“Da tempo chiediamo, come Fratelli d’Italia in Comune di Torino, lo sgombero del centro sociale Askatasuna, ma dalla giunta continua un silenzio assordante” a dichiararlo è il vicecapogruppo di Fdi Enzo Liardo, che prosegue: “Alla luce anche di quest’ultima operazione serve una risposta ferma anche da parte delle istituzioni cittadine. Askatasuna ha goduto per troppo tempo di “coperture” da parte del Comune di Torino, ora è il momento di dire basta. Il sindaco Lo Russo batta un colpo e chieda lo sgombero di un covo antagonista in cui si progettano attacchi contro le forze dell’ordine ed al lavoratori del cantiere Tav”
“La musica è rivolta, non arcobaleni”
“La musica è rivolta, non arcobaleni”
Trasferire alla Regione oltre 100 funzioni attualmente in capo allo Stato : è la richiesta del Piemonte per ottenere maggiore autonomia differenziata su tutte le 23 competenze previste dagli articoli 116 e 117 della Costituzione. Martedì a Roma il Presidente della Regione Cirio ha voluto incontrare il Ministro degli Affari regionali Gelmini , insieme al Presidente della Commissione Autonomia del Consiglio regionale , per dare il via alla Fase 2 del percorso già avviato, prima della pandemia . È iniziata quindi lanegoziazione con il Governo sul dossier trasmesso a Roma a fine 2019 . Il prossimo passo sarà l’approvazione della Legge cornice nazionale , che il Ministro intende portare all’approvazione del Consiglio dei Ministri già entro l’estate , e in cui poi verranno incardinate le richieste di autonomia delle singole Regioni.
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“Al massimo dell’emergenza demografica corrisponde il minimo di attenzione per le famiglie con figli”
Perché il nostro Paese non prende esempio da nazioni come la Germania? Lo stato tedesco eroga alle famiglie 100 euro in più per ogni figlio. In Italia invece, dove la popolazione è scesa per la prima volta da anni sotto i 59 milioni, l’unico criterio continua a essere il guadagno mensile. E nel frattempo «il lago della popolazione si prosciuga», con conseguenze sociali tremende: il problema è culturale.
La guerra grava sulle bollette degli italiani: di fronte ai rincari, il Governo ha deciso di erogare un bonus pari a 200 euro a tutti i cittadini. Unica condizione: avere un reddito inferiore ai 35mila euro lordi annui. Non ci sono altre discriminanti: il contributo andrà ai lavoratori dipendenti come agli autonomi, ai disoccupati come ai pensionati, a chi vive in una famiglia numerosa come ai single.
Composizione del nucleo familiare, zona di residenza con relativo costo della vita, consumi e altre variabili? Non pervenute, non considerate. Si traccia, idealmente, una riga: sopra il bonus non c’è, sotto è per tutti uguale.
Che cosa ci impedisce, da sempre o quasi, di adottare, come Paese, una soglia di reddito che non prescinda, anche, da un’analisi fondata della realtà? Una mentalità vecchia, che oggi ha bisogno come non mai di un cambiamento culturale.
Che altre impostazioni e altri sguardi sulla famiglia siano possibili è dimostrato dalla casistica: in Germania, per esempio, è previsto un ulteriore bonus da 100 euro per ogni figlio quale integrazione dell’erogazione base (che è in terra tedesca pari a 300 euro). Il calo della popolazione nel 2021 – certifica Istat – ha riguardato tutte le zone italiane: nel Nord Ovest la popolazione è calata dello 0,3% (0,7% nel 2020), nel Nord Est dello 0,2% (0,4% nel 2020), al Centro dello 0,4% (0,6% nel 2020), al Sud dello 0,6% (0,7% nel 2020) e nelle Isole dello 0,7% (come nel 2020). Davvero, di fronte a questi numeri, non pensiamo che la natalità andrebbe sostenuta? La stessa Germania fa registrare numeri molto diversi.
Il malessere demografico del nostro Paese non è senza conseguenze, in termini di tensioni sociali oltre che di sostenibilità dei sistemi sanitari e previdenziali. «Il lago della popolazione si sta prosciugando» è la metafora utilizzata dall’attuale presidente dell’Istat, il demografo Gian Carlo Blangiardo. È arrivato il momento di cambiare le cose, di smettere di penalizzare chi desidera mettere al mondo dei figli.
Silvio Magliano – Presidente Gruppo Consiliare Moderati, Consiglio Regionale del Piemonte.
Costanzo (Alt): “Sanità piemontese al collasso”
La Settima Conferenza operaia del PCI si svolse a Napoli dal 3 al 5 marzo 1978. Il sindaco della città partenopea, una delle “capitali della crisi”, era a quel tempo Maurizio Valenzi. La relazione introduttiva venne tenuta da Giorgio Napolitano. Tra i tanti intervennero Luciano Lama, Sergio Garavini, Gerardo Chiaromonte e, ovviamente, Enrico Berlinguer.
La nostra delegazione era piuttosto composita e partecipata: una ventina di delegati dei quali ero responsabile, nonostante i miei vent’anni. Il viaggio verso Napoli fu alquanto avventuroso. Saliti sul treno in due gruppi, tra Domodossola e Fondotoce, raggiungemmo la stazione Centrale di Milano dove era previsto il cambio di convoglio. Uno dei nostri, ferroviere che lavorava in dogana, disse: “Tutti con me! So ben io dove bisogna andare!”. E noi, fiduciosi, lo seguimmo, salendo sui vagoni di un treno fermo tre binari più avanti. Meno male che era “del mestiere”: per un pelo non rischiammo di finire al Brennero. Fortunatamente, a scanso di equivoci, per toglierci ogni residuo di dubbio, chiedemmo informazioni a un controllore. In fretta la “truppa”, avvertita del tragico errore, si spostò sul binario giusto, accomodandosi nei posti prenotati sulla Freccia del Sud, il direttissimo 590/591 che collegava il capoluogo lombardo con la Sicilia. Ognuno si era portato le sue cose in valigia o in borsa. Restammo a bocca aperta quando il segretario della cellula comunista della Rumianca di Pieve Vergonte mostrò il suo bagaglio: un semplice tascapane conteneva il minimo indispensabile per i cambi di calze e mutande, un fiasco di vino, un salame felino lungo quasi mezzo metro e un largo filone di pane. Tenne a precisare che i viveri erano la dotazione di base, ridotta all’essenziale per il viaggio d’andata. Partimmo e molti manifestarono i primi segnali di stanchezza. Durante il viaggio notturno accadde un episodio incredibile. Messi in guardia dal capotreno sui frequenti furti ad opera di lesti borseggiatori, ci si attrezzò per assicurare un’adeguata chiusura degli scompartimenti che ospitavano le cuccette. Quattro dei nostri, operai alla Montefibre di Pallanza e alla Cartiera di Possaccio, legarono attorno alle maniglie della porta una cintura dei pantaloni. A notte fonda, transitando sull’Appennino qualcuno tentò di aprire il loro scompartimento incontrando però la resistenza della striscia di cuoio.
Contrariato lanciò un’invettiva che –stando a quanto udirono– pareva si trattasse di un piccato “Maiali!”. Solo Roberto Spadini, sfoggiando un’invidiabile e britannica flemma, intuì la cosa come un annuncio. “Ho sentito bene. Hanno detto “Giornali!”, e con quell’idea fissa in testa,infilate le ciabatte, andò in lungo e in largo per il treno a cercare quel signore che vendeva i quotidiani. Non trovandolo, sostando il treno alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze, scese – sempre in ciabatte – e cercò l’edicola che, a quell’ora, aveva ancora la serranda abbassata. Deluso e dubbioso, scuotendo la testa, risalì. Il resto della nottata trascorse tranquillo e ci lasciammo alle spalle anche la capitale. Dopo l’alba, più o meno tutti svegli, scostate le tende scure, si guardava dai finestrini il panorama agreste che scorreva davanti agli occhi ancora assonnati. Un delegato sindacale della Montefibre d’origine campana assicurò che entro un’ora abbondante saremmo giunti alla meta. Dieci minuti dopo il treno iniziò a rallentare fino a fermarsi. Il cartello della stazione annunciava “Napoli Campi Flegrei”. Il panico si diffuse all’istante: eravamo a destinazione! Il buon Arturo aveva toppato alla grande e ora tutti cercavano di scendere il più in fretta possibile. Chicco scese in mutande, altri vestiti in fretta e furia, trascinandosi borse e valigie. Spadini scese in ciabatte e quando il treno ripartì si accorse che verso Salerno se ne andavano anche le sue scarpe che, liberatesi dei piedi del povero Roberto, proseguirono orfane e mute verso un ignoto futuro. L’inizio dell’avventura era stato poco promettente ma il seguito non fu da meno. La destinazione della prenotazione alberghiera, per ragioni strettamente economiche motivate dall’inflessibile senso del risparmio di Bruno, il nostro amministratore, ci portò a Torre del Greco, a trenta chilometri da Napoli. Camere dignitose, pulite. Vitto da dimenticare. Tutta la delegazione fuggiva ogni sera verso pizzerie, trattorie, ristorantini nei pressi del luogo dove eravamo confinati, evitando di consumare la cena che faceva parte dell’accordo stipulato. Solo il capodelegazione, vale a dire chi scrive, venne precettato una sera dal maître che l’obbligò a sorbirsi una sciapa minestrina, due fette di spalla cotta che non faceva onore alla parte anteriore della zampa del suino al quale era appartenuta, un formaggino Mio e una mela cotta che, in origine, doveva essere già avvizzita. Dalla sera successiva e dalla seguente l’esperienza venne evitata grazie ad abili sotterfugi.
La Conferenza fu un esperienza per certi versi indimenticabile. Per la qualità del dibattito e per l’intervento che il nostro delegato fece dalla tribuna parlando dell’impegno dei lavoratori chimici del nord a sostegno delle rivendicazioni dei loro compagni del sud. Per il clima che si respirava nel Palasport gremito da oltre quattromila delegati, per le parole di molti e soprattutto di Enrico Berlinguer che riassunse nel suo intervento il senso della scritta che campeggiava alle spalle del palco: “Occupati e disoccupati uniti nella lotta per lo sviluppo civile e produttivo di Napoli e del Mezzogiorno”. Ma fu indimenticabile anche le avventure di alcuni di noi che si persero sui mezzi dell’ Atan, l’Azienda Tranvie Autofilovie Napoli, sui bisogni idrici fatti controvento da un delegato in crisi prostatica nel fossato del Maschio Angioino, dalla valutazione della consistenza della sabbia dell’arenile di Torre del Greco da parte del medesimo che, a causa del buio di una notte senza luna e di una persistente sfortuna , si rivelò il prodotto di una deiezione canina, dello scontro fisico tra il capodelegazione e Luciano Lama che incocciarono in una svolta tra i corridoi del Palasport e della rissa che venne sfiorata tra la nostra delegazione e quella di Cremona. Su quest’ultimo episodio è utile aprire una parentesi, per specificare bene l’accaduto e le ragioni che portarono la tensione a un passo dallo scontro. Due delegati della Montefibre di Pallanza (dei quali, per eccesso caritatevole, ometteremo le generalità) ogni mattina tardavano tra i venti e trenta minuti la partenza del pullman a causa del ritardo cronico nello sbarbarsi, lavarsi e vestirsi. Il mezzo che doveva portare le due delegazioni, quella del Vco e i cremonesi, a Napoli non poteva muoversi in loro assenza. Se il primo giorno vi furono solo dei brontolii , il secondo la protesta fu più vivace e la terza e ultima mattina scoppiò una vera e propria rivolta che solo la paziente opera di mediazione dei due capidelegazione riuscì a sedare, non senza qualche difficoltà. Terminata la Conferenza il viaggio di ritorno non riservò sorprese se non uno strascico che si potrebbe definire “a scoppio ritardato”. Infatti, tre settimane dopo, ad una assemblea dei delegati chimici che si tenne a Vercelli dove i lavoratori lottavano come tutti quelli del gruppo Montefibre per salvaguardare il processo produttivo e i posti di lavoro, un esponente del Consiglio di Fabbrica di Pallanza ( lo stesso che era intervenuto a Napoli) pronunciò lo stesso discorso, calcando la mano sul fatto che anche in Piemonte c’era la massima disponibilità a discutere il futuro di realtà come quella della provincia del riso a vantaggio di quelle collocate nelle regioni meridionali del Paese. Apriti cielo! Si dovettero sudare le proverbiali sette camicie per assicurare i vercellesi che nessuno voleva vendere la loro pelle ma che si trattava solo di una interpretazione un poco troppo enfatica del concetto solidaristico che univa il nord al sud nella stessa lotta per lo sviluppo. A riprova che non sempre i buoni concetti, alla prova pratica, vengono condivisi con lo stesso entusiasmo.
Marco Travaglini
Volt Torino presenta l’“Eurovision della politica”
Volt, il partito paneuropeo, nella settimana della famosa manifestazione musicale, organizza il proprio “Eurovision”, un evento per discutere dei temi politici più importanti e promuovere la propria visione per un’Europa federale.
Il #VoltVision – questo il nome della manifestazione – si articolerà in dibattiti, interventi e scambi di opinioni organizzati intorno a 4 tavoli tematici coordinati da giovani attivisti ed attiviste: Difesa comune europea, Transizione energetica, Politiche migratorie condivise, Media e informazione. Il tutto declinato all’interno della più ampia cornice dell’obiettivo di riforma federalista della UE, per giungere agli Stati Uniti d‘Europa.
L’evento è aperto a tutte le persone interessate e sarà occasione per conoscere Volt, i suoi attivisti e godere di un aperitivo offerto dall’organizzazione fino ad esaurimento disponibilità.
L’appuntamento è per mercoledì 11 maggio dalle 18:00 al CAP10110, in Corso Moncalieri 18. Per maggiori informazioni visita i canali Facebook e Instagram di Volt Torino.
Contatti:
michele.carretti@volteuropa.org
stefano.calderan@volteuropa.org
Insieme per l’Europa e l’Ucraina
La manifestazione svoltasi ieri davanti a Palazzo di Città, ha avuto come fulcro il tema del valore dell’importanza e della prospettiva di una Europa sempre più unita, legando tutto ciò alla drammatica contingenza dell’invasione dell’Ucraina.
Ieri, lunedì 9 maggio – giornata dell’Europa – si è tenuto davanti a Palazzo di Città un presidio molto partecipato, a favore di una Europa federale e del rapido ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea.
Sono sventolate insieme bandiere dell’ Unione Europea, dell’ Ucraina e di Movimenti e partiti europeisti.
Le ragioni dell’iniziativa sono state illustrate pubblicamente da Igor Boni, dal Console dell’Ucraina Dario Arrigotti e da Giampiero Leo, Vice presidente del Comitato per i diritti umani della Regione Piemonte, presente alla manifestazione in rappresentanza del Coordinamento interconfessionale “Noi siamo con voi”.
Tutti e tre gli interventi hanno, in piena sintonia, condannato con forza la brutale aggressione di Putin ad un Paese libero, democratico, indipendente e pacifico, quale l’Ucraina e sottolineato il ruolo che deve svolgere l’Europa. Una Europa federale, unita, pacifica e amica degli altri popoli. Un Europa che deve lavorare con una sola voce per raggiungere al più presto in Ucraina il cessate il fuoco e la pace. Una pace che, ovviamente, sia basata sulla giustizia, sul rispetto della legalità internazionale e dei diritti fondamentali dell’uomo. L’appoggio pieno, a tutti i livelli dell’Europa all’Ucraina, deve puntare a questo, tanto più tenendo presente che l’eroica resistenza Ucraina all’invasione russa ha rilanciato il valore e il significato di princìpi quali la libertà e le libertà,l’indipendenza, la democrazia, il diritto di un popolo di scegliere da se il proprio destino e il dovere dei popoli liberi e delle organizzazioni internazionali di vigilare affinchè tutto ciò non sia annichilito da Potenze e da politiche basate sulla violenza, l’arbitrio e la manzogna.
“I medici del San’Anna e della Città della salute ci ricordano che diverse gravidanze presentano complicazioni e fattori associati che possono influire sulla salute delle donne, rendendo indispensabile un’assistenza multidisciplinare. L‘ospedale Sant’Anna rimane all’interno del nuovo Parco della Salute? Speriamo che le notizie che arrivano dalla Cabina di Regia pongano fine alle tante dichiarazioni improvvide sentite negli scorsi mesi: alta complessità e sicurezza e salute delle donne non possono essere separate” – dichiara il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi, Marco Grimaldi.
“Spero che la Regione ora cessi i tira e molla e apra con la Città una discussione sullo stato dei servizi del Capoluogo” – aggiunge Grimaldi: – “sulla medicina territoriale, sulle Case e sugli Ospedali di comunità; ma anche sugli altri quadranti, a partire da quello nord di Torino, che da troppo tempo hanno bisogno di più investimenti, assunzioni e maggiore cura”.