politica

Referendum: sì, no, boh?

Si sono tenuti la settimana scorsa i referendum (anche se al plurale sarebbe meglio dire referenda) su cinque temi.

Io mi reco alle urne dal 1981 quando fummo chiamati ad esprimerci, come ora, su 5 referendum che videro un’affluenza di oltre il 79% degli aventi diritto.

Nel corso degli anni, l’istituto referendario è stato più volte utilizzato per i temi più svariati; partendo dal 1946, che vide vincere la scelta repubblicana, ebbero notevole eco quello del 1974 sul divorzio, del 1978 (in particolare quello sul finanziamento pubblico dei partiti) e via così con il nucleare, l’aborto, il porto d’armi, l’ergastolo e via dicendo.

Ad ogni referendum, però, l’affluenza è diminuita (tranne un picco positivo nel 2011) a dimostrazione che l’istituto referendario non è probabilmente più idoneo a raccogliere la volontà dei cittadini.

Quest’ultimo ha poi dimostrato diverse pecche: gli organizzatori sono gli stessi che avevano approvato la legge della quale hanno chiesto l’abrogazione, i comitati promotori hanno fatto pochissima propaganda, specie sui tabelloni fuori dai seggi, cosicché moltissime persone ignoravano che si tenessero i referendum.

Sicuramente a favore dell’astensionismo ha giocato il cambiamento da certificato elettorale consegnato a casa a tessera elettorale, perché il primo comunicava inequivocabilmente che si tenesse una qualche forma di elezione, quando, dove, ecc.

Inoltre, spesso il referendum pone quesiti decisamente riservati ad un pubblico di esperti o, quantomeno, di persone con cultura medio-alta, per cui il quesito può non essere compreso correttamente e la scelta essere dettata dall’ ignoranza circa il quesito posto.

In quest’ultimo caso, poi, è saltato subito agli occhi che il referendum poteva essere l’unica forma per modificare la legge, stante che il Governo gode di ottima salute e le possibilità che i promotori possano un domani salire al Governo e, ipso facto, modificare la legge risultano essere bassissime.

All’indomani della debacle di questi referendum molti si sono posti la domanda se questo istituto sia ancora valido, se realmente possa rappresentare la volontà popolare in un periodo storico in cui le percentuali di elettori degli anni ’60 e ’70 sono solo un lontano ricordo.

Consideriamo che un referendum ha dei costi folli: parliamo di poco più di 88 milioni di euro solo per l’emolumento dei componenti dei seggi, ai quali vanno aggiunti gli straordinari di tutti i dipendenti comunali (i Municipi effettuano apertura straordinaria dal sabato al lunedì) e di quelli dei Tribunali, la stampa delle schede, la realizzazione delle urne, l’illuminazione continua dei seggi (di notte la luce deve restare accesa per sicurezza) giungendo così a oltre 350 milioni di euro.

Qualcuno parla di democrazia ma, stante che non viviamo in una dittatura, è il Parlamento, eletto dai cittadini, che eventualmente modifica le leggi o ne approva di nuove abrogative di quelle precedenti.

Se il popolo decide di eleggere chi non intende modificare le leggi vigenti, va da sé che un eventuale referendum ha scarse probabilità di riuscita.

Qualcuno, nella settimana appena trascorsa, ha avanzato l’ipotesi di addebitare i costi dei referendum ai comitati referendari; è evidente che, nella stragrande maggioranza dei casi, nessuno potrebbe affrontare quei costi vanificando, dunque, ogni tentativo di modifica della legislazione vigente tramite referendum.

Quel che preoccupa, però, è la scarsa partecipazione che accompagna le consultazioni, non solo referendarie: gli elettori danno per scontato l’insuccesso, sono disillusi dalla politica o non sono interessati da quei quesiti?

Fatto sta che quei 350 milioni avrebbero potuto essere impiegati per la sanità, la sicurezza sul lavoro, l’istruzione, l’occupazione o per chissà cosa.

Se aumentassimo il nostro senso civico? Se evitassimo di promulgare leggi che dopo pochi anni necessitano di essere sottoposte a referendum perché palesemente frutto di incapacità governativa o dell’entusiasmo del momento?

Sergio Motta

Assemblea Regionale del Partito Liberaldemocratico

Sabato 14 giugno 2025, dalle ore 9:00 alle 13:00, presso l’Auditorium del Centro Polifunzionale in piazza Maria Montessori, a Pino Torinese, si terrà l’Assemblea Regionale del Partito Liberaldemocratico.

L’assemblea è convocata per l’elezione dei delegati al Congresso Nazionale, all’interno della lista collegata alla mozione congressuale nazionale presentata dal candidato Luigi Marattin.

I delegati eletti parteciperanno al Congresso Nazionale del Partito Liberaldemocratico, in programma per:

Sabato 28 giugno 2025, dalle ore 10:30 a San Lazzaro di Savena (Bologna), presso il Centro Congressi UnaHotels, Via Palazzetti n. 1.

Il Congresso sarà aperto a tutte le iscritte e a tutti gli iscritti, anche a coloro che non saranno eletti come delegati.

Marini e la “tenda” di Bettini

LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo

Ma ve lo immaginate un Franco Marini, per citare l’ultimo grande leader nazionale del popolarismo
di ispirazione cristiana, che discute se costruire – o meno – una “tenda” centrista, moderata e
cattolica all’ombra del partito “principe” per rafforzare ed irrobustire un progetto di centro
sinistra? Fuor di metafora, ma sino ad un certo punto, stiamo parlando dell’ennesimo
‘suggerimento’ dell’infaticabile Goffredo Bettini, fine analista ed autorevole dirigente politico del
comunismo italiano – o post o ex comunista che sia poco cambia – sulla necessità di valorizzare,
tenendo comunque a bada, anche la componente cattolico democratica o popolare all’interno
della coalizione di sinistra e progressista saldamente gestita e guidata dalle tre sinistre italiane.
Quella radical/massimalista di Elly Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle di Conte e
quella estremista ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis. Il tutto coordinato dalla macchina
politica ed organizzativa della Cgil di Landini, oggi un po’ fiaccata ma non affatto in crisi. Perchè il
nodo politico di fondo, alla fine, è sempre lo stesso. E cioè, come garantire una dignitosa
presenza – cioè, per i non addetti ai lavori, una manciata di seggi parlamentari – a tutti i satelliti
che ruotano attorno alla stella polare. Satelliti che vedono in prima linea, appunto, anche quei
cattolici popolari e democratici che, del tutto legittimamente, continuano ad individuare
nell’attuale coalizione di sinistra e progressista l’unico possibile spazio politico nella vita pubblica
italiana. Ed ecco la proposta apparentemente innovativa e persino suggestiva ma che, purtroppo,
si ripete da ormai svariati decenni. Perchè un tempo, più seriamente e più coraggiosamente –
parliamo degli anni ‘70 ed ‘80 – veniva semplicemente definita come la presenza “dei cattolici
eletti come indipendenti di sinistra nelle liste del Pci”. Oggi, poeticamente, potrebbe essere
chiamata “una tenda“ per ospitare chi non si riconosce direttamente nel progetto delle tre sinistre
ma che, comunque sia, è pur sempre indispensabile per confermare la natura plurale di quel
contenitore politico e programmatico che va sotto il nome di “campo largo”.
Ed è proprio qui che torno e ripropongo la riflessione iniziale. E cioè, ma ve lo immaginare un
Franco Marini – ma potrei citarne molti altri come, ad esempio, anche un Mino Martinazzoli – che
si accontentano di giocare un ruolo gregario, politicamente irrilevante, culturalmente sterile ed
anche organizzativamente insignificante all’interno della coalizione di cui dovrebbero far parte?
Senza alcuna presunzione di intestarsi alcuna eredità o di farsi carico di interpretazione postume,
francamente non ce li immaginiamo. E questo perchè è appena sufficiente scorrere la loro
biografia politica, culturale e sociale per rendersene conto. Parlo, come ovvio e persin scontato,
della loro concreta esperienza politica dal 1994 in poi.
Ecco perchè, quando parliamo, e giustamente, del futuro dell’esperienza del popolarismo di
ispirazione o del pensiero o della tradizione del cattolicesimo popolare e sociale, occorre essere
seri e avere un minimo di considerazione di quella storica cultura politica. Non riduciamola, per
rispetto dei leader del passato innanzitutto, ad una “tenda” da costruire al più presto o a
“comitati” estemporanei promossi da “federatori” in cerca d’autore e, soprattutto, di seggi messi
gentilmente a disposizione dall’azionista di maggioranza di turno. Il futuro e la prospettiva di
quella tradizione dipendono principalmente, se non quasi esclusivamente, da chi continua a
riconoscersi in quel filone di pensiero. Ma, per cortesia, smettiamola di chiedere consigli e
“suggerimenti” a chi, del tutto legittimamente, appartiene a tutt’altra storia. Facciamolo anche e
soprattutto per rispetto dei nostri storici ed indimenticabili punti di riferimento che hanno saputo,
con la loro azione, il loro coraggio e la loro coerenza incarnare in un determinato periodo storico
la miglior tradizione popolare e cattolico sociale nel nostro paese.

Una Proposta di Legge regionale sul fenomeno degli hikikomori

Silvio Magliano (Lista Civica Cirio Presidente PML): “Non sei solo, non sei sola: questo è il messaggio che dobbiamo riuscire a far arrivare alle famiglie, con una Legge, con la scuola, con il Terzo Settore, perché nessuna madre e nessun padre deve pensare di aver fallito”.

 

Una Proposta di Legge regionale sul tema del ritiro sociale e del fenomeno degli hikikomori: giovani che scelgono di ritrarsi dalle relazioni e dalla vita sociale pur avendo tutte le possibilità, a livello sociale, famigliare e di salute, per vivere compiutamente la propria vita.

 

“Credo che una delle funzioni più alte della politica sia proprio questa: far sentire le famiglie meno sole – ha spiegato Magliano, Presidente del Gruppo Lista Civica Cirio Presidente PML, che nei prossimi giorni presenterà come componente della Maggioranza un Progetto di Legge, al convegno sul tema organizzato dall’Associazione DIVA – Donne Italiane Volontarie Associate -. Quando si parla di ritiro sociale, si parla di genitori che si interrogano ogni giorno su cosa sia successo, su dove sia finito quel figlio o quella figlia che un tempo sembrava esserci e ora non c’è più. Non è solo una questione di numeri o di leggi: è un tema che ci tocca prima di tutto come persone, come madri, padri, educatori, cittadini. Parlare di hikikomori significa rimettere al centro la relazione, l’ascolto, il coraggio di stare accanto a chi si è chiuso nel silenzio. Significa anche avere l’umiltà di interrogarci su che tipo di società stiamo costruendo e su che cosa fare affinché i genitori non si sentano inadeguati. La risposta inizia da una frase che in questo convegno abbiamo sentito più volte, ‘non sei solo’: questo è il messaggio che dobbiamo riuscire a far arrivare, con una legge, con la scuola, con il Terzo Settore, perché nessuna madre e nessun padre deve pensare di aver fallito”.

 

Conclude Magliano: “Voglio ringraziare pubblicamente Diego Sarno, primo a portare questo tema in Consiglio Regionale. Lavorerò insieme al collega Daniele Valle, che ha presentato una Proposta di Legge che riprende quella di Sarno, per provare a costruire una Proposta di Legge unificata”.

Sergio Bartoli: “Sistema allerta Arpa decisivo per prevenire e affrontare fenomeni climatici estremi”

Non soltanto tutela dell’ambiente, ma anche prevenzione: sono due tra i pilastri della tutela della cittadinanza in caso di fenomeni meteorologici estremi o comunque fuori dall’ordinario. Oggi, nel corso della seduta della V Commissione presieduta dal Consigliere Sergio Bartoli (Lista Civica Cirio Presidente), il direttore generale di Arpa, Secondo Barbero, ha illustrato le modalità di raccolta e comunicazione dei dati di rilevazione idrometrica in caso di allerta meteoidrologica e idraulica.

 

“Per la cittadinanza un sistema di sorveglianza, rilevazione e comunicazione può essere decisivo in caso di eventi meteorologici particolarmente intensi – spiega Sergio Bartoli -; la precisione e la tempestività nell’allerta e nella segnalazione di pericoli fanno la differenza sia per i singoli cittadini che possono adeguatamente prepararsi, ma anche per le Istituzioni che possono attuare i protocolli di protezione civile con maggiore rapidità ed efficienza”.

 

“Nel periodo in cui sono stato sindaco di un piccolo comune montano – continua Bartoli -, ho avuto modo di toccare con mano quanto sia importante conoscere il più tempestivamente possibile quello che sta per avvenire e quanto sia grande la responsabilità nella tutela della sicurezza dei cittadini. Arpa ha messo a disposizione dei singoli utenti e delle Amministrazioni locali una serie di servizi di allerta e allarme che vanno dalle notifiche su applicazioni per telefonini a widget per i siti dei comuni, il tutto aggiornato in tempo reale. Previsioni sempre più accurate e monitoraggi sempre più efficaci permettono di conoscere la situazione in ogni comune del Piemonte: dati fondamentali, a disposizione di tutti, praticamente immediatamente. In un periodo storico in cui siamo esposti a fenomeni sempre più improvvisi e violenti, il lavoro di Arpa rappresenta uno strumento decisivo per evitare fatalità e gravi incidenti e un sostegno importantissimo per Regione e Comuni nel compito fondamentale di tutela della vita e dell’incolumità dei cittadini”.

 

“Il prossimo passo – conclude Bartoli – dovrà essere necessariamente l’implementazione della rete IT-Alert, per invio di messaggi di allerta direttamente su tutti i dispositivi collegati a una specifica cella, un servizio di competenza del Dipartimento della Protezione Civile che rappresenta uno scatto in avanti importantissimo. Ringrazio tutte le persone che operano in Arpa al servizio del territorio e per la sicurezza dei cittadini”.

La sinistra e il pasticciaccio dei referendum

Trarrà qualche insegnamento la sinistra, dal radicale insuccesso politico del referendum? Assolutamente no! Già partita la corsa al giustificazionismo. Non contenti si sono inventati la teoria politica: visto che hanno votato 14 milioni, dato superiore ai votanti del centro destra, il referendum è una vittoria. Unico commento che mi sovviene: straparlano.
Diventando, diciamocela tutta, patetici.
Perché tutto questo? Mi sembra abbastanza elementare, un’opposizione a trazione sinistra sbrindellata e Landini è destinata alla sconfitta perenne. Mi sa che stavolta la Schlein è stata presa in mezzo e continuano a dire che il 30 % è un po’  pochino. Perché, perché tutto questo? Partiamo da chi in buona fede ricorda i bei tempi. Bisogna avere alcuni requisiti. 1) essere vissuti,  facendo politica negli anni 70 e 80. 2) una buona dose di nostalgia per gli anni che furono. Operazione che ha avuto in quest’anno il suo punto massimo nella “santificazione” di Enrico Berlinguer. Indubbiamente grande uomo politico. Tentò di mettere insieme il comunismo con la democrazia rompendo con il Pcus, i comunisti sovietici. Grandissima e coraggiosa operazione politica. Ma aveva un limite: era un ossimoro.
Già sento le orecchie che mi fischiano.
Poi due considerazioni a latere. Perse il referendum sulla scala mobile ed il segretario nazionale della Cgil Luciano Lama era contrario ad indire il referendum stesso.
Prima della sua tragica morte venne messo in minoranza nella direzione del PCI.
A questi compagni ricordo sommessamente che l’estremismo non paga anche a sinistra.
Poi la nostalgia è un inebriante sentimento, ma non può essere una proposta politica.
C’è poi chi non è in buona fede. In poche parole pensa solo a una cosa: la sua ricandidatura o il posto di lavoro al sindacato.
Ora veniamo a Conte e ai pentastellati. Parola d’ordine: fate quello che volete. Ovviamente nessun appello al voto. Fate ciò che volete, anche andare al mare. Tecnicamente un disimpegno con il solo obbiettivo: fare le scarpe alla Schlein e diventare il numero uno del campo largo. Se mai avvenisse la sconfitta è certa. Dunque? Innanzitutto 3 anni di opposizione buttati via. E andando avanti così le cose la Meloni governerà per altri 20 anni.
Ultimo ma non secondario dato. 30% di no sul passare a 5 anni la cittadinanza per i non italiani. Bisogna tenerne conto? Mi sa che tanto la politica farà come sempre. Finta di niente pensando a quello che conviene nel mentre.
Ultimissima considerazione, questa veramente marginale. Il sottoscritto è andato a votare. 2 si e tre no. Cittadinanza e responsabilità del committente si. Gli altri 3 sul lavoro no. E per l’ennesima volta mi fischiano le orecchie. Ma almeno ho coscienza di scrivere ciò che penso.
Sarà poco ma è già qualcosa.

PATRIZIO TOSETTO

Scanderebech (Fi): “Torino ostaggio dei cantieri”

Una città ostaggio di cantieri infiniti, rattoppi raffazzonati e strisce pedonali ridipinte con bombolette spray. È questo il quadro che emerge dall’interpellanza presentata dalla Capogruppo di Forza Italia in Consiglio Comunale, Federica SCANDEREBECH, che chiede chiarezza e interventi urgenti per migliorare la gestione dei cantieri stradali privati a Torino.

«La situazione è ormai insostenibile. – dichiara SCANDEREBECH (FI) – Da un lato abbiamo una cittadinanza sempre più esasperata da cantieri che si aprono e chiudono a ripetizione nello stesso tratto di strada, spesso senza una logica apparente. Dall’altro, assistiamo a ripristini eseguiti in modo inadeguato, con strisce pedonali cancellate, asfaltature a macchia di leopardo e segnaletica imprecisa che mette a rischio la sicurezza di tutti».

Aggiunge SCANDEREBECH (FI): «Non è ammissibile che nel 2025 in una grande città europea si verifichino ancora scene grottesche come quella, documentata dai notiziari, di un operaio che ridisegna le strisce pedonali con una bomboletta spray. O che, su un singolo incrocio, si contino tre tipi diversi di segnaletica orizzontale nel giro di pochi metri».

Incalza SCANDEREBECH (FI): «Il tavolo tecnico per la gestione dei cantieri non basta. Occorre istituire un organismo indipendente che verifichi, a lavori conclusi, la qualità dei ripristini eseguiti. E servono strumenti chiari per intervenire su quei cantieri che sembrano non chiudere mai, con opere eseguite a lotti e continui disagi per residenti e attività commerciali».

Conclude SCANDEREBECH (FI): «I torinesi sono stanchi, la loro pazienza è finita. Non si può continuare a chiedere tolleranza a fronte di strade disastrate, cantieri infiniti e ripristini vergognosi. Ogni giorno di ritardo, ogni scavo ripetuto inutilmente, è un costo che pagano i cittadini in termini di disagi, tempo perso, inquinamento e risorse pubbliche buttate. Serve un cambio di passo, un approccio finalmente proattivo: pianificare meglio, controllare davvero, sanzionare chi sbaglia. Coordinare significa risparmiare e, oggi, ogni euro speso male è un insulto ai cittadini. È il momento di agire, con decisione e visione e restituire ai torinesi una città che funzioni, che rispetti chi la vive ogni giorno».

cs

Torino dice NO alle violenze politiche

Il Consiglio Comunale ha approvato, questo pomeriggio, un ordine del giorno con il quale la Sala Rossa “condanna ogni forma di intimidazione e di violenza, fisica e verbale, nei confronti di chi anima il dibattito pubblico e con le proprie azioni si prodiga nella cura della comunità”.

Il documento, che ricorda come nella nostra città, in diverse occasioni, sedi di partito, circoli culturali, luoghi con importante valore simbolico e di particolare interesse per le comunità locali, siano state oggetto di danneggiamento e imbrattate con messaggi denigratori e di minaccia, è stato proposto e sottoscritto congiuntamente da consiglieri di maggioranza e opposizione e approvato all’unanimità.

L’ordine del giorno esprime la solidarietà del Consiglio Comunale “verso le persone, gli Enti e i Partiti di qualunque orientamento politico che a diverso titolo sono stati colpiti da questo odioso fenomeno sul territorio cittadino”, raccomandando “particolare attenzione nel non voler alimentare con la propria azione politica il perpetrarsi di logiche d’odio e di azioni violente”.

F.D’A. – Ufficio stampa Consiglio Comunale

Pompeo (PD): “AV Milano-Parigi: Confermata l’esclusione di Bardonecchia, ma nessuna azione”

11 giugno 2025 – “Rispondendo alla mia interrogazione con la quale chiedevo se ci fosse la possibilità di ripristinare la fermata di Bardonecchia per i treni ad alta velocità Frecciarossa e TGV Milano-Parigi, l’Assessore regionale ai Trasporti ha precisato che, al momento, è stata privilegiata la fermata di Oulx, ma che potrebbe non essere una scelta definitiva, dato che, in passato, è accaduto che venisse preferita Bardonecchia a Oulx e che, quindi, un turnover commerciale può essere controvertito. Ha affermato, inoltre che i soggetti economici e politici del territorio stanno pensando di avanzare una proposta che Trenitalia è disponibile a sentire, che non penalizzerà nessuno, ma può rappresentare un’opportunità migliore di attrarre turisti, prevedendo la fermata a Bardonecchia e non solo a Oulx. L’Assessore ha, tuttavia, aggiunto che gli sembra difficile mantenere entrambe le fermate dal momento che il treno perderebbe così le caratteristiche di alta velocità” spiega la Consigliera regionale del Partito Democratico Laura Pompeo.

“Ho chiesto ulteriori chiarimenti – prosegue laConsigliera regionale Pd – per capire se la Regione Piemonte abbia intenzione di promuovere misure di sostegno per il settore turistico di Bardonecchia e se intenda prevedere investimenti o strategie per potenziare il trasporto ferroviario regionale in modo da compensare, almeno parzialmente, la mancata fermata dei treni ad alta velocità. L’Assessore Gabusi ha precisato che, nel periodo invernale, al fine di incentivare il turismo sciistico è stata introdotta la fermata a Bardonecchia per alcuni Frecciarossa e Intercity”.

“Data l’importanza delle nostre stazioni sciistiche e in un contesto in cui quelle francesi, come Monginevro e Serre Chevalier, beneficiano di una crescente affluenza grazie a strategie di marketing e investimenti, auspico che la Giunta regionale metta in campo tutte le azioni possibili per valorizzare Bardonecchia e consentirne una maggiore fruizione attraverso collegamenti più frequenti e accessibili” conclude Laura Pompeo.

cs

 

Bufalo (Opi): “Un piano per l’infermieristica”

 
Torino, 9 giugno 2025 – «Non basta cercare nuovi infermieri: bisogna mettere in condizione quelli che ci sono di fare il proprio lavoro». Ivan Bufalo, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Torino e del Coordinamento Regionale OPI Piemonte, interviene nel dibattito sull’emergenza personale rilanciato dalla Regione Piemonte e dalle scelte dell’assessore alla Sanità, Federico Riboldi. Lo fa durante il convegno SIDMI, di sabato, dove affronta senza retorica le reali condizioni della professione.
«È un errore strategico concentrarsi solo sugli sviluppi della professione infermieristica e sul contributo che questa può dare al sistema salute – afferma Bufalo – senza contestualmente intervenire sullo stato di sofferenza che affligge le infermiere e gli infermieri all’interno delle organizzazioni sanitarie».
Rivolgendosi direttamente all’assessore Riboldi in merito alla stesura del piano socio-sanitario 2025–2030, Bufalo annuncia: «Alle prossime consultazioni in Regione, gli ordini degli infermieri contribuiranno alla discussione depositando un documento che affronta tre punti prioritari: l’investimento sugli infermieri di famiglia e di comunità, la valorizzazione delle capacità manageriali degli infermieri e dei professionisti sanitari e, non certo in ultimo, la rappresentazione della situazione nella quale oggi operano gli infermieri».
La carenza di infermieri è ormai strutturale: «Non vi è alcuna possibilità di recuperare gli oltre 6.000 professionisti che mancano in Piemonte secondo gli attuali modelli organizzativi». Bufalo riconosce lo sforzo della Regione per assumere e stabilizzare personale e sottolinea la collaborazione avviata con l’assessore Riboldi: «Con lui è stato costruito un percorso che consente a tutti i neolaureati di ciascuna sessione di laurea di essere immediatamente inseriti nel sistema sanitario pubblico. Ciò nonostante – aggiunge – questi inserimenti servono a malapena a compensare il numero di coloro che escono».
La denuncia è chiara: pochi infermieri, spesso utilizzati in modo inappropriato. «È ciò che emerge dallo studio della prof.ssa Sara Campagna dell’Università di Torino – sottolinea Bufalo – secondo il quale il 25% del tempo lavoro di ciascun infermiere è occupato da attività che nulla hanno a che fare con l’infermieristica, ma che servono a compensare la carenza di altre figure professionali».
Insomma servono interventi a lungo termine, afferma ancora «per restituire attrattività alla nostra professione, incentivare le nuove generazioni a iscriversi ai corsi di laurea in infermieristica e contrastare la fuga dalla professione. Tra questi: la seria rivalutazione degli stipendi, lo sviluppo di percorsi di carriera clinica e organizzativa, l’abolizione del vincolo di esclusività e un maggiore riconoscimento sociale».
Ma servono anche azioni a breve termine: «Interventi sui modelli organizzativi che aiutino a dar sollievo nell’immediato – precisa – attenuando gli effetti dell’attuale carenza sugli assistiti e sugli infermieri». E aggiunge con tono critico: «È un paradosso che, in una situazione di conclamata carenza, gli infermieri vengano utilizzati per svolgere attività non pertinenti al proprio profilo. Dateci personale di supporto e amministrativi per le attività segretariali nei reparti – conclude – e metteteci in condizione di tornare a fare ciò che sappiamo fare meglio: prenderci cura della salute e del benessere delle persone».
Infine, un messaggio diretto alle istituzioni: «Esiste una Questione Infermieristica – afferma – che si interseca, ma che prescinde da tutti gli altri problemi della Sanità. Serve un Piano straordinario sull’Infermieristica per introdurre cambiamenti concreti e garantire sostenibilità, appropriatezza e sicurezza al nostro sistema sanitario regionale».
cs