Rubriche- Pagina 79

L’isola del libro. Speciale Jeffrey Archer

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Da non perdere è la saga creata dal 79enne barone inglese Archer di Weston-super-Mare, personaggio geniale e poliedrico. Dapprima impegnato in politica (tra le file dei conservatori di Margaret Tatcher, è stato membro del Parlamento europeo e per 25 anni deputato alla Camera dei Lord); poi, a 70 anni suonati, si è dimostrato abilissimo nell’intraprendere una seconda carriera come scrittore. Drammaturgo, saggista, autore di racconti e soprattutto romanziere prolifico.

La Saga dei Clifton (in tutto 7 romanzi) sciorina le alterne vicende di due famiglie –Clifton e Barrington- nell’arco di un secolo. L’idea madre era raccontare le vite -dall’infanzia fino ai 70 anni- dei tre personaggi principali: Harry (in cui Archer si identifica in parte) Giles ed Emma (ispirata alla moglie dell’autore).

Prima un breve riassunto del terzo capitolo “Un segreto ben custodito”(dopo “Solo il tempo lo dirà” e “I peccati del padre”), ambientato a Londra nel 1945, con il voto alla Camera dei Lord per decidere chi debba ereditare la colossale fortuna dei Barrington.

Sono in lizza Giles Barrington (figlio legittimo di Sir Hugo Barrington e sua moglie Elisabeth) e il suo presunto fratellastro, nonché miglior amico, Harry Clifton (probabile frutto del flirt tra Sir Hugo e Maisie, moglie di Arthur Clifton).

L’ago della bilancia penderà a favore del figlio legittimo Giles.

Ma ad Harry poco importa della mancata eredità; conta invece che finalmente possa sposare la sua Emma (sorella di Giles) e dedicarsi con successo alla carriera di scrittore. Genitori del difficile, ma dotato, Sebastian, pensano di dargli una sorellina e adottano (non senza fatica), Jessica; la bambina che era stata trovata accanto al cadavere di Sir Hugo Barrington e sua figlia illegittima.

Giles invece è tutto preso dalla politica e dal suo seggio traballante alla Camera dei Comuni; mentre Sebastian subisce un attentato.

 

 

“Attento a quel che desideri. La Saga dei Clifton 4”  -HarperCollins- euro 12,90

 

Questo nuovo capitolo della saga si riallaccia agli interrogativi aperti nel libro precedente e vede Harry Clifton e la moglie Emma impegnati a indagare sull’attentato alla vita del loro figlio.

Ma sul tappeto c’è anche un’altra questione: perché il fidato presidente della Compagnia di navigazione Barrington ha dato le dimissioni improvvisamente?

Emma pensa di poterlo sostituire, ma sarà tutt’altro che facile, e mentre arranca in una società maschilista al massimo grado, culla anche il progetto di costruire un nuovo immenso transatlantico.

Intanto la figlia adottiva Jessica trova l’amore, è Clive Bingham rampollo della buona società che chiede di sposarla.

Tutto sembra perfetto… ma ad  inquinare le acque ecco apparire una vecchia amica della madre dello sposo che getta pesanti ombre sul matrimonio.

Preparatevi a lotte senza esclusione di colpi e subdoli intrighi per controllare la Compagnia di navigazione guidata da Emma……e arriviamo così alla fine degli anni 60 del 900.

 

 

“Più della spada. La saga dei Clifton 5”  -HarperCollins-   euro 12,90

 

Siamo negli anni 70 e le strade dei Clifton e dei Barrington continuano a intersecarsi con nuovi colpi di scena. Il potere di Emma vacilla quando una bomba dell’Ira sconquassa il nuovo piroscafo della Compagnia di Navigazione dei Barrington.

Intanto Harry è diventato  presidente dell’associazione degli scrittori e lancia una campagna per la scarcerazione  di uno scrittore dissidente russo; Sebastian fa una brillante carriera nella City londinese; e Giles Barrington è ministro, però mira a qualcosa di più.

E come sempre sono tanti gli ostacoli che l’autore mette sul cammino dei suoi personaggi.

 

 

“Quando sarà il momento. La saga dei Cliston 6”  -HarperCollins-   euro 12,90

 

Altri colpi di scena ed esiti inaspettati vi terranno incollati alle pagine del sesto appuntamento con la Saga dei Clifton.

Harry si trova alle prese con un mondo editoriale in cui i colpi bassi tra editori sono solo l’inizio. Lui è più che mai deciso a far liberare dal gulag il dissidente Anatoly Babakov  ed ha imparato a memoria il suo libro che cerca di far  pubblicare, dapprima a fatica con comparsate in tv e poi con inarrestabile successo..

D’altro canto Sir Gil Barrington si trova davanti a un pesante dilemma: deve scegliere se salvare la sua carriera politica o la donna di cui è innamorato, che è prigioniera oltre la Cortina di Ferro.

E tra le intricate vicende degli altri personaggi, Sebastian Clifton, diventato amministratore delegato della Farthings Bank, deve stare all’erta dalle insidie dei suoi rivali, Sloane e Mellor, che hanno la divorante ambizione di appropriarsi della banca. E poi è attratto da un’affascinante ragazza indiana che però se la deve vedere con i genitori che le hanno già scelto un marito.

E non si fermano  qui le sorprese che costellano oltre 500 pagine di puro piacere di lettura.

Un tunnel per far dimenticare il massacro del Nord

COMMENTARII  di Augusto Grandi / C’era una volta l’autostrada Asti-Cuneo da completare; e il collegamento del Terzo Valico da realizzare.

C’era una volta un collegamento ferroviario (abbastanza) veloce tra Torino e Venezia, a volte persino con il prolungamento verso Trieste. C’erano una volta le autostrade per raggiungere decentemente la Liguria. Una favola da raccontare ai nipoti, ormai. Perché tutto questo, al governo degli Incapaci, non interessa proprio per niente. Ora l’arma di distrazione di massa è il tunnel tra Calabria e Sicilia.

Un tunnel per far scordare i lavori imposti da De Micheli in piena estate per penalizzare il turismo in Liguria; per far dimenticare i collegamenti ferroviari diretti Est-Ovest cancellati per azzoppare l’economia del Nord; per far dimenticare i ritardi nelle opere infrastrutturali; per non far pensare ai disastri del prossimo autunno quando persino gli italiani riusciranno a capire che l’economia non riparte con gli aiuti a pioggia ma con investimenti strategici. E un tunnel futuribile non è l’investimento prioritario per lo sviluppo economico…

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Un tunnel per far dimenticare il massacro del Nord

 

“Se settemila centocinquanta euro vi sembran pochi…”

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PAROLE ROSSE  di Roberto Placido /…Provate voi a lavorar. Questa, con una piccola licenza, è una delle più belle strofe di una delle più famose canzoni del movimento operaio in lotta per la riduzione del lavoro a otto ore giornaliere. Mi è venuta in mente, in questo caldo e strano agosto, leggendo le notizie e le reazioni alla vicenda dei parlamentari e dei consiglieri regionali e comunali che hanno fatto richiesta dei contributi per i lavoratori autonomi con Partita Iva.

Questo fatto che ritengo gravissimo ed ignobile ha fatto venire meno la decisione che avevo preso e cioè di non scrivere nel mese di agosto. La richiesta che hanno presentata è stata giudicata da tutti, interessante al proposito il parere contrario e solitario del famoso giuslavorista Giuliano Cazzola https://bit.ly/2DXVO1q , assolutamente legittima, a causa di un provvedimento fatto con i “piedi”. Ma eticamente e politicamente inopportuna ed inaccettabile. Le scuse dell’urgenza sono infantili in quanto ci voleva una mezz’oretta ad inserire altri limiti. Così in attesa dell’elenco dei richiedenti sono incominciate a trapelare le indiscrezioni sui parlamentari e sui consiglieri regionali. Della Lega e del Movimento cinque stelle i parlamentari mentre per quanto riguarda i consiglieri regionali piemontesi, al momento la cosa riguarderebbe due della Lega, Matteo Gagliasso e Claudio Leone, ed uno del Partito Democratico, Diego Sarno di Nichelino, Torino, e da sempre vicino a Libera ed alle altre associazioni ad essa legate. Intanto si incominciano a delineare i diversi comportamenti e reazioni. Assoluto silenzio da parte degli eletti leghisti, d’altronde la Lega è l’unico partito che ha nel suo funzionamento alcuni tratti leninisti e che ha già fatto sapere che i parlamentari saranno espulsi ed i consiglieri regionali – Zaia in Veneto – non saranno ricandidati. Delle scuse incredibili e mortificanti, la classica toppa che è peggio del buco, da parte del consigliere regionale piddino. E’ stata la mia fidanzata che si esercitava nella sua professione di commercialista, pensavo non mi venissero concessi ed una volta ricevuti i contributi ho sottovalutato la cosa, li ho dati in beneficenza senza specificare estremi e beneficiario e dimenticando che la beneficenza la si fa con soldi propri e non con quelli pubblici, per di più ricevuti nei termini che sappiamo. Non che avrebbe cambiato la situazione ma avrebbe dato un minimo di sostanza a delle dichiarazioni offensive dell’intelligenza delle persone.

A queste dichiarazioni è seguito, in puro politichese, un comunicato dei segretari del PD, regionale Paolo Furia, provinciale di Torino Mimmo Carretta e cittadino di Nichelino, Antonio Landolfi, politicamente, se possibile, anche peggio di quello del diretto interessato. Di fronte ad un fatto del genere ci sono due sole strade, non certo l’autosospensione del diretto interessato che formalmente non ha valore: o il consigliere si dimette o il partito di appartenenza lo espelle. Non è questione di giustizialismo o garantismo ma di avere il senso etico della politica. L’impressione che ne viene fuori è di non capire o non voler capire la gravità dell’azione che è stata compiuta. Queste sono le cose che creano un solco sempre maggiore tra i partiti ed i cittadini e che porterà ad un plebiscito, unica incognita nella situazione del paese sarà quanti andranno a votare, ed a dire si al taglio dei parlamentari nel Referendum di settembre. Una riduzione demagogica, populista e che priverà intere regioni di propri rappresentanti in Parlamento. Ma tornando ai comunicati, a dimostrazione di una situazione in divenire e di qualche pressione che arriva dai territori, ventiquattro ore dopo arriva un altro comunicato, sempre del segretario del PD di Nichelino, che smentendo se stesso, insieme a quello di Moncalieri e di altri circoli, chiedono al consigliere Sarno un gesto chiaro ed inequivocabile. Questa vicenda la ritengo più grave di quella di “Rimborsopoli” che vide un centinaio di consiglieri di due legislature, 2005-2014, ricevere l’avviso di garanzia e poi molti di loro, solo due consiglieri non furono sfiorati dalle indagini, rinviati a giudizio e condannati. La legislatura e lo stesso Presidente Roberto Cota furono segnati da quanto successe.

La questione, ricorderete, fu l’utilizzo delle risorse dei gruppi consiliari in modo improprio e per l’acquisto di cose personali. La vicenda attuale è peggiore di “Rimborsopoli”, siamo di fronte a consiglieri regionali, ancora peggio per quanto riguarda i parlamentari, che percependo oltre settemila euro netti al mese, ecco il perché di quanto indicato nel titolo, presentano una domanda per ricevere un contributo di 600 euro al mese destinati a chi era in difficoltà a causa di una vicenda tragica che ha travolto tutto il mondo, il nostro paese e la nostra regione. Il Piemonte ha pagato fino ad ora un prezzo altissimo con migliaia di  morti, un’economia ferita, famiglie in difficoltà e decine di migliaia di posti a rischio. Ecco perché non sono accettabili scuse “pelose”, fantasiose e comunque avvenute dopo essere stati scoperti. Giustificazioni del tipo avrei potuto chiedere un altro contributo e non l’ho fatto da l’idea di chi non ha capito e non vuole capire. Lo stesso, estremo e disperato, tentativo del consigliere regionale del PD di dare vita ad un Comitato che si occupi dei lavoratori in difficoltà per le vicende legate al Covid 19 è surreale. Destinare sei mensilità al costituendo comitato ed invitare altri consiglieri regionali, che non hanno commesso comportamenti ignominiosi a fare lo stesso, ha dell’incredibile e dimenticando sempre che la beneficenza la si fa in silenzio e che quando si siede in un’assemblea legislativa ci si impegna e batte per far varare provvedimenti e leggi che risolvano quei problemi.

Ma la cosa singolare e che mi ha molto sorpreso, è che a presiedere un Comitato che difficilmente realizzerà qualche cosa ed al quale, sono certo, nessun altro consigliere regionale devolverà sei o anche una sola mensilità, si sia prestato una persona che conosco e stimo, l’ex procuratore Giancarlo Caselli. Ammettere una grave azione come quella fatta, odiosa e che ha colpito nel profondo per il modo in cui è avvenuta e per le condizioni di chi l’ha richiesto, dopo essere stati scoperti non è la stessa cosa che farlo prima. Il nostro paese è andato a chiedere solidarietà, contributi, si è ulteriormente indebitato per fare fronte alle necessità reali e non a quelle false di deputati e consiglieri regionali impegnatisi a svolgere il proprio mandato con disciplina ed onore. Di fronte a tutto ciò alle reazioni sdegnate di migliaia e migliaia di persone dalla “galassia”, o come la definisce qualcuno sottovoce la “lobby”, di Libera, Acmos, Benvenuti in Italia nessun comunicato o riflessione su quanto è successo, su come si scelgono i propri rappresentanti o riferimenti. Poteva e può essere l’occasione per riflettere su come assegnare nel modo migliore alloggi e beni confiscati alle mafie, se l’entusiasmo di centinaia di giovani è tutto genuino e spontaneo, come penso lo sia quella della stragrande maggioranza di loro, o se non ci siano anche lì “furbetti in carriera”. Non bastano le figure carismatiche e straordinarie del fondatore o di alcuni sostenitori prestigiosi ed un’azione meritoria a coprire tutto e tutti.

La stretta tardiva di Ferragosto

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / La ministra dell’Interno ha annunciato su tutti i giornali la stretta di Ferragosto, dopo aver allertato i prefetti di tutta Italia 

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Si tratta di una stretta tardiva. Quando denunciavamo, all’inizio dell’estate, gli ammassamenti in spiaggia e in alcuni locali, la movida selvaggia dei giovani, Il non uso delle mascherine, fummo presi a male parole . Ma era allora il momento nel quale si doveva stringere subito i freni.
I danni sono evidenti e il contagio cresce di giorno in giorno. Una vita normale non sarà possibile fino al vaccino.Non dobbiamo farci illusioni. Lo ha capito persino Zingaretti che brindava ai Navigli con spavalderia. Questa idea dobbiamo imprimercela bene nella mente. Anche il Piemonte, oltre alla Lombardia, ha dato dei risultati non buoni, a voler essere gentili. Lo smantellamento della sanità pubblica ha fatto sentire i suoi effetti in modo evidente. Saremo costretti a nasconderci dietro le mascherine per un tempo indefinito, il nostro lavoro sarà nell’incertezza a tempo indeterminato, andare in un ristorante sarà problematico per la nostra sicurezza perché il distanziamento non è osservato o forse non può essere osservato. Gli operatori del settore non sanno dare l’idea della sicurezza. L’atteggiamento di molti che cercano di vivere la vita secondo il “ carpe diem” e’ irresponsabile verso sè stessi  oltre che verso gli altri. L’egoismo personale e’ suicida e omicida allo stesso tempo ed e stupidamente asociale. Anche i giovani non sono immuni e molti giovani stentano a capirlo. Dovremo passare un Ferragosto in casa, non ci sono scelte. Niente movida e assembramenti. Per l’occasione ho riaperto la vecchia casa di vacanza dei miei genitori a Bordighera per trascorrere qualche ora di serenità e di nostalgia verso i tempi passati . La prudenza deve essere massima, sempre e ovunque. La stretta ferragostana della ministra serve a riempire le pagine dei giornali, non a dare sicurezza ai cittadini.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com

Ricordi spensierati dalle Valli di Lanzo

STORIE D’ALTRI TEMPI di Patrizio Tosetto / Giusto 60 anni fa le prime vacanze di cui ho un vaghissimo ricordo. In particolare della strada sterrata che portava a Tuberghengo frazione di Viu’,  Valli di Lanzo. Vacanze poverissime. Una stanza dove si dormiva in tre, mia madre cucinava e mangiavamo. Senza servizi ed un catino per lavarsi. Quanta felicità e spensieratezza in compenso. La sintesi tra felicità e spensieratezza era libertà, libertà assoluta.

Un mese di libertà assoluta. Alla casa si arrivava solo a piedi. Tanto non avevamo l‘auto e mio padre aveva solo la patente A. Si doveva tutto agli zii paterni e alla loro 1100 Fiat. Allora pensavo che l’unica auto al mondo fosse la Fiat. Unico svago serale era il film del lunedì. Tre km in discesa alla sola osteria nel raggio di chilometri, intampata nel fondo della vallata dove scorreva lo Stura.
Frazione Fubine, penso che non abbia mai visto il sole, forse dalle 12 alle 13. La felicità era il cornetto  Algida  ed il film in bianco e nero con mio padre provetto tarocchista. Il ritorno con i tre km in salita: reggevo per uno poi a cavalcioni del babbo e mi addormentavo. Ci si alzava alle 7 e 30 e subito colazione con il latte appena munto, prima bollito e poi servito con il cacao. Ho retto un anno e poi sono passato  al Te’, decisamente più leggero. I miei no, anzi erano decisamente contenti. Giusto il tempo di lavarsi i denti e poi via con la “ciurma” dai 5 anni ai 10. Meta’ locali e metà  villeggianti. Alle 12 e 30 ci si presentava per pranzo. Ripresa delle ” attività ” dalle 13 e 30 fino alle 19 . C’era un sentiero che portava a Viu’. Scendeva verso lo Stura risalendo verso l’altra sponda della valle.
Con il ponte si superava l’unica pozza d’acqua in cui non si toccava. Io ho pensato bene quasi di annegare. La salvifica mano di un amico è stata provvidenziale. Non sapevo nuotare.
Ricordo nidido. Certe cose non si scordano mai. Come la gioia quando ” Minin ” mi fece regalandomela una piccola gerla. Quelle grandi servivano ai montagnini da trasporto per il fieno. Le caricavano a dismisura. Ora io potevo imitarli. Altra grande passione era risalire il fiume, un po’ di sentiero ed un po’ tra le rocce che spuntavano dall’acqua. Scivolare era un classico, sapeva di avventura
Con lafantasia che galoppava ed io diventavo un capo Partigiano. Ovviamente. Conoscevo poco o niente delle diversità tra le brigate Garibaldi e Giustizia e libertà o i monarchici di Edgardo Sogno. Tutti i partigiani erano bravi e tutti i nazifascisti cattivi. E la piccola piccozza diventava un fucile. Del resto il Col del Lis era a due passi. Proprio due passi non direi, comunque andarci era un’altra avventura. A piedi sempre in salita pensando al ritorno in discesa. O con la corriera che partiva da Viu’. Pranzo al sacco con l’immancabile tonno con funghi Ghiotto e la borraccia militare che mio padre aveva comprato a Porta Palazzo contrattando sul prezzo. Gli chiedevo cosa era quella alta Torre.
In ricordo dell’eccidio partigiano, 2 luglio del 1944. La stele venne costruita nel 1955. Quasi un anticipo delle vacanze intelligenti. Dopo alcuni anni ci saremmo trasferiti dall’altra parte della
vallata. Molar Versino. Magari in una altra puntata . Per oltre 10 anni per me e famiglia le vacanze erano le Valli di Lanzo. Ricordo spensierato di anni spensierati. Nessun rimorso e tanti rimpianti di un tempo fantastico. Dove il ricordo ti riempie di gioia in questo presente con qualche nuvola in più. Non solo meteorologicamente parlando. Ricordi per la nostra anima e per il nostro corpo. Bei ricordi.

L’isola del libro. Speciale James Patterson

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

James Patterson   “Sporco ricco”   -Chiarelettere-    euro 18,60

 

Patterson, insieme al giornalista Tim Malloy e allo scrittore inglese John Connolly, ricostruisce la losca vicenda del magnate americano Jeffrey Epstein, accusato di violenza sessuale e morto in carcere a New York nel 2019, in circostanze misteriose.

Il  libro ha ispirato anche la docuserie Netflix che riporta a galla la brutta storia che ha visto coinvolti il finanziere e la sua cerchia di amici, usi ad adescare ragazzine per una manciata di dollari. Una rete di uomini ricchi e potenti, sesso, potere e perversione a volontà.

Hanno contorni oscuri e inquietanti l’ascesa e la caduta di Epstein, titolare di una società di consulenza finanziaria che curava gli interessi di grandi miliardari americani, condannato per violenza sessuale nel 2008 e di nuovo nel 2019 per reiterazione del reato.

Il libro fa luce sulla sfera pubblica e privata di quest’ uomo ricco e potente, spietato e malvagio, privo di scrupoli; amico di Donald Trump, Bill Clinton e Andrea Duca di York (fratello del principe Carlo d’Inghilterra).

Ma Patterson denuncia anche una buona parte di alta società, poteri forti e la giustizia americana che hanno minimizzato le malefatte di Epstein e l’hanno in qualche modo protetto. Una società moralmente corrotta in cui tutto è in vendita e contano soprattutto perversione sessuale e denaro.

 

 

James Patterson   “Luna di sangue”  -Tre60-    euro  14,90

 

Sono due i casi inquietanti di questo thriller ad alta tensione.

Qualcuno sta prendendo di mira coppie di sposini novelli in luna di miele e li uccide in modo spietato. La prima viene ammazzata in un resort di lusso ai Caraibi e poi via via il killer spezza i sogni e il futuro di altri innamorati. In circolazione c’è un assassino crudele e sulle sue tracce si mette l’agente dell’FBI John O’Hara.

L’altra indagine vede coinvolta l’agente speciale Sarah Brubaker che deve indagare sulla morte di vari uomini, da una parte all’altra del paese, che si chiamano tutti John O’Hara. Sarà un caso che si chiami così anche un uomo molto vicino al presidente degli Stati Uniti d’America?

 

 

James Patterson  “La First Lady è scomparsa”  -Longanesi –   euro 16,80

 

E’ un thriller politico con nell’occhio del ciclone niente meno che la Casa Bianca e i suoi principali inquilini.

Il presidente Harrison Tucker viene sorpreso dalle telecamere insieme alla sua amante, la giovane lobbista in carriera Tammy Doyle, ed è subito scandalo che pregiudica la rielezione per un secondo mandato. Ora più che mai, Tucker ha bisogno di avere al suo fianco la moglie; peccato che la First Lady non si trovi più, dopo che ha abilmente seminato la sua scorta.

Panico e subito scattano indagini serrate per scoprire che fine abbia fatto. Il delicato e difficile incarico di ritrovarla è affidato all’agente segreto Sally Grissom, una di quelle che sorvegliano sulla sicurezza del presidente.

E qui si intrecciano storie pubbliche e strettamente private di più personaggi. A partire dalle distrazioni presidenziali, l’insoddisfazione della First Lady che ritaglia solo per sé momenti di pace, ma anche la spregiudicatezza del capo di gabinetto Parker Hoyt, depositario degli scheletri nell’armadio del presidente e principale artefice della sua carriera politica fino al vertice. Non anticipo altro se  non che starete col fiato sospeso tra ricerche, scoperte di cadaveri, una temibile assassina prezzolata e tanto altro…

Se amate questo autore e magari siete rimasti un po’ indietro ecco altri due suoi libri:

 

James Patterson   “New York codice rosso”   – Longanesi –  euro 16,90

 

Patterson ha scritto questo thriller nel 2015 ma è nel 2019 che viene pubblicato in Italia e richiama un po’ la tragedia delle Torri Gemelle.

New York è sotto attacco, conta i morti e i danni di alcuni attentati. Dalle bombe esplose nelle stazioni della metropolitana a quelle nel quartier generale dell’FBI, dall’assassinio del sindaco alle manovre per mandare in tilt l’intera città bloccando traffico, comunicazioni ed illuminazione.

In azione entra Michael Bennet (protagonista di altri romanzi di Patterson), a capo delle complesse indagini per fermare l’ondata di odio verso la Grande Mela.

 

 

James Patterson   “L’ultimo sospettato”   – Longanesi –  euro 17,60

 

Questo libro rientra nella serie che vede protagoniste 4 donne fuori dal comune. Sono le amiche Lindsay Boxer di professione detective; la spregiudicata e brillante giornalista Cindy Thomas, caporedattrice delle cronaca nera al San Francisco Cronicle; Claire Washburn, direttrice dell’Istituto di Medicina legale; e  l’avvocato Yuki Castellano.

Quattro personaggi femminili alle prese con problemi ed equilibrismi tra carriera  e vita privata.

La Castellano si trova a gestire un caso insolito in cui il suo giovane e prestante cliente, Marc Christopher, dichiara di aver subito violenza sessuale dal suo capo, Brianna Hill, punta di diamante di una delle agenzie pubblicitarie più famose di San Francisco.

Nel mentre  il sergente Lindsay Boxer se la deve vedere con un serial killer che semina morte tra i senzatetto.

E il momento che fa da corollario alle varie vicende è l’abituale incontro delle quattro amiche in un locale vicino alla Corte di Giustizia, il MacBain’s the World Salon, punto di ritrovo delle Donne del Club Omicidi.

 

 

 

 

 

 

L’uomo di Pianaccio

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni/ Enzo Biagi di cui ricorre il centenario della nascita, ha avuto l’onore di ottenere un francobollo a lui dedicato, come lo ebbero pochissimi giornalisti, da Longanesi a Pannunzio.

La frase sul francobollo che evidenzia che Biagi si considerasse un uomo di Pianaccio, il paesino sull’ Appennino dove nacque, evidenzia, forse senza consapevolezza, il limite di Biagi che sicuramente aveva girato il mondo, ma era rimasto sostanzialmente un provinciale.

Era l’accusa che gli fece Giulio De Benedetti, il terribile direttore della “Stampa” che lo allontanò dal suo giornale. Molte delle pagine di Biagi appartengono, come ha scritto Dino Cofrancesco, al populismo moralistico ante litteram.  Cofrancesco vide il corrispettivo alto di Biagi in Barbara Spinelli, oggi del tutto scomparsa dalla scena. Il suo stile semplice, immediato, quasi guareschiano, senza avere il genio e la poesia dell’inventore di Don Camillo, gli consentì un larghissimo successo sia come giornalista, sia come uomo televisivo.

Sembrava uno di noi, mi disse una volta un amico non particolarmente colto, suo attento e appassionato lettore. Dicono che Biagi abbia raccontato il mondo e la vita, la politica e la quotidianità. Fu un fustigatore inflessibile degli altri, soprattutto quelli avversi alla sua parte politica, forse dimenticando che compito di un giornalista è quello di capire ed aiutare a capire e non quello di giudicare. Secondo Marc Bloch neppure agli storici è consentito di giudicare prima di aver capito, figurarsi ai testimoni del presente che vivono nella contemporaneità. Non so più chi lo definì il citazionista per il suo vezzo di infiocchettare i suoi articoli con citazioni più o meno dotte o popolaresche,una mania ripresa in maniera persino fastidiosa dall’incolto Mauro Corona che cerca così di avvalorare una cultura che non possiede. Gli scritti di Biagi sono facili facili, ma alla fine spesso sembrano quasi aria fritta.

Il populismo moralistico  ebbe in Biagi il suo Vate che << giudica e manda>>, quasi esclusivamente, quelli che non la pensano come lui. Il servizio televisivo Biagi, nell’ultima parte della sua attività, lo ritenne una sorta di pulpito dal quale lanciare scomuniche e sollevare polveroni polemici. Non ho mai approvato l’editto bulgaro di Berlusconi che rivelò anche in quella occasione di non essere liberale, ma certo non potevo neanche approvare Biagi che pontificava in Tv come neppure fece Giuliano Ferrara ,allora faziosissimo berlusconiano, dopo essere stato faziosissimo comunista e faziosissimo craxiano. Non ci sono confronti con l’equilibrio e il tatto di Sergio Zavoli che pure si dichiarò di parte e fu deputato e senatore.

Questo fingere di essere indipendente, rigorosamente indipendente e poi parteggiare è un altro limite di Biagi. Il giornalista non parla in nome dell’ opinione pubblica, ma semmai deve rispettare in primis le regole deontologiche del mestiere giornalistico che sulla carta sono molto rigorose, come nella pratica sono assai  poco rispettate. Il giornalista deve avere l’umiltà di ascoltare e di riportare le idee di tutti, senza escludere a priori nessuno. Non teorizzo l’utopia di un giornalismo obiettivo che non esiste e non è neppure possibile, ma sostengo la necessità di un giornalismo non preconcetto che sia aperto al pluralismo delle idee e dei giudizi morali che  per un giornalista sono accettabili sono in alcuni casi ben precisi e limitati. In altri casi il giornalista deve astenersi dal dare valutazioni morali per cui non ha l’autorità.

Nei giorni scorsi ho letto le celebrazioni del centenario e ho notato la mancanza di spirito critico. Certo fu uno dei giornalisti di maggiori successo, ma c’è da domandarsi cosa resterà di Biagi. Non a caso le celebrazioni avranno come punto di riferimento Pianaccio dove esiste un museo a lui dedicato. Enzo Bettiza, Oriana Fallaci e Giampaolo Pansa sarà impossibile dimenticarli, come forse anche Giorgio Bocca, ma su Biagi bisogna oggi invocare almeno una sospensione di giudizio. Di Biagi ricorre il centenario della nascita a tredici anni dalla morte e quindi c’è ancora un’aureola intorno a lui, sopravvissuta alla morte. Per Pannunzio, ad esempio,morto nel 1968 e ricordato nel centenario della nascita nel 2010, c’è stato il tempo di vedere ciò che era vivo e ciò che era morto della sua opera giornalistica e intellettuale. Per Biagi no.

Delle celebrazioni di amici e sodali non ci si può fidare, possono essere considerati al massimo dei materiali, in verità poco affidabili, per una storia del giornalismo che è cosa diversa dalle agiografie. Neppure Biagi si sentirebbe a suo agio nel ruolo di mezzobusto.Se aveva un sicuro pregio, era quello di rifuggire la retorica di cui sono piene le commemorazioni e le celebrazioni per il suo centenario e, ovviamente, non solo per il suo. Per altri versi, fu un buonista deamicisiano  di rito emiliano, a volte persino sdolcinato.

 

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De profundis del Financial Times per il turismo italiano

COMMENTARII  di Augusto Grandi / Il Financial Times recita il De Profundis per il turismo italiano. E di conseguenza, considerando il peso del settore sul Pil complessivo, il De Profundis per l’Italia in toto. Il quotidiano inglese neppure prende in considerazione la buffonata franceschiniana del bonus vacanze. Si limita a registrare che il blocco dei viaggi internazionali provoca danni al turismo del Bel Paese che non vengono compensati dai mancati viaggi all’estero degli italiani.

D’altronde, al di là dei sempre più gravi problemi economici delle famiglie italiane, le misure imposte dal governo degli Incapaci non hanno certo favorito il turismo. Treni che viaggiano con metà posti vietati, autostrade alle prese con lavori che creano code e ritardi, voli sempre più costosi. E poi, in spiaggia, regole assurde per impedire ai bambini di giocare ed agli adulti di godersi le vacanze. A questo si aggiungono i comportamenti degli operatori che hanno aumentato a livelli assurdi il prezzo di un giorno in spiaggia con ombrellone e sdraio, il prezzo di un aperitivo, di una cena al ristorante, di una bistecca in macelleria. Tanti, maledetti e subito…

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De Profundis del Financial Times per il turismo italiano

Addio a Zavoli, il “socialista di Dio”

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / E’ stato un nome mitico del giornalismo radiotelevisivo, a partire da quello sportivo. Il Giro d’Italia con Zavoli ebbe un ascolto e un  rilievo mediatico che non avrà più. Ha fatto anche grandi inchieste televisive, da quella sul fascismo a quella dedicata al terrorismo intitolata “La notte della Repubblica” che scandagliò nelle viscere gli anni di piombo. Dopo lo Zavoli giornalista ci fu lo Zavoli politico che non ha mai cessato di dirsi socialista, anche quando fu eletto come indipendente nel Pd  e nelle   precedenti sue denominazioni, ma  non fu mai vicino  al  PCI 

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L’ho conosciuto, era persona di estremo equilibrio, lontano mille miglia dalla televisione e dalla politica odierne. Era anche un uomo colto che amava la poesia. Una persona d’altri tempi che sapeva però essere ben ancorato alla sua epoca.  In tanti anni mai una parola fuori posto, mai una polemica inutile, per ottenere visibilità. Era talmente al di sopra  della  rissa politica che un tg, erroneamente, lo ha definito senatore a vita, un riconoscimento che Zavoli avrebbe meritato più di altri. E’ inevitabile accostare il suo nome a Enzo Biagi che il direttore de “La Stampa” Giulio de Benedetti umiliò e di cui il giornale attuale ripubblica gli articoli in una antologia. Zavoli e Biagi collaborarono insieme per tante iniziative. Ma balza subito all’occhio che Zavoli, pur schierato politicamente, mirava ad una certa  terzietà giornalistica, mentre Biagi,  apparentemente  non schierato, fu molto più polemico ed astioso. Zavoli non scrisse i mille libri di Biagi, quelli che ci ha lasciato erano meditati e curati. Conobbi Biagi e mi sembrò molto attento agli aspetti venali, si faceva pagare per presentare un suo libro, indice sicuramente della notorietà acquisita. Zavoli aveva un altro  stile  e un’altra personalità. Era il “Socialista di Dio“, per dirla con il titolo di un suo libro, un insieme di valori umanitari che lo riconducevano al socialismo dei professori e medici condotti, come diceva Spriano, con venature cristiane. Era un unicum. Simile a lui io ricordo solo il poeta Giacomo Noventa  i cui versi in lingua veneziana piacevano sicuramente a Zavoli. La televisione italiana perde un pioniere e un protagonista di eccellenza. Mario Soldati che fu uno dei creatori della Tv italiana, mi parlava con ammirazione di Zavoli vedendo in lui un collega importante. E in effetti oggi bisogna evidenziare senza retorica la grandezza di Zavoli. E’ stato un grande umanista che ebbe come valori la sacralità della vita e della morte  e fu un grande uomo. “ L’homo sum” di Terenzio è rivissuto in lui.
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