L’artista non si è sottoposto alla dittatura dilagante rimanendo fedele al figurativo, al rispetto del passato che non può essere ignorato ma divenire sedimentata memoria iconografica da rinnovarsi con nuove soluzioni. Il nuovo è per lui la rivisitazione della grande arte antica assimilata e ricreata, mai imitata
Nuove luci e nuovi colori si accendono a Vignale Monferrato grazie all’idea scaturita da Gianni Colonna di porre vivaci dipinti, quasi fossero affreschi, sui muri di palazzi e chiese. Pochi sono attualmente gli artisti che si dedicano al figurativo e ancor meno all’arte sacra in quanto l’arte contemporanea da trascendente si è trasformata in immanente proseguendo un fenomeno iniziato col Romanticismo allorché l’artista si sentì privo di una direttiva e del sostegno divino che gli dava sicurezza.
Si assistette ad un prisma dalle mille sfaccettature in una ricerca spasmodica di risposte cui aggrapparsi che portò ad un allontanamento dai temi tradizionali con una euforia di nuove soluzioni che nascondessero l’infelicità romantica. Se i pionieri delle avanguardie storiche che annullarono la figurazione furono geniali nelle intuizioni provocatorie, al giorno d’oggi in molti casi ci troviamo di fronte ad una sempre crescente e ripetitiva “accademia delle avanguardie”.
Colonna non si è sottoposto alla dittatura dilagante rimanendo fedele al figurativo, al rispetto del passato che non può essere ignorato ma divenire sedimentata memoria iconografica da rinnovarsi con nuove soluzioni. Il nuovo è per lui la rivisitazione della grande arte antica assimilata e ricreata, mai imitata, depositaria dell’unione di concetto e capacità esecutiva che contribuiscono allo stile di ogni artista.
La vasta cultura umanistica, l’amore per la storia dell’arte, coltivati con rigore etico, l’hanno spinto a sottolineare l’importanza del recupero delle antiche pievi immerse nel silenzio della collina vignalese attirandone l’attenzione attraverso quadri fissati sulle pareti. La severità delle architetture, testimoni della pietas contadina che si svolgeva intorno alle piccole chiese plebane, viene infusa di un alito di vita mentre le tematiche religiose danno continuità a quella che era la sincera e genuina fede popolana rinnovando lo spirito del tempo.
Proprio per accordarsi a quel sentire l’artista ha tenuto latenti le sollecitazioni date da illustri opere del passato che vengono fatte riaffiorare con libertà stilistica. L’Annunciazione sul muro della pieve della Madonna di Fossano evoca sia l’atteggiamento di ritrosia e sorpresa all’inaspettata irruzione dell’Angelo come accade in Simone Martini, sia il rosso ampio manto delle Vergini di Van Eyk ma viene tralasciata la sontuosità dell’oro e la minuzia dei particolari fiamminghi per non creare dissonanze con la severità della costruzione romanica.
Il tacito colloquio tra Madre e Figlio della pieve di Molignano, pur rimandando a precedenti Pietà fissate nell’immaginario collettivo, si distacca dalla dolorosa elegia di un Giambellino o dalla tragedia cosmica di un Sebastiano del Piombo perché viene profuso un atteggiamento pacato di serenità e speranza fatto di teneri sguardi. All’interno della parrocchiale, l’Assunta, di cui si coglie la luce di De La Tour è chiaramente ispirata da Antonello nel rigore prospettico ma diverso è lo spirito che qui è di umiltà e calda umanità data dall’abito rosso sfilacciato che sostituisce la preziosità del manto blu dipinto a lapislazzuli.
La vasta cultura umanistica di Colonna si evidenzia nel quadro posto sul campanile della chiesa di San Lorenzo in cui la stella cadente, citazione pascoliana, non è simbolo drammatico di “pianto di stelle” bensì fonte di luce che illumina il cielo, un cammino di speranza e di conoscenza, lo stesso delineato dal dipinto sulla scuola media con una teoria di pecore ispirate dallo “specchio della vita” di Pellizza e dal famoso fregio di Gauguin.
Fare arte è non solo giungere a riuscita estetica ma anche recuperare valori religiosi, morali, esistenziali con meditazione sul significato della vita. L’aver intitolato ogni opera “giorno notte”, e non è estraneo il richiamo alla tomba Medicea michelangiolesca, propone una rilettura intellettuale dell’alchemico ricongiungimento degli opposti che si alternano negli eterni cicli e ricicli della natura. Sempre presenti tre elementi: luna, luce, casa accostati in un processo di semplificazione stilistica derivata da una severa ricerca di essenzialità spaziale di sublimata purezza.
La luna, del tutto estranea alla concezione panteistica romantica, è un cerchio geometricamente delineato che sovrasta un paesaggio dove tutto si arresta, avulso di presenza umana, incorruttibile e impassibile alle passioni mentre è la luce artificiale improvvisamente emanata dalla casa ad evocare presenza di vita. Lo stesso uso del colore a stesura levigata con padronanza di mestiere degna dell’arte classica “ripulita e simile alla seta” come diceva Felice Casorati suo maestro, contribuisce a conferire un senso di ordine spaziale, accenti di atemporaneità e di realismo magico. Costantemente in Colonna, torinese trapiantato in Monferrato di cui coglie a volte lo splendore di un albero o di un vaso di fiori, è presente il clima di sortilegio silente assorbito a Torino “città metafisica” a detta di De Chirico.
Giuliana Romano