LIFESTYLE- Pagina 5

Un delicato e classico risotto ai quattro formaggi

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Un primo piatto ricco, perfetto per chi ama i formaggi, cremoso, nutriente, saporito e avvolgente. Semplicemente delizioso

Ingredienti

350gr. di riso per risotti
1 piccola cipolla bianca
1 bicchierino di vino bianco secco
1 litro di brodo vegetale
50gr. di Taleggio
50gr. di Gorgonzola dolce
60gr. di ricotta
50gr. di Parmigiano
Burro, sale e pepe q.b.

Tritare la cipolla e lasciarla imbiondire in una padella con una noce di burro. Versare il riso, tostare per pochi minuti, sfumare con il vino bianco, lasciare evaporare ed iniziare ad aggiungere il brodo caldo. Lasciar cuocere il tempo necessario poi, togliere dal fuoco e aggiungere i formaggi, tranne il parmigiano, mescolare bene fino a quando saranno ben sciolti, infine mantecare con una noce di burro ed il Parmigiano. Servire caldo e a piacere, spolverare con pepe macinato al momento.

Paperita Patty

L’ipertrofia dell’ego

A chi non è capitato di incontrare persone che si consideravano Dio e, invece, erano poco più di un manichino che respira?

Periodicamente cerco nuove modelle per i corsi di fotografia che organizzo annualmente e, talvolta, anche fotografi per affiancarmi in alcune attività.

Ed ecco che, tra le molte schede visionate, salta sempre fuori la top model “due camere e cucina” che mette subito le cose in chiaro: “Ho iniziato a posare da poco ed ho ancora molto da imparare. Non poso in TF (sistema di collaborazione dove fotografo e modella lavorano entrambi gratuitamente a vantaggio reciproco, NdA) ma poiché sta diventando un lavoro chiedo di essere retribuita.”

A parte il fatto che dovrebbero mettere almeno alcune foto descrittive del genere che intendono trattare (fashion, glamour, nudo, gothic), per quale motivo uno dovrebbe rischiare fotografando chi non possiede capacità professionali anziché andare sul sicuro con modelle di provata esperienza?

Una volta contattai una di queste non-modelle che nella scheda aveva tre foto, di pessima qualità, e pochissime note personali: le scrissi chiedendo quali esperienze avesse maturato e se potesse inviarmi almeno altre 2-3 immagini dove si vedesse meglio il viso e la figura intera.

La risposta fu sintomatica del disagio mentale che questa ragazza stava attraversando: “Le foto le mando a chi dico io, se ho scritto che sono carina devi fidarti. Per privacy non posso diffondere le mie esperienze.”

Chissà se avrà mai lavorato in seguito?

Allo stesso modo altre modelle, agli inizi della loro “carriera” precisano subito che trattandosi di lavoro effettuano soltanto servizi retribuiti, salvo contraddirsi scrivendo di aver scattato, poche volte, e solo con fotoamatori.

O, ciliegina sulla torta, quando precisano che posano solo dietro compenso ma non rilasciano liberatoria, il che significa che scatto, mi guardo le foto e penso quanto io sia fortunato ad averla potuta fotografare, peccato però non poterla mostrare né usare per lavoro.

E’ palese che molte, troppe, fanciulle pensano che posare per professione sia divertente, gratificante, al contrario del lavoro impiegatizio o della cassiera, faticoso, mal retribuito, a sopportare i malumori dei clienti.

Non pensano, nella loro superficialità, che essere modella di professione sia uno dei lavori più faticosi se svolto bene e se hai la fortuna di diventare qualcuno: tralasciando le modelle che viaggiano nei vari continenti che hanno problemi di jet lag, di lingua, di doversi adattare a clima e alimentazione diversa, anche una modella nostrana deve fare sacrifici continui.

Non fare tardi la notte se l’indomani ha uno shooting, altrimenti sarà distrutta, non bere né mangiare in eccesso se no addio linea, rinunciare a feste, viaggi e feste in famiglia se ti chiamano per posare.

Stiamo parlando di modelle vere, quelle che hanno studiato pose, comunicazione prossemica, che sanno recitare con la mimica; per le altre il selfie allo specchio del bagno è già tanto.

Ma finché ci saranno sedicenti fotografi che scattano con ogni essere che respiri, ci saranno non-modelle che si ritengono bellissime, simpatiche, professionali e che sono in grado di rifiutare il fotografo.

Dulcis in fundo le modelle che citano categoricamente i generi trattati (praticamente tutti quelli “non proibiti”) precisando di non chiedere altro. Salvo poi aggiungere “per quanto non indicato scrivere in privato”.

Sergio Motta

Dalla costellazione del Leone a quella della macchina elettrica

LE MERAVIGLIE DEL CIELO STELLATO…

DI Gianluigi De Marchi *

C’è ancora, nel terzo millennio, chi crede che la vita di ognuno di noi sia condizionata dalle stelle e dai pianeti, che con i loro influssi regolano amore, salute e lavoro (i tre campi in cui tutti vorrebbero sapere in anticipo cosa succederà).

La fideistica convinzione di costoro si basa su fatti inoppugnabili: un nato sotto il segno del Toro (animale focoso) sarà molto attivo, chi è nato sotto il segno dei gemelli (doppi) avrà un carattere inaffidabile e bipolare, e così via.

E quando Marte passa nel nostro segno zodiacale ne subiremo l’influsso negativo, saremo irascibili e litigiosi perché Marte è il dio della guerra; mentre quando passa Marcurio,porremo cogliere favorevoli occasioni perché Mercurio è il dio del commercio…

Ma pensate per un  attimo a questo dettaglio: se gli antichi avessero chiamato il pianeta Marte con il nome Bacco, il passaggio del corpo celeste avrebbe provocato ubriacature collettive? E se Venere si fosse chiamata Diana, non avrebbe condizionato gli amori ma l’esito delle cacce al cervo?

Ma non finisce qui.

Le costellazioni che influenzano i nostri destini sono 12, e prendono il nome dalla fantasia degli antichi che, guardando il cielo stellato, si erano dilettati ad unire le varie stelle formando delle figure più o meno credibili.

Ad esempio la costellazione del Leone è formata da Regolo, Leonis, Algieba, Adhafera, Ras Elased Borealis e Ras Elased Australis, ed ha la forma di un trapezio con una specie di falce sovrastante. Chi le diede il nome vide il leone di Nemea (animale invincibile della mitologia greca ucciso da Ercole in una delle sue celebri “fatiche”). Andate a vederla sul web, sfido chiunque a riconoscere un leone e non  una giraffa…

E guardando la costellazione del Sagittario (formata da Kaus Australis, Nunki, Axilla, Kaus media, Kaus borealis, Al Nasl, Arkab, Rukbat e Albaldah) si vede più una barchetta di carta o una teiera che non il mitico centauro lanciatore di frecce.

Le costellazioni ufficialmente riconosciute dagli astronomi sono 88, ma solo 12 regolano il nostro destino, le altre sono comprimarie i cui influssi contano meno del due di bastoni con briscola denari.

Eppure il grande astronomo Lalande aveva classificato alcune formazioni stellari dalla forma accattivante cui aveva dato nomi come il Gatto, il Cammello e, nell’emisfero australe, l’Ape. Un altro astronomo, Bode,  battezzò invece la Macchina elettrica, l’Officina tipografica e il Telescopio, nomi moderni anziché mitologici.

Niente da fare, non  contano nulla, peccato; perché nascere sotto il segno della macchina elettrica consentirebbe un sacco di risparmi energetici a tutti i fortunati protetti dalla costellazione…

* Giornalista e scrittore

demarketing2008@libero.it

Dantés, il maestro dal papillon blu

 

In un paese del Canavese, noto in tutto il mondo grazie al fatto di aver ospitato, un tempo, una famosissima fabbrica di macchine per scrivere, su una collina del rione Bellavista, ribattezzata il parco dei Sussurri, viveva un piccolo, orgoglioso yorkshire terrier di nome Dantés. La fitta boscaglia del parco ospitava una varietà di uccelli e animali di piccola taglia come gli scoiattoli e i ghiri. Il vento che soffiava spesso dalla vicina valle d’Aosta creava, tra gli alberi, suoni e rumori che parevano dei veri e propri sussurri e questa particolarità aveva suggerito agli abitanti il nome del parco. Dantés portava al collo un elegante papillon blu e si muoveva con passo deciso e rapido, come si addiceva ad un vero gentiluomo originario della contea inglese, un tempo la più grande del Regno Unito. Tutti lo conoscevano e gli altri cani lo ammiravano per intelligenza, eleganza e soprattutto per le storie che amava raccontare quando, passeggiando, si intratteneva per fare quattro chiacchiere. Ogni racconto nascondeva una morale e un insegnamento, ogni passeggiata era una lezione di vita. Un giorno gli vennero affidati cinque cuccioli di Jack Russell a pelo ruvido. Erano belli, vivaci, impazienti, e avevano una quantità di energia che avrebbe messo chiunque in difficoltà. Si muovevano allegri e veloci come il vento. I loro nomi erano Balzac, Amelie, Mistral, Modì e Colette. Nessuno riusciva a tenere a bada la cucciolata che sembrava avere l’argento vivo addosso. L’unica eccezione era lui, Dantés. “Qui c’è bisogno di un maestro, e io sono pronto” disse il piccolo yorkshire, aggiustandosi il papillon. Attrezzò la taverna come un’aula con tanto di lavagna e gessetti colorati, un tavolo che fungesse da cattedra e due comode e lunghe panche con lo schienale da utilizzare come banchi per i piccoli allievi. Il suo metodo di insegnamento non contemplava regole severe, basandosi soprattutto su giochi intelligenti. Usava bastoncini, foglie, cartoncini colorati, disegni allegri e bicchieri dove versava acqua da uno all’altro per spiegare il senso della collaborazione, la pazienza e la gentilezza. Era importante che iniziassero a comprendere l’essenza vera della vita, l’ambiente che li circondava con le sue bellezze, ma anche con i pericoli da evitare, un po’ di storia e gli essenziali rudimenti di scienze e geografia.

Quando i cuccioli litigavano (era naturale che lo facessero, vista la loro giovane età) Dantés, con uno sforzo paziente, raccontava la storia di un cane che aveva perso tutti gli amici perché non sapeva ascoltare e voleva, testardamente, avere sempre ragione. Quando disubbidivano, narrava le vicissitudini di un terrier che finì in una pozzanghera fangosa per non aver seguito nessuna indicazione, rifiutandosi di seguire le giuste vie, ostinandosi a fare di testa propria, senza voler sentire ragioni. Ci volle una grande pazienza da parte del loro maestro ma, con il tempo, i cuccioli cambiarono. Non solo impararono a comportarsi correttamente, ma svilupparono una curiosità per il mondo e per le indicazioni che Dantés, sotto forma di storie, aveva insegnato loro. Lo rispettavano e gli volevano bene. Per i cuccioli era diventato “il professore dai modi gentili e dal cuore generoso”. Un giorno, però, Dantés scomparve per un’intera mattinata. I cuccioli, preoccupati, lo cercarono dappertutto. Lo trovarono alla fine sotto un cespuglio, mentre scriveva su un notes una delle sue storie. “È arrivato il momento che anche voi scriviate la vostra” disse con un sorriso. E insieme, con passo allegro, tornarono all’abitazione. Ogni cucciolo si mise di buona lena a scrivere e raccontare una favola sua, ispirata agli insegnamenti del loro maestro. Avevano imparato le cose che contano e da quel giorno i piccoli Jack Russell diventarono amici di tutti a Bellavista, ricevendo in dono da Dantés i loro piccoli papillon blu che sfoggiarono con grande orgoglio.

Marco Travaglini

La Notte di San Lorenzo ai Giardini dei Musei Reali

Una notte tra stelle, arte e desideri, nel cuore verde dei Musei Reali

 

Sabato 9 agosto, ore 19
Musei Reali di Torino – Ingresso da Piazzetta Reale 1

 

Sabato 9 agosto Una Notte al Museo –  il format ideato e realizzato dalla Fondazione Club Silencio con l’intento di valorizzare e promuovere il patrimonio storico-culturale dei musei e degli edifici storici d’Italia – apre le porte dei Musei Reali di Torino per una serata dedicata al più famoso cielo d’estate, quello di San Lorenzo.

 

Un’occasione irripetibile attraverso arte, architettura e storia, tra sontuosi saloni barocchi, affreschi, collezioni d’arte e scorci segreti, immersi nella cornice notturna di uno dei siti museali più affascinanti d’Italia. Ad arricchire l’esperienza, una programmazione culturale e artistica che intreccia installazioni partecipate, performance, astronomia, tarocchi, musica elettronica e concerti a lume di candela. Gli ospiti potranno esplorare luoghi straordinari come Palazzo Reale, la Cappella della Sindone, i Giardini Reali – dove potranno ammirare la mostra Asa Nisi Masa dedicata a Giuseppe Maraniello, uno dei protagonisti dell’arte italiana degli ultimi decenni, che intreccia mitologia, simbolismo e memoria in un percorso tra scultura, pittura e disegno – e l’Appartamento dei Principi Forestieri, solitamente chiuso al pubblico. Uno straordinario esempio di architettura settecentesca progettato da Juvarra e decorato da artisti come Pecheux, De Mura e Olivero.

 

A rendere ancora più speciale la serata, l’installazione partecipata a tema desideri ideata da LUNAR – nome d’arte di Mattia Varsalona, artista e cantautore seguito da oltre mezzo milione di persone – che inviterà il pubblico a scrivere e affidare il proprio desiderio a un’opera collettiva, poetica e luminosa.

Per chi ama guardare lontano, l’Associazione Celestia Taurinorum guiderà un’attività di osservazione astronomica grazie a telescopi puntati sul cielo e a un racconto visivo e mitologico supportato dal software Stellarium. Sarà possibile scoprire le costellazioni, confrontare immagini da telescopi spaziali con l’osservazione a occhio nudo e immergersi in un racconto affascinante che unisce scienza, immaginario e narrazione.

 

Sotto il cielo di agosto, sarà inoltre possibile partecipare alle letture dei tarocchi e lasciarsi guidare dal simbolismo delle carte in momenti condivisi di scoperta e ascolto; mentre la VR Experience trasporterà gli ospiti al centro del cosmo.

 

Il percorso sonoro della serata sarà curato dal collettivo Shine On You, con una selezione musicale tra acid house, micro-house e suggestioni elettroniche underground. Nel Teatro Romano, invece, il quartetto d’archi Gli Archimisti interpreterà alcune delle più celebri colonne sonore del cinema, regalando al pubblico un momento intimo e suggestivo illuminato da centinaia di candele.

Come in ogni appuntamento di Una Notte al Museo, non mancheranno cocktail & wine bar d’autore e proposte food gourmet da gustare tra una visita e un’esperienza immersiva.

 

Per partecipare all’evento Notte di San Lorenzo ai Giardini dei Musei Reali è necessario accreditarsi sul sito di Club Silencio.

 

 

CHE COS’È FONDAZIONE CLUB SILENCIO

Club Silencio è una fondazione culturale torinese impegnata in progetti esperienziali che stimolino la partecipazione attiva dei giovani under 35 alla vita culturale, sociale e democratica del proprio territorio. Tra i suoi progetti più noti vi è Una notte al Museo, che dal 2017 ad oggi ha portato più di 280.000 giovani in oltre 50 musei tra Piemonte, Liguria e Lombardia. Da ottobre 2022 Club Silencio è certificata ISO 20121 per la Gestione eventi sostenibili.

 

www.clubsilencio.it

Fb e IG @Clubsilencioofficial

Linkedin @Clubsilencio

I supereroi conquistano il Forte di Bard 

Attivi fra Otto e primi Novecento, i grandi Maestri giapponesi dell’ “ukiyo-e” e del nuovo stile “shin hanga” ospiti eccellenti dello storico “Forte” valdostano

Fino al 30 novembre

Bard (Aosta)

Mettono le mani avanti gli organizzatori della mostra “Eroi. Evoluzione di un mito. Dal Giappone antico al contemporaneo”, ospitata fino a domenica 30 novembre prossimo nelle “Sale delle Cantine” dell’ottocentesco “Forte di Bard”“Il primo supereroe della storia – scrivono – non è americano e non si chiama Superman, ma è una supereroina giapponese, ed è nata nel 1848”. Dunque, scordatevi il nome di Gotham City, città immaginaria ispirata alla New York del “proibizionismo” in cui si svolgono le avventure del mitico Batman nei fumetti “DC Comics”. E fate altrettanto per “Kripton”, il pianeta originario, ma altrettanto immaginario, di Superman (“Kal-El” in “Kriptoniano”) inventato nel 1938 da Jerry Siegel e Joe Shuster. Il primo “supereroe” – meglio “supereroina” – della storia è donna e giapponese con tanto di “occhi a mandorla”, come da copione.

Questo quanto intendono precisare gli organizzatori, di cui sopra, attraverso un percorso inedito, fra stampe dipinti e arazzi (opere delle massime firme dell’arte nipponica fra XIX e XX secolo) teso a tracciare “l’evoluzione del concetto di eroe e le profonde differenze che emergono tra le figure eroiche della cultura mediterranea e quelle dell’immaginario giapponese, con i suoi antichi eroi e i suoi popolari supereroi contemporanei”: dall’universalmente noto “trittico” in legno di Utagawa Kuniyoshi (1798 – 1861) “Takiyasha la strega e lo spettro scheletro”, in cui la principessa Takiyasha (X secolo) recita un incantesimo scritto su un rotolo, evocando uno scheletro gigante emergente dal buio (opera esposta in Giappone nel Museo “UKIYO-E” di Kurashiki e, in copia, all’ “Honolulu Museum of Art” fra i maggiori Musei degli Stati Uniti), alla strabiliante raffinatezza dei viola e dei rossi delle tinture “all’anilina” di “Yoshitsune e i mille ciliegi” di Chikanobu Toyohara Yoshu, lui stesso militante nello “shogitai”, brigata d’élite di “samurai” ( Edo, 1838 – 1912) e fra gli ultimi maestri dell’ “ukiyo-e”, via via fino a Utagawa Kunisada (Edo 1786 -1865) forse il più famoso disegnatore di “stampe su blocchi di legno” del Giappone ottocentesco e Maestro dell’omonima “Scuola Utagawa”, per arrivare all’eccentrico e meticoloso Katsushika Hokusai (Edo 1760 – 1849) la cui notorietà resta soprattutto legata, oltre che ai suoi fantasiosi “manga” e alla scrittura e all’illustrazione di numerosi “gialli” per donne e bambini, alle “Trentasei vedute del Monte Fuji” e alla celebre “Grande onda di Kanagawa”.

Curata da Paolo Linetti, colto studioso d’arte giapponese e direttore del bresciano “Museo d’Arte Orientale Mazzocchi” di Coccaglio, in collaborazione con “Vidi Cultural” e l’Associazione Culturale “Mnemosyne” la rassegna si compone di 86 opere articolate in otto sezioni, popolate da eroi e supereroi in armatura dorata, figure epiche realmente esistite o guerrieri leggendari ed eroine “dalla spada impietosa”, principesse “che hanno ispirato paladine lunari” donne più o meno giovani pronte a morire a testimonianza della grandezza e potenza del proprio amore o “ninja” che combattono accanto ai loro “famigli” in forma di rospi, serpenti o gru. E qui l’eroismo non è tanto sfida impavida, dimostrazione di un coraggio che supera le resistenze dell’umano, ma soprattutto “senso dell’onore”, di un “dovere” e di uno “spirito di sacrificio” che chiamano a gran voce e non accettano rinunce. Non “gloria personale”, ma fedeltà, dedizione e, talvolta, “giusta” vendetta. Antologia di “culture” antiche e remote, ardue nel confronto con la narrativa e l’attualità occidentale, pagine ricche e fantasiose che ci permettono anche di ammirare, raccolti in mostra, preziosi “arazzi” della fine del XVII secolo, storiche “incisioni su rame”“stampe su seta” e numerose “xilografie”, opere per la maggior parte provenienti dalla Collezione dell’Associazione Culturale bresciana del Castello di Dello “Mnemosyne” e dal Museo d’Arte Orientale “Mazzocchi” di Coccaglio.

Due principalmente gli obiettivi della mostra, secondo il curatore Paolo Linetti e Ornella Badery, presidente del “Forte”: “Comprendere quali siano le caratteristiche che definiscono un eroe in quanto tale, passando dal Monte Olimpo al Fuji. L’itinerario sviscererà la natura dell’eroe nipponico, confrontandola con quella della cultura dell’epica mediterranea per meglio comprenderne tutte le sfumature. Il secondo è scoprire come il concetto di ‘supereroe’ fosse un argomento ben radicato in Giappone molto prima che in Occidente”.

Gianni Milani

“Eroi. Evoluzione di un mito. Dal Giappone antico al contemporaneo”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 30 novembre. Orari: mart. e ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19; fino al 7 settembre aperto anche il lunedì 10/19

Nelle foto: Chikanobu Yoshu “Yoshitsune e i 1000 ciliegi”, xilografie policrome su carta da gelso; Parte dell’allestimento (Ph. Marco Spataro); Paolo Linetti ed Ornella Badery (Ph. Marco Spataro)

Giorgetto Giugiaro, un compleanno diverso

Un compleanno diverso, che profuma di vita, di coraggio e di quella meravigliosa ostinazione a continuare a scrivere – e riscrivere – la storia.

Il 7 agosto, per molti italiani, segna l’inizio delle ferie: una pausa, un momento di riposo, una parentesi di leggerezza. Ma in Piemonte – e, in verità, in tutta Italia – questa data meriterebbe ben altro rilievo. Perché troppo spesso celebriamo compleanni e anniversari legati al ricordo di chi non c’è più, di chi la vita ci ha tolto. È giusto, è umano. Ma quanto sarebbe importante imparare a onorare anche chi è ancora tra noi? Chi, giorno dopo giorno, con il proprio genio e la propria determinazione, ha plasmato il nostro tempo?

Sappiamo tutti quando è nato Leonardo Da Vinci. Gli abbiamo intitolato la giornata del Made in Italy – un gesto nobile, simbolico, necessario. Ma se iniziassimo a fare lo stesso con chi ha cambiato il mondo nel nostro presente, con chi ha saputo ridisegnare le forme del futuro quando il futuro era ancora un sogno?

Oggi è il compleanno di Giorgetto Giugiaro.
Non un semplice designer, ma il “Designer del Secolo”. Un uomo che con le sue matite e la sua visione ha disegnato il mondo. Le sue linee sono diventate icone, le sue intuizioni simboli del progresso, della funzionalità, della bellezza senza tempo. Non si tratta solo di automobili: si tratta di un modo di pensare. Di un’estetica del vivere, dell’abitare, del muoversi. Di un approccio alla tecnologia e alla mobilità che ha saputo coniugare emozione, accessibilità e rivoluzione.

Pensare che l’estate – quella del 2025 – stava per portarcelo via. Un attimo, una preoccupazione, poi una voce che torna a parlare. Non per sé, ma per la gente. Per quelle donne e quegli uomini che hanno imparato a guidare con una Panda. Per coloro che non si muovono a bordo di auto dai valori esorbitanti, ma che vivono la propria macchina come una compagna indispensabile, un’estensione della propria possibilità di esistere. Per chi l’auto non la ostenta, ma la utilizza. Perché senza di essa non lavora, non si sposta, non vive.

Oggi non festeggiamo solo un compleanno.
Celebriamo la storia italiana nella sua forma più pura: quella che non si ferma, che non si compiace, ma che evolve. Celebriamo la tenacia di un uomo che, a 87 anni, ha ancora voglia di creare, di disegnare, di sorprendere. Un uomo che non ha mai confuso il successo con la fine del percorso, ma lo ha sempre vissuto come stimolo a fare di più, meglio, ancora.

Giorgetto Giugiaro è la prova vivente che la grandezza non sta solo nel talento, ma nella volontà di continuare a mettersi in discussione.
Che la bellezza non è solo estetica, ma è funzione, è accesso, è pensiero democratico. Che la creatività, quella vera, non ha età. Oggi, in questo compleanno speciale, celebriamo la vita di un uomo che ha cambiato le nostre strade, i nostri paesaggi, il nostro modo di vedere le cose. Un uomo che, dopo aver fatto la storia del design, ha ancora “tanta voglia di disegnare”.

Ed è questo che ci insegna, più di tutto: che il tempo non si misura in anni, ma in idee. E che la storia, a volte, si può ancora scrivere con una matita in mano.

Buon compleanno, Maestro!

PIETRO RUSPA