Far saltare in aria il bancomat per prendere tutti i soldi: la tecnica della “marmotta” questa volta ne fa tre in un colpo.
È successo nella notte di ieri agli sportelli bancomat del Banco BPM di Orbassano, in via Roma 30, a Morozzo, nel Cuneese, e alla BPER di Cavour, in via Giolitti 165.
Il modus operandi era sempre lo stesso: con gli scoppi hanno fatto saltare gli ATM, portando via migliaia di euro. Il bottino è ancora in fase di quantificazione. Fortunatamente non si registrano feriti.
Non si esclude che dietro ai colpi ci sia la stessa banda che alcune settimane fa aveva preso di mira un bancomat a Druento. Sono ora in corso le indagini da parte dei carabinieri di Moncalieri e Pinerolo per individuare i responsabili.
VI.G
Tutti i democratici torinesi, anche quelli non iscritti al Pd, gioiscono per lo sgombero del centro sociale Askatasuna. Il Governo in carica ha finalmente fatto quello che i governi precedenti non hanno avuto il coraggio di concretizzare. Lascio da parte il tentativo del Sindaco Lo Russo che ha tentato di trovare un compromesso con i contestatori occupanti, ponendo come condizione la rinuncia alla violenza da parte del centro sociale e dei contestatori cresciuti e invecchiati in corso Regina Margherita. Il consenso allo sgombero di Lo Russo dimostra la sua buona fede. Anche la Valle di Susa era diventata terreno prediletto di violenza in supporto ai no Tav. Una società democratica non può tollerare queste sacche purulente di violenza che creano danni, feriti, confusione, blocchi stradali, vandalismo. Possono diventare dei covi ideali per i terroristi e lupi solitari islamici. Questi contestatori devono finalmente capire che rompere le regole sociali minime anche solo con gli spray che devastano vie e piazze non è più consentito: questi signori devono riporre i cartelli, le catene, le armi proprie e improprie e cercare un lavoro, anche se i rivoluzionari professionali, sedicenti leninisti, non sanno lavorare come gli operai e gli impiegati. Sanno solo “cazzeggiare”. Il megafono è il loro strumento, quando non usano bombe- carta o armi ancora più dannose. I feriti delle Forze dell’Ordine sono ormai un numero patologico. Vorrei sapere i commenti degli intellettuali “democratici” che si troveranno a celebrare il




Qualcosa prende ad agitarsi alla notizia del suicidio di una paziente, la bionda Paula, quando l’attività muta del tutto e da psichiatra si passa comodamente a giocare all’investigatore privato, con un’area di ricerca che altalena tra i toni drammatici a quelli (quasi) divertenti, allorché alla zelante Poirot s’affianca quel Watson di marito (di professione oculista, un Daniel Auteuil ancora innamorato e pronto di risate e carezze) trascinato allo svelamento di indizi e prove, essendosi convinta la nostra che di omicidio si tratti e che il colpevole vada ricercato tra le fredde mura domestiche della defunta. Anche il buon vecchio Hitchcock sobbalzava con momenti “divertenti”, inventava gag, incollava sui visi di Stewart o di Grant insuperabili intervalli di leggerezza dopo averli spremuti e terrificati a dovere: e qui, finché percorre i binari della descrizione dei caratteri e degli ambienti, finché inquadra l’avvio e il primo procedere della vicenda la regista Rebecca Zlotowski (franco-polacca, quarantacinquenne, anche sceneggiatrice qui con Anne Berest) non se la cava troppo male. Snella, veloce, essenziale, precisa: anche se l’indagine investigativa vera e propria vanta altri sapori, più profondi, più maturi.