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L’isola del libro

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Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Willa  Cather   “Il canto dell’allodola”  -Fazi-  euro  18,50

E’ inedito in Italia questo romanzo scritto dall’americana Willa Cather (1873- 1947) nata in Virginia, poi trasferitasi con la famiglia nel Nebraska, dove visse a stretto contatto con gli immigrati cechi e scandinavi. Fu anche insegnante e giornalista: nel 1906 si trasferì a New York lavorando per il “McClure’s Magazine”e soggiornò a lungo in Francia, ad Avignone. Scrittrice prolifica pubblicò vari romanzi e vinse il Premio Pulitzer nel 1923 con “Uno dei nostri”. In America conobbe grande fama perché seppe dare voce alla gente di frontiera, raccontando il grande Ovest che conosceva bene, perché ci era nata e aveva insegnato a Pittsburg.

“Il canto dell’allodola” è la storia della giovane Thea Kronberg, nata nell’entroterra americano a inizi 900, a Moonstone nel Colorado: piccola cittadina al confine col deserto, popolata da emigrati europei in cerca di nuove opportunità.

La famiglia di Thea è di origini svedesi, figlia di un pastore metodista, quarta di sette fratelli, e la seguiamo a partire dai suoi 11 anni, mentre accudisce il fratellino ultimo nato, ma soprattutto prende lezioni di pianoforte da un maestro tedesco che l’ha particolarmente a cuore.

Thea è intelligente, sensibile e piena di entusiasmo, sa far breccia negli animi di uomini saggi come l’affascinante dottor Archie (incastrato in un matrimonio infelice) o far platonicamente innamorare di sé lo sfortunato macchinista Ray. E’ grazie a loro che spicca il volo verso Chicago, dove alloggerà in vari pensionati, farà lavoretti per mantenersi e prenderà lezioni di musica. Nella grande città ventosa e frenetica scoprirà che il suo vero talento non è per i tasti del pianoforte, ma per il canto.

La sua è la storia di «…una persona fuori dal comune in un mondo molto, molto comune», come intuisce ben presto il dottor Archie che la sprona a volare più alto. La bellissima parabola di come si può nascere da gente rozza e diventare migliore.

Pare che la storia di Thea sia ispirata all’incontro della scrittrice con la cantante Olive Fremstad, soprano e mezzo soprano famoso all’epoca, che cantò anche con Enrico Caruso ( pure lei svedese e nata nel Minnesota).

Willa Cather fu a sua volta un personaggio da romanzo che, secondo i biografi, ebbe un solo grande amore, l’amica  Isabelle McClung alla quale dedicò proprio “Il canto dell’allodola”.

 

 

Sylvia Townsend Warner  “Il cuore vero”   -Adelphi-   euro  18,00

Sylvia Townsend Warner (1893-1978) è stata un’importante scrittrice, nata e sospesa tra 800 e 900: vicina al primo per stile di scrittura, ma proiettata nel secondo per i temi trattati. Fu una donna decisamente anticonformista, femminista, visse 40 anni con la poetessa Valentine Acklad, lottò per i diritti degli omosessuali e combatté in Spagna nella Guerra Civile.

“Il cuore vero” rimanda al poema di Apuleio “Amore e Psiche” e narra la storia della 16enne orfanella Sukey Bond.

Una vicenda tristissima segnata dalla perdita dei genitori a 11 anni, lei primogenita e unica femmina di una nidiata di bambini che il destino sparpaglierà in adozione. Viene separata dai fratellini e mandata in orfanotrofio per 5 anni, poi spedita a servizio in una landa desolata e umida dell’Essex nel 1873.

E’ li che conosce e si innamora –ricambiata- del giovane Eric: biondo, svagato, inoffensivo e tenerissimo. Condividono l’amore per gli animali e la natura, ma lui non è come gli altri. Da tutti è considerato “un idiota”, malato di mente senza speranze di guarigione, reietto che la madre ha allontanato vergognandosene. Quando Eric ha l’ennesima crisi convulsiva lo allontanano da Sukey e sbattono lei in mezzo alla strada.

Ma è innamorata, combattiva e per niente disposta a rinunciare a quel legame. Il romanzo narra le sue peripezie e la sua battaglia per ritrovarlo, incluso un incontro nientemeno che con la Regina Vittoria.

Sono pagine che rimandano ai grandi scrittori vittoriani, come Thomas Hardy e la sua “Tess dei  d’Ubervilles”, ma con una modernità straordinaria. Sukey dovrà lottare contro la cattiveria delle altre servette, ma anche contro persone altolocate che irradiano insensibilità e spietatezza.

Una critica arguta che la Townsend fa delle signore dell’epoca che si ammantavano del buonismo di opere di bene per sentirsi più nobili, ma poi dei bisognosi se ne infischiavano altamente.

Pagine che possiamo decodificare come manifesto femminista, con l’eroina Sukey dal “cuore vero” che non si ferma davanti a nulla pur di trovare il suo Cupido. Un altro personaggio femminile che la Townsend ci ha lasciato dopo “Lolly Willowes” (Adelphi 2016), storia di una donna che diventa strega per sfuggire ai lacci della società degli anni Venti

 

 

Alessandro Robecchi  “I cerchi nell’acqua”  -Sellerio-   euro 15,00

Il protagonista dei romanzi di Robecchi, Carlo Monterossi -autore di televisione spazzatura e col pallino da investigatore casuale-  in questa avventura cede il primo piano ai due poliziotti Tarcisio Ghezzi e Antonio Carella, sullo sfondo di una Milano sotterranea che li vede impegnati in due indagini parallele, scandite in capitoli alterni.

Tarcisio Ghezzi, 60 anni e in odor di pensione dopo 40 anni «di onorato servizio, sposato con Rosa, niente figli, zero carriera, tanti chilometri per poco reddito…» ha in corso una sua battaglia personale e un torto da raddrizzare.

Antonio Carella è il collega più giovane, lavoratore instancabile che non va mai in vacanza oppure usa le ferie(ne ha una tonnellata da smaltire, ma proprio non è capace di fermarsi e riposare) per risolvere vecchi casi. E anche lui ha un fatto privato di cui occuparsi.

Entrambi sono sulle tracce di due ex detenuti. Quello di Ghezzi è il 66enne Pietro Salina, ladro maldestro e sfortunato, fuori dal carcere da qualche anno, che in passato è stato il protagonista del primo caso risolto da Ghezzi.

Invece Carella è alle costole di tal Alessio Vinciguerra, 39enne rammollito e un po’ ingrassato, ora di nuovo libero dopo neanche 5 anni di galera.

Inutile dire che i due poliziotti sono un po’ le pecore nere della questura, due cani sciolti con caratteri ed età diversi; in comune un forte senso di giustizia e l’empatia per le sofferenze altrui. Mentre conducono le loro battaglie private, intanto c’è un caso bollente da risolvere. L’omicidio dell’artigiano e famoso restauratore Crodi, picchiato a morte nel suo magazzino-laboratorio.

Un gran bel rebus che parte senza indizi: nessun segno di scasso né di furto, zero tracce o testimoni. Poi qualcosa si ingarbuglia, una signora della Milano super- bene muove le sue pedine e denuncia che nell’atelier non c’è più il suo preziosissimo orologio di epoca napoleonica, quello che Crodi doveva sistemare per la vendita niente meno che a Sotheby’s per 170.000 euro. Alla denuncia della madama seguirà un coro di altri clienti, in una bagarre anche mediatica che complicherà le cose…..

E il resto a voi scoprirlo tra continui colpi di scena e un filo sottile che segna il confine tra poliziotti e malavitosi, che forse a volte si può travalicare…

Stato di emergenza e libertà

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Lo stato di emergenza verrà prorogato dal presidente  del  consiglio al 31 dicembre 

La situazione attuale della pandemia in Italia, a meno che ci nascondano dei dati, difficilmente giustifica un provvedimento del genere. Dobbiamo essere tutti disciplinati e non possono essere ammessi comportamenti difformi dalle regole perché la salute e la vita sono valori prioritari.
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Ma non si può non pensare che una proroga del genere possa avere contraccolpi sulla democrazia e sulla libertà degli Italiani. Non basta una dichiarazione del presidente del Consiglio, ci vogliono motivazioni anche giuridiche e un voto del Parlamento come avvenne persino nella Repubblica illiberale di Ungheria. Non voglio mettere a priori in dubbio la buona fede di Conte, ma certo questo prolungamento allarma perché sarebbe un modo per prolungare la vita del governo per via sanitaria ed impedire di fatto libere elezioni. E’ meglio essere chiari subito prima di dover rimpiangere la perduta libertà che è un valore altrettanto importante rispetto a quello della vita, come ci insegna il Catone  dantesco e l’Ortis foscoliano, esempi dimenticati di un modo altamente etico di affrontare la vita con dignità.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com

Dove sono gli intellettuali italiani?

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Felice Balbo di Vinadio, uno dei pensatori e intellettuali italiani del secondo Novecento più liberi ed inquieti, diceva che è compito degli intellettuali quello di  vigilare e guardare lontano, impedendo alla nave di finire sugli scogli, non quello di dare una mano per disincagliarla

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Oggi siamo finiti sugli scogli e non si trova nessun intellettuale disposto a dare anche solo una mano. Un gruppo di oltre 150 intellettuali negli Stati Uniti ha avuto il coraggio di sottoscrivere un appello per difendere la libertà di opinione minacciata dalla nuova inquisizione del politicamente corretto che intende imbavagliare il dibattito presente e giudicare in modo manicheo e antistorico anche  il passato con l’abbattimento di monumenti.
I firmatari si riferiscono anche ad un settarismo femminista supponente e estremista che non abbiamo conosciuto neppure negli Anni 70 del secolo scorso. Anche in Italia è capitato qualcosa di simile con i monumenti a  Montanelli e persino al Conte Verde a Torino. In Francia sta manifestandosi con virulenza contro uomini del nuovo governo scelto da Macron una crociata molto aggressiva, spesso motivata da astio  polemico fine a se’ stesso. E’ la vecchia, intollerabile storia dell’ intolleranza manichea che spacca la mela in due parti: il Male e il Bene, senza comprendere che la realtà è fatta di tante sfumature che vanno dal bianco al nero, attraverso la scala dei grigi. Non esistono i Mali assoluti e i Beni assoluti nella storia umana. Certi valori appartengono solo a Dio, non agli uomini. Ma anche Dio e’ misericordioso oltre che giusto. Certe persone non sono giuste e non sono certo ne’ misericordiose ne’ comprensive. Queste considerazioni indurrebbero  alla prudenza, alla tolleranza, al comprendere prima di giudicare. Oggi in questo Paese esistono solo pochissime voci libere da Massimo Cacciari a Luca Ricolfi, da Dino Cofrancesco  all’esagerato, ma liberirissimo Vittorio Sgarbi. Solo Marcello Pera ha avuto il coraggio di stendere un appello in difesa del Parlamento di fronte ai decreti del Presidente del Consiglio che lo marginalizzavano. Un arcipelago di libertà nel mare del conformismo. Bisogna dire chiaro e forte che nessuna opinione, soprattutto quella più lontana dal nostro modo di pensare, può essere proibita. Le leggi che censurano le idee sono liberticide. E chi attraverso i giornali e le Tv impedisce un libero dibattito e’ complice della violazione dell’articolo 21 della Costituzione.  Le varie Lilly Gruber che invitano alla loro corte solo gli amici degli amici sono l’esempio del peggiore giornalismo. Oggi vengono persino censurate le lettere dei giornali, addirittura “La Stampa“  ha eliminato la rubrica delle lettere, lasciando in Cronaca un sempre più banale “Specchio dei tempi” che  anche lui censura le lettere scomode. E’ rimasto Internet  con i giornali e i social  che qualcuno vorrebbe ingabbiare . Ci stiamo accorgendo che stiamo correndo nel burrone di un regime ? Ma, al contrario degli Stati Uniti, sarebbe oggi impossibile trovare cinquanta donne e uomini di cultura capaci di denunciare una situazione in cui la libertà e’ minacciata. In passato c’erano Bobbio, Ceronetti  Montanelli, Ostellino, Barone, Colletti, Venturi, Luraghi, Casalegno, tanto per citare qualche nome. Oggi prevale il silenzio che in una società in crisi come questa è sempre preoccupante perché in questo silenzio diventa assordante il grido scomposto dei populisti e dei demagoghi. L’esempio degli intellettuali d’Oltre Oceano andrebbe seguito anche in Italia, un paese che sta affogando nella demagogia che già Platone denunciò con fermezza in una sua celebre pagina. Ma qui non c’e’, come in Platone, un eccesso di libertà, ma una sua  sempre crescente mancanza, con un Travaglio sempre più accigliato che, novello Caronte, “ giudica e manda“.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com

EcoTyre, l’azienda che dà nuova vita agli Pneumatici Fuori Uso

Rubrica a cura di ScattoTorino

L’Economia Circolare, per EcoTyre, è il valore fondante sul quale si basa l’attività svolta quotidianamente. Fin dal 2011 il suo Presidente e fondatore Enrico Ambrogio opera per garantire la corretta gestione degli Pneumatici Fuori Uso, collaborando con prestigiose associazioni ambientaliste. A dimostrazione della competenza e della professionalità che da sempre lo contraddistingue, il consorzio conta 789 soci composti da produttori e importatori di pneumatici. ScattoTorino ha incontrato Enrico Ambrogio, imprenditore che con lungimiranza e sensibilità ha trasformato un settore di nicchia e potenzialmente inquinante come quello degli PFU in un comparto che opera per la sostenibilità ambientale. Le enormi quantità di Pneumatici Usati che diventano rifiuto quando vengono sostituiti con altri nuovi, sono un problema complesso da gestire e da non sottovalutare a livello di impatto ambientale. Grazie ad EcoTyre vengono raccolti e gestiti per diventare una risorsa.

Ci parla della sua esperienza e ci presenta EcoTyre?

“Professionalmente sono cresciuto e mi sono formato in Ambrogio Trasporti, la società di famiglia fondata nel 1969 dai fratelli Ambrogio, tra cui mio padre, che si occupa di trasporto intermodale strada-ferrovia e che dispone oggi di un network europeo privato con 6 terminal ferroviari e una flotta di 400 carri e oltre 1.300 unità intermodali. Il mio obiettivo è sempre stato di essere all’avanguardia nella logistica e nell’attenzione posta verso l’ambiente, perché credo che soltanto investendo sulla sostenibilità si possa garantire lo sviluppo e la continuità di un’azienda. Ambrogio Trasporti è tra i 789 soci aderenti a EcoTyre, un consorzio con sede a Vinovo che opera in tutta Italia e che dal 2011 si propone di raggiungere un livello di eccellenza nella gestione degli Pneumatici Fuori Uso, detti PFU. La nostra visione è di combinare il migliore servizio logistico possibile con la migliore soluzione ambientale possibile”.

ripescaggio pneumatici EcoTyre

Lo sviluppo di EcoTyre è stato basato su 2 fasi: quali?

“Nei primi anni 2000 sono gradualmente entrate in vigore numerose direttive europee basate sull’Extended Producer Responsibility. Una serie di norme ambientali che hanno trasferito a chi immette o vende un bene sul mercato la responsabilità di assicurarne anche il ritiro ed il riciclo una volta arrivato a fine vita, facendosi carico dell’organizzazione, della gestione e dei relativi costi. Qui è nata l’intuizione di sviluppare la Reverse Logistics ovvero la Logistica di Ritorno di materiali e prodotti giunti a fine vita oppure scartati o resi perché non più utilizzabili. In questa, che possiamo definire la fase 1 di EcoTyre, mi sono reso conto che era fondamentale offrire al mercato un servizio di qualità, organizzato, efficiente, funzionale e sostenibile a livello economico. Unendo l’esperienza logistica con quella ambientale è stata quindi creata una rete di raccolta, costituita da partner logistici selezionati e continuamente formati e da impianti di trattamento anch’essi selezionati e formati, in grado di garantire il ritiro gratuito di PFU presso oltre 12.000 punti, rappresentati principalmente da gommisti, officine, concessionarie auto”.

E la fase 2?

Oggi circa il 50% della gomma riciclata viene triturata e poi utilizzata come combustibile per produrre energia alternativa ai combustibili fossili in impianti industriali, come ad esempio nelle cementerie; l’altro 50% viene granulato ed utilizzato per intasi per campetti da calcio sintetici o prodotti in gomma come ad esempio piastrelline o manufatti elastici. Nella seconda fase in EcoTyre ci siamo chiesti come potevamo migliorare la situazione attuale e quale fosse il massimo obiettivo ambientale possibile. Abbiamo trovato la risposta nell’Economia Circolare: riutilizzare il materiale derivante dalla triturazione di un PFU per produrre un altro pneumatico. Questo è l’obiettivo del progetto di Ricerca e Sviluppo che abbiamo lanciato nel 2017 denominato “da Gomma a Gomma”. Per tre anni, insieme ad alcuni partner tecnici, anche in questo caso prevalentemente aziende e laboratori Piemontesi, abbiamo studiato in maniera approfondita le Best Available Technologies ed i processi attualmente in uso presso i migliori impianti di riciclo di pneumatici, mettendo a punto processi e tecnologia per riutilizzare la gomma contenuta nello pneumatico esausto giunto a fine vita e produrne uno nuovo”.

Da Gomma a Gomma quindi è un caso di vera economia circolare applicata?

EcoTyre coordina questo progetto che vede la presenza di tutti i soggetti della filiera, dalla raccolta del PFU fino alla produzione di un altro pneumatico nuovamente utilizzabile. Negli anni insieme ai nostri partner siamo riusciti a mettere a punto un processo industriale che consente di utilizzare granulato di vecchi pneumatici per realizzarne di nuovi. Si tratta di un caso probabilmente unico al mondo che potrebbe rivoluzionare la sostenibilità del settore perché́ consentirebbe la riduzione delle materie prime utilizzate, con evidenti effetti positivi sull’ambiente. I primi pneumatici denominati “verdi” sono stati testati su 20 camion che hanno percorso l’Italia coprendo una distanza complessiva di oltre un milione di chilometri. Il test comparativo ha dato ottimi risultati in termini di usura e di tenuta di strada e non si sono riscontrate differenze sostanziali tra i copertoni tradizionali e quelli contenenti PFU. Il processo, che è innovativo, si articola in tre fasi: la realizzazione di un granulato di gomma riciclata studiato ad hoc con caratteristiche specifiche, la devulcanizzazione del granulato per rendere nuovamente utilizzabile la gomma granulata a fine vita e lo studio e la messa a punto di una nuova mescola capace di ottimizzare le caratteristiche della nuova gomma. Ad oggi siamo nella fase di pre-industrializzazione, ma sono già in fase avanzata di sviluppo altri progetti e partnership con primarie aziende del settore per estendere il progetto ed auspicabilmente avviare la produzione per aumentare la disponibilità di pneumatici verdi”.

Diamo qualche numero?

“EcoTyre conta 789 soci attivi, 109 partner logistici autorizzati e specializzati e 21 impianti di riciclo autorizzati. In Italia la nostra rete gestisce circa 1 PFU al secondo. Dal 2011 ad oggi abbiamo effettuato circa 200.000 ritiri ed avviato al recupero circa 400.000.000 kg di PFU, il tutto in maniera sempre trasparente, tracciabile e documentabile”.

EcoTyre presidente pneumatico

Il vostro sito è chiaro e dettagliato. Un’ulteriore attenzione agli interlocutori?

La trasparenza è un valore fondamentale per EcoTyre. Crediamo che sia importante mettere a disposizione dei soci, delle autorità preposte al controllo e più in generale di tutti i coloro che fossero interessati, tutte le informazioni utili e soprattutto aggiornate relative all’attività svolta. Siamo stati i primi in Italia, con il progetto EcoTyre live, a rendere visibili sul nostro sito https://www.ecotyre.it, un’apposita sezione dedicata ai principali dati di raccolta, mappa dei ritiri, livello di servizio, tipologia di raccolta ed altro ancora con l’obiettivo di essere costantemente aggiornati e, allo stesso tempo, evitare lo spreco di carta e inchiostro. Quest’anno abbiamo introdotto una novità: anche nel nostro Annual Report abbiamo inserito alcuni QR code tramite i quali è possibile collegarsi alle varie sezioni EcoTyre live presenti nel nostro sito”.

PFU Zero è un progetto interessante. Quali azioni attuate in tal senso?

“PFU Zero è il progetto che racchiude tutta la nostra attività straordinaria e volontaria che consiste nella sensibilizzazione del settore, dei cittadini e delle scuole per far conoscere e capire come funziona la filiera e come ci si deve comportare per evitare impatti ambientali negativi. Come ho già sottolineato, il ritiro degli pneumatici è gratuito per legge, quindi tutti gli automobilisti che sostituiscono pneumatici usati hanno il diritto di lasciarli presso il punto smontaggio dove verranno presi in carico da soggetti come EcoTyre. Non c’è quindi alcun motivo di abbandonarli nell’ambiente. Sensibilizzazione ed educazione ambientale sono da sempre tra i nostri obiettivi. Per questo abbiamo avviato numerose collaborazioni con partner come Legambiente, Marevivo, FAI Fondo Ambiente Italiano, Let’s Clean Up Europe e Kyoto Club. Insieme mettiamo in atto delle iniziative volontarie in cui spieghiamo all’utenza e al pubblico che esiste questo tipo di raccolta e come funziona, che ogni pneumatico è riciclabile al 100% e, soprattutto, che è inutile abbandonarlo nell’ambiente. I nostri sforzi sono stati notati e di recente EcoTyre si è aggiudicata il Premio L’altro Pianeta, il riconoscimento ad iniziative degne di menzione in campo ambientale che ogni settimana Laura Bettini e Carlo Gabardini conferiscono nel corso della trasmissione Si può fare in onda tutti i weekend su Radio 24 sull’ambiente, la sostenibilità e lo sviluppo sostenibile”. Grazie al progetto PFU Zero sono già stati recuperati ed indirizzati alla corretta filiera circa 2.100.000 PFU”.

Torino per lei è?

Per me rappresenta la radice. Ho viaggiato tanto per il mondo, ma sono legato al territorio piemontese e a Torino. Mi immedesimo perfettamente con la mentalità e la cultura della zona”.

Un ricordo legato alla città?

“Il cambio di visione e la consapevolezza che abbiamo avuto nel post Olimpiadi del 2006 che ci ha fatto capire quanto sia importante la valorizzazione del nostro immenso patrimonio storico, artistico e culturale cittadino e di conseguenza essere più aperti all’internazionalità ed al turismo”.

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Ph: Belen Sivori

Morricone a proposito di monarchia e Risorgimento

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / In morte di Ennio Morricone è uscita sui giornali anche  questa sua dichiarazione : “Piansi anche per il Re, quando perse il referendum e fu costretto all’esilio. Per me la Monarchia era l’Italia del Risorgimento, che finiva per sempre”

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Morricone era del 1928 e nel 1946 aveva 18 anni. Espresse un giudizio non positivo sul vecchio re Vittorio Emanuele III, ma giunse a dire che aveva pianto per Umberto II, il nuovo re che aveva suscitato tante speranze e che aveva comunque raccolto quasi 12  milioni di consensi.  Morricone  era un giovane, non era un vecchio ufficiale o un nobile legato alla corte sabauda  Mio nonno che aveva combattuto nella Grande Guerra pianse,nel 1947 all’annuncio della morte in esilio del Re del Piave, come lo definiva lui.
Morricone invece era un giovane che aveva vissuto consciamente le tragiche vicende italiane tra il 1943 e il 1945. Espresse un giudizio appassionato  sul nuovo Re che lo accomuna  idealmente ai giovani di Via Medina a Napoli che nel giugno del 1946 testimoniarono con la vita il loro attaccamento a Casa Savoia. Ma soprattutto e’ importante la seconda parte del suo pensiero  che identificava la Monarchia con il Risorgimento. Era il pensiero di un giovane, forse neppure molto colto in fatto di storia: concluderà infatti   i suoi studi musicali al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma proprio nell’ ottobre 1946. Quell’identificare la Monarchia con il Risorgimento era di alcuni grandi spiriti da Benedetto Croce a Luigi Einaudi. Francesco Carnelutti, Giorgio De Chirico, Anna Magnani, Maria Montessori , Padre Pio votarono per la Monarchia al referendum. Votò per il Re  persino il giovane  Eugenio Scalfari che aveva esordito sui giornalisti fascisti della capitale e che scrisse di aver obbedito a Croce in quella scelta istituzionale. Il grande storico di idee repubblicane Rosario Romeo nel suo libro “Dal Piemonte sabaudo all’Italia liberale“ colse quella linea di continuità espressa in maniera semplice e immediata  da Morricone. Se penso alle  semplificazioni storiche, ridotte a battute di varietà,scritte di recente da Alessandro Barbero su Vittorio Emanuele II nel Bicentenario della nascita, constato come quella certa idea di Risorgimento non sia stata capita  da chi pure  pretende di farci costantemente  lezione, come e’ solito fare  il professore dell’Universita’ di Vercelli. Certo, c’è stato anche un Risorgimento repubblicano: Mazzini, Pisacane, Cattaneo, Ferrari. Fu gran cosa sotto il profilo etico, ma falì sul piano politico perché l’idea di unire l’Italia non poteva realizzarsi con la creazione ex novo di una repubblica ì, come già aveva intravisto tanti secoli prima  Machiavelli. Ci fu infatti anche chi come il repubblicano Garibaldi  mise la sua spada al servizio della Monarchia perchè essa era il fulcro su cui far leva per realizzare l’ unità d‘Italia. Francesco Crispi disse che la Monarchia ci univa e che la Repubblica ci avrebbe diviso. Un grande della musica novecentesca seguiva più o meno consciamente Giuseppe Verdi che fu anche patriota del Risorgimento. Poi Morricone fu tanto altro. Era  anche molto amico Mario Pannunzio e di sua moglie Mary. Una volta al Caffè Greco di Roma in via Condotti me lo  fece conoscere e il maestro si interessò del nascente centro Pannunzio, molto interessato perché c’era con noi anche il suo amico Mario Soldati. Avrei desiderato conferirgli il Premio Pannunzio, ma non fu possibile per i suoi tanti impegni internazionali. Mi deluse un po’ quando sostenne con forte partecipazione   nel 2007 Walter Veltroni, una meteora politica piuttosto inconsistente, ma Morricone va ricordato e celebrato essenzialmente  per il suo genio musicale e la sua umanità. Fu un grande della musica, ma fu anche grande umanamente. Cosa rarissima. La politica in fondo non ha nessuna importanza per un personaggio che ha speso la sua vita nell’arte più universale qual è la musica.

Le zanzare non sono solo un fastidio, possono trasmettere malattie

Rubrica a cura di IPLA – Istituto per le Piante da Legno e per l’Ambiente 

Tutti sappiamo che le zanzare sono un enorme fastidio. Basta averne una in camera durante la notte per trovarsi al mattino con punture e con gli occhi pesti per la nottataccia. Eppure il principale fattore che dobbiamo considerare è che le zanzare (almeno alcune specie di esse) possono trasmettere malattie all’uomo e agli animali. E’ proprio per questo motivo che il progetto di lotta, realizzato dall’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente (IPLA SpA), viene finanziato dall’Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte.
Le azioni di lotta si concentrano contro le specie di zanzare che possono essere vettrici di patologie.

La febbre del Nilo viene trasmessa dalle zanzare

Ecco allora di seguito un approfondimento su una delle patologie più importanti e pericolose: la West Nile (febbre del Nilo). Più nello specifico con il termine generico di West Nile, letteralmente “Nilo Occidentale”, si indicano due diverse malattie, provocate dal medesimo agente, la Febbre del Nilo Occidentale o West Nile Fever (WNF) e l’omonima malattia neuroinvasiva, nota come West Nile Neuro Disease (WNND).

Il WNV è mantenuto in natura da un ciclo primario di trasmissione zanzara-uccello-zanzara: le zanzare si infettano pungendo uccelli che sono portatori del virus. Il virus, una volta ingerito, è in grado di diffondersi nell’organismo della zanzara, dove si moltiplica per poi essere trasmesso all’ospite vertebrato. Il ciclo epidemico si manifesta quando, a causa di particolari condizioni ecologiche, il cavallo e l’uomo entrano nel ciclo di trasmissione e sono interessati dall’infezione. In questo caso non è possibile il passaggio uomo-zanzara-uomo, l’uomo è definito “ospite cieco”.

Quali sono i sintomi?

Nell’uomo, nell’80% dei casi, l’infezione è asintomatica. I sintomi, quando presenti, sono simili a quelli di una sindrome simil-influenzale e sono costituiti da: febbre, cefalea, linfoadenopatia, sintomi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea), dolori muscolari e articolari, dispnea e rash. Le forme sintomatiche più comuni si manifestano dopo un periodo di incubazione che va dai 2 ai 14 giorni (fino a 21 nei soggetti immunodepressi). Generalmente la fase acuta della malattia si risolve in una settimana, ma può permanere a lungo uno stato di debolezza. Solo in meno dell’1% dei casi si presenta una grave sintomatologia neurologica. Attualmente non esiste una terapia specifica né una vaccinazione a uso umano.

Contrastare la diffusione delle zanzare

La prevenzione consiste essenzialmente nel proteggersi dalle punture di zanzare ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente. E’ consigliabile, a titolo di esempio:

  • usare repellenti e indossare pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto;
  • usare zanzariere alle finestre;
  • svuotare di frequente i vasi di fiori o altri contenitori (per esempio i secchi) con acqua stagnante per evitare di allevare zanzare;
  • cambiare spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali;
  • tenere le piscinette per i bambini in posizione verticale quando non sono usate;
  • eliminare possibili ristagni di ogni genere.

IPLA, in caso di segnalazione di casi positivi, ha il compito di intervenire per informare la popolazione e fare azioni che possano ridurre in loco la riproduzione e la presenza delle zanzare, riducendo il rischio di passaggio del virus dalle zanzare infette all’uomo.

Nel 2018, in Italia (così come in altri Paesi dell’Europa centro-meridionale) è stato registrato un notevole aumento della circolazione del WNV. Complessivamente sono stati segnalati 606 casi umani confermati di infezione. Di questi, 239 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva (WNND) in 6 Regioni (Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Veneto), 299 casi come febbre confermata (WNF) e 68 identificati in donatori di sangue asintomatici. Inoltre, nel 2018, tra i casi neuro-invasivi, sono stati registrati 49 decessi (Fonte: Epicentro – Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica, a cura dell’Istituto superiore di sanità: dati epidemiologici in Italia).

Com’è la situazione in Piemonte?

Nella nostra regione la prima positività è stata segnalata nel 2014. Da allora ogni anno molte province sono interessate dalla circolazione del virus che ha avuto, come nelle altre regioni d’Italia, un picco nel 2018 dove vi sono stati 56 casi sintomatici confermati nell’uomo.
Il monitoraggio sulla circolazione del virus si svolge catturando periodicamente le zanzare, tramite l’uso di trappole ad anidride carbonica posizionate su tutti i quadranti regionali e analizzando l’eventuale presenza del virus che per ora, nel 2020, non è ancora stato rilevato. Negli scorsi giorni si è concluso il terzo turno di sorveglianza entomologica della stagione sulla circolazione dei virus West Nile nel Cuneese, Biellese, Monferrato e Torinese settentrionali, Alessandrino occidentale, Vercellese meridionale e Astigiano. In 32 stazioni sono stati catturati 2.598 esemplari di zanzare raggruppati in 74 pool che sono analizzati dall’IZS di Torino. In prossimi approfondimenti parleremo di altre patologie trasmesse da altre specie di zanzare, che dobbiamo tenere sotto controllo per ridurre al minimo i rischi.

Alassio tra i piaceri della vita e la religiosità

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Sono ormai da alcuni giorni tornato in uno dei miei luoghi di villeggiatura preferiti da sempre . Quando con la mia famiglia andavo in vacanza a Bordighera,la mia tendenza – più che spostarmi nella vicina Costa Azzurra come facevano tanti-era di andare ad Alassio dove colsi per la prima volta, ragazzino, cos’era la gioia dell’estate

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Mio zio mi invitò al mitico Grand Hotel dove era solito scendere in compagnia della “segretaria” perché anche in vacanza non poteva staccare dal suo lavoro  d’avvocato. Così mi diceva mio zio per giustificare ai miei occhi quella presenza  ed ebbi inizialmente  un’idea non bella di Alassio  dove si doveva lavorare anche in vacanza, come a volte faceva mio Padre, ma in modo molto serio. Poi capii, vedendo la segretaria in  un bikini ridottissimo, che lo zio non lesinava sui piaceri della vita, malgrado fosse sposato.
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Da allora identificai Alassio con la gioia dell’ estate e la trasgressione.Una città favorevole ai piaceri, avrebbe detto Gozzano, espressa dalla gioia fantasmagorica e scintillante   dei colori della pittura di Mario Berrino, il demiurgo delle estati e del turismo alassini. Le vicende forse non casuali della vita mi hanno portato a vedere in Alassio quest’anno un elemento di svolta della mia vita, con un ritorno alla pratica della fede cristiana  che spero che Dio  mi dia la forza di mantenere con coerenza. Un grande sacerdote alassino pieno di umanità e di comprensione cristiana  mi ha aperto l’anima. Una scelta meditata e sofferta, nata nei mesi della pandemia, anche attraverso la rilettura del grande libro del Manzoni e la riflessione su alcuni dei miei più grandi amici della mia vita, da Giovanni Ramella a Valdo Fusi, per non parlare del cardinale Ravasi con cui intrattengo da anni un rapporto molto importante. Anche il torinese -alassino Roberto Baldassarre nella sofferenza della malattia e nel suo coerente e mite  coraggio cristiano mi ha stimolato delle  utili riflessioni. In effetti Alassio ha una grande tradizione religiosa, è la città il cui santo patrono è sant’Ambrogio che viene festeggiato con una solenne processione, così  come viene altrettanto solennemente festeggiata Sant’anna in luglio. Ricordo la grande emozione che ebbi Quando nel 2007 dopo la Messa Solenne celebrata dal Vescovo di Albenga il sindaco Melgrati mi insignì dell’Alassino d’oro, lo stesso anno in cui Mario Berrino volle la mia firma sul Muretto di Alassio. Da un po’ di tempo penso ad Alassio non più allo stesso modo di prima. Ho ripreso in mano alcuni libri dell’alassino Sergio Quinzio, il primo biblista laico italiano, che conobbi in passato.  Era stato ad Alassio allievo dell’ istituto salesiano dove avevo passato una vacanza estiva, quando avevo superato l’esame di ammissione alla scuola media nell’istituto salesiano “San Giovanni Evangelista“ di Torino. Era un credente e un intellettuale di grande caratura morale e culturale, un’anima lunga, di quelle che lasciano il segno, un profeta nei tempi bui  di  grandi affanni e  di confusione. Avevamo un amico in comune, Guido Ceronetti. Ambedue, Quinzio e Ceronetti, non si lasciarono sedurre dal ‘68, ma seppero andare controcorrente. Due esempi per me fondamentali, come quelli di Aldo Garosci e di Franco Venturi. Una volta Quinzio mi disse che il nichilismo lo abbiamo ormai alle nostre spalle perché di fronte abbiamo solo il nulla. Il tema del nichilismo e del relativismo mi ha sempre lasciato perplesso. In essi non c’è nulla di laico. Le posizioni di Vattimo non mi hanno mai convinto. Il suo pensiero debole era  e si è dimostrato molto labile. Solo Maurizio Ferraris  rappresenta un qualcosa di importante, ma ha seguito la sua strada andando oltre Vattimo. Nella babele odierna bisogna costruire qualcosa di solido, non ci si può trastullare nei piaceri della quotidianità, oggi insidiata da una situazione drammatica. Riandare alla fede dei Padri ,come diceva Bobbio,è un’opzione che ho ritenuto necessaria . La dimensione religiosa è parte integrante della vita che non può ridursi ad essere vissuta nella banalità quotidiana. Tornare al Vangelo significa tornare alla vita, trovando una ragion d’essere  al dolore e dando un senso anche  alla morte. Nei mesi passati abbiamo rischiato la morte e solo chi è superficiale non l’ha capito e non ha neppure colto il valore della vita. Quest’estate ho ripreso a leggere Quinzio,  sicuramente l’intellettuale alassino più significativo in assoluto ricordato da una lapide sul palazzo del Comune. Mi ritornano anche  alla mente le tante discussioni passate con il mio vecchio amico Giovanni Fornero ,il filosofo erede di Nicola Abbagnano. Noi parlavamo di religione,di fede,di laicità e di laicismo. Abbiamo passato ore a discuterne con passione . Negli anni ciascuno di noi ha maturato scelte diverse. Fornero ha appena pubblicato un poderoso libro sulla “  Indisponibilità e disponibilità della vita: una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e dell’eutanasia volontaria“ in cui il filosofo torinese che ha studiato a fondo anche la bioetica cattolica e laica, prende aperta  posizione, dopo anni in cui si era limitato ad analizzare con grande  intelligenza critica tesi diverse. Una scelta di coraggio senza dubbio, molto illuminante, ma di fronte a cui sono perplesso perché ritengo non da oggi che la vita non sia solo nella disponibilità dell’uomo, ma sia un dono di Dio. Un’idea che aveva anche Bobbio che non a caso era contrario all’aborto. La durezza dei tempi che siamo condannati a vivere deve portarci a vedere la vita in modo diverso. Gli anni delle amenità e dei piaceri purtroppo sono finiti. Almeno per chi appartiene alla mia generazione che ha avuto il privilegio di vivere nella pace e nel benessere fin dalla nascita.
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La sòtola, una parola dai molteplici significati

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

La sòtola. La trottola, un tempo di legno, gioco antichissimo per bambini, ma anche per adulti. La parola piemontese deriva (vedi REP – Repertorio Etimologico Piemontese) “dal latino SALTĀRE: ballare, saltare, balzare…”.  Interessanti i significati che assume oltre al gioco, di “donna leggera” e di “testa” come nei modi di dire: “esse lord come na sòtola” (essere stordito, avere il capogiro, ma anche essere incostante); fè giré la sòtola (far girare la testa);  lustré la sòtola  (tagliare i capelli) ecc… .

(Vedi: Domenio Musci, Còse ëd na vòlta, Torino, Il Punto/Piemonte in Bancarella, 2015;  Gianfranco Gribaudo, Ël Neuv Gribàud. Dissionari piemontèis, Torino, Daniela Piazza, 1996).

Frenesia dell’estate e pandemia

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Mario Soldati parlava della frenesia dell’estate, della voglia di sole, di mare, di sesso  che con il caldo diveniva sfrenata  gioia di vivere. Erano anni liberi e felici. Quelli che ad Alassio Mario Berrino aveva definito della “Gran Cagnara“  estiva 

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Non è questa purtroppo  la prospettiva che ci troviamo di fronte quest’anno. Almeno le persone responsabili non possono lasciarsi andare alla vita spensierata di un passato che forse almeno per molti di noi non tornerà mai più. E’ triste dirlo, ma purtroppo forse è proprio così. L’ ultimo  fine settimana in quasi tutte le città e  soprattutto nelle località marine  ha rappresentato una forte criticità che va denunciata con fermezza e preoccupazione. Il distanziamento sociale non è stato rispettato e l’uso delle mascherine sembra diventato un optional.
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Nelle  farmacie hanno registrato un calo nelle vendite delle mascherine, rimaste introvabili per mesi. Siamo in un momento in cui risale il contagio e c’e’ troppa gente irresponsabile che mette in gioco la salute propria e quella degli altri. Il rispetto della vita nostra e degli altri – va ribadito con forza –  è un valore a cui  non possiamo e non dobbiamo rinunciare. Troppi stupidi  ribaldi circolano indisturbati e il caso del manager veneto tornato dall’estero che ha infettato persone in modo irresponsabile, grida vendetta. E‘ un esempio di  cretineria   e di disprezzo della comunità in cui si vive,  che va sanzionato, senza se  e senza ma. Dobbiamo tutti darci una regolata perché quest’anno bisogna convivere con il virus, senza illuderci di essere usciti dal tunnel. Nel budello di Alassio domenica  c’erano persone ammassate e senza mascherina. E parliamo di una città vistosamente toccata dal Coronavirus alla fine di febbraio. Persino  Zingaretti, il segretario del Pd e il peggiore presidente di Regione, secondo il Sole 24 ore, ha tardivamente capito che  oggi bisogna stare molto attenti. Qualche mese fa parlava di ritorno alla normalità ,andando spavaldamente e irresponsabilmente  a brindare a Milano ai Navigli. Oggi è lo stesso ministro Speranza a chiedere negli aeroporti  controlli  dei viaggiatori che rientrano dall’estero e controlli ferrei su migranti che continuano a sbarcare ,creando problemi anche di ordine sanitario. L’Italia non può più farsi carico di queste realtà  perché siamo un paese alle corde ,entrato in una crisi  economica  comatosa. Siamo noi che dovremmo essere aiutati e non certo noi ad aiutare altri, come sostengono quelli che hanno smarrito quella che Weber chiamava  l’etica della responsabilità. Le ONG devono scegliere altri porti , quelli italiani non possono continuare ad essere disponibili . Le regole della pandemia vanno fatte rispettare a tutti .Anche per i migranti l’estate 2020 non può essere un’estate di sbarchi continui. Se non vogliamo tornare chiusi in casa a Ferragosto ,dobbiamo comportarci in modo responsabile. Personalmente ho minacciato un esposto ai Carabinieri nei confronti di gente che circola all’interno degli ascensori senza mascherine. Gente barbara, in fondo  forse neppure  degna di vivere, perchè non rispetta la vita degli altri e neppure la propria. L’esempio di Trump  che ha  festeggiato il 4 luglio ,provocando  migliaia e migliaia  contagi è l’espressione più vistosa di un’indecenza e di una irresponsabilità totale che va condannata senza riserve. E’ il peggiore presidente degli Stati Uniti in assoluto. Speriamo che la festa del 14 luglio in Francia riveli  un’altra responsabilità da parte di Macron. In Italia Conte pare ormai disinteressato alla pandemia dopo mesi di comparsate televisive continue. Oggi è alla prese con la pandemia economica, ma non sa decidere o non può decidere. E’ fermo in mezzo al guado e non sa frustare i cavalli, per ripetere una metafora di Nenni. Chiudere tutto e’ stato relativamente facile, riaprire diventa un’impresa difficile, se non impossibile. Sotto il profilo politico l’estate italiana è invece  simile a tante altre estati con un governo balneare  che fa pensare alla I I Repubblica ,preda di una rissa politica senza fine che rivela il degrado di un paese allo sbando. In fondo i tanti che vanno in giro senza mascherine e non rispettano le regole  forse hanno il governo che si meritano. Tra il resto, sarebbe interessante sapere che fine hanno fatto gli assistenti civici del ministro Boccia . Era un’idea un po’  balzana, quasi uno stigma da regime illiberale, ma un controllo sui distanziamenti  ci vorrebbe. Lo dimostrano i fatti. E anche in questo il Governo ha fallito.
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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Ilaria Bernardini   “Il ritratto”    -Mondadori-   euro 19,00

Valeria Costas è una famosa scrittrice 55enne che per 25 anni è stata l’amante dell’imprenditore di successo Martín Aclà, sposato con la pittrice Isla Lawndale (da tempo non dipinge e non espone) ed hanno tre figli. Dalla radio Valeria apprende che Martín ha avuto un ictus e da quel momento la sua vita vira bruscamente.

E’ semplicemente magnifico questo romanzo della scrittrice milanese 43enne Ilaria Bernardini, che parla di amore, tradimento, rimpianti, fraintendimenti, omissioni, segreti, lutti e ferite inferte dalla vita.

Valeria che è sempre rimasta nell’ombra, ma con Martin ha condiviso viaggi, case e passione e una bella fetta di vita – senza mai chiedere di più perché in fondo così le andava bene così- ora sprofonda nel terrore di non poterlo più rivedere. E cosa s’inventa per avere sue notizie e potergli stare più vicina? Chiede alla moglie di Martin di farle un ritratto da usare per la copertina del suo nuovo libro. Isla accetta, riesuma tele e pennelli, e invita Valeria a posare per lei nella sua casa londinese.

Trama a dir poco geniale e carica di suspense. Inizia così il via vai dell’amante nella casa di Martin, l’incontro con la moglie che sembra non sapere del tradimento del marito, l’approccio con la problematica figlia della coppia, Antonia, che sembra avere più feeling con Valeria che con sua madre Isla, i suoi turbolenti fratelli gemelli.

Situazione ambigua e anche pericolosa perché Valeria più volte, di soppiatto, si infila nella stanza in cui Martin incosciente è tenuto in vita dai macchinari.

Che cosa implica sapere che al piano di sopra l’amore della tua vita sta per morire, entrare in confidenza con sua moglie e i suoi segreti, non poter vivere questa tensione alla luce del sole? L’amante non ha diritti, però è anche la depositaria dei tanti racconti di vita familiare che Martin le ha fatto negli anni. Ma sa davvero chi è Martin e com’è stata la sua vita nella famiglia che non ha voluto lasciare, i tre figli concepiti con la moglie mentre in parallelo vedeva l’amante?

Infiltrandosi nella sua casa e conoscendo la sua famiglia Valeria scopre che in fondo di lui sa ben poco, sembra che di Martin ce ne fossero due, e con lei era un uomo diverso. Sono multiple le domande cardine del romanzo. Chi siamo davvero? Quanto possediamo le persone che amiamo? Quale può essere il collante di un matrimonio? Quanto è sbagliato tradire e cos’è il tradimento? Cosa lega due donne diverse unite dall’amore per lo stesso uomo? E come andrà a finire? Gustatevi il romanzo fino al finale che… forse vi sorprenderà.

 

George Simenon   “Il signor Cardinaud”   – Adelphi-   euro  16,00

George Simenon è stato molto più del padre del commissario Maigret, e grazie all’editore Adelphi scopriamo da anni la sua verve come grande romanziere prolifico, autore di circa 500 romanzi (in parte firmati come Simenon e in parte con pseudonimi). Una produzione sterminata in cui i gialli del suo celebre Jules Maigret sono 76.

Il romanzo “Il signor Cardinaud” è del 1941, e Simenon mette in campo tutta la sua raffinata bravura nell’entrare nel cuore e nell’anima del suo personaggio.

Hubert Cardinaud è un piccolo borghese, impiegato che si da delle arie  perché è il primo  della sua scalcagnata famiglia ad aver fatto un salto di qualità. Una domenica mattina al ritorno dalla messa rientra a casa e anziché trovare come sempre la moglie ad aspettarlo con i due figli si ritrova il vuoto. La sua Marthe che amava da sempre, fin da quando era un ragazzino 15enne, se n’è andata. Ha lasciato la piccola Denise di 8 mesi alla vicina, ha preso tutti i risparmi che erano in casa e ha fatto perdere le sue tracce. Hubert si ritrova con pochi spiccioli in tasca, due bambini  da gestire e una moglie da rincorrere, stanare e riportare all’ovile.

Il romanzo è la cronaca fedele dei suoi pensieri quando scopre che Marthe è scappata con un altro uomo e dei suoi tentativi per barcamenarsi durante la ricerca della moglie. La donna che amava da sempre ha spezzato la solita routine e forse è fuggita perché non si riconosceva più nel ruolo in cui l’aveva incasellata Hubert.

Un caso come tanti nella vita, ma che Simenon racconta scandagliando soprattutto la vita interiore dei suoi protagonisti…..un  romanzo psicologico con finale a sorpresa.

 

Juan Gabriel Vásquez   “Gli informatori”    -Feltrinelli-   euro   18,00

In questo romanzo dello scrittore, nato a Bogotà nel 1973, ci sono la Colombia e una pagina di Storia poco conosciuta durante la 2° Guerra Mondiale. Quella del destino degli immigrati tedeschi che quando il paese sudamericano si schierò contro l’Asse del Male (Germania, Italia e Giappone) creò delle Liste Nere (se venivi iscritto perdevi i diritti civili ed eri isolato in appositi luoghi) in cui finirono imbrigliati anche profughi tedeschi in fuga dalla follia hitleriana e che col nazismo non avevano nulla da spartire.

Su questo sfondo storico l’autore colloca la vicenda dei Santoro –padre e figlio- e un racconto che scruta il potere e i limiti delle parole, il perdono e le colpe dei genitori che ricadono sui figli.

Il padre Gabriel è un avvocato, famoso oratore studioso dei classici, vedovo che si è ritirato in una sorta di eremitaggio. E’ in rotta col mondo ma soprattutto col figlio (anche lui, voce narrante, si chiama Gabriel junior) che ha scritto il libro “Una vita in esilio” protagonista l’ebrea scampata al nazismo Sara Guterman, amica di gioventù del padre. Gabriel senior ha pubblicamente deriso e criticato aspramente l’opera del figlio. Ma cosa ha determinato un simile atteggiamento e quanto è profondo e irrimediabile il solco creatosi tra i due?

Il romanzo inizia con il padre che deve subire un intervento  rischioso e tenta di riallacciare il rapporto con il figlio che non vedeva da anni e da lì in poi è un susseguirsi di sviluppi imprevedibili, tentativi di riavvicinamento, riemergere del passato e morte che ribalta le cose.