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Buongiorno va al Napoli

La notizia è ufficiale: Alessandro Buongiorno va al Napoli per 35 milioni. La sua storia nella squadra granata era incominciata nel 2007, quando aveva solo otto anni.

Coltellate nel centro accoglienza, un uomo in ospedale

Nel centro di accoglienza in Strada della Pellerina 26 a Torino un ospite di origini maliane di 24 anni ha accoltellato più volte un uomo di 39 anni della Sierra Leone. Il ferito è ricoverato all’ospedale Maria Vittoria non in pericolo di vita, mentre l’aggressore è stato arrestato dai carabinieri. Non si conoscono i motivi dell’aggressione.

Mario Merz, “Qualcosa che toglie il peso”

Una mostra in programma fino al 6 ottobre prossimo

 

“Qualcosa che toglie il peso” è  il titolo della mostra che la Fondazione Merz dedica dall’8 luglio al 6 ottobre prossimi a Mario Marz ( 1925-2003), uno degli artisti più poetici dell’arte italiana, facente parte e cardine della corrente dell’Arte povera.

“Qualcosa che toglie il peso” prende le mosse a partire dal concetto descritto dell’antropologo Claude Lévi Strauss e legato alla necessità di individuare la natura profonda che si cela dietro ai modelli per arrivare alla base del pensiero umano,  il quale, nella sua diversità,  è  definito sempre da leggi  che sfuggono allo scorrere del tempo e alla varietà  degli ambienti. Nel concetto di antropologia strutturale di Lévi Strauss, le strutture vengono riconosciute come appartenenti all’inconscio, similmente al principio di reciprocità che è  all’origine del passaggio dalla natura alla cultura.

La frase che dà il titolo all’esposizione “

Qualcosa che toglie il peso” è stata estrapolata da uno scritto di Mario Merz e si ricollega alla necessità di guardare alla natura e allo scorrere del tempo per raggiungere un senso di leggerezza concettuale.

“Il titolo della mostra – spiega Beatrice Merz, presidente e direttrice della Fondazione – è  quanto mai contemporaneo,  esprime il bisogno di alleggerire il pensiero e lo spirito dalla pesantezza e da quell’inquietudine che sono fattori comuni nella nostra società.  Nella mostra ci sono tanti elementi che possono aiutare, in particolare la via della natura rappresenta una visione, una indicazione”.

“Si tratta di una mostra – prosegue Beatrice Merz –  con al centro un grandissimo tavolo lungo 20 metri che non era mai stato esposto prima in Europa, perché era rimasto negli Stati Uniti dove venne realizzato nell’85 per una mostra personale di Sperone Westwater e Leo Castelli. Si intitola “Quattro tavoli in forma di foglie di magnolia” ed è composto da parte di foggia di foglie, intorno alle quali si aprono conversazioni con altre opere.

L’igloo del ’97 che abbiamo scelto è  molto leggero, reca foglie d’oro che creano riverberi,  è  stato esposto pochissimo, molto diverso da quello con  scritte classiche e al neon.   Ha una dimensione onirica. Il profumo della cera  che ricopre tutto il tavolo permette, invece, di penetrare in un’atmosfera in cui i sensi e l’immaginazione dello spettatore vengono sollecitati,  proprio come in una favola. Nella parte alta delle pareti della Fondazione è  stata allestita una serie di disegni di grande formato che hanno come soggetto animali e visi ed evocano un allestimento che Mario Merz curò per una mostra a Nimes. Accanto ad essi vi sono dei dipinti con animali, uno mai esposto prima, e con forme organiche, foglie, che entrano in dialogo con il tavolo.

Della natura che vive nel nostro quotidiano è  rivelatore anche un piccolo lavoro composto da due vasi pieni di miele e vino, dal titolo ”L’horizon de lumiere traverse nocte vertical de jour” del 1995. Prodotti come la cera trasmettono l’idea di Sacro naturale di cui è  parte l’umanità”.

Quest’anno l’evento estivo di Meteorite in giardino si è  trasformato nel programma  di eventi che la Fondazione Merz fa vivere tutto l’anno, sotto forme diverse, come musica e teatro. Il18 e 19 settembre prossimo è  previsto un convegno su Mario Merz. Quest’anno la fondazione ospiterà il Festival delle Colline, proseguendo il progetto di Barca Solare in collaborazione con l’Orchestra Filarmonica di Torino.

 

Mara Martellotta

Scontro con furgone: grave motociclista

In un incidente avvenuto a Intra si sono scontrati un furgone Nissan e uno scooter Honda 400 che era in direzione opposta e in fase di sorpasso. Il motociclista è caduto a terra e la moto gli è finita addosso. Il ferito è stato portato in codice rosso a Novara con l’elicottero del 118. Sul posto la polizia locale di Verbania.

NOTIZIE DAL PIEMONTE

I mille castelli del Piemonte

Perché andare solo nelle grandi residenze sabaude, già viste e riviste, e non recarsi nei tanti castelli minori, storicamente meno importanti ma ugualmente belli e visitabili? In Piemonte si contano almeno un migliaio di castelli se si considerano anche quelli di cui restano poche tracce e qualche rudere. E tanti, tantissimi si trovano nella sola provincia di Torino. È di questi che ci parla lo storico e scrittore Gianni Oliva nel libro “Castelli piemontesi, la provincia di Torino”, vol.1, Edizioni biblioteca dell’immagine, arricchito da decine di illustrazioni di Pierfranco Fabris. Quando si parla di castelli del Piemonte, precisa l’autore, il rimando immediato è a Palazzo Reale, alla Reggia di Venaria, a Racconigi, Stupinigi, Rivoli, Moncalieri, Agliè, le cosiddette “residenze sabaude”. Ma proprio per l’abbondanza di materiale disponibile e per la notorietà dei siti, nel mio volume non parlo di residenze sabaude ma di castelli meno conosciuti, alcuni in buono stato e altri abbandonati e sopravvissuti solo in qualche torre o in qualche rudere perimetrale”. E allora lasciamoci trasportare dalla fantasia entrando in questi castelli e immaginiamo quel che accadeva tra quelle mura possenti, eventi piccoli o grandi, importanti o meno, un assedio, un delitto, un matrimonio, fantasmi, streghe, leggende, insieme ai personaggi che l’hanno abitato, i signori del luogo, marchesi, conti, duchi e sovrani. Gianni Oliva racconta di tutto e di più. Il castello di Montalto Dora, con il suo maestoso profilo medievale domina dall’alto il canavese e la Dora Baltea offrendo un colpo d’occhio favoloso a chi percorre l’autostrada Torino-Aosta. Troneggia come una sentinella nel tratto morenico-canavesano della via Francigena. Danneggiato nel Seicento dalle truppe francesi, dal maniero sono uscite alcune leggende romantiche raccolte e divulgate da Giuseppe Giacosa, lo scrittore canavesano amico di Pascoli e Carducci. Il castello di San Giorio, a pochi chilometri da Susa, che da un’altura sovrasta la valle della Doria Riparia, costruito nel XI secolo dagli Arduinici, marchesi di Torino, per motivi difensivi ma anche per incassare i pedaggi di transito lungo la via Francigena, a Susa, San Giorio, Sant’Ambrogio e Avigliana. Alla fine del Seicento il maresciallo Catinat lo fa distruggere ma aveva troppa fretta di arrivare ad Avigliana per far saltare in aria anche il castello del Conte Rosso, strategicamente ben più importante. Alcune parti della fortezza di San Giorio si sono quindi salvate anche se ne restano pochi resti, che si vedono bene dalla Torino-Bardonecchia, in particolare le mura merlate, parzialmente restaurate di recente. Ma restano anche misteriose memorie templari che appaiono all’improvviso tra i vicoli che salgono alle mura del maniero: croci del Tempio originali, per nulla consumate dai tanti secoli trascorsi. Qui, d’inverno, come accade anche a Giaglione e a Venaus, danzano gli spadonari incrociando le spade in una danza guerresca per cacciare i nemici, i saraceni di un tempo, e per propiziare la produttività dei terreni. Ma se ci spostiamo poco più lontano, a Reano, in bassa val Susa, tra la Dora e il Sangone, e se siamo fortunati, potremmo trovare una piccola parte del tesoro dei Templari nascosto nei sotterranei del castello. Almeno così racconta una leggenda del XIII secolo secondo cui il maniero sarebbe diventato un cascinale fortificato dell’Ordine dei Templari e in una sala sotterranea si troverebbe un tesoretto, in realtà mai scoperto. Tuttavia nei dintorni del castello è stato rinvenuto un anello d’argento in stile orientale risalente allo stessa epoca e forse appartenente a un cavaliere tornato dalle Crociate, un Templare oppure lo stesso Amedeo III, conte di Savoia, che scelse Avigliana come propria residenza e che nel 1147 partecipò alla seconda crociata. Il castello è oggi una proprietà privata e non si può quindi visitare “ma merita senz’altro una visita dall’esterno, scrive Oliva, la sua struttura e la tinteggiatura rosata lo rendono ben evidente nello scenario di boschi e prati in cui si staglia”. Il castello di Rivara ricorda i processi alle streghe del canavese nel Quattrocento mentre quello rinascimentale di Vinovo è strettamente legato alla nobile famiglia locale dei Della Rovere. Presidio militare, residenza nobiliare, manifattura di porcellane, collegio della Regia Università, il castello di Vinovo è di proprietà del Comune. Ma c’è molto di più da leggere nel libro di Oliva. L’elenco dei castelli è lungo e comprende i manieri di Avigliana, Ivrea, Masino, Mazzè, Piobesi, Piossasco, Rocca Canavese, Santena, Settimo Vittone, Sparone, Susa, Ternavasso e Malgrà di Rivarolo.           Filippo Re

Evitiamo di restare prigionieri di rimorsi e rimpianti

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STARE BENE CON NOI STESSI

Chi di noi non ha provato rimorsi o rimpianti? Forse abbiamo imparato ad evitare che essi diventino così profondamente radicati nel nostro presente quotidiano tanto da farci loro prigionieri, e da impedirci di sentirci liberi di vivere serenamente la nostra vita di tutti i giorni… O forse no…

Proviamo rimorso quando siamo pentiti di aver fatto una determinata azione nel passato, mentre il rimpianto consiste nel sentire dolore per qualcosa che non si è fatto nel passato, in genere per non aver colto un’occasione. Queste due condizioni emotive ci provocano spesso disagio e sofferenza.

Rischiamo così di vivere male, o comunque non nel miglior modo possibile, il momento per noi infinitamente più importante, cioè quello presente. Se ci riflettiamo un attimo comprendiamo facilmente che sia il rimorso che il rimpianto hanno a che fare con il senso di colpa.

Ognuno di noi deve in qualche modo farci i conti, e magari anche iniziare a farci pace… In quanto legate al passato, queste due sensazioni sono spesso e decisamente poco utili nel presente, e anzi sovente di grave ostacolo.

Evitiamo quindi di continuare a pensare con tristezza o risentimento a cosa avremmo potuto fare o essere, o a come avremmo potuto agire diversamente, e di restare prigionieri di un rammarico e di un pentimento che ci tolgono serenità, energie e determinazione.

Possiamo mettere in atto a questo scopo alcuni pensieri, atteggiamenti e comportamenti che possono rivelarsi concretamente utili per tornare a vivere in modo più equilibrato e sereno. Ne riparliamo domenica prossima su questa rubrica de “Il Torinese”. Buona domenica!

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.

www.tentoni.it

Picchiavano le figlie: assolti perché nel campo rom la violenza è “normale”

A Torino la Corte d’appello  ha assolto due genitori che vivono in un campo rom con le due figlie dall’accusa di maltrattamenti per averle picchiate. In primo grado grado la madre, 44 anni, e il padre, 54 anni, erano stati condannati a due anni e sei mesi. Tra le motivazioni  dell’assoluzione  il contesto di degrado in cui la famiglia vive, emerse anche dalla deposizione di un neuropsichiatra infantile: “Il clima di violenza mi sembrava accettato come un dato di fatto, sono bambini che vivevano in un campo rom, dove la violenza è un connotato”.

Merlo: Cirio e Lorusso, ‘coesione istituzionale’. No a chi pratica la radicalizzazione

“È di tutta evidenza che di fronte alle grandi sfide che attendono Torino e il Piemonte la cosiddetta
‘coesione istituzionale’ tra il Sindaco della città capoluogo Stefano Lorusso e il Presidente della
Regione Alberto Cirio non solo è necessaria ma è addirittura indispensabile. Pena l’indebolimento
complessivo delle istituzioni da un lato e dell’intero territorio dall’altro.
Dal rilancio di una seria e credibile politica industriale al potenziamento delle grandi infrastrutture
e alla destinazione degli investimenti; dalla competitività/concorrenza con altri territori al
rafforzamento di una politica dei servizi a favore della persona e delle rispettive comunità locali.
Con il rispetto dovuto per la dialettica politica tra i vari partiti e il fisiologico confronto tra la
maggioranza e l’opposizione, è altrettanto evidente che chi teorizza, e pratica, la radicalizzazione
– anche violenta ed aggressiva – della lotta politica rischia semplicemente di non fare gli interessi
del nostro territorio. Anzi, li ostacola platealmente attraverso la logica pericolosa ed
antidemocratica della delegittimazione dell’avversario/nemico politico.
Ecco perchè, sia a destra, ma soprattutto nell’alleanza che vede riunite tutte le sinistre, si devono
rassegnare e prendere atto che senza una convinta e costruttiva ‘coesione istituzionale’ Torino e il
Piemonte saranno più deboli e meno competitivi. Per questo Lorusso e Cirio si stanno muovendo
bene e con un atteggiamento politico ed istituzionale responsabile ed intelligente”.

Giorgio Merlo, Dirigente nazionale Tempi Nuovi Popolari Uniti.

Team Mobilità Futura, piena operatività per un trasporto green

Il Team Mobilità Futura, cuore del Centro di Innovazione per la transizione green del trasporto pubblico costituito da Gtt e Fondazione Links, lanciato lo scorso settembre e finanziato con 1,2 milioni di euro dalla Fondazione Compagnia di San Paoloin accordo con la Città di Torino, è pienamente operativo. Nei tempi previsti si è infatti conclusa la selezione delle dieci figure che compongono il Team, che stanno già attivamente lavorando al progetto Tpl Carbon Free. L’obiettivo è arrivare entro il 2030 alla neutralità carbonica del trasporto pubblico torinese.

Nei giorni scorsi si è tenuto l’incontro di aggiornamento sulle attività del progetto cui hanno partecipato i rappresentanti degli enti coinvolti: Alberto Anfossi, Segretario Generale della Fondazione Compagnia di San Paolo, Serena Lancione, Amministratore Delegato di GTT, e Stefano Buscaglia, Direttore Generale di Fondazione LINKS. In questa sede è stata ripercorsa la selezione effettuata tra oltre 200 curriculum vitae visionati e 60 colloqui. I dieci selezionati hanno ricevuto oltre mille ore di formazione tecnica e hanno avuto l’opportunità di visitare due aziende leader del trasporto pubblico locale in Italia ed Europa.

I dieci componenti del Centro stanno ora proseguendo il percorso di training on the job che durerà di due anni presso Fondazione Links, che oltre alla formazione specifica, prevede periodi di affiancamento operativo presso Gtt con il supporto di figure senior dell’azienda. Al termine di questo percorso, i neoassunti entreranno volontariamente a far parte dell’organico di Gtt. L’attività del centro segue tre tematiche principali:

  1. Transizione energetica ed ecologica;
  2. Innovazione del servizio offerto;
  3. Innovazione del modello operativo.

Seguendo questi tre filoni sono già stati avviati undici progetti, di cui sei operativi definiti “cantiere”, e cinque “di ricerca congiunta”. I primi vedono i ricercatori di Links fornire supporto operativo a Gtt su attività quali l’autoproduzione di energia elettrica tramite la costruzione di nuovi impianti fotovoltaici presso i depositi, il rinnovo dei sistemi digitali della metropolitana e l’adeguamento al Decreto Ansfisa (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali) di tutti i sistemi a guida vincolata. Con i “progetti di ricerca congiunta”, che hanno un orizzonte temporale più, si punta a delineare gli scenari di sviluppo su tematiche quali climate neutrality, accessibilità, equità e inclusione, oltre all’efficientamento del servizio. Tra le varie attività, c’è lo studio in corso per elaborare scenari alternativi per raggiungere un “sistema energetico a emissioni nette zero”, che analizza le azioni necessarie per azzerare le emissioni dell’azienda valutando tutte le tecnologie disponibili. In parallelo, si sta pianificando l’infrastruttura di alimentazione necessaria nei prossimi anni.

In questi progetti sono coinvolti anche i principali stakeholders locali, tra cui Città Metropolitana, Regione Piemonte, 5T, Agenzia per la Mobilità Piemontese, Infra.TO, IRETI e Confservizi. A supervisionare i lavori un comitato scientifico di alto profilo internazionale con rappresentanti nominati da Comune di Torino, Gtt, Fondazione Links e Politecnico di Torino.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Facinorosi all’Università – L’associazionismo e la cultura – Gli 80 anni di Bresso – Lettere

Facinorosi all’Università
La violenta contestazione filo palestinese  ed apertamente ostile ad Israele (colpevole di genocidio ) , una contestazione venata da un antisemitismo molto aggressivo, ha messo in sordina la questione sollevata da gruppi di femministe nei confronti di docenti che non avrebbero mantenuto nelle parole e nei gesti  un corretto rapporto con le allieve. Un professore venne anche sospeso dopo essere stato massacrato da una caccia alle streghe davvero perfida.
Di come sia andata a finire non si sa più nulla. Nessuno ne parla più. Forse le accuse si sono rivelate infondate? Ma approfondendo un po’ la vita dell’Università  di Torino, si rileva come essa sia in mano ad una minoranza di studenti  facinorosi a cui viene tutto concesso. All’Università, luogo sacro della libera circolazione delle idee, certe opinioni sono bandite con il ricorso sistematico  alla violenza, anche con la connivenza di professori che hanno abdicato al loro compito istituzionale come pubblici ufficiali. Diceva Norberto Bobbio che pure i neo fascisti – l’intervista è dei violenti Anni Ottanta del secolo scorso – vanno trattati come gli altri cittadini. Ed Arturo Carlo Jemolo concordava con lui. Ma quelli erano dei Maestri che avevano anche fatto i professori. Le idee si combattono con le idee, non con la violenza.
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L’associazionismo e la cultura
L’associazionismo è in profonda crisi a tutti i livelli con dei saltimbanchi che si improvvisano promotori e animatori culturali senza averne i titoli, organizzando vere schifezze in caffè e scantinati. Nascono come piccoli funghi gruppetti di dilettanti che esibiscono il loro volto  spesso  ebete, sui social  con le fotografie delle loro prodezze  da dopolavoro. Anche nei club più elitari, che un tempo furono molto prestigiosi e raccolsero la crema di Torino,  si vedono ai vertici personaggini che si sentono importanti solo perché esibiscono al bavero un distintivo, quasi come  la cimice del ventennio.
Nei loro  convivi diffondono in abbondanza parole solidali e umanitarie, quasi facendo concorrenza alla Chiesa cattolica, senza averne l’autorità e la storia. Spettacoli che fanno sorridere o piangere. E che dire dei 18 anni del circolo dei lettori iper-finanziato da noi contribuenti che festeggia la maggiore età, promuovendo un questionario – sondaggio  a cui  hanno  risposto 1008 persone su 27 mila intervistati, anche se proclamano che i presenti in via Bogino sono 70 mila all’anno. Per chi come me ha  cercato di imparare ad organizzare eventi  culturali alla scuola di Olivetti, di  Irma Antonetto e anche in parte di Franco Antonicelli – pur nel netto dissenso politico – queste sono cose da marziani. E non aggiungo di più.
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Gli 80 anni di Bresso
Mercedes Bresso ha compiuto 80 anni, anche se non li dimostra affatto. La sua vitalità e il suo spirito libero è rimasto quello di quando la conobbi nel mondo radicale di Pannella.
E’ anche una donna di grande raffinatezza culturale.  La stimo da sempre e adesso vedo che anche le antipatie ci accomunano, salvo Fassino che io apprezzo molto. Nella bella intervista rilasciata alla “Stampa” ha parlato apertamente di socialisti democratici. Finalmente qualcuno nel Pd che riprende una parola impronunciabile, malgrado Matteotti. Mille auguri, cara Mercedes  Ti ricordo che, assente Chiamparino, sei venuta a ricordare con me Mario Soldati e a festeggiare gli 80 anni di Pannella.

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Auguri al Circolo dei lettori
Bisogna fare gli auguri al Circolo dei lettori per i suoi 18 anni. Finalmente è maggiorenne. Ma continua a vivere di ingenti  contributi pubblici. Ho scoperto dai giornali che si autofinanzia al 30 per cento  senza riuscire a  capire la somma reale  del suo autofinanziamento. Questo significa che fa pagare i suoi servizi, malgrado i contributi pubblici? La cultura finanziata  da enti pubblici non può essere pagata dai cittadini fruitori. O sbaglio? All’epoca della rimpianta Antonella Parigi era così.   Rina Anderlini
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Pubblico la Sua lettera che pone un problema vero, ma preferisco astenermi da commenti anche perchè dovrebbero essere troppo lunghi in quanto  il circolo lo conosco da 18 anni  e l’ho visto nascere, facendovi anche tante conferenze.  Un dato tra quelli evidenziati dal circolo non mi sembra però positivo, ma altamente negativo: esso sarebbe “frequentato da 163 persone ogni giorno almeno per un evento, occupando il 72 , 5% della capienza complessiva del circolo torinese”, secondo una giornalista “di fiducia” di via Bogino. Il che significa dire che solo in parte minima è disponibile al pubblico perché occupato dagli habitués, come fosse un circolo privato e non pubblico. Non accadeva neppure quando era Circolo degli artisti che nacque 177 anni  fa e che fu fatto sloggiare per far posto al Circolo dei lettori