Investimenti pazienti  

IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

 

Le borse, luoghi un tempo fisici ed oggi mercati virtuali, telematici, dove si acquistano e vendono senza sosta quote di società reali (le “azioni”), salgono e scendono.

Sarebbe più corretto dire che di solito salgono e qualche volta, più raramente, scendono ma quando lo fanno devastano i portafogli e, ancor più, la psiche degli investitori che tendono, depressi e spaventati, a vendere nei momenti peggiori, consegnandosi all’impoverimento.

Le borse non sono per tutti e la cosa peggiore sarebbe leggere queste righe come un invito a investire.

Provare a raggiungere dei risultati superiori a quelli consentiti dalla propria, del tutto soggettiva, soglia del dolore finanziario (il livello di perdita che conduce a liquidare i propri investimenti) è una battaglia tanto inutile quanto dannosa.

Le riflessioni che vorrei condividere riguardano tutti, anche coloro che, per ragioni professionali, dovrebbero essere immuni da un eccesso di emotività da perdita in borsa.

Le borse, dicevo, per lo più salgono ma il timore che queste possano prima o poi scendere porta a perdere buona parte del viaggio che porterebbe alla felicità finanziaria.

Il 2022 sembrava potere sorgere sulle più rosee prospettive ma queste non potevano conto dello scoppio di una guerra. Disattesa la possibilità di proseguire il ciclo economico positivo nato sulle ceneri della pandemia, con l’inflazione in ascesa incontrollata (frutto dell’aumento dei prezzi delle materie prime), le borse non potevano che innescare la retromarcia.

Succede quando le recessioni si affacciano all’orizzonte e questo può rappresentare l’inizio di un periodo, anche molto lungo, di scarsissimi risultati e profonde frustrazioni per i risparmiatori.

Questo era certamente il timore che aleggiava ancora all’inizio del 2023, quando le previsioni economiche erano decisamente funeste: la guerra non dava (e così purtroppo è ancora oggi) segni di volere cessare, l’inflazione era del tutto comparabile ai livelli degli anni ’70 e le banche centrali manifestavano tutta la loro insofferenza promettendo nuovi rialzi dei tassi (che avrebbero dovuto “raffreddare” la domanda di beni e servizi e con essa anche l’indice dei prezzi).

Lo spavento dell’”annus horribilis” 2022 aveva nel frattempo spinto non pochi risparmiatori ad abbandonare la beccheggiante barca degli investimenti azionari nel timore di un possibile naufragio.

Ma l’economia è una scienza sociale: un modo elegante per dire che è dedicata allo studio della soddisfazione dei bisogni degli individui e le cui previsioni dipendono, di conseguenza, dai comportamenti umani.

Prevedere l’imprevedibile può essere frustrante e certamente lo è stato quest’anno per analisti ed economisti: la recessione, data per scontata a inizio anno, ancora non ha fatto capolino e questo è vero in special modo per gli Stati Uniti, che, mantenendo il loro passo di crescita, hanno sostenuto anche l’economia del vecchio continente.

Spiegare l’equazione apparentemente impossibile di inflazione elevata, autorità monetarie severamente impegnate a rallentare la crescita ed economia americana pervicacemente solida è compito arduo.

Certamente ha aiutato il cambiamento di direzione dell’andamento dei prezzi al consumo, tornati a crescere a ritmi molto più contenuti (negli Stati Uniti l’ultimo dato era del 4% non più così lontano dalla media dello scorso decennio) per merito della discesa dei prezzi delle materie prime (rientrato lo choc provocato dalla guerra e depresse, poi, dalla crescita inferiore alle attese della Cina, il Paese energivoro per eccellenza).

Ma a questo non basterebbe a spiegare l’imperturbabilità dei consumatori americani e la solidità dei loro consumi.

Per arrivare a una delle spiegazioni più convincenti occorre tenere conto della politica economica (attuata attraverso la spesa pubblica) messa in campo da Biden.

L’amministrazione USA, infatti, ha approvato negli ultimi 18 mesi una serie di massicci piani di sostegno economico,  l’ Infrastructure Investment and Jobs Act il CHIPS and Science Act e l’ Inflation Reduction Act, per complessivi 2.100 miliardi di dollari (pari all’8% deL PIL nazionale).

Seppure gli effetti di questi enormi programmi di spesa si dispiegheranno nell’arco di più anni, gli investimenti effettuati nel corso degli ultimi 12 mesi sono stati già pari al 4% del PIL.

Ecco quindi che sembra avere più senso l’andamento dell’economia americana, del tutto immune dalla zavorra dei tassi d’interesse (e dei maggiori costi sostenuti, a causa di questo, dal governo sul proprio debito pubblico).

In parallelo, a beneficiare maggiormente di quanto descritto sono stati mercati borsistici (sensibili innanzitutto all’andamento dei profitti aziendali, strettamente legati a quello del PIL) mentre deludenti sono stati quelli obbligazionari (convinti che alla fine un rallentamento arriverà ma ancora non persuasi che l’inflazione tornerà presto al livello desiderato dalle autorità monetarie).

Gli analisti, attori anch’essi della scienza economica, spiazzati dal positivo ed inatteso andamento dei mercati, si trovano ora a rivedere le loro aspettative.

Dei 23 “strategists” delle principali case d’investimento, ben 18 prevedono una discesa dell’indice Standard and Poor entro la fine dell’anno, e ciò malgrado quasi tutti abbiano cercato di adeguare le loro stime ai rialzi avvenuti negli ultimi mesi!

Ma se tutto ciò spiega il progresso, ormai alle nostre spalle, delle borse poco ci può suggerire sul loro futuro.

I rialzi dei tassi, sinora inefficaci, grazie, come detto, all’azione dei governi ma anche al fatto che per dispiegare i propri effetti richiedono tempi lunghi (tra i 12 e i 24 mesi), potrebbero iniziare presto a incidere sulla crescita economica ma, per contro, la rapida discesa dell’inflazione, se continuasse, avrebbe l’effetto di indurre le autorità monetarie ad arrestare i rialzi dei tassi, rinvigorendo così l’umore degli investitori.

La bellezza e il fascino dell’economia risiedono forse, proprio nella sua natura, legata ai comportamenti di noi esseri umani, ma questo rappresenta anche uno dei suoi limiti più evidenti, rendendola uno straordinario strumento di analisi e monitoraggio a discapito però delle sue capacità predittive.

Come ricordava Isaac Newton, uno scienziato senza se e senza ma, possiamo misurare il moto dei corpi ma non l’umana follia…

Forse solo la pazienza può aiutare ad affrontare serenamente gli alti e bassi dei mercati, senza dimenticare che, come il coraggio di manzoniana memoria, “uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.

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