ilTorinese

Un pallone chiamato Orbita

Curiosità dal mondo del calcio

Una delle più importanti curiosità di questo campionato di calcio serie A riguarda lo strumento di lavoro più importante utilizzato dai calciatori: il pallone.
Ebbene sì anche la sfera di cuoio viene “battezzata”: quest’anno si chiama Orbita, di colore bianco con geometrie variabili di colore azzurro e blu che ricordano il logo della serie A.
Un’altra novità riguarda la panchina: sempre 5 cambi a disposizione in tre fasi diverse della partita ma aumentano i giocatori, da 12 si passa a 15.

Enzo Grassano

Le nuove frontiere della telepatia

E’ sempre più verosimile che la facoltà telepatica sia prossima a essere realizzata grazie alle nuove tecnologie.

È comunemente ammesso che nel campo della ricerca psichica siamo solo alle soglie della scoperta: il prossimo secolo rivelerà meraviglie che vanno ben al di là di tutto quel che, fino ad ora, è stato svelato. L’indagine scientifica sullo spirito, la cui natura è stata a lungo discussa solo da punti di vista religiosi e metafisici, è ora considerata da pensatori avanzati non solo come praticabile, ma di fronte a un interesse in costante crescita, come imperativa.
Le esperienze trascendentali non sono più considerate allucinazioni. Si ritiene che le facoltà parapsicologiche siano insite nella personalità umana; non dobbiamo smettere di cercare sue nuove espressioni fra le facoltà osservate talvolta nell’essere umano, in particolare quelle della telepatia e dell’intercomunicazione spirituale.
Nel suo senso più ampio, la telepatia, l’azione dello spirito a distanza, implica un potenziale rapporto mentale o psichico tra esseri umani dentro o fuori dal corpo. Di questa comunicazione di spiriti incarnati, o con amici disincarnati contattati attraverso i meccanismi della seduta spiritica – non ci sono ancora prove convincenti.
Tuttavia, più di uno studioso ritiene che la facoltà telepatica sia, da sempre, in via di sviluppo tra gli uomini, che sia evolutiva e addirittura cosmica, cioè che si estenda nell’universo ovunque ci siano esseri senzienti che rispondono telepaticamente e ricevono le vibrazioni trasmesse. Gli agenti percipienti su questo pianeta possono a loro volta essere reciprocamente impressionati dal mondo trascendentale attraverso il mezzo di vibrazioni simili che trasmettono pensieri, sentimenti, simpatie, ammonizioni, ispirazioni.
La distanza non costituirebbe una barriera alla comunicazione subliminale; l’’azione telepatica potrebbe non essere prerogativa dell’essere umano, ma anche insita e caratteristica della natura animale e vi sono scienziati che provano a dimostrare la veridicità di queste teorie paragonando il nostro cervello ad un computer, provando ad inserirvi alcuni microchip, utilizzandoli per raccogliere dati e provare a trasmetterli a distanza con la sola forza del pensiero.
In pratica i microchip impiantati nel nostro cervello potrebbero, un giorno, fornire agli esseri umani un’interfaccia del tutto simile a un computer posizionato nella nostra testa, il che rappresenterebbe un’importante conquista evolutiva per la specie. A sua volta, questo dispositivo sarebbe in grado di stabilire comunicazioni e leggere informazioni dai dispositivi che utilizziamo ogni giorno, in quello che sarebbe un vero e proprio scambio di dati avvenuto telepaticamente.
Anche se la telepatia, ancora oggi, è appannaggio di prestigiatori e mentalisti che, per quanto bravi a mostrare la loro capacità a trasmettere idee a distanza, utilizzano comunque uno o più trucchi, eppure, in alcuni laboratori la possibilità che, indossando apposite attrezzature miniaturizzate il nostro cervello possa trasformarsi in una sorta di radio trasmittente viene sperimentata, ottenendo risultati sempre più promettenti.
Il chirurgo cerebrale Eric Leuthardt dell’Università di Washington utilizza quotidianamente questa metodica, cercando di comprendere quale possa essere il limite del nostro encefalo, nella trasmissione del pensiero a distanza, cercando di superarlo utilizzando sofisticate tecnologie, oggi finalmente a disposizione.
Il lavoro di Leuthardt consiste nel comprendere e analizzare le limitazioni del cervello e il modo in cui potremmo usare la tecnologia per superare i suoi svantaggi.
Il chirurgo ha affermato in una recente intervista al MIT Technology Review come i chip impiantati nel nostro cervello potrebbero un giorno dotare gli esseri umani di un’interfaccia simile a un computer, il che rappresenterebbe un importante traguardo evolutivo per la specie, la cui data ipotetica per raggiungerlo è stata ipotizzata intorno al 2038.

Per conseguire tale obbiettivo è necessario disporre di tecniche di miniaturizzazione dei componenti da inserire nell’organismo, nel caso in questione nel cervello, facendo sì che venga ad avverarsi una delle tante intuizioni visionarie anticipate da un film dal titolo “Viaggio allucinante” in cui è ipotizzata una tecnica in grado di permettere di ridurre a dimensioni ultramicroscopiche un qualunque materiale o oggetto, compresa una equipe di operatori umani per poterli inserire all’interno di un organismo con il compito di distruggere, con un laser, un embolo cerebrale.
Il film è avvincente e non mancano i colpi di scena; nel 1966, quando uscì nelle sale, era fantascienza pura, ma oggi siamo molto vicini a realizzare quanto visto oltre mezzo secolo fa.
Attualmente le possibilità offerte dalla nanotecnologia avanzata promettono possibilità apparentemente infinite e potenziali applicazioni illimitate, utilizzando una serie di nuove funzionalità per mezzo di piccolissime nanostrutture come i nanocavi e i nanomateriali (tutti decine di migliaia di volte più sottili di un capello umano).
Il dottor Leuthardt, in collaborazione con tecnici informatici, è in procinto di realizzare un dispositivo che può essere innestato nel cervello nel modo meno invasivo possibile, permettendo ad una apposita attrezzatura di diventare un’efficace interfaccia cervello-macchina.
Molte difficoltà dovranno essere ancora superate, non ultima quella del reperimento di capitali, ma la via è segnata, è sempre più alla portata degli scienziati una vera e propria integrazione neurale che ci permetterà di comunicare con le macchine senza ingombranti macchinari e, forse, di trasmettere informazioni a distanza e, di conseguenza, poter leggere nella mente delle persone, con tutto quello che può conseguire.
Questi studi complessi dimostrano che scienza e tecnologia sono prive di limiti.
La sperimentazione a cui siamo chiamati è letteralmente illimitata, una sfida che, come tutti i muri da superare che l’umanità si è trovata di fronte, impensierisce e affascina ma, come sempre, supera l’immaginazione per condurci davvero a realizzare, seppure con artefatti protesici miniaturizzati innestati nell’organismo, ma con buone probabilità di riuscita, per tutti la telepatia.

Rodolfo Alessandro Neri

Prorogati anche a Torino i dehors di bar e ristoranti

L’ASSESSORATO AL COMMERCIO COMUNICA LA PROROGA DEI DEHORS STRAORDINARI (PANDEMIA) , PREVISTA DAL GOVERNO

 

Ai sensi dell’articolo 40 del D.L. 23/9/2022 n. 144 cosiddetto decreto Aiuti ter, è prorogata la permanenza dei dehors sino al 31/12/2022, salvo disdetta degli esercenti che non siano più interessati.

Gli adempimenti necessari a tal riguardo e altre informazioni sono disponibili nella pagina del portale web della Città di Torino, all’indirizzo http://www.comune.torino.it/commercioeimpresa/

Le stanze chiuse del re La Palazzina di Caccia di Stupinigi apre le porte dei suoi spazi segreti chiusi al pubblico

Sabato 1 ottobre 2022

 

“Le stanze chiuse del re” è il nome della visita guidata straordinaria, in programma sabato 1 ottobre, all’appartamento di Ponente di Carlo Felice con le sue particolari decorazioni a tema marino. Opposto allo speculare appartamento di Levante, l’appartamento in attesa di restauro è l’insieme delle stanze appartenute al Re Carlo Felice e alla duchessa Cristina di Borbone.

Gli spazi vennero ampliati sotto la direzione di Benedetto Alfieri nel XVIII secolo per accogliere le stanze di Vittorio Emanuele, duca d’Aosta e figlio di re Vittorio Amedeo III. L’appartamento si apre all’ingresso con un atrio contraddistinto da due statue in marmo dei fratelli Collino rappresentanti rispettivamente Meleagro e Atalanta. Le due anticamere successive sono contraddistinte da una decorazione della seconda metà del XVIII secolo ascrivibili alla scuola del Cignaroli con scene di caccia e di vita agreste. Tutte le sovraporte degli ambienti raffiguranti Marine, datate 1755, sono riconducibili alla maniera di Francesco Antoniani. Nelle camere da letto i lampadari in vetro di Murano con bracci a cornucopie, risalgono alla fine del XVIII secolo così come i letti intagliati e laccati. I camini di tutto l’appartamento sono in marmo di Valdieri, il pavimento in seminato alla veneziana.

La visita rientra nel programma di Passepartout, le visite guidate straordinarie alla (ri)scoperta degli spazi segreti, normalmente chiusi al pubblico, della Palazzina di Caccia di Stupinigi. L’appartamento di Ponente, gli ambienti della servitù e la cupola juvarriana sono gli spazi della corte, in alcuni casi aperti per la prima volta ai visitatori, che raccontano la storia della Palazzina nelle sue diverse fasi abitative e il progetto architettonico alla base della sua costruzione.

 

INFO

Palazzina di Caccia di Stupinigi

piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (TO)

Le stanze chiuse del re – Visita all’appartamento di Ponente

Sabato 1 ottobre, ore 10.30, 12, 14.30 e 16

Durata: un’ora circa.

Prossimi appuntamenti: 5 novembre, 6 novembre, 12 novembre

Costo del biglietto: 17 euro.

Per partecipare alle visite guidate è obbligatoria la prenotazione.

Prenotazione obbligatoria al numero: 011 6200633, dal martedì al venerdì 10-17,30, entro il venerdì precedente la visita.

www.ordinemauriziano.it

Vercelli si prepara a ospitare il “Premio Wilde”

Manca ormai poco alla finale della XVª edizione del concorso europeo di poesia “Premio Wilde” edizione 2022, che si svolgerà a Vercelli il 22 ottobre, nella Sala S.O.M.S”.  L’evento Wilde ormai da anni riceve l’alto patrocinio dell’Osservatorio Parlamentare Europeo e del Consiglio d’Europa.

Tra i poeti finalisti, provenienti da ogni regione, che si sfideranno in questa edizione, saranno ben 14 i piemontesi presenti, saranno infatti gli stessi autori a decantare la loro opera davanti alla III commissione di giuria.

Tra i poeti del nostro territorio, la poetessa canavesana Barbara Barducco di Rivarossa, con l’opera “Il valore delle cose”.

Durante l’evento di finale saranno inoltre assegnati i Vip European Awards 2022, agli artisti Roberto Turatti, produttore musicale e fondatore dei Decibel, scopritore del grande Enrico Ruggeri, e al maestro Lorenzo Maria Bottari, uno dei maggiori rappresentanti della pittura italiana nel mondo. Tra autorevoli esponenti che presenzieranno, anche l’ex Ministro dell’Istruzione.

“Palma de Sols”, il nuovo CD di Mauro Palmas al Folk Club

XXXIV Stagione

 Prima Parte: 25 settembre – 23 dicembre 2022

SABATO 1° OTTOBRE 2022 ORE 21.30
MAURO PALMAS TRIO
presenta
PALMA DE SOLS
Ingresso Intero 20 € | Ridotto Under 30 10 € | Streaming 5 €

La vita musicale della Sardegna si caratterizza non solo per i tratti arcaici di strumenti e tecniche vocali la cui memoria si perde nel tempo, ma anche per la ricca vitalità del presente.
Da anni Mauro Palmas sperimenta, senza mai perdere la propria identità, nuove possibilità di incontro tra musica tradizionale e altre espressioni sonore, prefigurando una musica aperta alle influenze del jazz, della musica d’autore e mediterranea.
Proprio il Mediterraneo, culla di tradizioni, musiche, culture e religioni, è il protagonista ispiratore di questo particolare progetto artistico. Un progetto che si misura con i sentimenti più veri e profondi, che nasce dall’incontro di artisti appartenenti a mondi musicali solo apparentemente lontani: uno legato alla tradizione popolare mediterranea, l’altro prevalentemente legato alla musica classica e, nella versione organistica, a quella liturgica. Una formazione unica dalla grande impronta poetica, forte di una comune passione musicale e di un solido legame umano. Attraverso composizioni originali, riletture realizzate con personale creatività e nel rispetto della tradizione classica e popolare, gli eclettici protagonisti mettono a confronto sensibilità, esperienze e suggestioni raccolte nel corso delle loro intensa carriera artistica. Palma de Sols”, il nuovo CD di Mauro Palmas, pubblicato da Squilibri, è dedicato a quanti al mare affidano la propria vita e le proprie speranze, ai tanti che ce la fanno e ai troppi che invece vedono il proprio sogno frantumarsi tra le onde. Di brano in brano si profila così un viaggio senza tempo sulle antiche rotte di un mare testimone di molteplici destini e custode di inestimabili bellezze, teatro di indicibili sofferenze e veicolo di sogni e promesse di vita. Il mare nostrum, quel Mediterraneo una volta enclave di civiltà diverse e ora specchio di egoismi feroci, diventa protagonista di suoni e voci che, a loro volta, diventano racconto grazie al testo di Maria Gabriela Ledda, scritto appositamente per questo lavoro che si snoda come un seducente filo conduttore tra i diversi brani, nominando quanto la musica esprime ma non dice. Da tempo immemorabile, del resto, in quel mare si addensano vite e destini che Mauro Palmas ha deciso di raccontare, in brani di grande suggestione, con la leggerezza del sogno e la potenza del linguaggio musicale, trasfigurando nelle pieghe del mito vicende che riguardano ancora le cronache dei nostri giorni. I protagonisti del racconto, Antoni e Adrià, insieme al timoniere Juan Edmond Ravel e al giovane mozzo Mohamed, sono in viaggio verso Palma de Sols, come era stata ribattezzata l’isola di Sant’Antioco dai catalano-aragonesi quando decisero di invadere la Sardegna. Nell’isola si sono dati convegno i più grandi suonatori del mondo per una competizione senza eguali in onore di Sant’Antioco: colui che riesce a far comparire un sorriso sul volto della statua lignea del santo viene nominato protettore dell’isola e a lui viene riconosciuto lo strabiliante potere di cancellare la tristezza.
Una gara, dunque, in onore di un santo ‘straniero’ venuto dal mare, dato che Sant’Antioco è nato in una regione tra Marocco e Algeria, a indicare la capacità di unire vita e destini tanto del mare quanto della musica a dispetto di ogni malintesa idea di identità, fondata sulla razza e l’appartenenza territoriale, esibite come motivo di esclusione nei confronti dell’altro.

Mauro Palmas compositore, polistrumentista e mandolista, ha iniziato la sua carriera giovanissimo dedicandosi alla ricerca nell’ambito della musica popolare. Nel 1977 ha fondato Suonofficina, rivolgendo la sua attenzione alla musica sarda e mediterranea in generale. A quel periodo risale l’ideazione di una tecnica esecutiva che, partendo dai ritmi delle danze popolari, gli ha permesso di trasporre sulla mandola il linguaggio delle antiche “nodas” sarde, tradizionalmente eseguite con le launeddas. È autore di musiche per il cinema e per il teatro, e le sue collaborazioni musicali spaziano dalla musica popolare al jazz e a forme di ricerca che attraversano territori diversi, senza appartenere a un genere preciso. Tra i tanti artisti con i quali ha collaborato Maria Carta, Elena Ledda, Mauro Pagani, Don Cherry, Lester Bowie, Don Moye, Enrico Rava, Paolo Fresu, Antonello Salis, Noa e Gabriele Mirabassi e tanti altri.Sul palco del FolkClub, Mauro Palmas (liuto cantabile, mandola) è accompagnato da Alessandro Foresti (pianoforte) e Marco Argiolas (clarinetto).
https://www.mauropalmas.it/

Dopo la vittoria di Fdi in Italia la Cina teme ancora di più il G7

Xi Jinping è in allarme: se in Italia Giorgia Meloni, leader del partito “Fratelli d’Italia”, divenisse la nuova Presidente del Consiglio, troverebbe in Liz Truss, la nuova premier britannica, una valida alleata contro il governo di Pechino.

Sotto l’egida statunitense di Biden, il nuovo viso del G7 con Liz Truss e Giorgia Meloni potrebbe risultare ancora più ostile nei confronti del governo di Pechino…

 

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DOPO LA VITTORIA DI FDI IN ITALIA, LA CINA TEME ANCORA DI PIU’ IL G7

I cinquant’anni de La donna della domenica

Cinquant’anni fa usciva nelle librerie, edito da Mondadori, “La donna della domenica”, il primo e il più popolare dei libri di Fruttero & Lucentini, che secondo gli esperti del genere va considerato il capostipite del “giallo italiano”.

Il romanzo è ambientato nella Torino degli anni Settanta, città che per cerri versi va considerata come la vera protagonista con tutte le sue luci e le ombre, descritta nei dettagli, resa reale in ogni sua piega, sintesi e rappresentazione della vita italiana di quegli anni. La trama è abbastanza nota. Nel suo pied-à-terre viene ucciso con un’arma del tutto originale l’architetto Garrone  un personaggio sordido che vive di espedienti e fa parte di una sorta di “teatrino privato” nel quale Anna Carla Dosio, la moglie di un ricco industriale, e Massimo Campi, giovane omosessuale della buona borghesia, deplorano i vizi, le ostentazioni e la volgarità dei loro conoscenti. Il commissario Santamaria si trova così a indagare tra l’ipocrisia, le assurde velleità e i chiacchiericci che animano il mondo della borghesia piemontese, tra professionisti dalla doppia vita, dame dell’alta società dal fascino snob, e industriali con pochi scrupoli. Pagina dopo pagina si scopre che la vera indagine non è tanto quella tesa a scovare il colpevole quanto il desiderio di svelare vizi e difetti di una società dove regna la doppiezza. Si passa così dalla noia di ricchi imprenditori, alla stanca relazione omosessuale che trascina avanti Massimo Campi, al disprezzo di quell’ambiente di parvenu per i meridionali immigrati e per i ceti più popolari che vivono nei quartieri della città della Fiat. Si intuisce così che Torino, in apparenza ordinata e precisa fino ad essere noiosa, nasconde un cuore malefico e folle. E sono gli stessi autori a far riflettere nel libro il commissario Santamaria, sostenendo come “altre città regalavano al primo venuto splendori e incantamenti, esaltanti proiezioni verso il passato o l’avvenire, febbrili pulsazioni, squisiti stimoli e diversivi; altre ancora offrivano riparo, consolazione, convivialità immediate. Ma per chi, come lui, preferiva vivere senza montarsi la testa, Torino, doveva riconoscerlo, era tagliata e squadrata su misura. A nessuno, qui, era consentito farsi illusioni: ci si ritrovava sempre, secondo la feroce immagine dei nativi, al pian dii babi, al livello di rospi”. Dal libro è stato tratto anche un celebre, omonimo film diretto da Luigi Comencini e sceneggiato da Age e Scarpelli nel 1975 con Marcello Mastroianni (Santamaria), Jacqueline Bisset (Anna Carla Dosio), Jean-Louis Trintignant (Massimo Campi), Lina Volonghi (Ines Tabusso), Claudio Gora (Garrone), Aldo Reggiani, Pino Caruso, Omero Antonutti.

Marco Travaglini

Green Communities, finanziato progetto pinerolese

IL PROGETTO PNRR GREEN COMMUNITIES DI UNIONE MONTANA VALLI CHISONE GERMANASCA, CITTA’ DI PINEROLO E  UNIONE MONTANA DEL PINEROLESE FINANZIATO PER 4 MILIONI DI EURO

 

Il progetto GREEN COMMUNITIES redatto da Acea Pinerolese Industriale per l’Unione Montana Valli Chisone e Germanasca, Unione Montana del Pinerolese e Città di Pinerolo è stato finanziato con quasi 4 milioni di euro dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza e 300.000 euro in autofinanziamento.

Il progetto è uno dei tre del Piemonte secondo la graduatoria pubblicata oggi dal Nucleo PNRR Stato-Regioni del Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il progetto di Green Community coinvolge l’Unione Montana Valli Chisone e Germanasca, l’Unione Montana del Pinerolese e la Città di Pinerolo.

Numerosi i filoni di attività finanziati: dalla gestione integrata e certificata del Patrimonio agro-forestale, alla gestione integrata e certificata delle risorse idriche con la realizzazione di serbatoi di emergenza in quota, produzione di energia dalle fonti rinnovabili, sviluppo di un turismo sostenibile capace di valorizzare le produzioni locali, mobilità sostenibile con percorsi ciclabili per valorizzare il turismo a due ruote e con la mobilità green collegare i maggiori siti di pregio storico, culturale, ambientale, efficientamento energetico di edifici pubblici quali la piscina di Valle a Perosa Argentina, l’ecomuseo delle miniere nel Comune di Prali o il mattatoio di valle a Pomaretto, programmi Zero Waste per promuovere investimenti in tal senso da parte delle strutture ricettive e ristorative, mobilità sostenibile con l’acquisto di pulmini elettrici per creare una rete strutturata di collegamento a impatto zero tra i comuni, installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto delle strutture della Scuola Agraria Malva, sviluppo di un modello di azienda agricola sostenibile che sia anche energeticamente indipendente attraverso la produzione e l’uso di energia da fonti rinnovabili nei settori elettrico, termico e dei trasporti.

 

Sua Maestà il fungo porcino di Giaveno

41ª EDIZIONE PER LA MANIFESTAZIONE CHE ESALTA IL PRODOTTO DELLA MAGIA DEI BOSCHI

In Val Sangone ci sono segreti custoditi meglio che al Pentagono: non sono informazioni militari, ma le coordinate dei posti in cui nascono i funghi, tramandate di padre in figlio con il divieto assoluto di rivelarle a persone estranee alla famiglia. Dietro il terzo castagno, di fianco a quel preciso tappeto di muschio, sotto quell’altro preciso ciuffo di erica: ricordi di infanzia, imprinting fin da bambini, conoscenza e cura del bosco.

Il fungo è stato scelto ormai da quarant’anni come il prodotto tipico di eccellenza di Giaveno, che ama definirsi la sua “capitale”.

L’edizione di “Fungo in festa” che si svolge dal al 9 ottobre è infatti la 41ª volta per la manifestazione enogastronomica, e ha ottenuto dalla Regione Piemonte il titolo di Fiera regionale, cosa che le consente di essere pubblicizzata ancor più sui vari canali ufficiali.

Il possesso dei requisiti ha permesso di entrare nel “club” delle fiere più famose, accanto alla Sagra del Peperone di Carmagnola e alla Fiera del Tartufo di Alba, per citare le più famose e vicine.

Giaveno è l’unica città piemontese ad avere una fiera regionale dedicata al fungo.

“Stiamo lavorando molto sul prodotto fungo affinché diventi davvero il nostro marchio caratteristico e faccia distinguere e riconoscere la nostra Città – afferma il Sindaco, Carlo Giacone – Il riconoscimento regionale è il punto di approdo di tanto lavoro svolto in passato, ma anche il punto di partenza per obiettivi e traguardi ancora più alti. Abbiamo un prodotto di eccellenza che deve essere valorizzato sempre più, in modo da diventare volano di sviluppo economico e attrattiva per i nuovi tipi di turismo”.

Non ha bisogno di pubblicità in sé il fungo locale, da qualche secolo bontà venduta a Torino proprio con quel titolo, “porcino di Giaveno”, sottintendendo la provenienza fatta di castagneti, di acque, di odori, di muffa, di magia della crescita improvvisa e di fatica della ricerca ostinata. L’umido di rugiada, il terreno dalla consistenza morbida, il canto degli uccelli e i colori autunnali si aggiungono a comporre un quadro completo che coinvolge nella ricerca tutti i sensi. E diventa anche ricerca spirituale.

Magia: perché i funghi non nascono, non crescono: loro spuntano. A volte dalla notte alla mattina. Come non pensare a fate, gnomi e forse anche masche quando ci troviamo davanti alla perfezione di un porcino sano, con la sua consistenza così speciale e quel profumo penetrante, spuntato laddove ieri non c’era?

I bulajur sono persone strane: si svegliano all’alba e si fiondano nei boschi, con qualsiasi tempo atmosferico, magari persino prima di andare al lavoro. Figure nere, al buio, con pastrani vari, alcuni incappucciati, si muovono con fare cospiratorio nei boschi, in compagnia soltanto di bastoni. Sono silenziosi e circospetti, cercano la solitudine assoluta, cambiano strada quando incontrano un loro simile: sembra la trama di un film horror.

Qualcuno, negli anni d’oro, prendeva le ferie proprio in autunno, per dedicarsi alla ricerca. Altri ne hanno fatto in un certo senso lavoro, anche numerose donne. Può essere una passione smisurata, è stata anche una grandissima risorsa economica.

Perché il fungo di Giaveno è così rinomato? Semplice: perché è davvero buono. Perché i boschi sono generosi: certo, dipende dall’annata, ma la particolare combinazione di terreno, componente arborea, esposizione fa della Val Sangone un territorio speciale per la crescita dei funghi, in particolare dei porcini.

Nell’Atlante dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali del Piemonte (PAT) nella categoria “Funghi delle vallate piemontesi” si legge: “I funghi venduti e ricercati al mercato di Giaveno sono perlopiù porcini: chiaro, moro o estivo a seconda della stagione. Sulla piazza giavenese si vendono anche le “garitule”, in italiano i finferli, le “famiole”, in italiano chiodini, e il mùtun, in italiano grifola frondosa”.

I porcini sono rinomati da secoli, e sono denominati Fungo Porcino di Giaveno per distinguerlo da quelli di altra provenienza che non hanno le stesse caratteristiche organolettiche. In archivio comunale è conservata una ricevuta del 1628, a pagamento di una ragazza di Giaveno che aveva portato funghi alla famiglia Savoia, in particolare per un banchetto dedicato a Madama Reale ospite presso il Palazzotto Abbaziale, ottenendo in pagamento una mezza doppia di Spagna. Nell’Ottocento ci fu il massimo di sviluppo coni primi copiosi carichi destinati a Torino e il mercato di via della Breccia, a fianco del parco comunale, poi spostato in piazza Molines.

La piazza: quel posto in cui, in autunno, si svolge un dramma teatrale a base di fungo. Venditori e acquirenti si impegnano nella gara a chi ne sa di più, a chi predice il tempo, a chi trova l’esemplare più bello, più grande o più curioso. Discutono, litigano, fanno pace. Un’opera a ingresso gratuito.

Il mercato negli anni è stato regolamentato. Innanzitutto, i venditori devono aver seguito corsi appositi per il riconoscimento dei funghi, a garanzia della sicurezza dei compratori. C’è anche un micologo esperto, in convenzione con l’Unione dei Comuni Montani Val Sangone e con l’Asl, che certifica la commestibilità a tutela di entrambe le parti (e offre anche gratuitamente consulenze ai privati). I bulajur devono pure dichiarare che il fungo è di provenienza locale: questo per scoraggiare il fenomeno dell’acquisto in blocco di funghi provenienti dai paesi dell’Est Europa che purtroppo in passato ha scatenato ridde di polemiche e multe.

Tutti i venditori sono stati dotati di uguali tavoli e ombrelloni gialli da parte della Città di Giaveno, in modo da dare un colpo d’occhio riconoscibile e rassicurare i compratori su serietà, organizzazione, coesione e qualità del mercato.

L’anno scorso è stato anche pensato un cestino ecologico, in cartoncino, con alla base una mappa del territorio.

Il fungo, prodotto di eccellenza intorno al quale si costruisce l’identità enogastronomica della città di Giaveno e della sua valle, è il punto di riferimento per la costruzione di un mondo di sapori autentici in cui sono contemplati anche il pane (con la manifestazione Giaveno Città del Buon Pane, a inizio settembre), la patata di montagna biologica (con la manifestazione dedicata a fine settembre), il miele, i formaggi e il cioccolato e recentemente anche il vino.

Manca ancora un’industria di conservazione e con essa la possibilità di allargare il periodo in cui i turisti cerchino Giaveno per la carta a base di funghi. Forse perché quando ci sono, i porcini finiscono subito nei piatti e nei congelatori, e non ce ne sono abbastanza per pensare di metterli via in altra maniera.

A proposito di menù: i ristoratori sono l’anima della festa, con menù dedicati, e da qualche anno si organizza anche nella giornata conclusiva della manifestazione uno spettacolo di show cookingcon cuochi stellati che preparano in piazza le loro prelibatezze a base di porcini.

L’anno scorso hanno partecipato alcuni cuochi torinesi, Matteo Baronetto, chef del ristorante “Del Cambio”, originario di frazione Selvaggio e con un padre bulajur esperto, e Alessandro Mecca, chef di Spazio 7, cresciuto in Val Sangone, entrambi con una Stella Michelin. Accanto a loro, Cesare Grandi del ristorante “La Limonaia” e il Sommelier Enrico Baronetto, Restaurant director Alain Ducasse at The Dorchester.

La Pro loco è presente in piazza con menù degustazione a prezzi popolari. Un altro modo per attirare ancora più persone: quest’anno bruschetta ai funghi porcini trifolati; pizza ai funghi porcini; pasta al sugo di salsiccia e funghi.

Nel tempo sono arrivate altre novità, a costruire intorno al fungo occasioni che durino al di là della presenza fisica di Sua Maestà il Porcino.

Da tre edizioni durante la Festa si svolge un convegno sul tema del fungo nella nutrizione, nella natura, nella salute, in cucina. Un modo per rendere culturale un momento enogastronomico.

È del 2021 la prima edizione di “Alla ricerca del fungo misterioso”, una caccia al tesoro per trovare i 24 cartelli segna-fungo posizionati su quattro sentieri: un modo per conoscere, in sicurezza, valloni da recuperare a un turismo lento, di prossimità e ambientale come di moda dopo il lockdown (e meno male). Negli ultimi anni, nelle giornate della Festa si organizzano passeggiate guidate alla scoperta del territorio.

L’Unione Montana ha predisposto anche un voucher giornaliero per la raccolta dei funghi, che funziona come quello per i parcheggi. Si acquista nei locali convenzionati e presso l’Ufficio Turistico, e il giorno del suo utilizzo si gratta data e orario. Permette così anche a chi non vuole fare la tessera per tutta la stagione di poter raccogliere i funghi con la sicurezza di aver pagato la propria quota e di evitare le multe.

Infine, visitabile su richiesta presso l’Ufficio Turistico, è allestito in via Stazione il Museo del Fungo che fornisce al visitatore le informazioni sul prodotto principe di Giaveno e della valle.

Aggiornamenti e info sul sito www.visitgiaveno.it