Con la nascita dell’alternativa centrista si dà il potenziale inizio ad una nuova stagione politica che, a seconda degli scenari politici successivi al 25 Settembre, potrebbe portare al superamento di quel bipolarismo mai realmente esistito e che si è trasformato, negli anni, in un bipopulismo dannoso per il Paese.
Torna (aggiornato) il simbolo del Psdi
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Alla conclusione delle operazioni di deposito dei contrassegni presso il ministero dell’Interno, i Socialdemocratici esprimono la loro soddisfazione per aver completato le operazioni idonee a riportare il simbolo del Sole nascente nell’agone politico. Il partito, che ha per segretario nazionale Umberto Costi, schiera infatti il solo emblema, tra i tanti presentati, che riporta con coerenza la scritta “Socialdemocrazia” e rappresenta esplicitamente la continuità del partito fondato nel 1947 da Giuseppe Saragat. I Socialdemocratici, saldamente collocati in una posizione di sinistra riformista, parteciperanno alle prossime elezioni, politiche e regionali, con l’ambizione di essere parte attiva di un’alleanza che faccia da argine ad ogni forma di populismo, sovranismo ed antieuropeismo. Di certo, a dispetto di notizie di stampa riguardanti «una non meglio precisata associazione», non sono e non saranno alleati con la formazione politica di Luigi Di Maio. Come sottolineano in una nota il segretario organizzativo Claudio Maria Ricozzi ed il responsabile per la comunicazione del partito Antonio Matasso, «probabilmente, allo stesso modo in cui il ministro degli Esteri ha scambiato tempo fa un paese per un altro, oggi ha confuso per la vera Socialdemocrazia un’associazione costituita all’ultimo momento da un esiguo numero di persone, giocando peraltro sugli acronimi e senza aver depositato alcun simbolo elettorale, semplicemente perché i soci di quel sodalizio non possono farlo». Ricozzi e Matasso sottolineano infine che nel partito milita la maggioranza di coloro i quali sono rimasti socialdemocratici negli ultimi venticinque anni, unitamente ad alcuni che hanno militato anche nel Psi, ricevendo lettere accorate da persone molto vicine al presidente Saragat, con apprezzamenti per «chi ha presentato il simbolo del Sole nascente al Viminale, mantenendolo nel tradizionale alveo della sinistra». Nello scorso. mese di maggio, in concomitanza con la riorganizzazione dei Socialdemocratici, altre due iniziative di frangia si erano mosse nello stesso campo: quella dell’associazione culturale “Proposta Socialista Democratica Innovativa” alleata con Di Maio e presieduta da Mario Calí, nonché un’altra legata alla pretesa dell’ex segretario Carlo Vizzini di recuperare il vecchio simbolo, da un soggetto che i Socialdemocratici ritengono non titolato a detenerlo. La scelta dei socialisti democratici saragattiani è stata dunque quella di aggiornare lo storico simbolo e lo statuto per arrivare al 13 agosto a depositare il contrassegno, con l’approvazione della maggioranza della comunità umana e politica legata a Giuseppe Saragat. Un gruppo che «in questi anni, al contrario di qualche ex socialdemocratico, non è andato in giro a destra e a manca in cerca di lidi più comodi».
L’ Atletico Peñarol di Montevideo è il club calcistico più prestigioso dell’Uruguay.
I calciatori in maglia giallo nera dell’Estadio Campeón del Siglo, tra i più vincenti del Sudamerica, hanno un profondo legame con il Piemonte. Il nome Peñarol deriva da Pinerolo e risale ai tempi in cui Giovan Battista Crosa , era il 1765, arrivò a Montevideo e fondò insieme ad altri conterranei il quartiere che , storpiando un poco il nome del comune situato allo sbocco in pianura della Val Chisone, è diventato il barrio Peñarol. Una storia che tempo fa è diventata anche uno spettacolo teatrale, grazie al testo curato da Renzo Sicco e Darwin Pastorin, portato sui palcoscenici da Assemblea Teatro con il progetto “Peñarol, il Piemonte d’Uruguay:storie di calcio e di emigrazione”. Pinerolo, Peñarol: due nomi identici in continenti lontani che raccontano storie di emigrazione, povertà, lavoro, rinascita e anche calcio. Una storia di ragazzi che correvano dietro a un pallone in cerca di riscatto, assumendo i colori sociali giallo e nero che pare fossero ispirati a quelli delle barriere delle strade ferrate, essendo molti dei suoi fondatori dei macchinisti delle ferrovie uruguaiane, in gran parte italiani. Un legame segnato dalle storie d’emigrazione dalle terre piemontesi verso il nuovo mondo, dove la passione per il calcio si confonde con la storia della capitale d’Uruguay, una terra dove nelle vene della metà degli oltre tre milioni di abitanti scorre sangue italiano. I pinerolesi, come tanti altri emigranti dalle valli e dalla pianura piemontese,raggiungevano Genova per imbarcarsi in cerca di fortuna, spesso senza conoscere l’effettiva destinazione, stipati in terza classe, a rischio di finire morti affogati quando i piroscafi cedevano alla rabbia dell’oceano mentre andavano verso le “Meriche”. La passione per i fotbaleur fece il resto. Quello che nel 1891 era stato fondato a Montevideo come “Central Uruguay Railway Cricket Club” (CURCC), squadra di fùtbol della capitale uruguaiana, nel 1913, cambiò nome in “Club Atletico Peñarol”. In pochi anni questa “instituciòn deportiva” diventò la miglior squadra del Sudamerica, complice il ciclo del grande Uruguay che tra il 1930 ed il 1950 vinse due edizioni dei Mondiali. Quando nella finale della Coppa del mondo, giocata in Brasile il 16 luglio del 1950, la “celeste” nazionale uruguagia sconfisse 2 a 1 la Seleção dei padroni di casa, sprofondando nella disperazione il Maracanà, il Peñarol aveva già conquistato 17 campionati d’Uruguay e forniva alla nazionale giocatori del calibro di Obdulio Varela e Juan Alberto Schiaffino, che poi venne a giocare in Italia, con i colori rossoneri del Milan. Nel biennio 1960-61 il Peñarol salì in vetta al mondo del pallone vincendo due Coppe Libertadores (la Champions sudamericana) e una Coppa Intercontinentale. Così i “carboneros” entrarono nella storia del calcio. Nel 1966 arrivò la doppietta: Libertadores e Intercontinentale. Doppietta replicata sedici anni dopo, nel 1982. Nel frattempo arrivarono altri titoli nazionali, l’ultimo ( il 51°) nel 2021. Un palmares di successi impressionante, al punto da far sì che la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio (IFFHS) nominasse il Peñarol “Club del XX° secolo del Sud America”.
Ma non tutto si può ridurre ai dati numerici. La passione, la voglia di riscatto sociale, l’incrollabile fede nei colori del “Pinerolo d’Uruguay” hanno rappresentato un fenomeno davvero importante, legato a doppio filo con l’Italia. Nei primi grandi calciatori aurinegros ( giallo neri) erano evidenti le tracce di italianità: le più grandi leggende del club erano figli o nipoti di italiani. Basta pensare alle prime due stelle,Lorenzo Mazzucco e Josè Piendibene Ferrari, entrambi con genitori italiani. E poi Juan Alberto Schiaffino ( scrisse di lui Eduardo Galeano che “con le sue giocate magistrali, organizzava il gioco della squadra come se stesse osservando tutto il campo dalla più alta torre dello stadio”),il centrocampista Rafael Sansone, il difensore Ernesto Mascheroni , l’istriano di nascita Ernesto Vidal, centrocampista che aveva “tre patrie ma solo una gli regalò il tetto del mondo”, il portiere Roque Maspoli e tanti altri. Una storia di scatti, rincorse e calci al pallone che continua, sull’asse della memoria che unisce i due lati del mondo, Pinerolo e il “barrio” Peñarol.
Marco Travaglini
Venerdì 19 agosto ore 21,30 nel Cortile del Museo Garda (Piazza Ottinetti) ad Ivrea,
MASSIMO RECALCATI – psicanalista tra i più noti in Italia – presenterà il suo nuovo libro
“LA LEGGE DELLA PAROLA. RADICI BIBLICHE DELLA PSICOANALISI” (Einaudi).
Ingresso libero
L’incontro, che sarà in forma di una lectio magistralis cui seguiranno eventuali domande del pubblico, è organizzato dalla LIBRERIA MONDADORI DI IVREA in collaborazione con MORENICA_NET e con il patrocinio di IVREA CAPITALE DEL LIBRO 2022
La Legge del Dio ebraico è la Legge della parola. Questa Legge non è solo scritta sulle tavole di pietra, ma intende inscriversi innanzitutto nel cuore degli uomini. Essa sancisce l’impossibilità dell’uomo di farsi Dio e, nello stesso tempo, dona a esso la possibilità generativa del suo desiderio. Si tratta di una dialettica ripresa in modo originale dalla lezione di Freud e di Lacan. In un lavoro senza precedenti, Massimo Recalcati dimostra che non solo non c’è contrapposizione tra il logos biblico e la psicoanalisi, ma che quell’antico logos ne costituisce una delle sue radici piú profonde.
La critica freudiana della religione come illusione sembra condannare il testo biblico senza alcuna possibilità di appello. La psicoanalisi è sin nelle sue fondamenta atea perché non crede all’esistenza di un «mondo dietro al mondo» se non come una favola che serve ad attutire il dolore dell’esistenza. La lettura delle Scritture che Massimo Recalcati propone in questo libro rivela invece l’esistenza inaudita di radici bibliche della psicoanalisi. Non è una tesi teologica o una dimostrazione filologica, ma un effetto del suo incontro singolare con il testo biblico. Non si tratta di psicanalizzare la Bibbia, ma di riconoscere in essa la presenza dei grandi temi che verranno ereditati dalla psicoanalisi, con particolare riferimento all’opera di Freud e di Lacan: il carattere originario dell’odio rispetto all’amore; la radice invidiosa del desiderio umano; il fallimento e la necessità della fratellanza; il rapporto dialettico tra Legge e desiderio; la funzione simbolica del Nome del padre; il lutto necessario della totalità; la centralità attribuita al resto salvifico che sottrae la vita alla morte e alla distruzione; la maledizione della ripetizione e la sua interruzione; la tentazione idolatrica come desiderio perverso dell’uomo di essere Dio; la critica al fanatismo ideologico del sacrificio; il taglio virtuoso della separazione; l’eccedenza della gioia erotica; la scissione della Legge di fronte al reale della sofferenza e al suo grido.
MASSIMO RECALCATI, psicoanalista tra i piú noti in Italia, dirige l’IRPA (Istituto di ricerca di psicoanalisi applicata) e nel 2003 ha fondato Jonas Onlus (Centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi). Collabora con i quotidiani «La Repubblica» e «La Stampa» e insegna all’Università di Verona e allo IULM di Milano. Dirige con Maurizio Balsamo la rivista «Frontiere della psicoanalisi». È autore di numerosi libri, tradotti in diverse lingue, tra cui L’uomo senza inconscio (Raffaello Cortina Editore), Il complesso di Telemaco (Feltrinelli) e di una monografia in due volumi su Jacques Lacan (Raffaello Cortina Editore 2012, 2016). Ha pubblicato per Einaudi, L’ora di lezione (2014), I tabù del mondo (2017 e 2018), La notte del Getsemani (2019 e 2020), Il gesto di Caino (2020 e 2021), Ritorno a Jean-Paul Sartre. Esistenza, infanzia e desiderio (2021), Il grido di Giobbe (2021 e 2022), La legge della parola. Radici bibliche della psicoanalisi (2022) e, il suo primo testo teatrale, Amen (2022).
Uve Alta Langa Docg, tempo di vendemmia
LA RACCOLTA SI CONCLUDERÀ ALLA FINE DEL MESE
Giovanni Carlo Bussi, vicepresidente del Consorzio Alta Langa: “Ottima la qualità”
Ha preso il via il 10 agosto scorso la raccolta delle uve Pinot nero per i vini Alta Langa Docg.
I primi grappoli sono stati vendemmiati nelle vigne che si trovano nei comuni di Canelli, Castel Boglione, Castel Rocchero, San Marzano Oliveto e Santo Stefano Belbo, tra Astigiano e Cuneese.
La vendemmia si concluderà con la fine del mese nei vigneti più alti.
“L’anticipo dei tempi rispetto alla norma è collegato al periodo della fioritura della vite, avvenuto quest’anno intorno al 15/20 maggio: solitamente avviene tra gli ultimi giorni di maggio e l’inizio giugno – spiega il vicepresidente del Consorzio Alta Langa, Giovanni Carlo Bussi –. Le alte temperature del mese di maggio hanno accorciato notevolmente le differenze tra le quote più basse e quelle più alte, che in annate normali possono differenziarsi anche di 25/30 giorni. La qualità delle uve può definirsi ottima: non vi sono stati danni causati dalle classiche patologie della vite, grazie alla scarsità di precipitazioni. La siccità potrebbe ridurre i quantitativi di produzione, ma la vendemmia anticipata, seguita con cura dai tecnici delle aziende, garantirà la perfetta qualità”.
Nelle vigne più alte e fresche, tra Valle Belbo e Valle Bormida, le maturazioni sono più lente e le temperature massime sono leggermente inferiori: seppure in anticipo di una decina di giorni rispetto al 2021, le maturazioni stanno avvenendo in maniera regolare.
Avviata in questi giorni anche la raccolta delle uve Chardonnay che, come nella norma dell’Alta Langa, si vendemmiano solitamente 7/10 giorni dopo il Pinot nero.
Dice Mariacristina Castelletta, presidente del Consorzio Alta Langa: “La nostra compagine sta vivendo un momento molto positivo. Assistiamo a un solido aumento della produzione a cui si accompagna l’incremento degli associati al Consorzio, che a oggi sono 134. C’è entusiasmo e la volontà è quella di continuare a perseguire la strada dell’alta qualità, a partire proprio dalla vendemmia che adesso si trova nel pieno del suo svolgimento: ci sono i presupposti per un’ottima annata, che ritroveremo nei calici tra non meno di tre anni. A tutti i produttori di Alta Langa auguro un buon raccolto”.
La Regione Piemonte ha revocato lo stato di massima pericolosità per incendi boschivi, a partire dal 18 agosto 2022, su tutto il territorio regionale.
Il provvedimento regionale – la determinazione dirigenziale n. 2532 del 16/08/2022-, come prevede la normativa, è la diretta conseguenza dell’evoluzione meteorologica in atto e prevista e del conseguente bollettino previsionale del rischio, emesso dal Centro funzionale di Arpa Piemonte.
Ad oggi non sussistono più le condizioni estreme di rischio che avevano portato all’emanazione della massima pericolosità, ma, considerato che il problema generale della siccità che ha colpito il territorio piemontese, insieme a buona parte del resto d’Italia, non si può considerare risolto, si invita la popolazione a mantenere un livello di attenzione adeguato nel porre in essere quelle azioni che possono contribuire ad innescare incendi.
L’assessore regionale alla Protezione Civile, augurandosi che le precipitazioni attese nelle prossime ore non creino danni soprattutto alle coltivazioni, si dichiara soddisfatto per la fine del periodo di massima pericolosità, considerando le molte limitazioni che lo stesso imponeva a molte attività lavorative.
Un particolare ringraziamento è stato poi rivolto a tutto il Sistema antincendi boschivi del Piemonte e specificamente al Corpo volontari AIB Piemonte, per l’incessante lavoro di spegnimento e prevenzione degli incendi boschivi.
Il Gruppo Iren, attraverso la propria controllata Iren Ambiente, realizzerà il primo impianto in Italia per l’estrazione di metalli preziosi dai RAEE.
L’avvio del progetto fa seguito alla chiusura di un accordo con OSAI, società attiva nella progettazione e produzione di macchine e linee complete per l’automazione e il testing su semiconduttori, e BTT Italia S.r.l.: l’operazione si concretizzerà nella realizzazione di un impianto, il primo realizzato sul territorio nazionale, per l’estrazione, la selezione e il recupero dei metalli preziosi presenti all’interno di schede elettroniche RAEE, tra i quali oro, argento, palladio e rame.
L’impianto prevederà due fasi di lavoro: la prima dedicata al disassemblaggio delle schede, la seconda alla separazione e affinazione dei metalli preziosi tramite un processo idrometallurgico. Entrambe le fasi si caratterizzano per alti livelli di efficienza e bassi impatti ambientali: la tecnologia applicata è sviluppata da Osai A.S. S,p.A. all’interno del progetto di urban mining “Re4M” e consente infatti, in combinazione con le tecnologie del proprio partner BTT Italia S.r.l., una significativa riduzione nella produzione di Co2 rispetto all’attività estrattiva tradizionale di miniera.
L’impianto, che sarà operativo dal secondo semestre del 2023, verrà costruito all’interno del polo dedicato all’economia circolare che Iren sta sviluppando in Toscana, nel comune di Terranuova Bracciolini (provincia di Arezzo). La collocazione geografica dell’impianto faciliterà inoltre possibili sinergie industriali con l’importante distretto orafo aretino.
Il TEATRO REGIO TORINO ospiterà a fine dicembre il Gala
ROBERTO BOLLE and FRIENDS
prodotto da ARTEDANZASRL
LA PREVENDITA DEI BIGLIETTI INIZIA GIOVEDÌ 21 LUGLIO
Il capodanno dei torinesi si colora con la magia della grande danza di Roberto Bolle che torna con il suo Gala, l’ormai celeberrimo “Roberto Bolle and Friends”, al Teatro Regio di Torino per tre spettacoli nuovi e straordinari dal 29 al 31 dicembre del 2022.
C’è ancora riserbo sul cast che accompagnerà l’Étoile in questi nuovi appuntamenti per un programma che viene ogni volta pensato e ideato da Bolle mescolando repertorio classico e contemporaneo, pezzi inediti a grandi cavalli di battaglia. Sempre all’insegna della grande danza internazionale.
Spettacoli
Teatro Regio
Giovedì 29 dicembre ore 20.30
Venerdì 30 dicembre ore 20.30
Sabato 31 dicembre ore 17.00
PREZZI E INFORMAZIONI
PREZZI
SETTORE A € 130,00 ( €120,00 + €10,00 prev.)
SETTORE B € 110,00 ( € 100,00 + €10,00 prev.)
SETTORE C € 100,00 (€ 90,00 + € 10,00 prev.)
SETTORE D € 90,00 ( € 80,00 + € 10,00 prev.)
SETTORE E € 80,00 (€ 70,00 + € 10,00 prev.)
RIDOTTA VISIBILITA’ € 55,00 (€50,00 + €5,00 prev.)
I BIGLIETTI SARANNO DISPONIBILI SUL CIRCUITO TICKETONE E PRESSO LA BIGLIETTERIA DEL TEATRO REGIO
BIGLIETTERIA
Piazza Castello 215 – Torino
Tel. 011.8815.241 – 011.8815.242
biglietteria@teatroregio.torino.it
Orario di apertura:
da lunedì a sabato 13-18.30; domenica 10-14
Chiusura estiva: da lunedì 1 agosto a domenica 28 agosto. Riapertura lunedì 29 agosto.
Alla Biglietteria non sono consentiti pagamenti in contanti ed è consentito il pagamento con Satispay.
INFORMAZIONI
Ingresso Uffici del Teatro Regio
Piazza Castello 215 – Torino
Tel. 011.8815.557
info@teatroregio.torino.it
www.teatroregio.torino.it
Orario del servizio: da lunedì a venerdì 9-17.30
Chiusura estiva: da sabato 6 agosto a domenica 28 agosto
Per ulteriori info:
www.robertobolle.com|www.facebook.com/Roberto-Bolle-Official-Page-126651440466
https://twitter.com/RobertoBolle |www.instagram.com/robertobolle
Monica Cristina Gallo, Garante della Città di Torino per i diritti delle persone private della libertà, ha visitato ieri pomeriggio la casa circondariale Lorusso e Cutugno. Insieme al profondo rammarico per il nuovo caso di suicidio, la Garante ha rinnovato l’invito a tutti i responsabili della gestione della realtà carceraria a una riflessione finalizzata a una radicale modifica delle prassi sinora adottate e ha nuovamente avanzato la richiesta di allocare risorse che allo stato attuale risultano gravemente insufficienti.
“La notizia dell’ennesimo suicidio all’interno della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno – dichiara la Garante Monica Gallo – ci ha toccato profondamente. E’ passato poco più di un anno da quando Moussa Balde si era tolto la vita nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Corso Brunelleschi e poco meno di un mese dal gesto estremo di un detenuto pakistano nel carcere torinese e siamo nuovamente a registrare amaramente il precipitato disastroso di tutta una serie di criticità che, se non definiscono una dinamica di causa-effetto, certamente costituiscono un contesto incapace di disinnescare un fenomeno che, da potenziale, è ormai diventato una realtà a livello nazionale. Con quello delle ultime ore il macabro conteggio dei suicidi nelle carceri italiane somma cinquantadue morti dall’inizio dell’anno, di cui nove solo nei primi quindici giorni di agosto, e al momento al di là delle consuete dichiarazioni di profilo istituzionale, tocca prendere atto che le iniziative di contrasto sono state assenti o inefficaci.
Lo testimonia ancora una volta la morte di un ragazzo di venticinque anni, recluso presso il Lorusso e Cutugno dal 2 agosto, che dopo un primo tentativo di suicidio ne ha posto in essere un secondo, il tutto dopo appena due settimane di detenzione.
L’Ufficio della Garante dei diritti delle persone private della libertà personale della Città di Torino segnala ormai da tempo un trend relativo ad arresti e presenze nella Casa Circondariale torinese (1345 le presenze, ben 310 in più della prevista capienza regolamentare) caratterizzato da una giovane e talvolta giovanissima età delle persone recluse. Una parte di questa popolazione carceraria ha davanti a sé una pena inferiore ai due anni e non vi è chi non veda che l’applicazione di misure alternative esterne alla struttura potrebbe contribuire ad attenuare quella ormai cronica dimensione di sovraffollamento che è la cifra che caratterizza l’esperienza detentiva italiana. Una dimensione che si somma a condizioni di stress psico-fisico che coinvolgono tutti coloro che a diverso titolo e ruolo sono presenti in quella particolare area del territorio che è il carcere.
In ordine a questo profilo, giova ricordare come le persone soggette a osservazione psichiatrica, in mancanza di un’area adeguatamente predisposta e presidiata, siano attualmente distribuite nei diversi padiglioni della struttura di via Aglietta, prive di un’assistenza psichiatrica che copra continuativamente le ventiquattro ore.
Un ultimo rilievo, fra i molteplici che possono essere evocati, riguarda la presenza di mamme con bambini la cui entità numerica è sì contenuta, sono quattro con altrettanti bambini, ma la cui gravità rimane altissima, sia nei termini della qualità dell’intervento pubblico sia in quelli di impatto sugli incolpevoli minori coinvolti. Anche in questo caso non possiamo che registrare con perplessità la mancata approvazione della proposta di legge avanzata in Parlamento che ha visto interrompere il suo iter a causa del recente scioglimento delle Camere. La politica ha certamente le sue tempistiche, ma anche lo sviluppo cognitivo dei bambini, di quei bambini in particolare, dovrebbe essere tenuto in debito conto da chi è chiamato a perseguire e realizzare l’articolo 3 del mandato costituzionale: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli […], che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana […].
La Garante dei diritti delle persone private della libertà personale esprime in conclusione il profondo rammarico per la notizia del suicidio e al tempo stesso invita tutti i responsabili della gestione della realtà carceraria a una riflessione che abbia come obiettivo una radicale modifica delle prassi sinora poste in essere, una modifica che passi anche attraverso forme condivise di denuncia che smarcandosi dalla postura formalmente istituzionali puntino a un’effettiva applicazione del disposto normativo, rivendicando con forza l’allocazione di risorse che allo stato attuale sono gravemente insufficienti.
E’ inutile piangere sul latte versato, specie – conclude la Garante – se la gestione del latte è in capo alle istituzioni e il pianto dura poco più di ventiquattro ore”.