redazione il torinese

Saragat, un torinese europeo

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Lunedì 21 gennaio alle ore 18, al Centro “Pannunzio” in via Maria Vittoria 35H, Danilo De Masi, Enrico Morbelli,Pier Franco Quaglieni, Piero Craveri e Valter Vecellio parleranno di “Giuseppe Saragat socialista torinese e statista europeo”. Presiede Salvatore Vullo. Nato a Torino nel 1898, e’ stato uno dei più prestigiosi leader socialisti italiani. Antifascista della prima ora a Torino a fianco di Matteotti e Turati, fu esule a Vienna e a Parigi. Rientrato in Italia dopo la caduta del fascismo, venne arrestato e imprigionato insieme a Sandro Pertini, riuscendo ad evadere da “Regina Coeli”. Fu Presidente dell’Assemblea Costituente nel 1946 , Ambasciatore d’Italia a Parigi, più volte vice presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Esteri.Fu eletto Presidente della Repubblica nel 1964 e rimase in carica fino al 1971. Mori’ a Roma nel 1988. L’evento si tiene a trent’anni dalla morte e cento vent’anni dalla nascita dello statista torinese.

Tendine viola ed effetti fluo

In Arizona c’erano vari modi per dare nell’occhio negli anni Sessanta: vestiti dai colori sgargianti, look anticonformisti, comportamenti iconoclastici, frequentazioni insolite

 A Phoenix c’era chi ricorreva a “mezzi non convenzionali”, talvolta gironzolando per la città a bordo di un’autofunebre Cadillac del 1949 con le tendine di velluto viola: era la band George Washington Bridge (nota anche come GWB o The Bridge). Il gruppo sorse nel 1965 sulle ceneri dei The Exceptions e nei ranghi annoverava il solo Dwayne Witten (V, batt) tra i membri originari della band precedente; si aggiunsero subito dopo Mike Winn (V), Sam Ganem (chit), “Pud” Gaffney (chit) e Steve Thomas (b). Le cover dei gruppi della British Invasion (in primis Beatles, Rolling Stones, Animals, Them e Kinks) era il repertorio prediletto della prima fase musicale della band; dance clubs (sia adult che teen), feste universitarie, pool parties erano gli scenari più consueti dove “farsi le ossa” rapidamente e con calendari di gigs piuttosto serrati. Frequenti erano le occasioni di esibizione al Jack Curtis’ Club di Phoenix, gestito da quel Jack Curtis fondatore dell’etichetta Mascot records, punto di riferimento di svariate band dell’Arizona soprattutto tra 1965 e 1967. Le capacità di adattamento della band alle più diverse declinazioni musicali in voga all’epoca consentirono ai George Washington Bridge di modellare il proprio stile a partire dal garage rock classico fino alle soluzioni più audaci dello psichedelico; quest’ultimo era integrato e rafforzato nei concerti da suggestivi light shows con luci stroboscopiche o con effetti di colori fluorescenti su sfondi neri, che coinvolgevano soprattutto i movimenti del batterista. Il carattere fluo-style delle esibizioni non passò inosservato e consentì alla band di affiancare in più occasioni altri gruppi locali di livello, tra cui The Spiders e The Nazz (le bands di esordio di Alice Cooper), The Twentieth Century Zoo, The Superfine Dandelions e i P-Nut Butter. E’ da rilevare soprattutto il fatto che i George Washington Bridge furono opening act in svariati concerti nell’area di Phoenix di gruppi del calibro di Buffalo Springfield, Beau Brummels, Beach Boys, Music Machine e Country Joe & The Fish. Nel 1967 la band incise l’unico 45 giri: “Butterball” [Ganem – Winn – Witten] (M-120; side B: “Train Ride” [Ganem – Winn]), inciso sotto la supervisione di Jack Curtis con etichetta Mascot records. Dall’uscita del singolo la vena psichedelica della band venne aumentando e si definì del tutto dal giugno 1968, allorquando “Pud” Gaffney venne sostituito da Alex Walter (org); nelle successive esibizioni veniva lasciato spazio a lunghi percorsi strumentali, in cui Walter era in grado di sfruttare le potenzialità dell’Hammond B-3 (nonostante le difficoltà di trasporto causate dalla stazza dello strumento) a due altoparlanti Leslie. Nella formazione definitiva con Alex Walter i George Washington Bridge (nome che in quel tempo mutava sovente in “The Bridge”) fecero comparsa nello show locale di Phoenix per teenagers “The Indispensables” nel novembre 1968, dove eseguirono l’originale Good Morning, Happy (di cui è rimasto il riversamento dall’acetato originale); di altri brani originali non restano attualmente che dozzinali registrazioni “home made” realizzate probabilmente nella seconda metà del 1968, fuori commercio. La band cercò tra fine 1968 ed inizio 1969 una nuova veste musicale e stilistica, mutando il nome in “Trigger”; tuttavia continui dissidi interni e insanabili differenze su futuribili progetti portarono rapidamente allo scioglimento definitivo, realizzatosi nel marzo 1969.

 

Gian Marchisio

 

 

Ecco “e.DO” la piattaforma educativa

Comau, parte del Gruppo FCA, leader mondiale nella fornitura di prodotti e sistemi avanzati per l’automazione industriale, lancia e.DO™ Experience, la piattaforma educativa progettata da Comau Academy e disponibile a partire da gennaio 2019, che utilizza il robot e.DO per promuovere un approccio non-convenzionale e stimolante alla didattica, scolastica ed extra-scolastica.

Progettata per tutte le età, e.DO Experience ha l’obiettivo di favorire un approccio pragmatico all’apprendimento disciplinare, volto ad incoraggiare lo sviluppo di competenze trasversali e un coinvolgimento diretto nelle attività di formazione, di cui e.DO è il protagonista. Comau rivolge le sue e.DO Experience ad un pubblico ampio e diversificato, che comprende insegnanti, giovani studenti e manager aziendali, professionisti, appassionati di robotica, visitatori di mostre e musei, partecipanti a convegni, ma anche le famiglie e i loro bambini, con un’offerta formativa calibrata sulle specifiche necessità e le diverse competenze dei partecipanti. «L’innovazione tecnologica apre la strada a nuovi modi di insegnare e di imparare, – spiega Donatella Pinto Head of Human Resources di Comau – . Un esempio concreto è rappresentato da e.DO, il fulcro intorno al quale Comau ha sviluppato e.DO Experience, un programma di formazione innovativo, che ha l’obiettivo di consentire ai giovani, agli insegnanti, ai professionisti, di sperimentare l’efficacia e l’utilità di modalità di apprendimento capaci di incuriosire, coinvolgere e ispirare. Con questo progetto Comau, ancora una volta, dimostra di credere nel potenziale delle giovani generazioni e nella loro capacità di guidare la trasformazione digitale ormai in atto».

Ecco "e.DO" la piattaforma educativa

Comau, parte del Gruppo FCA, leader mondiale nella fornitura di prodotti e sistemi avanzati per l’automazione industriale, lancia e.DO™ Experience, la piattaforma educativa progettata da Comau Academy e disponibile a partire da gennaio 2019, che utilizza il robot e.DO per promuovere un approccio non-convenzionale e stimolante alla didattica, scolastica ed extra-scolastica.

Progettata per tutte le età, e.DO Experience ha l’obiettivo di favorire un approccio pragmatico all’apprendimento disciplinare, volto ad incoraggiare lo sviluppo di competenze trasversali e un coinvolgimento diretto nelle attività di formazione, di cui e.DO è il protagonista. Comau rivolge le sue e.DO Experience ad un pubblico ampio e diversificato, che comprende insegnanti, giovani studenti e manager aziendali, professionisti, appassionati di robotica, visitatori di mostre e musei, partecipanti a convegni, ma anche le famiglie e i loro bambini, con un’offerta formativa calibrata sulle specifiche necessità e le diverse competenze dei partecipanti. «L’innovazione tecnologica apre la strada a nuovi modi di insegnare e di imparare, – spiega Donatella Pinto Head of Human Resources di Comau – . Un esempio concreto è rappresentato da e.DO, il fulcro intorno al quale Comau ha sviluppato e.DO Experience, un programma di formazione innovativo, che ha l’obiettivo di consentire ai giovani, agli insegnanti, ai professionisti, di sperimentare l’efficacia e l’utilità di modalità di apprendimento capaci di incuriosire, coinvolgere e ispirare. Con questo progetto Comau, ancora una volta, dimostra di credere nel potenziale delle giovani generazioni e nella loro capacità di guidare la trasformazione digitale ormai in atto».

Il “Giorno della Memoria” per la Fondazione Bottari Lattes

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Allo Spazio Don Chisciotte di Torino una mostra di Mario Lattes sulla Shoah e la presentazione di un progetto degli studenti del Liceo “Gioberti”

E’ un doppio appuntamento, quello con cui la Fondazione Bottari Lattes – in occasione del “Giorno della Memoria”, celebrata il 27 gennaio di ogni anno – intende ricordare giovedì prossimo 24 gennaio, presso lo Spazio Don Chisciotte di Torino tutte le vittime dell’Olocausto. A partire dalle ore 17,30 nei locali di via della Rocca 37/b (tel. 011/ 1977.1755), si terrà infatti l’inaugurazione della mostra “Mario Lattes. Non dimenticare”, che propone opere inedite (appartenenti alla Fondazione, nata nel 2009 a Monforte d’Alba, e agli eredi dell’eclettico artista torinese di origine ebraica e fra le figure di maggior spicco nel mondo artistico e culturale del secondo dopoguerra), seguita dalla presentazione al pubblico della ricerca “Non dimenticare” realizzata da un gruppo di studenti del subalpino Liceo Classico “Gioberti” e mirata a verificare le conseguenze che le famigerate leggi razziali del 1938 ebbero su alunni e docenti della scuola di via Sant’Ottavio (fra i più antichi Licei d’Italia), con un approfondimento particolare sulla storia personale dello stesso Mario Lattes. Ma vediamo nel dettaglio i due eventi.

Mostra “Mario Lattes. Non dimenticare

Inaugurata il prossimo giovedì 24 gennaio, alle ore 17,30 e in programma fino a sabato 23 febbraio (dal mart. al sab., ore 10,30/12,30 e 15/19), la selezionata rassegna propone alcuni – una quindicina in tutto – fra i più significativi lavori di Mario Lattes ( editore, pittore, incisore e scrittore, ma anche acuto ideatore di prestigiose iniziative culturali, scomparso nel 2001 a Torino, dov’era nato nel 1923) dedicati alla cultura ebraica e alla tragedia inumana della Shoah, con immagini di potente, spesso drammatico, impatto visivo. Immagini come grovigli di segni e colori che raccontano inquietanti realtà confuse fra sogno e memoria, cristallizzate in cifre stilistiche a volte primordiali, mai ripetitive ma libere di affidarsi alle suggestioni di un incidere astratto così come alla vigorosa ridondanza di un visionario e fantastico espressionismo, tale da evocare – come s’è fatto – illustri discendenze da Gustave Moreau o da Odilon Redon fino al “pittore delle maschere”, il belga James Ensor. Ne sono chiara prova le opere esposte, che vanno da un intenso “Giro dei Serafin” del ’58 con quei rossi che scompigliano con forza inaspettata la trama narrativa e che ritroviamo, a quasi trent’anni di distanza, in quell’“Interno di Sinagoga”, olio su tela del 1987, anch’esso carico di inquiete atmosfere; per passare attraverso le pagine non meno turbanti di “Kaddish” e dei “Deportati”, entrambi del ’59, o della “Figura ebraica” a tempera su carta dell’’84. “Lattes – scriveva Marco Valloraè sempre là dove non te lo attendi, anche tecnicamente”. E l’incontro è sempre di quelli impegnativi. Che ti inducono a mettere in gioco la forza spossante delle emozioni.

Progetto “Non dimenticare. Le conseguenze delle leggi razziali del 1938 al Liceo Gioberti

E all’inaugurazione della mostra di Lattes, seguirà la presentazione della ricerca, raccolta nel volume “Non dimenticare. Le conseguenze delle leggi razziali del 1938 al Liceo Gioberti“, che ha coinvolto trentadue studenti di classi diverse del “Gioberti”, guidati da quattro insegnanti. Alla base del lavoro, incontri con esperti, storici, testimoni e professionisti, nonché l’attento studio dei documenti conservati nell’Archivio storico del Liceo, nell’ “Archivio Terracini” della Comunità ebraica e nell’Archivio di Stato; il tutto alla ricerca dei professori e degli studenti che a causa delle leggi razziali furono allontanati dalla scuola o subirono conseguenze anche gravi, con un approfondimento sulla vicenda personale di Mario Lattes. Tante le storie che affiorano da fotografie, registri di classe, pagelle, lettere, telegrammi e verbali. Come quelle dei due professori sospesi mentre sono in servizio: Marco Levi, che ricopre vari incarichi di responsabilità all’interno della scuola, e Giuseppe Morpurgo, punto di riferimento culturale fuori e dentro l’Istituto. La ricerca studia anche la vita e le famiglie degli studenti definiti di “razza ebraica” a cui è stato impedito di continuare il liceo: oltre a Mario Lattes,  Alda Beer, Germana Colombo, Vera Debenedetti, Giuliana Diena, Gastone Guastalla, Lucia e Gabriella Morpurgo,

Giorgio Ovazza, Guido e Sergio Treves. Tra gli altri studenti colpiti in modo più o meno drammatico dalle leggi razziali ci sono Franco Foà, che pur continuando a frequentare il liceo in quegli anni ha preferito assumere il cognome della madre, Bernardi, per non destare sospetti, e Bruno Finzi il cui nome sul registro appare accompagnato dalla scritta in rosso “di razza ebraica”. La ricerca è riuscita anche a individuare le ripercussioni drammatiche delle leggi su alcuni studenti che avevano frequentato il “Gioberti” molti anni prima, come Enrico Anau, studente di I Classico nel 1901-02 a cui nel 1938 viene impedito l’esercizio della professione di medico, o Ugo Segre, studente di I Classico nel 1909-10, morto con il figlio Tullio ad Auschwitz. Ci sono poi le tre docenti sospese mentre prestano servizio in altre scuole, colpite dalle leggi razziali, con differenti conseguenze, a volte drammatiche, che arriveranno al “Gioberti” dopo la guerra e vi rimarranno a lungo, fino alla pensione: Lia Corinaldi, Giuliana Fiorentino Tedeschi e Giorgina Levi Arian.

La pubblicazione è reperibile online all’indirizzo web:

www.liceogioberti.gov.it/wp-content/uploads/2018/05/Non-dimenticare.pdf

g.m.

Foto

– Mario Lattes: “Senza titolo”, 1970
– Mario Lattes: “Interno di Sinagoga”, 1987
– Mario Lattes: “Kaddish”, 1959
– Liceo Gioberti: Classe IV B con la professoressa Arian Levi, 1955
– Liceo Gioberti: Telegramma riferito al professor Giuseppe Morpurgo

Il "Giorno della Memoria" per la Fondazione Bottari Lattes

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Allo Spazio Don Chisciotte di Torino una mostra di Mario Lattes sulla Shoah e la presentazione di un progetto degli studenti del Liceo “Gioberti”

E’ un doppio appuntamento, quello con cui la Fondazione Bottari Lattes – in occasione del “Giorno della Memoria”, celebrata il 27 gennaio di ogni anno – intende ricordare giovedì prossimo 24 gennaio, presso lo Spazio Don Chisciotte di Torino tutte le vittime dell’Olocausto. A partire dalle ore 17,30 nei locali di via della Rocca 37/b (tel. 011/ 1977.1755), si terrà infatti l’inaugurazione della mostra “Mario Lattes. Non dimenticare”, che propone opere inedite (appartenenti alla Fondazione, nata nel 2009 a Monforte d’Alba, e agli eredi dell’eclettico artista torinese di origine ebraica e fra le figure di maggior spicco nel mondo artistico e culturale del secondo dopoguerra), seguita dalla presentazione al pubblico della ricerca “Non dimenticare” realizzata da un gruppo di studenti del subalpino Liceo Classico “Gioberti” e mirata a verificare le conseguenze che le famigerate leggi razziali del 1938 ebbero su alunni e docenti della scuola di via Sant’Ottavio (fra i più antichi Licei d’Italia), con un approfondimento particolare sulla storia personale dello stesso Mario Lattes. Ma vediamo nel dettaglio i due eventi.
Mostra “Mario Lattes. Non dimenticare
Inaugurata il prossimo giovedì 24 gennaio, alle ore 17,30 e in programma fino a sabato 23 febbraio (dal mart. al sab., ore 10,30/12,30 e 15/19), la selezionata rassegna propone alcuni – una quindicina in tutto – fra i più significativi lavori di Mario Lattes ( editore, pittore, incisore e scrittore, ma anche acuto ideatore di prestigiose iniziative culturali, scomparso nel 2001 a Torino, dov’era nato nel 1923) dedicati alla cultura ebraica e alla tragedia inumana della Shoah, con immagini di potente, spesso drammatico, impatto visivo. Immagini come grovigli di segni e colori che raccontano inquietanti realtà confuse fra sogno e memoria, cristallizzate in cifre stilistiche a volte primordiali, mai ripetitive ma libere di affidarsi alle suggestioni di un incidere astratto così come alla vigorosa ridondanza di un visionario e fantastico espressionismo, tale da evocare – come s’è fatto – illustri discendenze da Gustave Moreau o da Odilon Redon fino al “pittore delle maschere”, il belga James Ensor. Ne sono chiara prova le opere esposte, che vanno da un intenso “Giro dei Serafin” del ’58 con quei rossi che scompigliano con forza inaspettata la trama narrativa e che ritroviamo, a quasi trent’anni di distanza, in quell’“Interno di Sinagoga”, olio su tela del 1987, anch’esso carico di inquiete atmosfere; per passare attraverso le pagine non meno turbanti di “Kaddish” e dei “Deportati”, entrambi del ’59, o della “Figura ebraica” a tempera su carta dell’’84. “Lattes – scriveva Marco Valloraè sempre là dove non te lo attendi, anche tecnicamente”. E l’incontro è sempre di quelli impegnativi. Che ti inducono a mettere in gioco la forza spossante delle emozioni.
Progetto “Non dimenticare. Le conseguenze delle leggi razziali del 1938 al Liceo Gioberti

E all’inaugurazione della mostra di Lattes, seguirà la presentazione della ricerca, raccolta nel volume “Non dimenticare. Le conseguenze delle leggi razziali del 1938 al Liceo Gioberti“, che ha coinvolto trentadue studenti di classi diverse del “Gioberti”, guidati da quattro insegnanti. Alla base del lavoro, incontri con esperti, storici, testimoni e professionisti, nonché l’attento studio dei documenti conservati nell’Archivio storico del Liceo, nell’ “Archivio Terracini” della Comunità ebraica e nell’Archivio di Stato; il tutto alla ricerca dei professori e degli studenti che a causa delle leggi razziali furono allontanati dalla scuola o subirono conseguenze anche gravi, con un approfondimento sulla vicenda personale di Mario Lattes. Tante le storie che affiorano da fotografie, registri di classe, pagelle, lettere, telegrammi e verbali. Come quelle dei due professori sospesi mentre sono in servizio: Marco Levi, che ricopre vari incarichi di responsabilità all’interno della scuola, e Giuseppe Morpurgo, punto di riferimento culturale fuori e dentro l’Istituto. La ricerca studia anche la vita e le famiglie degli studenti definiti di “razza ebraica” a cui è stato impedito di continuare il liceo: oltre a Mario Lattes,  Alda Beer, Germana Colombo, Vera Debenedetti, Giuliana Diena, Gastone Guastalla, Lucia e Gabriella Morpurgo,

Giorgio Ovazza, Guido e Sergio Treves. Tra gli altri studenti colpiti in modo più o meno drammatico dalle leggi razziali ci sono Franco Foà, che pur continuando a frequentare il liceo in quegli anni ha preferito assumere il cognome della madre, Bernardi, per non destare sospetti, e Bruno Finzi il cui nome sul registro appare accompagnato dalla scritta in rosso “di razza ebraica”. La ricerca è riuscita anche a individuare le ripercussioni drammatiche delle leggi su alcuni studenti che avevano frequentato il “Gioberti” molti anni prima, come Enrico Anau, studente di I Classico nel 1901-02 a cui nel 1938 viene impedito l’esercizio della professione di medico, o Ugo Segre, studente di I Classico nel 1909-10, morto con il figlio Tullio ad Auschwitz. Ci sono poi le tre docenti sospese mentre prestano servizio in altre scuole, colpite dalle leggi razziali, con differenti conseguenze, a volte drammatiche, che arriveranno al “Gioberti” dopo la guerra e vi rimarranno a lungo, fino alla pensione: Lia Corinaldi, Giuliana Fiorentino Tedeschi e Giorgina Levi Arian.
La pubblicazione è reperibile online all’indirizzo web:
www.liceogioberti.gov.it/wp-content/uploads/2018/05/Non-dimenticare.pdf

g.m.

Foto

– Mario Lattes: “Senza titolo”, 1970
– Mario Lattes: “Interno di Sinagoga”, 1987
– Mario Lattes: “Kaddish”, 1959
– Liceo Gioberti: Classe IV B con la professoressa Arian Levi, 1955
– Liceo Gioberti: Telegramma riferito al professor Giuseppe Morpurgo

IRAQ. UNA FERITA APERTA

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La mostra fotografica di Giles Duley per EMERGENCY per la prima volta a Torino

sabato 19 gennaio, alle ore 15, all’Emergency Infopoint di Torino – Corso Valdocco 3 – inaugurerà la mostra fotografica di Giles Duley “Iraq. Una ferita aperta” esposta per la prima volta a Torino.La mostra racconta la guerra vista da vicino, con gli occhi di chi la vive, attraverso quelli di chi la documenta.A febbraio 2017 Giles Duley ha visitato i progetti di EMERGENCY in Iraq con l’obiettivo di mostrare al mondo cosa è successo a Mosul. “In passato ho parlato di come, anche in queste situazioni, io abbia sempre cercato di trovare un barlume di speranza da fotografare, come una risata o l’amore di una famiglia. Ma quello che ho visto a Mosul mi ha spiazzato. Ho capito che a volte un’immagine simile è impossibile da trovare” racconta Giles Duley. L’operazione umanitaria di Mosul è stata una delle più grandi e complesse emergenze del 2017. Per dare assistenza ai feriti in fuga dalla città, EMERGENCY decise di riaprire un ospedale che aveva costruito nel 1998 e aveva poi affidato alle autorità locali nel 2005. Lì, in 7 mesi di attività, EMERGENCY ha assistito oltre 1.400 vittime di guerra. L’impegno per la pace è un impegno di civiltà al quale siamo chiamati tutti, nessuno escluso, la mostra di Giles Duley costringe a guardare negli occhi l’orrore, fermato in una foto e spogliato di ogni speranza, in modo che nessuno di noi, poi, riesca a voltarli da un’altra, qualsiasi, parte. Dall’intensità di queste immagini, sospese tra arte e storia, prende forma un racconto che invita a riflettere sulla fotografia come impegno civile. Dopo aver passato anni a immortale rock star, famoso il suo scatto a Marylin Manson, dal 2000 Giles Duley lavora con diverse organizzazioni non governative documentando storie di vittime di guerra da tutto il mondo. Nel 2011, mentre era in Afghanistan, Duley perse entrambe le gambe e il braccio sinistro a seguito dell’esplosione di una mina. I medici gli dissero che non avrebbe mai potuto tornare a lavorare. Dopo 18 mesi era di nuovo in Afghanistan, con una troupe per girare il documentario Walking Wounded: Return to the Frontline in cui visita il Centro chirurgico EMERGENCY di Kabul e incontra i pazienti ricoverati. In Iraq EMERGENCY continua ad offrire assistenza sanitaria ai profughi iracheni e siriani nel campo di Ashti. Inoltre, gestisce un Centro di riabilitazione e reintegrazione sociale a Sulaimaniya, avviato nel 1998. Morti, feriti, profughi: sono loro l’unica verità della guerra che EMERGENCY conosce e Giles ci mostra senza reticenze. Far conoscere gli effetti delle guerre a tutti è uno dei principali obiettivi di EMERGENCY che da 25 anni offre cure gratuite e assistenza a tutte le vittime di guerra, ma porre rimedio alle conseguenze devastanti dei conflitti non è abbastanza. L’Infopoint è lo spazio culturale dell’associazione Emergency in cui, attraverso le attività e gli eventi che ospita, viene promossa la cultura di pace di cui l’associazione è espressione nel mondo attraverso il suo operato umanitario.

Camminare, rigenerarsi dolcemente

Rasserenare la mente, ridurre l’ansia, fare esercizio fisico sano e perché no perdere anche qualche chilogrammo sono solo alcuni dei benefici che camminare ci offre. E’ un movimento spontaneo, una azione quotidiana usuale, un gesto scontato forse, ma se fatto consapevolmente e con disciplina, almeno 30 minuti al giorno, può migliorare la nostra salute, il nostro stile di vita e il nostro umore.

Non è solo una considerazione, lo dice la scienza: camminare mette in moto alcuni “neuroni calmanti” capaci di ridurre l’ansia, i pensieri assillanti, lo stress. L’ideale sarebbe passeggiare avvolti dalla natura, beneficiando di un’ambiente che ci permette di staccare completamente, uno scenario che favorisce la meditazione attraverso la contemplazione di un paesaggio silenzioso dalla forza rigeneratrice e potente. Se non si ha la possibilità di andare in un parco ogni giorno va bene anche la camminata urbana o portare fuori il cane, la cosa importante è mantenere un ritmo sostenuto necessario alla produzione delle endorfine, quelle meravigliose sostanze prodotte dal cervello dotate di proprietà calmanti e analgesiche. Un’altra dote della camminata è la capacità di farci perdere peso, praticando questo esercizio con costanza infatti i risultati sono garantiti e andare in palestra passando ore sottoponendosi a pesanti allenamenti sarà solo un ricordo, potremmo dedicarci invece al pilates o allo stretching, attività più riposanti e rilassanti.

I benefici della passeggiata non sono finiti, spostarsi a piedi con un buon ritmo riduce il rischio di malattie cardiache per esempio, uno studio pubblicato dalla American Heart Association afferma infatti che camminare è più efficace che correre, inoltre stimola la creatività e la produttività, aumenta le difese immunitarie e risveglia il metabolismo. Che aspettiamo allora? La primavera sta arrivando, la natura si risveglia, il clima si tempera, tutto ci invita a iniziare questa straordinaria e rasserenante pratica e una volta abituati e allenati si può passare ad un livello più impegnativo come il nordic walking o l’escursionismo. Tutti, adulti e bambini, dovrebbero camminare! E’ salutare, divertente, rilassante e persino gratuito.

Maria La Barbera

 

Nuoto, campionato regionale Salvamento

Il 2019 del nuoto per salvamento di Piemonte e Valle d’Aosta inizia con un importante appuntamento. Si tratta del Campionato Regionale di Categoria, in programma nel fine settimana alle porte al Palazzo del Nuoto di Torino

L’evento assegnerà i titoli regionali Senior, Cadetti, Junior e Ragazzi e sarà inoltre un’importante tappa di avvicinamento al Campionato Italiano Invernale di Categoria, in calendario dal 20 al 2 febbraio a Riccione. Il programma è diviso su tre turni di gara, con il seguente programma:

 

– sabato pomeriggio a partire dalle 14.15: 100 manichino pinne e torpedo, 200 super lifesaver, 4×50 mista

– domenica mattina a partire dalle 9: 100 percorso misto, 100 manichino pinne, 4×25 manichino

– domenica pomeriggio a partire dalle 15: 200 ostacoli (100 per i Ragazzi), 4×50 ostacoli, 50 manichino

 

Sono 295 gli atleti iscritti alla competizione, in rappresentanza di 13 società e per un totale di oltre 1200 presenze gara. Tra le corsie del Palazzo del Nuoto saranno impegnati tra gli altri gli Junior Francesca Pasquino (Nuotatori Canavesani) e Andrea Vivalda (Sa-Fa 2000), entrambi protagonisti agli Europei Youth di settembre con titoli e medaglie. Francesca ha vestito la maglia azzurra anche ai Mondiali giovanili di novembre. Tra i Senior saranno invece presenti Rossella Fimiani (Aquatica Torino), Davide Petruzzi, Greta Pezziardi, Paola Lanzilotti e Francesca Cristetti, tutti tesserati per la Rari Nantes Torino e tutti medagliati ai Campionati Italiani Assoluti disputati a dicembre. Di seguito l’elenco delle 13 società partecipanti al Campionato Regionale di Categoria: Aquarium, Centro Sportivo Roero, Lombardia Nuoto, Rari Nantes Torino, Nuotatori Canavesani, Libertas Nuoto Chivasso, Sa-Fa 2000, Aquatica Torino, Polisportiva UISP River Borgaro, Centro Nuoto Nichelino, Libertas Nuoto Rivoli, Swimming Club Alessandria, GS Vigili del Fuoco Salza.

 

Informazioni e risultati a questo link

 

Foto LC ZONE Fotografia&Comunicazione