CRONACA- Pagina 943

Corrente elettrica, troppe interruzioni in collina

Dal Piemonte / Da qualche tempo la Valcerrina è interessata ad un fenomeno di interruzioni di corrente piuttosto fastidioso. Queste durano, è vero, pochi secondi o frazioni di secondi, talvolta alcuni minuti, ma sono tali da generare pericolo di danno per le apparecchiature elettriche, sia ai privati che alle industrie.

E segnalazioni di questo tipo di inconveniente non si limitano alla Provincia di Alessandria ma arrivano anche da Brusasco, centro della Città Metropolitana di Torino. Altre invece hanno riguardato centri come Sala Monferrato, Serralunga di Crea, Ozzano Monferrato. In quest’ultimo comune l’amministrazione ha emesso un recente comunicato alla cittadinanza nella quale informa che, in seguito ai continui cali di tensione sulla rete elettrica di distribuzione, ha evidenziato il fatto a Enel Distribuzione Spa. Quest’ultima ha risposto di essere a conoscenza della problematica e di stare lavorando per una soluzione. Ma non è l’unica presa di posizione: Enzo Gino, capogruppo di Gabiano Inmonferrato, nel comune di Gabiano, in una nota ha evidenziato l’intenzione di promuovere una class action invitando gli utenti che avessero subito forme di danno nella somministrazione di questo servizio pubblico essenziale a scrivere a posta@gabianoinmonferrato.it  per organizzare, appunto, l’azione. Nell’Unione dei Comuni della Valcerrina, invece il consigliere Massimo Iaretti ha depositato un’interpellanza in merito e spiega che:   “Le interruzioni di corrente, di pochi secondi o di alcuni minuti, sono diventate ormai una costante in Valcerrina, non solo nei paesi dell’Unione, ma anche in zone attigue, come a Serralunga di Crea, Ozzano Monferrato o Sala Monferrato. Ed è un fenomeno del quale non si riesce a venire a capo. Per questo ho scelto la strada istituzionale attraverso un atto ufficiale, un’interpellanza al presidente Fabio Olivero, che non ha alcuno spirito polemico ma vuole essere l’occasione per una presa di posizione forte dell’Unione dei Comuni della Valcerrina nel richiedere spiegazioni all’ente che fornisce l’energia elettrica, con l’auspicio che si arrivi ad una soluzione perché se è vero che le interruzioni sono brevi, non vuole dire che non siano dannose. Se ci sarà una condivisione, come auspico e come c’è sempre stata tra le varie componenti del Consiglio Unionale, l’interpellanza potrà venire trasformata in una mozione per arrivare ad un intendimento unitario”.

Massimo Iaretti

 

Club Scherma, stoccata al Comune

FRECCIATE  Il Consiglio di Stato ha dato (per ora) ragione allo storico club della scherma di Villa Glicini al Valentino.

Il Comune da tempo gli vuole revocare la concessione, ma i giudici romani hanno fatto prevalere le ragioni dell’associazione sportiva. Che ha assestato un abile colpo di fioretto al Municipio.

L’arciere

Gli infermieri: “Vogliamo la verità sulle morti e sui contagi dei nostri colleghi”

Riceviamo dal sindacato Nursing Up e pubblichiamo / DE PALMA: «VOGLIAMO TUTTA LA VERITA’ SUI CONTAGI E SUI DECESSI DEGLI INFERMIERI ITALIANI DURANTE IL COVID 19. ABBIAMO DIRITTO DI CONOSCERE I NUMERI REALI DI UN DRAMMA CHE HA CAMBIATO LE NOSTRE VITE PER SEMPRE».

Nostra inchiesta promossa dal Sindacato: «Non ci resta che provare a far luce da soli»

«Il momento è arrivato, non concediamo più proroghe o appelli. Questo Governo ci deve relazionare sui numeri effettivi dei colleghi infermieri deceduti durante il Covid-19 e deve soprattutto fornirci i dati reali dei contagiati suddivisi per categorie di attività. Abbiamo diritto di sapere, esordisce Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up: in un Paese civile, una classe dirigente che si rispetti, ha il sacrosanto compito di andare fino in fondo. E se neanche il Premier Conte e il Ministro della Salute, clamorosamente, non fossero al corrente delle cifre, promuovano subito una inchiesta interna per fare luce su quanto accaduto. Gli organismi di categoria come il nostro, che da sempre si battono per “rendere evidenti” le qualità dei nostri infermieri, professionisti forti, leali coscienziosi, carichi di umanità e doti professionali che mettono in campo a disposizione della salute pubblica, e anche la Fnopi, Federazione Nazionale Ordini Professioni Infemieristiche, vanno messe al corrente prima possibile su quanto è accaduto».
Già a marzo, come Sindacato, avevamo avuto il coraggio, e non ci risulta che lo abbiano fatto altri sindacati, di diffidare Conte, i Ministri Speranza e Dadone e tutti i governatori delle Regioni: alla diffida avevamo aggiunto una costituzione di mora indirizzata proprio al Presidente del Consiglio. Di fronte a quello che si registrava come un aumento costante e allarmante del numero di operatori sanitari contagiati, siamo subito intervenuti con una azione forte e significativa. Ad oggi, però, sbotta De Palma, nessuno si è fatto vivo con noi, nessuno ci ha guardato negli occhi per raccontarci la verità. I laconici comunicati dell’Inail o dell’IIS non ci bastano, non forniscono tutti i numeri che vogliamo conoscere, non rendono giustizia a tutto quello che gli infermieri hanno subito. Soprattutto non danno un senso ai colleghi che hanno perso la vita».

I numeri dell’Escalation di contagiati e morti ci proietta oggi, con il senno di poi, in un vero e proprio film horror. I numeri che abbiamo a nostra disposizione sono da bollettino di guerra, ma non ancora sufficienti a capire, ad avere un quadro reale.
«Non ci resta che provare a far luce da soli, e per questo abbiamo promosso una nostra inchiesta sindacale», continua De Palma:
4 aprile 2020 – 25 infermieri deceduti, oltre 5.500 contagiati
7 aprile 2020 (appena tre giorni dopo) 26 infermieri deceduti, oltre 6500 contagiati (mille in più in tre giorni).
30 aprile 2020 – 39 infermieri deceduti, 8800 contagiati.
12 maggio 2020 – 40 infermieri deceduti, oltre 12 mila contagiati.

«Ad oggi, secondo i dati Fnopi, gli infermieri iscritti all’Ordine sono circa 450mila, circa la metà del numero degli operatori sanitari complessivi. Di questi 270mila lavorano nel settore sanitario nazionale, il resto sono divisi tra case di cura private, centri per anziani, liberi professionisti ed altri.
Guardiamo solo i dati del Lazio, allarmanti a dir poco. E’ quanto emerge da una relazione della Regione di inizio maggio: su 470 casi di contagiati di operatori sanitari, oltre il 50 per cento sono infermieri. E’ ora di farla finita con le mezze parole e le mezze verità, dice il Presidente del Nursing Up. I deceduti ufficiali secondo fonti autorevoli non sarebbero nemmeno 40 bensì ad oggi 42. Tra cui non dimentichiamo i morti per suicidio, 4 e non 2, come si pensava. Ben 4 colleghi si sono tolti la vita perchè non hanno retto allo stress, alla paura, forse alla sopravvenuta malattia.
Ma caro Premier Conte, continua De Palma, non possiamo certo mettere un punto di definitività su questi numeri, di per sé già “ballerini”.
Bisogna scavare a fondo anche nel “mondo ancora sommerso” – ma ci piacerebbe tanto sbagliarci su questo – come quello degli infermieri e degli altri operatori sanitari che lavorano fuori dal contesto del sistema sanitario nazionale, ma anche quelli che sono morti durante il periodo di emergenza per cause apparentemente diverse dal Covid 19 e che potrebbero non essere stati nemmeno sottoposti al tampone. E poi ci sono gli asintomatici, che pure infettati sono, e che rappresentano un altro micromondo quasi completamente nascosto: siete sicuri di averli tutti censiti? Quanti colleghi si sono ammalati e sono pure guariti proprio nei lunghi periodi durante i quali i tamponi non venivano effettuati? Cosa vogliamo fare di queste evidenze?

ANCHE LA STAMPA INTERNAZIONALE TACCIA L’ITALIA TRA I PAESI CHE HANNO GESTITO NEL PEGGIOR MODO LA PANDEMIA, E GLI INFERMIERI HANNO PAGATO CON LA LORO VITA LE MANCANZE DEL NOSTRO PAESE…

Quanti infermieri sono morti realmente? Quanti contagiati ha avuto L’ ITALIA tra i nostri professionisti e tra gli altri operatori sanitari anche non medici? Vogliamo saperlo adesso, lo chiedono i cittadini e le famiglie di chi ha perso la vita. Lo pretendono quei colleghi che oggi portano ancora sulla pelle i segni della malattia, nonché il trauma da stress, la paura, il dolore.
Questo Governo, conclude De Palma, si metta una mano sul cuore, e racconti ai cittadini italiani i numeri reali di un conflitto contro un nemico invisibile che nessuno potrà mai dimenticare».

Nursing Up

Esercito italiano e cybersecurity

Il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito alla “CyberChallenge edizione 2020

L’Esercito Italiano per la prima volta partecipa con una selezione di 20 Ufficiali dell’Arma delle Trasmissioni e del Corpo degli Ingegneri alla CyberChallenge.it edizione 2020, la più importante competizione nazionale in ambito scolastico e universitario nel contesto della sicurezza informatica. I partecipanti, tutti frequentatori del Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino, hanno svolto un accurato ciclo di lezioni frontali ed esercitazioni in modalità e-learning da febbraio a maggio scorso, improntato sulla sicurezza cibernetica e sull’ethicalhacking”.

 Il loro percorso formativo si è concluso con una prova locale che si è svolta l’8 giugno scorso, durante la quale gli stessi hanno dimostrato di avere sviluppato delle competenze volte a difendere e attaccare i sistemi informatici e a individuarne le vulnerabilità, con delle simulazioni mirate a riprodurre le condizioni di un reale tentativo di intrusione. Il tutto vissuto come un gioco attraverso le gare CTF (Capture The Flag), nelle quali i partecipanti dovevano conquistare una posizione all’interno di un’infrastruttura avversaria. I migliori 3 Ufficiali in classifica sono stati premiati ieri nell’aula magna di Palazzo Arsenale, sede del Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino, alla presenza del Comandante dell’Istituto, Generale di Divisione Salvatore Cuoci, del Professore Paolo Prinetto, Direttore del Laboratorio Nazionale di Cybersecurity del CINI (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica) e responsabile del progettoCyberchallenge.it e degli insegnati civili e militari. 

Il Generale di Divisione Salvatore Cuoci durante la premiazione ha sottolineato come la partecipazione della Scuola di Applicazione a questa competizione di carattere nazionale, evidenzi la nostra attenzione formativa anche in un ambito come quello della Cyber Security sempre in continua e costante evoluzione.

La CyberChallenge.it edizione 2020 vedrà la sua fase finale a Torino il primo prossimo ottobre, quando una rappresentanza di 6 Ufficiali frequentatori della Scuola di Applicazione gareggerà contro i giovani esperti dei maggiori atenei italiani, che più si sono distinti per le loro competenze specifiche (reti, crittografia, intrusione, difesa, trasmissioni e tante altre). 

L’impegno che il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito sta sostenendo – nell’unica iniziativa a livello europeo nella quale il mondo accademico e le scuole (supportati da varie Istituzioni governative, tra le quali il Ministero della Difesa, e private), coinvolgono in un unico progetto migliaia di potenziali giovani esperti di sicurezza informatica – conferma che l’Istituto Militare è uno dei poli didattici di eccellenza nel panorama accademico Italiano, oltre ad essere un centro culturale di prestigio per la città di Torino.

Maria La Barbera

È’ morta la bimba di 8 mesi caduta dal balcone con la mamma

Non è riuscita a sopravvivere la bimba di otto mesi, figlia di una coppia senegalese, caduta dal balcone alcuni giorni fa insieme alla madre che si era lanciata con lei nel vuoto per tentare di sfuggire a un incendio in un appartamento di via Rondissone. Le due erano state ricoverate in ospedale. La bimba, sottoposta a intervento chirurgico non ce l’ha fatta. La madre è fuori pericolo.

Approfittavano del lockdown per depredare aziende e tir

I Carabinieri individuano banda di rom, 10 le misure cautelari in corso di esecuzione

Torino, 19 giugno. Erano in grado di compiere fino 4 furti a notte, adottando una precisa strategia per eludere i controlli delle forze dell’ordine, ovvero agire prima nell’area industriale a sud della città metropolitana di Torino, per poi spostarsi e commettere i successivi colpi in zone geograficamente molto distanti, ma velocemente raggiungibili nel periodo di lockdown. La banda: <<…non è pericoloso con il virus andare a rubare? No, è meglio visto che non c’è nessuno in giro e nelle fabbriche…>>.

Dall’alba, in tutta la provincia di Torino, oltre 60 Carabinieri del Comando Provinciale di Torino stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip di Torino su richiesta della locale Procura della Repubblica (gruppo criminalità organizzata, comune e sicurezza urbana) e dell’A.G. per i minorenni, nei confronti degli appartenenti ad una banda criminale, tutti di origine bosniaca, responsabili di concorso in furto aggravato e ricettazione. 10 gli indagati destinatari di provvedimenti cautelari, 8 in carcere tra cui un minore e 2 divieti di dimora. Tra questi anche due ricettatori, un italiano ed un marocchino, a cui gli autori dei furti sirivolgevano per “piazzare” il materiale trafugato.

Le investigazioni, condotte per 4 mesi dai Carabinieri della Compagnia Torino Oltre Dora, hanno dimostrato l’esistenza di un gruppo criminale dimorante nei campi nomadi dell’hinterland torinese che, approfittando anche dell’assenza di mobilità legata alla situazione emergenziale, setacciavano le aree industriali e commerciali al fine di depredare magazzini di aziende ed il carico di autoarticolati parcheggiati nelle loro adiacenze.

33 i furti documentati dai militari dell’Arma, 20 in danno di furgoni e autoarticolati, 9 commessi all’interno di aziende e 4 perpetrati rispettivamente in un bar, una stazione di servizio e due associazioni.

Pretendeva rapporti sessuali dopo i litigi: arrestato

Alcuni giorni fa, gli agenti del Commissariato di Ivrea e Banchette avevano arrestato per violenza sessuale un uomo residente nel canavese.

Dopo ogni litigio con la compagna, il soggetto pretendeva dalla donna rapporti sessuali, richieste che la vittima spesso si vedeva costretta a soddisfare per paura di comportamenti violenti dell’uomo. Quest’ultimo, inoltre, non era nuovo a episodi di abuso di alcol ed era solito anche denigrare verbalmente la compagna.

Nello specifico, i poliziotti intervennero nell’abitazione della coppia dopo la richiesta d’aiuto della loro figlia alla quale la madre, prima che la ragazza uscisse di casa, aveva confidato i suoi timori nel restare sola in casa con il compagno a causa della sua aggressività. Al loro arrivo, gli agenti trovarono la donna scossa, che a stento tratteneva le lacrime, e l’uomo in stato di agitazione e con l’alito vinoso. Quest’ultimo aveva anche cercato di allontanare dall’abitazione gli operatori. La parte lesa raccontò poi che, prima dell’arrivo dei poliziotti, era stata costretta a un rapporto sessuale sebbene non ne fosse compiacente, violenza poi diagnosticata in ospedale.
Nei giorni scorsi il Tribunale di Ivrea, a seguito dell’attività del Commissariato di Ivrea, ha applicato nei confronti dell’uomo la misura cautelare degli arresti domiciliari (presso l’abitazione di un familiare) in relazione ai reati di violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia.

Una mascherina per persone non udenti

Si chiama Technoprotex Crystal GP, ed è la mascherina realizzata dall’azienda AUNDE di Poirino per permettere anche alle persone non udenti di capire parole, stati d’animo ed emozioni.

L’Aunde Italia, con sede a Porino, produce tessuti e covers per il settore automotive, e dall’inizio della pandemia ha convertito una parte della propria produzione, iniziando a realizzare mascherine approvate dall’Iss-Istituto Superiore di Sanità.

La mascherina è stata presentata al Comune di Chieri, dove il Sindaco Alessandro SICCHIERO e l’assessore all’Istruzione e alla Cultura Antonella GIORDANO hanno incontrato Antonio COPPOLA (General Manager Aunde), Rossano DANIELE (Technical Manager Aunde), Antonio IOZZO (Presidente regionale ENS), Antonio CAMERLENGO (Presidente ENS Torino), l’interprete LIS Romina ROSSISimona PALEARI ed Alessandro CAVIGLIONE.

L’idea della mascherina è nata proprio da Simona PALEARI, insegnante chierese, figlia di genitori sordi: “Durante il ricovero di mio padre in ospedale mi sono resa conto di quanto fosse difficile comunicare con pazienti sordi. Così ho ideato il prototipo di una mascherina che, grazie a una finestrella trasparente, consente la lettura del labiale. L’Aunde ha sposato questo progetto. Le iniziali ‘GP’ nel nome della mascherina sono in ricordo di mio padre. Le mie eventuali royalty saranno da me devolute a un progetto di formazione degli insegnanti nel linguaggio LIS”.

La mascherina Technoprotex Crystal GP nasce da una modifica apportata a una mascherina già certificata dall’Istituto Superiore di Sanità. Si tratta di una mascherina lavabile, realizzata con tessuto in poliestere e con un filtro intercambiabile. Ora l’Aunde sta approdondendo le possibili migliorie da apportare al prototipo (colore, ampiezza interna,  ricircolo dell’aria, regolazioni), alla luce delle indicazioni fornite dall’Ente Nazionale Sordi del Piemonte e di Torino, per poi avviare l’iter per la certificazione anche di questa versione, infatti la certificazione è fondamentale per poter usare la mascherina anche in ambito sanitario.

“Durante l’emergenza Covid-19-commenta il Sindaco Alessandro SICCHIERO-ci siamo tutti resi conto di un’esigenza fondamentale mai valutata con la dovuta attenzione: la comunicazione verso le persone non udenti. Un problema sottovalutato, perché la popolazione non ha mai fatto un così largo uso delle mascherine. Invece, abbiamo visto come l’uso delle normali mascherine comporti per le persone non udenti l’impossibilità di interagire con gli altri, creando gravi disagi anche nello svolgimento delle più semplici attività, dal supermercato allo sportello di poste o banche, ma soprattutto durante i ricoveri ospedalieri. Sono felice che sia un’azienda del nostro territorio a realizzare questa speciale mascherina e che l’idea sia partita da Chieri”.

 

Semilibertà per i manager tedeschi della Thyssenkrupp

Non sono bastati gli appelli dei familiari delle sette vittime e l’impegno del Governo Conte: la Germania ha concesso la “semi-libertà” ai due manager tedeschi della ThyssenKrupp, Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, condannati in via definitiva dalla Magistratura italiana il 13 maggio 2016 per il rogo dell’acciaieria ThyssenKrupp di Torino del 6 dicembre 2007, in cui morirono sette operai: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi.

I due dirigenti della multinazionale dell’acciaio erano stati condannati dalla Cassazione italiana rispettivamente a 9 anni e 8 mesi e a 6 anni e 10 mesi di reclusione, poi ridotti a 5 anni di carcere, in base alla normativa tedesca.

Nello scorso mese di febbraio il Tribunale di Hammaveva respinto l’ennesimo ricorso presentato dai due dirigenti per evitare di scontare la condanna e sembrava si fossero aperte le porte del carcere per Espenhahn e Priegnitz, ma poi l’emergenza sanitaria legata al diffondersi del Covid-19 aveva fermato le attività giudiziarie in Germania.

Ora, secondo quanto riportano i media tedeschi, la Procura di Essen ha invece autorizzato la semi-libertà (offenen vollzug) per Espenhahn e Priegnitz: potranno continuare a lavorare di giorno (sempre per la ThyssenKrupp) e andare in carcere soltanto di notte. Presto potrebbero anche avere la possibilità di restare in famiglia per tutto il week-end.

Furiosi i familiari delle vittime, che stanno organizzando una manifestazione di protestadavanti al Tribunale di Torino, che li aveva recentemente rassicurati sulle prospettive della condanna, e poi, nelle prossime settimane, in Germania.

“La concessione di un regime ‘leggero’ di detenzione per i due manager tedeschi – afferma Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro – è una notizia inaspettata, che lascia perplessi sotto diversi punti di vista. Si sono usati due pesi e due misure: in Italia, i dirigenti ‘minori’ sono stati arrestati subito dopo la sentenza e hanno scontato un normale regime carcerario, almeno inizialmente; in Germania, i massimi vertici dell’azienda iniziano a pagare per le proprie responsabilità oltre quattro anni dopo la sentenza della Cassazione italiana. E non scontano neanche un normale periodo di detenzione: iniziano subito a usufruire di una sorta di ‘semi-libertà’. Quella della Magistratura tedesca è una decisione incomprensibile: la Giustizia dovrebbe valere allo stesso modo in ogni Paese d’Europa. Soprattutto, quando si tratta di omicidi. È una sconfitta per gli operai italiani”.

“Ci hanno preso in giro – ha dichiarato a Sicurezza e Lavoro Rosina Demasi, mamma di Giuseppe, uno dei 7 operai morti nel rogo – e siamo davvero arrabbiati tutti noi familiari delle vittime. Ci sono sempre state dette scuse, ci sono stati continui ritardi e alla fine i potenti non pagano mai. Non c’è giustizia per chi muore sul lavoro”.

“Sono sconvolto – ha detto a Sicurezza e Lavorol’ex operaio Thyssen Antonio Boccuzzi, scampato all’incendio – soprattutto dopo le rassicurazioni che ci avevano dato i magistrati italiani e il ministro della Giustizia Bonafede. Si aprono nuovi scenari nei rapporti con la Germania e si conferma la tendenza a lasciare impuniti, o puniti lievemente, i colpevoli delle morti sul lavoro”.

“Ancora una volta – afferma Federico Bellono, responsabile salute e sicurezza Cgil Torino – i manager tedeschi della Thyssen riescono a smentire chi dava per certo che avrebbero davvero pagato per la strage di 13 anni fa: la semilibertà non rende giustizia agli operai morti e alle loro famiglie, ed è un affronto a Torino, dove tanti lavoratori e lavoratrici continuano a morire di lavoro. Mi auguro che il Governo italiano faccia sentire la propria voce, per rimediare a un’evidente ingiustizia”.

Loredana Polito

(Sicurezza e lavoro)

In libertà vigilata, sfreccia per le strade della città

Trentasettenne marocchino arrestato

E’ domenica mattina e gli agenti della Squadra Volante notano un’autovettura
transitare in corso Novara. Intimato l’alt al conducente, l’uomo, un cittadino
marocchino di 37 anni, gesticola in direzione del ciglio stradale, manifestando la
volontà di fermarsi non appena lo spazio di parcheggio lo avesse consentito. Giunto
nei pressi di via Cigna però, il marocchino accelera bruscamente la marcia, iniziando
a zigzagare tra le auto in transito, inseguito dalla Polizia. Arrivato in corso Venezia, si
arrende all’impossibilità di riuscire a dileguarsi quindi abbandona l’autovettura e
tenta la fuga appiedata. Raggiunto e bloccato in piazza Baldissera, il trentasettenne
viene perquisito e nelle sue disponibilità vengono rinvenuti oltre 700 euro in
contanti. Nel corso di ulteriori accertamenti, emerge come lo straniero sia
attualmente sottoposto alla misura della libertà vigilata. Perquisendo in seguito
l’abitazione, gli agenti trovano all’interno della tasca di una giacca un involucro di
cellophane contenente circa un etto di hashish.
Lo straniero, con precedenti specifici di Polizia, è stato arrestato per detenzione di
sostanza stupefacente ai fini di spaccio e resistenza a pubblico ufficiale.