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Mascarin-a, parola piemontese attualissima

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

Mascarin-a. C’è un’altra parola che ci lascia in eredità il Covid 19: mascherina!

E come possiamo dirlo a nòsta manera, in piemontese?

Pesco dai vocabolari più noti, ma questa volta la creatività dei nostri lettori sarà davvero indispensabile!

Parto da Giuseppe Gavuzzi, Vocabolario-Italiano Piemontese (1896): per Machera ci dà mascra, mostacia, bavéra, visagéra; Ballo in maschera: bal masché.  

Per mascheretta, mascherina, dà: mascarin-a. Su Ël Neuv Gribàud. Dissionari piemontèis (1996), troviamo anche le forme mascherin-a, mascrin-a.

Per Mascra il REP (Repertorio Etimologico Piemontese, 2015), parla di etimo incerto, probabilmente dal latino medievale MĂSCAM “STREGA”,  e altro…

Conformismo e vecchie ideologie

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IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Albisola Marina, vecchia meta dei torinesi nel secolo scorso,  ospiterà l’11 esima edizione di “Parole ubikate in mare“ sul tema “Libertà e rinascita“ con incontri con Moni Ovadia, comunista e nemico dichiarato di Israele, Dario Vergassola, Gad Lerner e Marco Revelli. La rassegna  è organizzata dalla libreria Ubik di Savona che ha da sempre un preciso orientamento politico  che non hanno più neppure le librerie Feltrinelli divenute molto più liberali 

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E’ evidente  l’identità  politica d’insieme che sarebbe accettabile, se non ci fosse come promotore anche il Comune di Albisola che dovrebbe rispettare certe regole. Una cultura a senso unico non è vera cultura perché la cultura è fondata sul confronto di opinioni. Dove  tutte le idee sono eguali o molto simili – diceva Mario Soldati – la libertà incomincia a mancare. Solo un vero pluralismo di idee può consentire ai cittadini di farsi un’idea personale fuori dal conformismo. E come si possa parlare di libertà e rinascita con personaggi ormai logorati dagli anni e dalla astiose polemiche che hanno provocato , appare un mistero. La rinascita, non si sa bene da cosa, può derivare, come diceva Gobetti, dalla diversità di idee che faccia nascere nuove idee. E’ strano che queste passerelle a senso unico trovino ancora gente disposta a dedicare loro una serata: sono la ripetizione delle solite, intollerabili sceneggiate televisive condotte da Lilli Gruber. E da quanto si sa,questi signori imperverseranno nel Ponente Ligure per tutto agosto invitati e ospitati da molti Comuni. Forse è davvero ora di cambiare aria, la libertà e la rinascita può arrivare solo dal ricambio o almeno da un’aggiunta di idee discordanti. Altrimenti c’è puzza di regime, non c’è affatto profumo di libertà. C’è odore di vecchie ideologie tramontate, un Amarcord degli anni 60 e 70 che nessuno che li ha vissuti, può rimpiangere.
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Il partito delle autostrade è vivo e “non” lotta insieme a noi

PAROLE ROSSE di Roberto Placido/ Settimane molto impegnate insieme alla mancanza di ispirazione, la debolezza e spesso l’inconsistenza della sinistra in Italia non aiutano, mi hanno portato a non scrivere nulla. L’approssimarsi delle vacanze estive e soprattutto le vicende delle autostrade italiane mi hanno dato lo spunto per riprendere “Parole Rosse.

Ma veniamo al tema indicato nel titolo, il ritorno in mani pubbliche di una delle tante sfacciate operazioni sui beni comuni avvenute nel nostro paese. Le infrastrutture strategiche non dovrebbero essere mai privatizzate e se proprio si decide di farlo, considerando che i pedaggi sono delle vere e proprie macchine che generano utili, non lo si può fare come avvenne per autostrade. Tanto tempo fa, come nelle favole, erano gli anni ’50 dello scorso secolo, in pieno sviluppo economico l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) costituisce la Società Autostrade Concessioni e Costruzioni S.p.A. Inizia così la costruzione di buona parte della rete autostradale italiana, con i conferimenti delle concessioni da parte di ANAS (Azienda Nazionale Autonoma delle Strade), altra azienda pubblica che gestisce tutta la rete delle strade statali, entrata a far parte recentemente delle Ferrovie dello Stato.  Nei decenni successivi cresce si sviluppa, diventerà poi nel 2003Autostrade per l’Italia, acquisisce e costruisce, autostrade in altri paesi, Inghilterra, Stati Uniti, Austria. Nel 1990 lancia ilpagamento automatizzato con il Telepass, novità mondiale, e cosa importante genera utili. Arriviamo così al fatidico 1999 anno nel quale il governo italiano, siamo negli anni in cui la sinistra italiana è in piena sbornia liberista, procede alla privatizzazione della rete autostradale, che inizia con il primo governo Prodi e si conclude con il governo D’Alema, con Ciampi ministro del Tesoro di entrambi gli esecutivi, Draghi direttore generale e Gian Maria Gros-Pietro presidente dell’IRI. Nota a parte gli unici ancora con cariche sono Draghi e Gros-Pietro che oltre alla guida di Intesa San Paolo è Presidente di ASTM (Autostrada Torino Milano) del Gruppo Gavio che ha acquisito in questi giorni le quote della Città di Torino e della Città Metropolita di SITAF (Autostrada e Traforo del Frejus). Nel 2014 l’allora Sindaco di Torino Piero Fassino cedette, non senza polemiche con quanti erano contrari alla cessione e nel caso a farlo con gara pubblica, ad ANAS, sociopubblico di SITAF le stesse quote. La cessione delle quote pubbliche avvenne senza gara per 40 milioni di euro. Ricorso dei privati ed annullamento della cessione. Ora con gara pubblica le stesse quote, Sindaco Appendino, le ha comperate il Gruppo Gavio per 272 milioni.

Ma torniamo al capolavoro di cessione del 1999 dove la famiglia Benetton con la società Schemaventottoacquisì il 30% delle azioni per 2,5 miliardi di euro di cui 1,2miliardi di euro di risorse proprie ed 1,3 miliardi presi in prestito dalle banche. Acquisizione che avvenne con gara pubblica con un solo concorrente. Il 56% delle azioni vennero vendute sul mercato per circa 4.5 miliardi di euro. IRI, lo stato italiano dall’operazione incassò circa 7 miliardi di euro. Le restanti quote in possesso di banche ed assicurazioni. Nel 2003 con una seconda operazione finanziaria ed una nuova società, NewCo28, controllata da Schemaventotto, i Benetton rilevarono mediante un’OPA (Operazione Pubblica di Acquisto) il 54% delle azioni di Autostrade per 6,5 miliardi di euro. In questo modo NewCo28 incorporò Autostrade scaricandole il debito che aveva contratto per finanziare l’operazione. Per i Benetton l’operazione si chiuse a costo zero perché attraverso Schemaventotto tra il 2000 ed il 2009 prelevarono da Autostrade 1,4 miliardi di euro di dividendi tutti generati da utili e collocò sul mercato borsistico un 12% di azioni ricavandone 1,2 miliardi di euro per un totale di 2,6 miliardi pari all’intera operazione rientrando così dei propri soldi e della quota presa in prestito. Le fonti bene informate dicono addirittura che il loro investimento iniziale reale fu di 20 milioni di euro. Ma per questo servirebbe una puntata a parte. Così, in nove anni i Benetton sono rientrati del debito, hanno ripreso i soldi investiti, hanno scaricato i debiti su Autostrade che nonostante il peso ha continuato a generare utili superiori ai dividendi e la loro partecipazione nella società vale una montagna di miliardi. Questo è stato il trasferimento di un monopolio naturale dallo Stato ad un privato. Tutto è entrato in discussione con gli sviluppi più recenti che conosciamo con il crollo del Ponte Morandi, con le decine di vittime le centinaia di sfollati e l’emergenza mobilità per una città, una regione e per l’intero paese. Ma cosa è successo in questi decenni? Nonostante il susseguirsi di maggioranze diverse, di ministri, alcuni dei quali ho avuto l’opportunità di incontrare personalmente, i provvedimenti sono stati tutti sempre sfacciatamente a favore delle concessionarie. Alcuni esempi per rendere l’idea: I lavori della terza corsia della Torino-Milano, in condizioni di traffico limitato e velocità ridotta con code estenuanti, oltre ad una durata esagerata avvennero con il continuo ed inspiegabile aumento delle tariffe. Aumento ingiustificato delle tariffe per praticamente tutte le concessionarie e che avviene ogni anno senza vergogna e senza pudore. Sulla Torino-Milano tutto proseguì nonostante i parametri di sicurezza e di viabilità fossero tali da determinare la revoca della concessione. I guadagni delle concessionarie, alla faccia della libera impresa e del rischio d’impresa, sono garantiti con una percentuale ben superiore ad una normale rendita finanziaria. Asti-Cuneo da terminare? Nessun problema basta concedere, al Gruppo Gavio, una proroga della concessione della Torino-Milano pari al doppio del costo dell’opera. Il costo viene stimato, naturalmente, non da un operatore terzo ma dallo stesso concessionario. La “Gronda di Genova”? Cioè la tangenziale esterna che dovrebbe dcongestionare lo snodo genovese, nessun problema, stesso schema anche con concessionario diverso. Costo 5 miliardi di euro ed Autostrade, i Benetton, chiede la proroga dell’intera rete da loro gestita per un valore di dieci miliardi di euro. E potrei continuare. Poi ci sono i lavori di manutenzione affidati per anni, senza gara a società esterne di proprietà delle stesse concessionarie a costi elevati riducendo gli utili di gestione che rientravano tranquillamente dall’altra parte. Da qui le resistenzedelle società concessionarie alla modifica, della parte che leriguardava, al cambiamento del codice degli appalti. La mancanza di manutenzione vera ai ponti, come si è scoperto poi drammaticamente, viadotti e manto autostradale, con lo scopo principale di aumentare gli utili.Tutto questo senza che l’Autorità dei Trasporti, che tra l’altro a sede a Torino e che nessuno sa cosa faccia, da quando esiste battesse un colpo o del ministero competente. l ministero poi, spopolato dei più capaci per pensionamento o dimissioni per andare a lavorare altrove, più che controllare è diventato il megafono dei concessionari. Si ha l’impressione che, parole di un addetto ai lavori, “cambino solo la carta intestata alle veline dei concessionari stessi”. In questo straordinario modo siamo arrivati ai giorni nostri con l’incredibile ministro Danilo Toninelli (M5S) e la straordinaria ed attuale ministro Paola De Micheli (PD) che è riuscita in quello che sembrava impossibile e cioè far rimpiangere il suo predecessore. Ad un certo punto, nella vicenda Ponte Morandi- concessione Autostrade, sembrava il rappresentante di Autostrade.

La stessa conclusione della vicenda e la prevista uscita dei Benetton, dai più definita equilibrata, è avvenuta a condizioni molto più vantaggiose di quanto gli stessi Benetton fossero disponibili. Complimenti al loro avvocato che si è ampiamento meritato la lauta parcella. Anche in questa vicenda il cosiddetto “partito delle autostrade” ha lavorato attivamente. Partito delle autostrade nazionale e trasversale, va da destra a sinistra, che è molto forte a Torino ed in Piemonte dove ha dato il meglio nella questione tangenziale di Torino. Tangenziale a pagamento, a differenza di quanto avviene a Roma con il GRA (Grande Raccordo Anulare) gratuito come metàdella tangenziale milanese, come altre città italiane. Scade la concessione, dopo che il costo dell’opera con il pedaggio si è ampiamente ripagato, ed invece di liberalizzare il passaggio, risolvendo così i problemi di diversi comuni della cintura, pensano di continuare a fare pagare il pedaggio. Tutto questo, naturalmente, non a vantaggio della collettività ma dei concessionari e di qualche mancia e briciola per loro. Ecco perché il “partito delle autostrade vive e “non” lotta insieme a noi. A Torino o in vacanza, buon mese di agosto e ci si ritrova a settembre.

La foto di Vincenzo Solano

Magnifica Torino / Giardino aiuola Balbo. La statua di Daniele Manin in mezzo alle fontane è colpita dai giochi del sole che passa attraverso l’acqua e proietta la sua ombra.

Immigrazione e Covid

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni/ La situazione che si è creata può diventare esplosiva

La moltiplicazione degli sbarchi e i casi di contagio da Covid può scapparci di mano.

La fuga dai centri di accoglienza di migranti contagiati crea oggettivamente dei problemi gravissimi: solo l’onestà intellettuale di Marcello Sorgi parla di “miscela esplosiva sbarchi- Covid”. La linea del Viminale appare incerta e tende a trovare una nave per accogliere i contagiati, una sorta di lazzaretto,  ma nessun armatore è  disposto a concedere una nave per questo scopo.

Il problema vero è un altro:  bloccare le ONG e impedire sbarchi così come sono stati bloccati i voli. Non c’ è altra strada praticabile. Il Pd frena su questa ipotesi, ma l’interesse nazionale deve prevalere sul buonismo che oggi rasenta l’autolesionismo.

Siamo in una grave emergenza sanitaria e chiunque complichi la situazione va fermato. Siamo in un’emergenza economica tale da impedirci di spendere ulteriori fondi per l’accoglienza. Non si tratta di insensibilità, ma di realismo, di etica della responsabilità che impone scelte coerenti con i gravi problemi italiani.

Gli sbarchi oggi sono incompatibili con un Paese prostrato. Non ci sono scelte intermedie.Occorre rigore e fermezza. I giornali marginalizzano le notizie relative ai migranti infetti per non creare allarmismo, ma la situazione è effettivamente allarmante.

Il Governo deve decidere di fermare le ONG. Non ci sono altre scelte per tutelare l’incolumità degli italiani che sono stati tre mesi in casa e continuano ad usare le mascherine e a lavarsi spesso le mani.
Anche il problema dei rumeni che vengono in Italia va affrontato con la stessa fermezza perché il dilagare della pandemia deve essere l’obiettivo primario.

Occorrerebbe la fermezza che avevano i vecchi comunisti come Togliatti, Minucci e Pecchioli, che sapevano anteporre in certi casi gli interessi nazionali agli interessi di partito.

L’isola del libro

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Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Giorgio  Fontana   “Prima di noi”    -Sellerio-  euro  22,00

E’ la lettera di un’antenata che “..dall’altro capo del tempo” svela a una pronipote l’origine della sua stirpe; ed è immensa e magnifica questa saga che racconta un secolo di storia di una famiglia friulana che non ha compiuto epiche imprese, ma ha attraversato con tenacia e modestia gli anni.

Sono i Sartori e tutto ha inizio nel 1917, sul Tagliamento, quando il fante Maurizio diserta e si rifugia nel casolare dei contadini Tassan. Mette incinta la loro figlia 16enne Nadia, scappa alla notizia della gravidanza, salvo poi essere recuperato dal padre della ragazza e costretto a un matrimonio riparatore. La loro genia è nata da una vigliaccata oppure questa unione era davvero basata sull’amore?  Tranquilli …lo scoprirete leggendo fino alla fine questo romanzo fiume che vi trascina attraverso le vicende dei discendenti.

I figli di Nadia, Gabriele, Renzo e Domenico, tre fratelli molto diversi tra loro e con traiettorie di vita altrettanto divergenti; così come la loro progenie di cui seguirete i destini, affezionandovi all’uno o all’altro.

Gabriele è l’intellettuale amante della poesia, e dal suo matrimonio con la colta Margherita nascono Davide (colpito dalla polio da piccolo, diventa fotografo errabondo che flirta con la fama) ed Eloisa.

Renzo è saldatore in una fabbrica, in prima linea nei cortei comunisti, sposato con Teresa che però tradisce con una giornalista in carriera.

Domenico è l’anima semplice amata da tutti, ma dal destino ingiusto.

Poi ci sono le variegate vicende terrene di figli, nipoti e pronipoti. Un affresco corale lungo 4 generazioni dei Sartori, sullo sfondo dell’Italia e delle sue vicende storiche che amalgamano o disperdono i membri di questa famiglia, raccontata fino ai giorni nostri. Tra sogni, fatiche, sfide, successi e delusioni, nascite, malattie, vecchiaie e morti che si ricompongono e ricollegano in un finale struggente. Un grande romanzo italiano in cui si cimenta con successo Giorgio Fontana, vincitore del Premio Campiello nel 2014 con “Morte  di un uomo felice”.

 

Ocean Vuong  “Brevemente risplendiamo  sulla terra”   -La Nave di  Teseo –  euro 18,00

Questo libro è l’esordio nella narrativa del poeta 31enne Ocean Vuong, ed è la lunga lettera che scrive alla madre che non potrà mai leggerla. Entrambi sono vietnamiti emigrati in America quando lui aveva solo due anni; la mamma Rose -figlia di un soldato americano che nel 1967 in Vietnam aveva incontrato una contadina- è fuggita dalla miseria del suo paese devastato ed è planata in una cittadina del Connecticut insieme al piccolo Little Dog.

Ma integrarsi non è facile. Lei soffre di stress post-traumatico che sfoga sul figlio in una pericolante altalena che oscilla tra scoppi di ira, violenza e botte ed altri momenti, invece, intrisi di profonda tenerezza. Non impara la nuova lingua e sbarca il lunario ammazzandosi di lavoro in un salone di bellezza dove fa manicure e pedicure. Tanta fatica per fare studiare suo figlio e aprirgli strade più ampie e gratificanti.

Con loro abita anche nonna Lan, che significa “Orchidea”, ed è il nome che si è data da sola perché in famiglia era semplicemente chiamata “Sette”, ovvero il numero nell’ordine in cui era venuta al mondo dopo fratelli e sorelle. Neppure la sua esistenza è stata facile: tra guerra del Vietnam, fuga da un matrimonio odioso e combinato con un uomo molto più vecchio, costretta a mantenersi vendendo il suo giovane corpo esotico ai soldati americani.

Little Dog cresce in questa famiglia di donne, fa parte della seconda generazione di immigrati e vuole in qualche modo essere conosciuto, non occultato e sommerso in una moltitudine opaca.

Ma non finisce qui la sua crescita. Passa attraverso la scoperta dell’omosessualità, dapprima vissuta malamente, poi accettata; la narrazione del sesso senza mezzi termini e l’incontro con l’amore di un compagno.

E soprattutto impara a dominare la lingua del nuovo mondo che usa in letteratura per salvarsi e chiamare le cose col loro nome. Per aiutare la nonna e la madre che invece si ostinano a pensare e dialogare in vietnamita, per farle rispettare e per capire meglio anche il mondo dei bulli che lo insultano con termini che fanno male, come “checca” e “obbrobrio”.

 

John  Hart    “Il rito del fuoco”   -Nutrimenti-   euro   20,00

E’ il quinto romanzo dello scrittore americano che al suo attivo ne ha 6, pubblicati in 70 paesi; due volte vincitore del prestigioso Edgar Award, e di numerosi altri premi. Diciamo subito che è un thriller ad alto impatto sul lettore, sullo sfondo della provincia rurale americana, scritto con un ritmo che sarebbe perfetto per un film.

Protagonista è Johnny Merrimon, appena 13 anni e già tanto dolore nelle viscere e nella sua esistenza. La sua sorellina gemella, Alyssa, è scomparsa da un anno, rapita mentre tornava da scuola e di lei non si è più trovato neanche il corpo.

Una tragedia che ha spezzato la famiglia: il padre non ha retto e se n’è andato lontano, mentre la bellissima madre 33enne, Katherine, si è lasciata andare al dolore, ai farmaci, all’alcol e all’intontimento.

Ora lei e Johnny vivono come ostaggi in una sorta di catapecchia insieme a Ken, uomo brutale e violento, ex dipendente del padre dei gemelli che era appaltatore, per il quale aveva costruito interi quartieri. Adesso è lui che comanda, ricco sfondato e influente, uso ad alzare le mani sulla donna e il ragazzino che tratta come povere bestie

Tutti in paese sanno cosa accade tra quelle mura, ma l’unico che cerca con tutte le sue forze di aiutarli è il detective Clyde Hunt, sensibile al fascino e alla tragedia di Catherine, piegato dal senso di colpa per non aver riportato a casa la piccola.

Il più ostinato di tutti però è Johnny che continua a credere che Alyssa sia ancora viva e per scoprire la sua sorte si immerge a capofitto in insidiose avventure: guida l’auto della madre, percorre in lungo e in largo la contea, incontra personaggi pericolosi, raccoglie indizi e bazzica in luoghi poco raccomandabili.

La trama si infittisce quando un’altra bambina, Tiffany, viene rapita e la vicenda si complica. Per un caso del destino John è testimone di un assassinio e coglie le ultime parole soffocate della vittima che prima di morire dirà qualcosa che apre nuovi spiragli…..

Recovery Fund? I problemi iniziano adesso

COMMENTARII  di Augusto Grandi / Se Napoleone avesse avuto a disposizione i media oggi al servizio di Giuseppe Conte, Waterloo sarebbe diventata una replica di Austerlitz. Indubbiamente la battaglia per il Recovery Fund non si è conclusa con una disfatta per l’Italia, ma bisogna essere ben bugiardi per sostenere che lo sconfitto è Rutte, per rimembrare il “cucchiaio” di Totti proprio contro l’Olanda.

I Paesi Sado hanno ottenuto colossali sgravi nelle quote che avrebbero dovuto pagare all’Europa. Soldi puliti, non prestiti da restituire.

L’Italia, al contrario, i soldi ottenuti in prestito dovrà restituirli. E dovrà anche pagare, pro quota, quelli ottenuti teoricamente a fondo perduto. Però va bene così, quei soldi servono subito. Peccato che arriveranno solo il prossimo anno. Ma con qualche magheggio contabile ci si arrangerà. Sino a qui, tutto bene…

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Recovery Fund? I problemi iniziano adesso

Moussakà super-light, per volare in Grecia con il suo profumo

Rubrica a cura de La Cuoca Insolita

Moussakà super-light, ma che bisogno c’era? Per chi è stato in Grecia o ha già provato un ristorante greco, si ricorderà del suo profumo. Un piatto unico delizioso, che tanti chiamano “la parmigiana dei Balcani”. La prima versione nasce nel XIII secolo, ma solo nei secoli successivi sarà rivista fino a diventare quella di oggi, completa di carne, besciamella, patate e melanzane fritte. In parole povere, è buonissima ma è molto nutriente e può risultare un pochino difficile da digerire. 

Ho voluto quindi provare ad alleggerirla e il risultato vi sorprenderà. Potrete mangiarla senza timori e fare anche il bis: vi sentirete leggeri come una piuma! Questa versione è adatta anche se avete qualche problema con colesterolo alto, formaggi e glutine.

Tempi: Ammollo (30 min); Preparazione (2 ore); Cottura (40); 

Difficoltà (da 1 a 3): 2

Costo totale: 8,80 € 

Attrezzatura necessaria: Padella antiaderente diam. 30 cm, pentola con cestello per cottura a vapore, casseruola diam. 15, affettatrice (non obbligatoria), tagliere e coltello a lama liscia, frusta da cucina, teglia da forno, robot tritatutto per piccole quantità (se avete i bocconcini di soia da tritare dopo l’ammollo).

Approfondimenti e i consigli per l’acquisto degli “ingredienti insoliti” a questo link: https://www.lacuocainsolita.it/ingredienti/).

In caso di allergie…

Allergeni presenti: Soia, sedano, anidride solforosa e solfiti. Si possono impiegare olio di oliva (per friggere le melanzane) e farina di riso (per la besciamella “benedetta”) in caso di allergia ad arachidi e glutine.

Moussakà

Perché vi consiglio questa ricetta?

  • Fa veramente bene allo spirito perché è davvero buona e cremosa.
  • Valori nutrizionali: rispetto alla ricetta tradizionale fatta con carne, latte e formaggio e melanzane fritte, queste sono le differenze: Calorie -46% (sì, avete letto bene: il 46% in meno), Grassi -56%, di cui saturi -78%.
  • Una porzione di Moussakà super-light da 350 g ha la stessa quantità di grassi presenti in soli 100 g di mozzarella di bufala!
  • Melanzane e patate non sono fritte ma cotte a vapore e poi grigliate con pochissimo olio.
  • Usiamo la besciamella “benedetta”, questa ricetta diventa adatta anche a chi ha problemi con latte, formaggi e glutine.

Ingredienti per la Moussakà super-light

(6-8 persone) 

Per il ragù vegetale:

  • Granulare di soia – 90 g 
  • Aglio – 1 spicchio
  • Gusti (1 rametto rosmarino, 15 foglie salvia)
  • Carota, sedano, cipolla – 200 g in tutto
  • Olio extra vergine – 2 cucchiaini
  • Acqua – mezzo bicchiere
  • Vino rosso – 60 ml
  • Pomodoro – 350 g
  • Cannella – meno di ½ cucchiaino
  • Sale (1 cucchiaino), pepe

Per la besciamella “benedetta”:

  • Latte di soia – 750 g
  • Farina a scelta (di riso per versione gluten free) – 75 g
  • Olio e.v.o. –2 cucchiai
  • Sale – 1 cucchiaino scarso

Per le verdure:

  • Melanzane – 600 g
  • Patate – 300 g
  • Olio arachidi o oliva – 4 cucchiai 

 

Preparazione della Moussakà super-light

Fase 1: IL RAGU’ DI SOIA

Mettete in ammollo il granulare di soia per almeno 30 minuti in acqua. Intanto tritate insieme salvia, rosmarino e aglio. Fate lo stesso con la costa di sedano, la cipolla e la carota. Quando la soia sarà reidratata, strizzatela bene con le mani per eliminare l’acqua in eccesso. Mettete quindi l’olio nella padella antiaderente e fatelo scaldare, quindi soffriggete per pochi secondi il trito di erbe aromatiche e aglio; aggiungete poi le verdure tritate finemente e fate rosolare per qualche minuto. Infine, aggiungete la soia reidratata e fatela insaporire per 5 minuti, bagnando con un bicchiere di acqua e l’olio. Versate il vino rosso e fatelo evaporare a calore sostenuto. Aggiungete sale, pepe e cannella. Nel frattempo, mettete in acqua bollente i pomodori, dopo aver fatto un’incisione lunga ma superficiale sulla buccia. Dopo 3 minuti, scolate, togliete la buccia e tagliate a dadini, che verserete quindi nella pentola con la soia. Fate cuocere coperto a calore molto basso per 30 minuti. Se resta ancora un po’ di liquido sul fondo della pentola proseguite ancora la cottura senza coperchio per il tempo necessario. 

FASE 2: LE VERDURE

Lavate le melanzane e le patate e tagliatele a fette di spessore 5 mm (se avete l’affettatrice è più semplice; sennò usate un coltello ben affilato a lama liscia). Cuocetele a vapore, rispettivamente per 4 minuti e 6 minuti (la metà del tempo in pentola a pressione). In una padella antiaderente, friggete le melanzane e le patate in olio di arachidi o di oliva e un po’ di acqua.

FASE 3: LA BESCIAMELLA BENEDETTA

Mettete la farina e l’olio in una tazza e mescolate con un cucchiaio fino ad ottenere un roux omogeneo. Unite una piccola parte del latte (freddo) e mescolate finché non ci saranno più grumi. Scaldate bene il resto del latte in una casseruola e quando sarà ben caldo aggiungetelo a poco a poco al roux nella ciotola. Trasferite tutto nella casseruola, che porterete sul fuoco a calore molto basso, mescolando con la frusta continuamente fino a quando il composto diventerà cremoso e denso. Per conoscere tutti i trucchi per avere una besciamella senza grumi.

FASE 4: LA COTTURA

Accendete il forno a 180° C. Nel frattempo preparate la teglia di Moussakà super-light (ad ogni strato aggiungete un pizzico di sale): uno strato con le patate, poi uno con la metà delle melanzane, poi la metà del ragù mescolato con 100 g circa di besciamella. Poi di nuovo uno strato con il resto delle melanzane, ragù che vi resta con altri 100 g circa di besciamella, infine tutta la besciamella da sola che è rimasta (saranno circa 500 g). Livellate la superficie e infornate per 40 minuti. L’ideale è mangiarla quasi subito, ma anche il giorno dopo, riscaldata, sarà più compatta e forse ancora più gustosa…

Chi è La Cuoca Insolita

La Cuoca Insolita (Elsa Panini) è nata e vive a Torino. E’ biologa, esperta in Igiene e Sicurezza Alimentare per la ristorazione, in cucina da sempre per passione. Qualche anno fa ha scoperto di avere il diabete insulino-dipendente e ha dovuto cambiare il suo modo di mangiare. Sentendo il desiderio di aiutare chi, come lei, vuole modificare qualche abitudine a tavola, ha creato un blog e organizza corsi di cucina. Il punto fermo è sempre questo: regalare la gioia di mangiare con gusto, anche quando si cerca qualcosa di più sano, si vuole perdere peso, tenere a bada glicemia e colesterolo alto o in caso di intolleranze o allergie alimentari. Tante ricette sono pensate anche per i bambini (perché non sono buone solo le merende succulente delle pubblicità). Restando lontano dalle mode del momento e dagli estremismi, sceglie prodotti di stagione e ingredienti poco lavorati (a volte un po’ “insoliti”) che abbiano meno controindicazioni rispetto a quelli impiegati nella cucina tradizionale. Usa solo attrezzature normalmente a disposizione in tutte le case, per essere alla portata di tutti.

Pertini, antifascista e antimonarchico

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / E’ sicuramente giusto che Savona abbia una piazza intitolata a Sandro  Pertini . Chi scrive si è battuto Inutilmente  perché il ponte di Genova gli fosse intitolato. Pertini appartiene alla migliore storia d’Italia. La sindaca di Savona  Caprioglio ha inaugurato la piazza Pertini in maggio secondo le norme restrittive del Covid.

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In polemica con la Sindaca   un non meglio identificato Comitato antifascista e antirazzista  con l’appoggio di Anpi e istituto storico della Resistenza, adesso vuole riinagurare  “a livello popolare“ la piazza il 24 luglio, vigilia  del voto al Gran Consiglio del Fascismo che sfiduciò Mussolini. Quel comitato antifascista forse non sa che il protagonista del 25 luglio fu l’odiato re Vittorio Emanuele III. Quindi quella data è poco consona per ricordare Sandro Pertini che fu sempre ferocemente anti monarchico. Il comitato antifascista  e antirazzista vuole anche impedire a Forza nuova di aprire una sua sede a Savona. Siamo tornati, dopo i mesi di clausura per il virus, alle solite tiritere intolleranti che violano le libertà costituzionali di associazione. Forza nuova è quanto di più lontano dal nostro modo di pensare, ma in una libera democrazia c’è spazio per tutti, a meno che si commettano reati. Ma i reati di opinione sono reati  solo per gli intolleranti che negano il diritto di pensare liberamente. L’Anpi fa il suo mestiere di sempre, ma l’istituto  Storico della Resistenza non può abbassarsi a fare politica in modo sfrontato. Ha un passato da rispettare quando ebbe grandi presidenti che pensarono a libri e convegni e non alle manifestazioni di piazza. Soprattutto si sente l’assenza della Federazione Volontari della Libertà – la FVIL – che a Savona si identificò nobilmente con il comandante Lelio Speranza – che avrebbe dovuto prendere  con fermezza le distanze da fascisti travestiti da antifascisti come sono i pochi che fanno dell’estremismo intollerante la loro bandiera. Il 24 luglio non avranno sicuramente problemi a rispettare le distanze di sicurezza perché sono rimasti per fortuna davvero in pochi.  E saranno sempre meno. La sindaca Caprioglio  in maggio ha proceduto ad una parziale riapertura di una porzione di strada al fine di iniziare a far lavorare alcuni esercizi commerciali appena aperti nel nuovo complesso. L’inaugurazione ufficiale avvera’ non appena il cantiere sarà chiuso perché ad oggi non è ancora terminato, vi sono ancora le gru e le recinzioni presso una porzione di cantiere.La piazza verrà inaugurata  il 25 settembre,  se sarà per quella data smantellato il cantiere.
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scrivere a quaglieni@gmail.com

Scuola e Università, troppi problemi alla ripresa

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / La scuola resta uno dei problemi irrisolti e la sua riapertura – al di là dal Covid  che potrebbe impedirla – resta una questione aperta. Occorrono spazi che non ci sono, banchi ed attrezzature informatiche di cui le scuole e gli studenti  non dispongono per lezioni a distanza 

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Il tentativo della ministra è stato quello di scaricare il problema sui presidi che non erano assolutamente in grado di provvedere con gli strumenti a loro disposizione alla ripresa a settembre. Sia pure in ritardo è stato nominato un commissario che ha fatto un bando per nuovi banchi monoposto. Ma il problema è più complesso perché riguarda nuovi orari, distanziamento negli ingressi e nelle uscite e lezioni da remoto.
In questo ultimo mese in cui i docenti dovrebbero essere a disposizione delle scuole perché il congedo per ferie  prevede un mese di vacanza, quasi sempre coincidente con il mese di agosto, non sono stati attivati dei corsi per preparare i docenti alla didattica a distanza a cui la maggioranza degli insegnati era e resta  impreparata. Ora la ministra più che pensare seriamente a risolvere i problemi dell’ apertura dell’anno scolastico,rilascia interviste raffica in cui dice di essere ingiustamente criticata  perché giovane e donna. Ha anche detto che vuole dei banchi con le ruote per poterli riutilizzare – dopo la pandemia – per la didattica di gruppo. I cosiddetti lavori di gruppo- va ricordato –  sono una delle sciocchezze nate nel ‘68 e che, dove applicate, crearono danni gravi agli studenti lasciati in balia di se’ stessi perché, secondo la demagogia corrente, dovevano essere rigorosamente autogestiti: i docenti erano considerati degli esperti da sentire solo in caso di bisogno. Ci furono scuole che abolirono i libri di testo per usare biblioteche di classe  del tutto inadeguate con pochi libri, quasi tutti riguardanti autori marxisti di stretta osservanza. Gli allievi furono privati della lezione frontale dei docenti, l’unica davvero importante ed  insostituibile quando i docenti sono all’altezza del loro compito. Sembra che la ministra voglia anche reclutare come docenti  studenti universitari  e qui si tratta di scelte senza precedenti che ci auguriamo siano fantasie di certi giornali. Vedremo cosa succederà, ma resta in dubbio una riapertura normale delle scuole, come è avvenuto in altri paesi europei. In Italia da sempre la scuola non è mai stata considerata una priorità. Oggi ancora più che in passato, malgrado siano stati bruciati quattro mesi e l’anno si sia concluso con promozioni politiche che forse non si erano viste neppure nei tempi di guerra. Il corpo docente non è stato coinvolto in una prospettiva di ripresa e non c’è stato quello sforzo collettivo che andava richiesto. Infatti tutti i sindacati della scuola, dalla Cgil alla Gilda, si sono espressi in termini negativi sull’operato della ministra dicendo che in queste condizioni  non è possibile riaprire a settembre. E’ stata una presa di posizione criticata  come corporativa che invece mette in luce il disagio dei docenti che –  al di là delle demagogie –  sono gli attori più importanti della scuola. Un discorso diverso riguarda l’Università dove la didattica a distanza ha funzionato perché docenti e allievi erano già abituati all’uso degli strumenti informatici. Ma anche l’Università’ ha bisogno di lezioni frontali. Sarebbe impossibile pensare di limitarsi ad ascoltare alcuni maestri da remoto, anche se i maestri di oggi appaiono n prevalentemente dei maestrini rispetto a quelli della mia generazione che ha avuto i Bobbio, i Venturi, i Firpo che alcuni di noi commisero l’errore di contestare come baroni, mentre erano uomini di scienza e maestri nel senso più ampio della parola. Scrisse Italo Calvino: “ Un Paese che distrugge la sua scuola non lo fa mai solo per soldi perché le risorse mancano o i costi sono eccessivi. Un Paese che demolisce l’istruzione è già governato da quelli che dalla diffusione del sapere hanno solo da temere “. Meglio non si potrebbe dire, neppure oggi.
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