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Fdi: “Daspo urbano contro la criminalità”

“Degrado, spaccio e quartieri ghetto non sono qualcosa che si possa nascondere sotto il tappeto, facendo finta che non esista. A Torino serve applicare il DASPO Urbano per ripulire le periferie da balordi e criminali” a dichiararlo sono la parlamentare di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli e l’assessore alle Politiche sociali della Regione Piemonte Maurizio Marrone intervenendo sul corteo di Fratelli d’Italia che questa sera attraverserà le vie di Torino nord.

“Abbiamo deciso di lanciare con la manifestazione di questa sera la raccolta firme per presentare ufficialmente al Consiglio Comunale di Torino una “Proposta di Deliberazione” volta ad introdurre anche nella nostra città la misura del DASPO Urbano. Allo sconforto ed alla rabbia di chi vede diventare il proprio quartiere un luogo invivibile, vanno date la vicinanza delle istituzioni e soprattutto risposte concrete – dichiara Montaruli -. Dal 2019 Torino attende l’applicazione del Protocollo per la sicurezza integrata firmato da Comune di Torino, Regione Piemonte e Ministero dell’Interno, e fino ad ora completamente disapplicato. Proprio in quel protocollo, il Comune di Torino prendeva chiari impegni rispetto al valutare modifiche del Regolamento di Polizia Municipale per l’attuazione del “DASPO Urbano”. Una misura che nella Milano di Beppe Sala è già a regime da anni.
Ora a portare questo tema in Consiglio Comunale saranno direttamente i cittadini, come reso possibile dalla legge, mettendo il sindaco Lo Russo davanti alle proprie responsabilità”.

“Il Comune di Torino – spiega ancora l’assessore Marrone – deve mantenere questo impegno preso con la Regione Piemonte ed il Governo, ma mai mantenuto. Lo deve a quella maggioranza di torinesi che vive lontana dai salotti-passerella della città, assediata da bivacchi di spacciatori e balordi che riempiono di degrado i suoi quartieri. Ancora una volta Fratelli d’Italia solleva il problema che qualcuno vorrebbe nascondere sotto il tappeto, ma propone anche una soluzione: la delibera per l’applicazione pure a Torino del Daspo Urbano, che arriverà in Consiglio Comunale su iniziativa popolare dei cittadini per dare alle Forze dell’Ordine uno strumento utile a togliere i delinquenti da strade, piazze, giardinetti e metterli finalmente dietro le sbarre”.

Grazie al DASPO Urbano, infatti, sarà possibile per la Questura disporre il divieto di accesso dei soggetti “pericolosi” ad una o più delle aree cittadine, prevedendo anche l’arresto fino a due anni in caso di contravvenzioni del divieto. Il DASPO Urbano può essere applicato a tutti quei soggetti che si siano resi responsabili di spaccio, accattonaggio, ubriachezza manifesta, atti contrari alla pubblica decenza, attività di parcheggiatore abusivo, sfruttamento della prostituzione e tutti quelle condotte contrarie al decoro urbano.
Per firmare la Proposta di Deliberazione, per cui sono necessarie 500 firme, Fratelli d’Italia allestirà un gazebo a margine della manifestazione di questa sera e proseguirà poi nei mercati cittadini.

Leone (Lega Salvini ): “Una giornata di ascolto e proposizione in Canavese”

Un Canavese che innova, che sperimenta, che consolida tradizioni e precorre i tempi. È questo ciò che la giornata ha mostrato al Governatore del Piemonte in visita in tutto il territorio guidato dalla passione del rivarolese della Lega Claudio Leone.

“La nostra giornata è partita da Agliè – commenta Leone -, siamo andati a visitare la Gc Infissi di Saverio Campo e più tardi la Alfredo Leivo Escavazioni a Vauda Canavese. È davvero stimolante vedere come lavori, che nell’immaginario di molti hanno una contestualizzazione legata all’artigianato, siano oggi imprese moderne ed avanzate che, con il loro operato, fanno crescere il territorio sia a livello economico sia occupazionale”.

“Se è vero che nella piccola Ruhr non c’è solo lo stampaggio – ha aggiunto il leghista Leone – siamo ancora orgogliosa eccellenza con realtà come la Isac di Busano e la Pegasus di Favria. Ci ha emozionato, in questa lunga giornata, il rosso della passione senza età di Sarca autotrasporti a Rocca e ci ha stupiti l’eccellenza della chimica legata alla farmacia della Costantino di Favria”.

“Avevo organizzato una giornata all’ascolto del Canavese e dei Canavesani – conclude Leone –  ma la visita del Presidente della Regione, in compagnia del collega Andrea Cane e di tanti amici, sindaci e imprenditori ha stupito tutti: segnale che il nostro territorio ha tanto da dire e da dare, anche per chi ci è nato e vissuto da sempre”.

Pa, Ruffino: servono formazione e assunzioni

“Il settore degli appalti pubblici è essenziale per la messa a terra degli interventi finanziati con il PNRR. La digitalizzazione del comparto è imprescindibile proprio per ripianare lo storico gap che, purtroppo, grava sugli enti locali. Troppe amministrazioni però sono sprovviste di competenze di personale formato per gestire questi nuovi strumenti digitali” E’ l’allarme lanciato dalla deputata di Azione Daniela Ruffino al Ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini.

“Dal 3 agosto del 2021 è infatti in vigore il decreto “BIM”, che stabilisce modalità e tempi di progressiva introduzione presso le Pubblica Amministrazione, di nuovi processi, metodi e strumenti elettronici per la gestione e il controllo dei progetti edilizi e infrastrutturali. Si  tratta potenzialmente di una svolta molto importante: l’utilizzo di questo nuovo sistema permetterebbe  di ottenere una serie di vantaggi:  tempi di costruzione ridotti e certi, costi inferiori di gestione e manutenzione, risoluzione di errori e anomalie, uso più efficiente delle risorse. Ci sono però 5498 piccoli comuni al di sotto dei cinquemila abitanti che non riescono ad accedere a questa importante innovazione. Occorre uno sforzo maggiore e tempi rapidi per non perdere il treno di questa sfida fondamentale. Assumiamo e formiamo personale”. Ha concluso la deputata di Azione

Eurovision, Iannò: “I volontari e l’apartheid del pranzo vip”

La denuncia del Vice Capogruppo di Torino Bellissima, Giuseppe Iannò 

 

Effetto Eurovision Song Contest grande evento, solita vetrina di nomi internazionali sotto i riflettori e una manifestazione che vale milioni di euro.

Vengono reclutati giovani volontari/e non retribuiti, che avranno il compito di accogliere le 41 delegazioni internazionali e mansioni varie, quali fornire informazioni e collaborare sotto varie forme all’organizzazione dell’evento.

Niente di nuovo sotto il sole, solite dinamiche di impiego dei volontari, in cambio di un’occasione per sentirsi protagonisti di un evento internazionale con un “compenso simbolico”: un’uniforme, utilizzo gratuito dei trasporti pubblici e un buono pasto. E qui si potrebbe affermare metaforicamente “qua casca l’asino!”

Con tanto di messaggio via chat, l’organizzazione ha avvisato i volontari che si occupano dell’area “VIP lounge assistant”, che nei giorni 10-12-14 maggio in cui presteranno servizio presso tale zona, che sarà presente un servizio di catering a “SOLO” uso degli invitati.

Perciò – prosegue il messaggio – vi ricordiamo che non avrete la possibilità della consumazione a buffet. Vi chiediamo quindi di organizzarvi sul momento per poter fare una pausa ed uscire dalla lounge se vi siete portati da mangiare e/o bere.

“Una discriminazione bella e buona alle spalle di volontari che lavorano senza un compenso – commenta Giuseppe Iannò di Torino Bellissima, “un vero apartheid del panino”, con tutti i milioni di euro investiti nell’evento. Una vera vergogna.”

I nervi scoperti della Città di Torino

La città di Torino ha due nervi scoperti. Il personale e l’indebitamento. Partiamo da quest’ ultimo.  Forse il più facile e tutto sommato gestibile.

Sono decenni che è sull’ orlo della bancarotta. Spende di più di quanto incassa e si indebita non per investimenti, ma per pagare le spese correnti.  In particolare i costi del personale. L’altra nota dolente, in tutti i sensi. Dal punto di vista quantitativo e dal punto di vista qualitativo. Sintesi: per niente produttivo. Perché?  Sono pochi e male organizzati. Diciamola tutta: per niente organizzati. Tanto … fin che la barca va, falla andare. Però’ ora siamo arrivati.  Ma come siamo giunti  a questo punto? La Torino del triangolo industriale come tale aveva competenze e nel DNA la capacità di organizzare. Ovviamente tanti i motivi che  ci hanno portati a questa situazione, primi fra tutti economici. Quando c’erano i soldi si sono sperperati.  Oggi sono molti di meno e male utilizzati. Secondo: gli alti dirigenti con trentennale esperienza sono andati in pensione e non c’è stato tournover. Svuotamento degli uffici dove la media dei dipendenti ciondola stancamente per i corridoi. Tranne per l’anagrafe presa quotidianamente d’assalto da utenti imbestialiti che, raramente, portano a casa ciò che desiderano. Con alcuni elementi di contorno.  Ad esempio non mi risulta che chi percepisce il reddito di cittadinanza aspettando un lavoro che non arriverà mai, svolga lavori socialmente utili. Concretamente il Municipio di Torino in un decennio è passato da poco meno di 20mila dipendenti a 7000 -7500.  Dati  ballerini, visto che chi può andare in pensione non se lo fa dire due volte. Capita, dunque, che in una sola settimana 300 impiegati vadano in pensione . Si assommi il fatto che i pochi funzionari rimasti non  sappiano, non avendone esperienza, da che parte rigirarsi, e sembra che la cifra di ” riferimento ” sia zero.
Comunque il Sindaco Lo Russo non si da’ per vinto. E cerca di non farsi distrarre dal ruolino di marcia.  Innanzitutto dicono sia un grande lavoratore.  Alle 7,30 è già operativo in ufficio.
Sulle nomine, stavolta ha fatto tutto da solo.
Si’, forse, al massimo, qualche telefonata di conferma. Così Cuntro’, fedelissimo di Piero Fassino alle Farmacie. Alessandro Battaglino a Trm , niente di meno che l’inceneritore. In questo caso Battaglino, fedelissimo dell’onnipresente Peveraro.
Ma la notizia delle notizie è Paola Bragantini Presidente Amiat. Brava è brava . Direi politicamente brava. Tecnicamente?  Si vedrà. Indubbiamente l’Amiat è un posto importante. Un settore decisamente fragile visto che Torino, ultimamente, in tale ambito difetta. Ma per il Pd risolve un altro problema: le candidature alle prossime elezioni politiche. Il tutto è dietro l’angolo. Con non pochi problemi, non ultimo la riduzione del 40% dei seggi. Tanto si voterà con l’attuale sistema elettorale. Sono pochissime le probabilità di una riforma. Concretamente tanti pretendenti e pochi posti. Magari, poi arriva il biellese Furia, segretario regionale che qualche pensierino lo sta facendo.  Lui che ha un filo diretto con Provenzano già ex ministro del Mezzogiorno.  Altri se vogliono hanno un seggio assicurato come il prof Giorgis e Mauro Laus che già cinque anni fa si sono conquistati voto per voto le elezioni.
Ovviamente tutto sotto traccia. E mi sa che in questo caso non ci saranno primarie. Dunque Enrico  Letta docet. Letta non è uno stupido e saranno tante e fitte le consultazioni. Obbiettivo: totale rinnovamento. Sono  troppi quelli che vogliono ancora bene a Matteo Renzi. L’altro nodo sono le alleanze.  I cinque stelle hanno una caratteristica di fondo. Totalmente ingovernabili.  Il nostro Conte chiaramente annaspa…Cinque anni fa non essere carne né pesce li ha fatti vincere.
Oggi i pochi rimasti sono divisi su tutto.  Molti hanno fatto un giro di 180 gradi. Da anti europei e filo Putin ad anti Putin e filo europei. Indubbiamente Giggino è tra quelli più cambiati. Ma tutti , proprio tutti si sono presentati a rapporto dal Beppe Nazionale, alias Grillo. Chi si era illuso che il comico non contava più ha preso una cantonata. Raggiante la Meloni: ora tocca a me.   ” Dio mi manda, guai chi si oppone ” . Già sentito. Il che non vuol dire che nel centro destra è tutto liscio come l’olio. Anche loro hanno le loro gatte da pelare.  Non ultimo tanti galli nello stesso pollaio. Covid e guerra in Ucraina hanno decisamente peggiorato la caoticita’ della nostra classe politica. Ma i guai non finiscono qui.  Un’inflazione al 7 % pone un altro problema: basteranno i soldi stanziati dall’Europa?  Probabilmente no. Sono stati presentati i progetti di Torino e della Regione Piemonte?  Che qualità operativa hanno?  Una cosa è certa: l’attuale struttura burocratica del Municipio di Torino non è all’altezza sia quantitativamente che qualitativamente. Pochi dipendenti ed assolutamente non formati per gestire il tutto. Ed i tre bandi per l’assunzione di nuovi dipendenti sono, mi pare, ancora in alto mare. Questa la terza sfida della giunta Lo  Russo oramai, tutta, soprannominata Missione impossibile.  Non disperiamo, comunque: difficile essere ottimisti, ma la speranza è l’ultima a morire.

PATRIZIO TOSETTO

Magliano: Se vi sono Regioni a statuto speciale, questa Giunta è invece decisamente ordinaria

Tanti i (piccoli) Comuni, pochi i Segretari: nulla di fatto, tuttavia, per risolvere il problema, centinaia di Sindaci abbandonati a se stessi nonostante il mio Question Time appena discusso, con provocatorio invito a “fare come la Sardegna”, e nonostante il mio Ordine del Giorno approvato lo scorso novembre.

Deludente risposta al mio Question Time, discusso in Consiglio Regionale: chissà se il mio provocatorio invito a “fare come la Sardegna”, Regione a statuto speciale, varrà a sbloccare un immobilismo che, in tema di misure per rendere meno difficile il reclutamento di Segretari Comunali, neanche l’impegnativa del nostro recente Ordine del Giorno, approvato lo scorso novembre, era riuscita a smuovere.

Urgono misure per velocizzare le procedure di reclutamento di quelle fondamentali figure che sono i Segretari Comunali: la Giunta ha, al momento, rinunciato completamente a fare la propria parte. Dai tempi del nostro Ordine del Giorno dello scorso novembre dobbiamo registrare un totale nulla di fatto.

Abbiamo riportato il tema in Aula con un Question Time, poco fa, data la situazione di assoluta urgenza: se la Sardegna è a statuto speciale, assolutamente ordinaria si è confermata questa Giunta, che sta lasciando soli centinaia di Sindaci sul territorio piemontese. Due elementi aggravanti: termini e proroghe per i Vice Segretari che stanno scadendo, ruolo del Segretario Comunale che sarà ancora più importante alla luce della necessità, per i Comuni, di cooperare con lo Stato per attuare il PNRR.

Ora la Giunta promette di “spronare gli organi competenti” per trovare una soluzione: alla buon’ora, esattamente questo chiedevamo con il nostro atto di fine 2021 (nello specifico, il mio documento impegnava la Giunta a intraprendere iniziative nei confronti dei Ministeri competenti per velocizzare le procedure di reclutamento dei Segretari Comunali). Se la Giunta non è in grado o non ritiene di agire in questo senso, lo dica e proveremo a fare noi, come Moderati, la nostra parte.

La distanza tra parole (tanta retorica a favore dei piccoli Comuni) e azioni (scarse) emerge in tutta la sua evidenza. Chiederemo un’udienza urgente in Commissione di Cirio e dell’Assessore competente affinché ci informino sulle prossime azioni previste.

Avere in organico un Segretario Comunale è un obbligo previsto dalla normativa in vigore. La funzione svolta dal Segretario Comunale – che sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei Dirigenti e dei Responsabili, coordinando la loro attività così da consentire l’attuazione del programma amministrativo del Comune – è centrale ed essenziale per una corretta gestione delle attività dell’Ente Pubblico. Il ruolo del Segretario Comunale diviene a maggior ragione insostituibile dal momento che i Comuni sono chiamati a cooperare con lo Stato per attuare il PNRR. La difficoltà di trovare un Segretario aumenta, evidentemente, per i Comuni di piccole dimensioni: la situazione è dunque particolarmente grave in Piemonte, dove i Comuni con meno di 5.000 abitanti sono più di mille.

Silvio Magliano – Presidente Gruppo Consiliare Moderati, Consiglio Regionale del Piemonte.

“Un posto nella storia”, a Palazzo Lascaris la docuserie su Giorgio Amendola

Mercoledì 4 maggio ore 16 Sala Viglione di Palazzo Lascaris – via Alfieri 15, Torino

È “Un posto nella storia” il titolo del primo episodio della docuserie su Giorgio Amendola realizzato dalla Fondazione Giorgio Amendola e Arret Film.

La docuserie, che intende rivolgersi principalmente a un pubblico di giovani e che utilizza tecniche innovative, si inserisce all’interno del progetto “Sulle vie del Pensiero”, che nasce nel 2020 tramite la partecipazione al bando Educare promosso dal Dipartimento per le Politiche della famiglia. È un progetto pensato per offrire ai bambini e ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie e alle famiglie del quartiere torinese di Barriera di Milano attività di tipo artistico e culturale, percorsi laboratoriali sull’empatia, sul riconoscimento e sul rispetto delle proprie e altrui differenze, proposte innovative di didattica civica sui temi dei diritti umani e civili, sulla democrazia, sulla pace e sulla pacifica convivenza come beni comuni da preservare.

La conferenza stampa di presentazione si terrà mercoledì 4 maggio 2022 alle ore 16.00 presso la Sala Viglione del Consiglio regionale del Piemonte a Palazzo Lascaris, in via Alfieri 15 a Torino, con il patrocinio del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale.

Interverranno:
Il vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte, delegato al Comitato Resistenza e Costituzione
Nino Boeti, Presidente dell’Anpi Provinciale di Torino
Cecilia Bergaglio, Dottore di ricerca in studi storici, componente del comitato scientifico QSC Isral
Domenico Cerabona, Direttore della Fondazione Giorgio Amendola

L’obiettivo del progetto è contribuire alla crescita intellettuale e morale delle nuove generazioni sviluppando il pensiero critico, la capacità di analisi e la consapevolezza sull’importanza dei propri e altrui diritti, concorrendo alla crescita armoniosa e responsabile dei cittadini di domani

Quando è il sindaco (di Torino) a gridare che “il re è nudo” osservando la classe dirigente

A cura di Electomagazine.it

Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, comincia a fare i conti con una città che – giorno dopo giorno – lo considera un estraneo. Non che lui faccia qualcosa per smentire la sensazione. Il problema è che ha ragione lui, anche se pare brutto ammetterlo.

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I cattolici e la pace

La guerra russo/ucraina ha sconvolto il mondo. Certo, molti sanno che ci sono molti conflitti in
altri paesi che vengono sistematicamente censurati dai grandi organi di informazione. E, sotto
questo versante, è inutile fingere che non esistono e concentrare l’attenzione solo e soltanto su
alcune guerre. Ovvero, quelle che riscuotono maggior scandalo mediatico e su cui si vuole
richiamare maggiormente l’attenzione. Una contraddizione che non può non farci riflettere…

Ora, però, al di là delle motivazioni – misteriose sino ad un certo punto, come tutti sappiamo… –
sulle guerre che vengono descritte ed analizzate a fondo e in tutti i dettagli e quelle che vengono
sistematicamente taciute, è indubbio che uno dei temi che merita di essere approfondito lungo
questo versante è il rapporto che intercorre tra la guerra e i cattolici. O meglio, come i cattolici,
seppur nella loro multiforme e pluralistica espressione e composizione, pensano, vivono e
affrontano il capitolo drammatico e complesso dello scontro bellico. Un rapporto difficile perchè,
purtroppo, continuiamo ad assistere ad una radicale dissociazione tra ciò che predicano il Papa, i
vescovi, i sacerdoti, la stampa cattolica, i movimenti ecclesiali e religiosi e ciò che, invece,
concretamente pensano e decidono i cattolici impegnati nelle istituzioni. Locali come nazionali.

Certo, nella politica come nelle istituzioni democratiche esiste l’assunzione di responsabilità
personale dei cattolici impegnati nel pubblico. Frutto di una concezione che affonda le sue radici
nella laicità dell’azione politica, nel rispetto delle istituzioni democratiche e nelle decisioni
autonome che prescindono dal condizionamento – diretto o indiretto – delle autorità
ecclesiastiche. E questo perchè il clericalismo e il confessionalismo sono due derive che restano
estranee ed esterne alla lezione conciliare e allo stesso insegnamento della Chiesa Cattolica.

Detto questo, comunque sia, non possiamo non rilevare che esiste ormai una divaricazione
politica crescente e profonda tra ciò che sta predicando oggi la Chiesa – in particolare gli
interventi ripetuti di Francesco e di molti alti prelati – e ciò che decidono concretamente i cattolici
impegnati in politica. Sia quelli che sono impegnati nei partiti governisti e di potere come il Partito
democratico e sia quelli che, storicamente, si collocano all’opposizione e si riconoscono più in
una prospettiva politica populista o sovranista. Una dissociazione, però, che non può non fare
riflettere. Anche perchè se questa divaricazione tra ciò che si professa e poi come si agisce
concretamente e laicamente cresce progressivamente e addirittura si consolida attorno ad un
tema peraltro decisivo per la comune convivenza e per lo stesso ordine nazionale, europeo ed
internazionale come la guerra o i rapporti tra i popoli, è di tutta evidenza che si corre il rischio che
una politica di ispirazione cristiana si inaridisca sempre di più e forse anche definitivamente. Un
rischio, cioè, che mette in discussione la stessa specificità della presenza politica e culturale dei
cattolici. In questo caso dei cattolici italiani. Certo, anche nel passato non mancavano questa
dicotomia e questa difficoltà di relazione. Se non addirittura di sostanziale incomunicabilità. Ma il
contesto storico era molto diverso e meno conflittuale. Oggi, invece, si è preso tranquillamente
atto che tutto ciò che arriva dal magistero della Chiesa si rispetta ma, al contempo, si può farne
tranquillamente a meno. Ovvero, una sorta di grande rispetto per un insegnamento che, però, non
può che essere un mero richiamo testimoniale. E poco più.

Per questi motivi, proprio partendo dalla guerra russo/ucraina e tutto ciò che comporta e
determina questo conflitto nell’economia regionale ed internazionale e anche e soprattutto nel
futuro assetto politico mondiale, è indubbio che il rapporto tra i cattolici e l’impegno politico si fa
sempre più difficile e complesso. Nello specifico, cresce la sensazione che ormai i cattolici
impegnati in politica vanno in una direzione e il magistero della Chiesa in un’altra. Una
dissociazione che non può non preoccupare chi crede ancora nella tradizione del cattolicesimo
politico, democratico e sociale e che ha contribuito in modo decisivo a fare crescere e
consolidare la democrazia nel nostro paese. E che non può, al contempo, non suggerire una
domanda profonda e di merito. Sul versante della coerenza, dei contenuti e della lettura della
società.

Giorgio Merlo

Referendum Giustizia La posizione di Rifondazione Comunista

Il quesito che riguarda le modalità di presentazione delle candidature dei magistrati per l’elezione al Consiglio superiore della magistratura, eliminando il requisito della lista di presentatori, è assolutamente irrilevante.

Ugualmente irrilevante è il quesito che stabilisce che i membri laici dei Consigli giudiziari possano partecipare alla redazione delle pagelle professionali dei magistrati. 

Più difficile è mascherare il quesito che ha ad oggetto l’abolizione della legge Severino. Esso viene presentato come frutto dell’esigenza di evitare la sospensione di sindaci e amministratori locali condannati con sentenza non definitiva, che potrebbero poi essere assolti. Ma il quesito non riguarda, secondo me, l’abolizione di questi aspetti problematici della legge, bensì l’abrogazione di tutta la disciplina, che prevede anche la decadenza e l’incandidabilità dei parlamentari condannati, con sentenza definitiva, a una pena superiore a due anni di reclusione (si veda il caso di Silvio Berlusconi). Dal quesito traspare evidente l’insofferenza del ceto politico per il controllo di legalità.

 Il quesito più sconcertante a mio avviso è quello che i promotori qualificano come «limiti agli abusi della custodia cautelare», che la Corte di Cassazione ha correttamente denominato «limitazione delle misure cautelari». Infatti il quesito non interviene sui possibili abusi, bensì opera una drastica riduzione del campo di applicazione della custodia cautelare e delle altre misure cautelari, coercitive e interdittive. Esclusi i delitti di mafia e quelli commessi con l’uso delle armi, l’effetto sarebbe quello di precludere la possibilità di applicare, nei confronti delle persone imputate di gravi reati, misure cautelari di alcun tipo, non solo la custodia in carcere e gli arresti domiciliari, ma anche l’allontanamento dalla casa familiare (nel caso del coniuge violento), oppure il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (nel caso di atti persecutori), così come non sarebbero più possibili le misure interdittive, come il divieto temporaneo di esercitare determinate attività imprenditoriali (nel caso delle società finanziarie che truffano gli investitori).

I problemi che pone il quesito sulle misure cautelari sono molteplici.

Qui mi interessa soltanto rilevare quanto sia ingannevole e menzognera la campagna dei partigiani della “giustizia giusta”. Smantellando gli strumenti di contrasto alla criminalità, non si opera una riforma della giustizia, bensì una riforma contro l’amministrazione della giustizia, contro l’eguaglianza e i diritti delle persone.

 

Alberto Deambrogio

Segretario Regionale Piemonte

Partito della Rifondazione Comunista