POLITICA- Pagina 54

Stati Uniti d’Europa: “Zucchetti rimosso solo da incarichi di nomina. E’ intoccabile?”

“Nonostante ripetuti incitamenti all’odio verso la resistenza ucraina e le calunnie sessiste sbandierati sui propri profili di comunicazione, apprendiamo con sconcerto che il Senato Accademico del Politecnico di Torino si è limitato a rimuovere Massimo Zucchetti solamente dagli incarichi di nomina, senza sospenderlo dal proprio ruolo di professore ordinario né tantomeno dall’erogazione di lezioni agli studenti o dalla percezione del prestigioso salario che ne consegue. Questa misura è insufficiente e costituisce un precedente pericoloso: davvero un professore ordinario è intoccabile fino a questo punto?”.
Vittoria Nallo

Così Vittoria Nallo, neo consigliera regionale del Piemonte per Stati Uniti d’Europa, con Francesco Merlo (+Europa), Davide Neku (Italia Viva), Cristina Peddis (LibDem), Roberto Goghero (PSI) e Lorenzo Cabulliese (Aglietta) che aggiungono: “La rimozione dagli incarichi di nomina non è in alcun modo riparazione sufficiente. La presenza del professor Zucchetti nel Politecnico garantisce presidio di posizioni filo puntiniste, violente e sessiste nel cuore della comunità scientifica torinese e italiana. Si auspica che il Senato Accademico e il Rettore del Politecnico di Torino mostrino il buonsenso necessario per imporre la decadenza o la sospensione dalla carica accademica di Zucchetti, così come previsto dall’articolo 36 dello Statuto del Politecnico per i casi di violazione del Codice Etico.”

Dubbi sull’autonomia differenziata, ma senza agitare il tricolore e cantare l’Inno di Mameli

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
Il prof. Quaglieni

Non è questione di agitare il tricolore e di cantare l’Inno di Mameli come fossimo in guerra, perché la discussione tra unità e federalismo è cosa antica e parte da Mazzini e Cattaneo. Che oggi si riproponga non deve scandalizzare, anche  se il livello degli interlocutori oggettivamente è molto  diverso. La  nuovissima legge Calderoli sulla Autonomia differenziata ha suscitato e susciterà aspri dibattiti come accade in democrazia. Il nome di Calderoli non è in effetti una garanzia, visti i precedenti relativi ad una legge elettorale, definita dallo stesso ministro, “una porcata”.

Inoltre la nuova legge realizza la riforma del titolo quinto della Costituzione voluto dall’Ulivo e da Prodi per tacitare la Lega. La riforma ulivista scritta da Bassanini ha creato confusioni e conflitti tra Stato e Regioni, l’attuale legge Calderoli rischia di mettere in gioco l’Unità Nazionale, tra mille difficoltà e sacrifici anche di sangue raggiunta  nel 1918. Non bisogna mai dimenticare la nefasta legge Bassanini a  cui Calderoli vorrebbe dare continuità e definizione. Ma va subito anche detto che disfare  il Risorgimento è cosa degna di  Bossi, ma non di chi ama l’Italia, la sua storia e il suo futuro europeo. Ci sono materie come salute e istruzione, ad esempio, che debbono  essere di competenza  statale, semmai togliendo potere alle Regioni. La pandemia lo ha dimostrato in modo clamoroso per ciò che riguarda la sanità. Una riforma della scuola deve avere un respiro europeo, andando oltre Gentile, pur mantenendo integro lo spirito italiano. Nulla di provinciale è ammesso nella scuola di oggi. Chi scrive, da liberale, è sempre stato contrario alle Regioni. Le obiezioni di Malagodi e per certi versi anche di Covelli e di Almirante si rivelarono fondate. E i fallimenti delle Regioni, con spaventosi voragini di deficit da ripianare, hanno dimostrato come il sistema delle autonomie in Italia sia spesso incompatibile con l’etica della responsabilità, a partire dalla Sicilia. Riassestare i bilanci sarebbe possibile solo riducendo i rubinetti di spesa ampliati dal regionalismo. Il progetto italiano deve  inoltre fondarsi su un patto solidale tra Nord e Sud  che nasce da lontano. La grettezza del Nord che guarda ai fannulloni del Sud è una semplificazione stupidamente manichea da lasciare al peggiore Feltri imitato da Crozza.

Macron e Scurati

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il presidente della repubblica francese Macron sempre più in affanno ha concesso la commenda di un ordine minore francese a Scurati, non osando pensare alla Legion d’onore, l’unica che riconosce i meriti come il Cavalierato di gran croce in Italia forse per dispetto alla presidente del consiglio italiana accusata di censura da Scurati. Si tratta di un riconoscimento minore che viene dato ai provveditori agli studi che hanno avuto rapporti culturali periferici con gli enti scolastici francesi. Invece lo Scurati si è esibito con le insegne come fosse stato un trionfo. Certo non è un grande scrittore, ma uno scrittore omologato e condabnato a ripetere stancamente la solita vulgata all’infinito. Scurati non rappresenta oggi il meglio della cultura italiana, ma la sua retroguardia. Chissà se il riconoscimento francese servirà a far vendere a Scurati che verrà invitato per il li libro, ma a far parte del fronte popolare, una parola che fa venire i brividi e che ci ricaccia indietro di decenni.

Stellantis, Grimaldi e Ravinale: Lo spot della Grande Panda a Torino è una presa in giro

Stellantis, Grimaldi e Ravinale: Lo spot della Grande Panda a Torino è una presa in giro spudorata alla città. “Continua la spudorata presa in giro di Stellantis alla città e all’Italia. La nuova Fiat Grande Panda elettrica e ibrida, pensata e progettata a Torino, viene in realtà prodotta in Serbia. Eppure l’ex capitale dell’auto fa da fondale per il filmato pubblicitario. La società cerca di convincere gli italiani con il Made in Italy, ma per ora gli investimenti e le produzioni nel nostro Paese sono solo sulla carta, e insufficienti a rilanciare l’occupazione. Intanto, Stellantis ha scelto la Polonia per la produzione delle auto elettriche Leapmotor: un’altra occasione sottratta per lavoratori e lavoratrici in Italia. Siamo stanchi degli annunci e delle ritirate, Mirafiori e Torino meritano ben altro” – lo dichiarano il Vicecapogruppo di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera, Marco Grimaldi, e la neoconsigliera regionale di AVS e Capogruppo di Sinistra Ecologista a Torino, Alice Ravinale.

Quel 1994 nero

IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni

Pier Franco Quaglieni

Nella primavera del 1994 Berlusconi vinse le elezioni politiche contro la “gioiosa macchina da guerra” della sinistra, che riteneva di aver già trionfato. Vinse a capo di una coalizione di salvezza nazionale con leghisti e missini che poteva suscitare dubbi, garantiti da lui. Dopo pochissimi mesi il governo entrò in crisi anche a causa di alcuni ministri. Il risultato storico di aver fermato la sinistra era stato comunque raggiunto. A volere la crisi fu soprattutto Bossi che domenica ha detto di votare il partito di Berlusconi alle Europee. L’intervista al Cardinale Ruini, 92 anni, uscita oggi ci da’ un particolare di non lieve importanza: il presidente Scalfaro, tradendo in modo clamoroso il suo ruolo di arbitro, tento’ il suo coinvolgimento nel defenestrare Berlusconi. Spero non sia vera quella dichiarazione perché i sistemi di Scalfaro, cattolico integralista e ministro degli interni accusato di una gestione di fondi mai chiarita per la quale a pagare fu il prefetto Malpica, sono davvero lontani da quelli di una repubblica democratica. Dopo qualche tempo Berlusconi venne accostato alle banane anche se quella Repubblica e’ da accostare a Scalfaro. Non stupiamoci: oggi è rivalutato e solo una piccola parte di faziosi, che porta l’odio oltre la morte,  parla di lui come di un nemico della democrazia.

Il Centro e le incompatibilità

LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo

Dunque, la vulgata che va per la maggiore è ormai chiara dopo il recente voto europeo. E la possiamo riassumere così. Serve un Centro sia alla coalizione guidata da Giorgia Meloni e sia a quella coordinata da Elly Schlein. Anche perchè, come tutti sanno, non solo in Italia si governa “dal centro” e “al centro” ma, sempre in Italia, le elezioni sui vincono al centro. Occorre, cioè, saper intercettare quel segmento della pubblica opinione – che negli ultimi si è prevalentemente astenuto – che non è riconducibile alle tifoserie organizzate da un lato e agli “opposti estremismi” dall’altro. Ora, alla luce di queste banali e persin scontate considerazioni, è di tutta evidenza che ci si deve attrezzare in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Locali e nazionali. Ma per poterlo fare è indispensabile, nonchè necessario, che il Centro e “la politica di centro” non siano strutturalmente esterni ed estranei alle coalizioni che li dovrebbero ospitare. E questo era, e resta, il vero nodo politico da sciogliere.
E, per entrare nello specifico, si tratta di capire quindi come viene costruito e concretamente declinato questo Centro. Sul versante della sinistra si prospetta un ostacolo che non è affatto secondario ai fini di questo progetto. Ovvero, il blocco sociale costituito dalla sinistra radicale e massimalista della Schlein, dalla sinistra estremista e fondamentalista di Fratoianni/Bonelli /Salis e dal populismo dei 5 stelle, è sostanzialmente estraneo a tutto ciò che è riconducibile al Centro, alla sua prassi, alla sua cultura, alla sua tradizione e al suo pensiero politico. E, non a caso, emerge la necessità a tavolino di dar vita ad una sorta di “gamba centrista” coordinata da qualche professionista della politica – ovviamente organico al Pd e alla sinistra – che dia almeno l’impressione di saper intercettare quel mondo. Con il rischio, più che concreto, che pensare di sommare elettoralmente tutte le attuali opposizioni al governo Meloni per ottenere maggior consenso è una pia illusione. C’è chi lo pensa, ovviamente. Ma il risultato non sarebbe quello auspicato dagli strateghi di questa operazione perchè, da sempre, non si sommano le pere con le mele.
Sul versante opposto, invece, il Centro già c’è. Ed è quello interpretato e rappresentato da Forza Italia. Si tratta, al riguardo, di capire adesso come avviene un potenziale processo di allargamento politico del partito e come si intende rafforzare il profilo e l’identità culturale di quella formazione politica. Una iniziativa che si rende semplicemente necessaria ed indispensabile, se si vuole radicare la cultura politica di Centro all’interno del partito e, soprattutto, come farla pesare maggiormente nella coalizione di riferimento.
In mezzo, almeno per il momento, restano i cocci di una ambizione politica miseramente fallita e su cui è meglio stendere un velo pietoso dopo l’ultima ed incommentabile performance elettorale. Quella, cioè, rappresentata dai due partitini personali di Renzi e di Calenda.
Ecco perchè, in conclusione, il Centro indubbiamente risorgerà. Ma non a prescindere dal profilo politico e culturale e dall’identità programmatica delle rispettive coalizioni. Questa non sarà una variabile indipendente ai fini della compatibilità del Centro e del suo ruolo concreto nella politica contemporanea.