora, mi domando, perché Monsignore per prima cosa non ha contattato i locali vescovi avvertendoli del fatto? E se l’ha fatto, perché generalizzare? Dunque, per quale motivo non ha preso provvedimenti diretti verso i responsabili certi (con tanto di nomi e cognomi ben precisi) di tal confuse situazioni ecclesiastiche, anziché firmare un documento che colpisce urbi et orbi tutto e tutti indistintamente, preti buoni e non, impedendo di fatto nella nostra regione ecclesiastica la Processione Eucaristica nelle chiese? Ma scherziamo?
- Monsignor Nosiglia, mi domando, sa che anche da Torino partono flotte di bus carichi di fedeli pronti ad assistere ricorrentemente alle adunate di Ironi Spuldaro, il noto e discusso membro del Rinnovamento carismatico cattolico del Brasile che registra presenze da capogiro, sui cui incontri di preghiera credo varrebbe fermarsi un attimo oggettivamente a riflettere? Perché, di questo, l’incuria della locale Curia non si cura?
- A fine settembre 2018, come previsto dal nuovo documento della CEP sulle ‘messe di guarigione’, Don Adriano Gennari ha scritto di suo pugno una missiva a Monsignor Nosiglia per chiedere una deroga: risposte? Speriamo arrivino. Per ora, zero.
- E l’Arcivescovo di Torino, quando nel 2008 espresse pubblicamente il desiderio di avere una nuova ‘Mensa dei poveri’ nel cuore di una Torino difficile, chi trovò subito ben pronto a realizzarlo? Uno dei suoi diocesani di allora, o invece il buon e caritatevole Don Adriano Gennari sempre dalla parte degli ultimi, che è invece un religioso dell’Ordine di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, e Superiore dei Sacerdoti della locale loro Comunità torinese?
- Un’ultima domanda: Monsignor Nosiglia, Lei che fa? Fa come Ponzio Pilato? Se ne lava le mani, come recitava la réclame di quella nota marca di distributori automatici per sapone? Prima getta l’amo e poi ritira la canna? Nel dicembre 2017 riconosce ufficialmente quale Comunità di preghiera di fedeli in cammino il ‘Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione Onlus’ fondato da Don Adriano Gennari ventun anni orsono, va persino personalmente con lui a servire ai tavoli dei poveri nella sua Mensa a San Salvario (con tanto di foto-promo apparse sui locali quotidiani), e poi in seguito al varo del documento sulle ‘messe di guarigione’ invita tutti i vescovi della nostra regione ecclesiastica (già invitati e a loro volta calendarizzati per tempo da Don Adriano) a non tenere più insegnamenti sul Vangelo e sulla vita di Gesù il primo venerdì del mese nelle solenni funzioni officiate da Don Gennari stesso alla Chiesa della Salute di Torino, che richiama puntualmente non meno di 3.000 fedeli a funzione? Mi scusi, Sua Eccellenza, ma a che titolo, e con che autorità Lei fa questo? E poi, perché? Da ultimo caldeggio e consiglio attentamente a Monsignore la lettura del volume, qualora ne ignorasse l’esistenza, dal titolo ‘Preghiere di guarigione, consolazione, liberazione’ edito dalla cattolica ‘Shalom’: 512 pagine di ottimi e preparati Autori vari per la modica cifra di soli 10 euro.
A questi ‘cari e amati’ vescovi rispondo e chiarisco una volta per tutte che l’obbedienza non è sottomissione: e che essa, nella Chiesa, spesso è stata impiegata un po’ come la fiducia al governo, alias il ricorso a un istituto convenzionale e convenzionato nato per ottenere largo consenso strategico in maniera forzata, e per lo più illiberale. Forse che si voglia risolvere ex ante, liquidandolo sotto silenzio, il ‘fenomeno Don Adriano’ (mi si passi l’espressione e mi si consenta il legittimo dubbio) a Chi eventualmente verrà dopo di Lei nel 2019, Sua Eccellenza Nosiglia? Noi non lo permettiamo per nessun motivo e in alcun modo, sia ben chiaro. Se gli episcopi del Piemonte e Valle D’Aosta emanano una disciplina, abbiano almeno il coraggio di metterci la faccia, senza lavorare sottotraccia. E fino in fondo anche, anziché tirare la coperta già sbrindellata a coprire questo o quell’angolo del letto rimasto nudo. Sappiano altresì incontrare chi chiede delucidazioni e lumi, anziché fare scudo l’uno con l’altro, e rifugiarsi dietro tenui e inutili paraventi e tendine fatti per lo più di segretari e funzionari curiali sprovvisti della dovuta autorità per comporre la vicenda con buonsenso e altrettanto buongusto. Abbiamo bisogno di pastori antiasettici, perché la Chiesa ritrovi centralità nel mondo e nei cuori.
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Concludo pertanto riportando le sagge e benedette parole di Don Carmine Arice, Sacerdote appassionato e cordiale, nonché Padre Generale dell’Ordine di San Giuseppe Benedetto Cottolengo (incontrato a Torino di persona dal Sottoscritto il 9 Novembre 2018 proprio nel cortile centrale della sua Casa Madre) che interviene sulla questione, e su Don Adriano Gennari così riferisce: “Il Vangelo abbonda di preghiere di intercessione e di altrettante, straordinarie guarigioni. La storia della Chiesa ne è piena. Credo che la preoccupazione della CEP vada letta e inquadrata soprattutto nell’evitare che nella gente più semplice e fragile scatti l’equazione ‘preghiera uguale salute sempre riacquistata’, trasformando così di fatto le messe di guarigione in una sorta di effetto stimolo-risposta. Del confratello Don Adriano, che mi siede accanto a tavola ogni giorno, al di là delle solenni funzioni partecipate che correttamente officia, quel che più apprezzo è il ministero di consolazione. L’attenzione a coloro che nessuno più considera. Un ministero di ascolto che ha per oggetto in special modo gli ultimi più ultimi, la frangia più estrema dell’emarginazione della nostra società moderna che invece lui ascolta, consola, e indirizza nuovamente riportandoli tutti al Signore, e ricevendoli personalmente e singolarmente uno a uno come nessun altro fa“. Vescovi Illustrissimi, prendete esempio. E’ giunto il momento, questa volta, di un sano scatto d’orgoglio. Per ripartire, sulla scia del perdono cristiano, più forti e uniti di prima nel Signore Gesù. Per il bene della Chiesa e della comunità dei credenti. Lasciate dunque che il Santissimo passi ancora fra la gente. Proprio come al tempo del Vangelo.
Ossequioso,
Maurizio Scandurra.