Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

7 uomini a mollo – Commedia. Regia di Gilles Lellouche, con Mathieu Amalric, Guillaume Canet, Benoît Poelvoorde e Jean-Hugues Anglade. Sotto i cieli di Grenoble, un gruppo di quarantenni nel pieno di una crisi di mezza età (uno è diviso dalla moglie, un imprenditore cui gli affari non vanno certo bene, un musicista emblema di ogni fallimento), fisici non certo in piena forma, decide di formare la prima squadra di nuoto sincronizzato maschile della piscina che frequentano. Affrontando lo scetticismo e la vergogna di amici e familiari, allenata da una campionessa ormai tramontata e alla ricerca di conferme, il gruppo si imbarca in un’avventura fuori dal comune per riscoprire un po’ della propria autostima e imparare molto su se stessi e sugli altri. Durata 122 minuti. (GreenwichVillage sala 2)

 

L’agenzia dei bugiardi – Commedia. Regia di Volfango Di Biasi, con Giampiero Morelli, Alessandra Mastronardi, Massimo Ghini e Carla Signoris. Fred dirige con un paio di colleghi un’agenzia che fornisce alibi ai mariti e li mette al riparo dalle loro scappatelle. L’organizzazione comincia a traballare quando l’apprendente bugiardo si innamora della bella Clio, prende a riempirla di bugie circa la propria attività, scoprendo altresì che il padre dell’amata è uno dei suoi più assidui clienti, che fa di tutto per nascondere la relazione con una giovane rapper. La storia li vedrà in vacanza tutti insieme, con un bell’insieme di sotterfugi e altre bugie da raccontare. Durata 90 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Aquaman – Fantasy. Regia di James Wan, con Jason Momoa. Arthur Curry, noto anche come “Aquaman, il protettore degli Oceani”, dovrà garantire una pacifica convivenza tra gli uomini della Terra e quelli che vivono nelle profondità marine di Atlantide: i primi continuano ad inquinare il pianeta, gli altri in tutta segretezza progettano di invadere il pianeta. Durata 143 minuti. Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Attenti al gorilla – Commedia. Regia di Luca Miniero, con Frank Matano, Cristina Capotondi e Lillo. Lorenzo, avvocato fallito, vuole recuperare la stima della propria famiglia e di sua moglie soprattutto. Decide di far causa alo zoo della città: ne uscirà vincitore ma dovrà portarsi a casa un enorme gorilla e di lì in poi la coabitazione non sarà sempre facile. Durata 95 minuti. (The Space, Uci)

 

La Befana vien di notte – Commedia. Regia di Michele Soavi, con Paola Cortellesi e Stefano Fresi. Di giorno Paola è una maestrina che svolge il proprio ruolo tra le verdi montagne dell’Alpe di Siusi, in un preciso periodo dell’anno, naso più che aquilino, unghioni poco tranquillizzanti e acciacchi immancabili dovuti all’annuale logorio, si trasforma nella vecchietta che a cavallo di una scopa distribuisce doni ai bimbi buoni. Chi gli sta davvero antipatico è quel Babbo Natale che sponsorizza la bevanda più famosa del mondo mentre lei non è mai stata incaricata di sponsorizzare neppure un lassativo. E se un bel giorno venisse rapita da un brutto tipaccio, diciamo un ex ragazzino cui lei un tempo non ha consegnato un regalo, traumatizzandolo, che oggi non vede l’ora di rubarle le letterine che i bambini le hanno inviato? E se sei dei suoi allievi le corressero in aiuto? Tra una spolverata di divertimento e un pizzico di horror. Che non è quello che possa terrorizzare le nuove generazioni, hanno già visto di peggio. Quel che manca quasi totalmente è un itinerario narrativo capace di tradurre una semplice trovatina in qualcosa di più convincente. Durata 98 minuti. (Uci)

 

Bohemian Rhapsody – Commedia musicale. Regia di Bryan Singer, con Rami Malek. La vita e l’arte di uno dei più leggendari idoli musicali di tutti i tempi, Freddie Mercury, leader dei britannici Queen, il rapporto con i genitori di etnia parsi, l’amore (sincero) per la giovane Mary, la trasgressione e l’omosessualità, i vizi privati e il grande successo pubblico, la sregolatezza accompagnata al genio musicale: il ritratto completo di un uomo e della sua musica, sino al concerto tenuto nello stadio di Wembley nel luglio del 1985. Durata133 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Harpo anche V.O., GreenwichVillage sala 2 e 3, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Capri-Revolution – Drammatico. Regia di Mario Martone, con Marianna Fontana, Antonio Folletto e Reinhout Scholten van Aschat. Nel 1914 l’Italia sta per entrare in guerra. Una comune di giovani nordeuropei ha trovato sull’isola di Capri il luogo ideale per la propria ricerca nella vita e nell’arte. Ma l’isola ha una sua propria e forte identità, che si incarna in una ragazza, una capraia di nome Lucia. Il film narra l’incontro tra Lucia, la comune guidata da Seybu, un giovane pittore, e il giovane medico socialista del paese. E narra di un’isola unica al mondo, la montagna precipitata nelle acque del Mediterraneo che all’inizio del Novecento ha attratto come un magnete chiunque sentisse la spinta dell’utopia e coltivasse ideali di libertà, come i russi che, esuli a Capri, si preparavano alla rivoluzione. Durata 122 minuti. (Massimo sala 2)

 

City of Lies – L’ora della verità – Thriller. Regia di Brad Furman, con Johnny Depp e Forest Whitaker. Basato sul libro di Randall Sullivan, il film è l’incontro tra un ex detective, Russell Poole, che per anni ha cercato di dare un volto agli assassini di due rapper americani, uccisi alla fine degli anni Novanta, ed il giornalista Jack Jackson, anch’egli desideroso di far luce sull’accaduto. Insieme scopriranno che dietro quegli omicidi si nasconde un gruppo di poliziotti corrotti. La cornice è Los Angeles, il poliziesco che punta dritto alla scoperta della verità, può essere una nuova prova positiva per Depp, che negli ultimi anni non ha certo brillato per scelte o per risultati. Durata 112 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, The Space, Uci anche V.O.)

 

Cold War – Drammatico. Regia di Pawel Pawlikowski, con Tomasz Kot, Joanna Kulig e Agata Kulusza. Premio per la miglior regia a Cannes ed ora presentato agli Oscar come miglior film straniero. Girato in bianco e nero, è un omaggio del regista ai suoi genitori. Nella Polonia degli anni Cinquanta, dove la Storia è occupata dal grigiore quotidiano dell’occupazione sovietica, la giovanissima Zula viene scelta per far parte di una compagnia di danze e canti popolari. Tra lei e Viktor, un pianista che segue i provini, nasce un grande amore, ma nel corso di un’esibizione a Berlino est, lui sconfina e lei non ha il coraggio di seguirlo. Si incontreranno di nuovo, nella Parigi della scena artistica, con nuovi amori ma essi stessi ancora innamorati l’uno dell’altra. Ma stare insieme è impossibile, perché la loro felicità è perennemente ostacolata da una barriera di qualche tipo, politica o psicologica. Un film capolavoro, una storia d’amore che andava raccontata esattamente così, il bianco e nero a riempire le giornate e i sentimenti, gli attimi bui a suddividere letterariamente l’intera storia, un’interprete femminile guidata in tutta la sua bravura, capace di essere splendida e allo stesso tempo di divenire insignificante, un regista che concentra in una scena sola pagine e pagine di quel racconto che potresti leggere su di una pagina scritta, annotando ogni particolare, ogni sguardo, ogni sorriso e ogni incertezza, ogni decisione, sotto le luci e le ombre della Polonia e di Parigi. Assolutamente da vedere. Durata 85 minuti. (Nazionale sala 2)

 

La douleur – Drammatico. Regia di Emmanuel Finkiel, con Melanie Thierry e Benoît Magimel. Nella Parigi del 1944, Marguerite Duras prese ad attendere il ritorno del marito Robert, personaggio importante della Resistenza, che la Gestapo aveva arrestato. La scrittrice pubblicò a metà degli anni Ottanta i diari di quell’epoca, con le ansie, il terrore, il dolore che derivavano, i sospetti in quanti vedeva attorno a sé. Durata 127 minuti. (Centrale anche V.O.)

 

Il gioco delle coppie – Commedia. Regia di Olivier Assayas, con Juliette Binoche, Guillaume Canet e Vincent Macaigne. L’editoria di oggi, gli acquisti on line e l’e-book che stanno tentando di cancellare o di affievolire il cartaceo (ah! il piacere della carta, di sfogliare pagina dopo pagina), un editore parigino di successo e uno di quegli scrittori che quel successo l’hanno scritto, la discussione intorno ad un nuovo manoscritto, gli intrecci amorosi, di Selena che è moglie dell’editore e amoreggia con lo scrittore, a sua volta fidanzato con un’assistente di un politico di sinistra. Infine, in questo “girotondo” dei nostri tempi, Laura, la nuova amica dell’editore, assunta con l’incarico di addetta alla transizione al digitale. Le relazioni, quindi, al tempo di internet, con i nuovi mezzi di comunicazione, la scrittura e il suo futuro, la cultura e le differenti maniera di conoscenza: attualissimo. Durata 108 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Glass – Drammatico. Regia di M. Night Shyamalan, con James McAvoy, Bruce Willis, Samuel L. Jackson e Sarah Paulson. Il regista del “Sesto senso” conclude una trilogia (ma ci potrebbe essere in futuro un qualche ripensamento?) che aveva iniziato nel 2000 con “Unbreakable – Il predestinato” ed era proseguita con “Split”. Oggi riunisce i suoi attori feticcio e dà il via ad una nuova quanto visionaria storia. In un concerto per supereroi, Dunn (Willis) è sulle tracce di Crumb (McAvoy), come la polizia del resto. Entrambi si ritroveranno nello stesso ospedale psichiatrico, in compagnia di Price, detto Mr Glass, l’acerrimo nemico di Dunne. Durata 128 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space. Uci anche V.O.)

 

Maria regina di Scozia – Drammatico. Regia di Josie Rourke, con Saoirse Ronan e Margot Robbie. Maria, sposa al re di Francia e vedova soltanto due anni dopo, in giovanissima età, rivendica il trono d’Inghilterra. La cugina Elisabetta la considera una minaccia allorché essa torna nella sua Scozia. Tuttavia alla rivalità, in una lettura fatta all’insegna del femminismo e delle pagine della biografia scritta da John Guy, si può sostituire a tratti un forte legame che cerca solidità in mezzo alle guerre di religione e agli intrighi di palazzo, in una lotta continua all’interno di un mondo ferocemente ed esclusivamente maschilista. Durata 124. (Eliseo Grande, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Il mio capolavoro – Commedia. Regia di Gastòn Duprat, con Guillermo Francella e Luis Brandoni. L’amico del cuore di Arturo, gallerista d’arte, è Renzo Nervi, un pittore che negli Ottanta aveva raggiunto un grande successo ma ora è caduto in disgrazia a causa del suo carattere impossibile. Renzo è un ubriacone e un donnaiolo, vive nel degrado e nella sporcizia, non si interessa al denaro e campa di espedienti, togliendosi il gusto di insultare chiunque non gli vada a genio – cioè praticamente tutti. Tuttavia sono proprio questi difetti a renderlo simpatico agli occhi di Arturo. Quando però un incidente confina Renzo in ospedale privandolo temporaneamente della memoria, il pittore chiede all’amico di toglierlo per sempre dalla sua miseria esistenziale. Quale decisione prenderà il gallerista? Durata 104 minuti. (GreenwichVillage sala 1 e 3)

 

Moschettieri del re – Commedia. Regia di Giovanni Veronesi, con Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Rocco Papaleo, Sergio Rubini, Margherita Buy e Alessandro Haber. Sono tutti un po’ invecchiati, non tirano più di spada da parecchio tempo, si sono ritirati a vita tranquilla: D’Artagnan s’è ridotto a fare il guardiano ai maiali, Athos vive in un castello tra eccessi erotici e sbornie, Porthos non ci sta più con la testa e Aramis s’è chiuso in convento. Ma è chiaro che se la regina Anna li richiamerà al proprio servizio per sconfiggere una volta per tutte le trame di Mazarino, accorreranno. Veronesi ce li ridà in salsa più che moderna (anche con Celentano in sottofondo), ci impiega un bel po’ di tempo a ripresentarceli prima di inventare per loro uno straccio di avventura, con Ugonotti e trame di palazzo compresi, quando poi ha il fiato un po’ corto decidere di dare il via ad un’altra vicenda di comodo (il rapimento di un giovane Re Sole che sta un po’ sulle scatole a tutti) e tira via abbastanza stancamente (e anche con un po’ di noia) verso il finale. Attenzione, esiste anche un sottotitolo che suona “La penultima avventura”. Aspettiamo il seguito in santa pace. Durata 109 minuti. (Reposi)

 

Non ci resta che il crimine – Commedia. Regia di Massimiliano Bruno, con Alessandro Gassmann, Marco Giallini, Edoardo Leo, Ilenia Pastorelli e Gianmarco Tognazzi. Tre amici a Roma, oggi, a corto di quattrini, cercano di inventarsi una qualche idea che li aiuti a vivere un po’ meglio. Perché non un “tour criminale” che ti porti a spasso per le strade che hanno visto le azioni criminali della Banda della Magliana: si sa, al turista un po’ di noir può sempre interessare. Ma che succede se i tre per uno strano tiro del destino ricapitano davvero negli anni Ottanta, a tu per tu con Renatino? Durata 102 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Reposi, The Space, Uci)

 

Old man & the gun – Azione. Regia di David Lowery, con Robert Redford, Sissy Spacek, Danny Glover e Casey Affleck. Il film (che Redford ha giurato essere l’ultimo nelle vesti d’attore, volendosi dedicare esclusivamente a dirigere e produrre) è ispirato alla storia vera di Forrest Tucker, un uomo che ha trascorso la sua vita tra rapine in banca ed evasioni dal carcere. Da una temeraria fuga dalla prigione di San Quentin quando aveva già 70 anni fino a una scatenata serie di rapine senza precedenti, Tucker disorientò le autorità e conquistò l’opinione pubblica americana. Coinvolti in maniera diversa nella sua fuga, ci sono l’acuto e inflessibile investigatore John Hunt, che gli dà implacabilmente la caccia ma è allo stesso tempo affascinato dalla passione non violenta profusa dal fuorilegge nel suo mestiere e da una donna, Jewel, che lo ama nonostante la sua professione. Durata 90 minuti. (Romano sala 3)

 

Il ritorno di Mary Poppins – Commedia. Regia di Rob Marshall, con Emily Blunt, Colin Firth, Angela Lansbury, Dick van Dyke e Meryl Streep. Forse il film più atteso dell’anno, “la ragazza del treno” come protagonista. Al posto di Julie Andrews, tata non più dimenticata da oltre cinquantanni. Nella Londra del 1930 colpita dalla Grande Depressione, ancora la famiglia Banks con il cresciuto Michael, vedovo, a dover badare ai suoi tre marmocchi, con l’aiuto della sorella Jane. In una simile situazione ecco che Mary Poppins deve tornare, anche questa volta a prendersi cura dei ragazzi. Scenografie e costumi come se ne vedono raramente al cinema, coreografie che sono dei piccoli capolavori (sul finale, il balletto dei lampionai, varrebbe il biglietto) e numeri divertenti (i ragazzini risucchiati con la tata appena ritornata nella vasca da bagno), le musiche niente male (bastano due note per farti andare indietro di mezzo secolo) e due o tre canzoni gradevoli: ma questo “ritorno” appare come la copia un po’ sbiadita dell’originale. Marshall, con Chicago e Nine alle spalle avrebbe dovuto essere assai più sfavillante, ma forse il colpevole vero è lo sceneggiatore David Magee che ha preparato uno script che tenta a fatica di correre dietro alla vecchia avventura, con l’espediente della morte della mamma dei ragazzini che vira tutto quanto in area di commozione e molto meno in quella del divertimento; che scopiazza l’arrivo e l’insediamento nella casa della tata, che inventa un salto prodigioso all’interno di una coppa rotta con un lunghissimo intervallo a cartoni animati, che ripete situazioni. Ma che in primo luogo sembra che inventi di tutto (la storiella delle quote bancarie dei Banks che si capisce fin da subito dove se ne stiano nascoste) per tenere il personaggio di Mary Poppins nelle retrovie, per cui la Blunt, pur moderatamente brava, non può prendersi la scena come faceva la Andrews. Si aggiunga il fatto che il lampionaio Lin-Manuel Miranda è per il pubblico di casa nostra è pur sempre un illustre sconosciuto e non ha certo lo humour di un Dick Van Dike (qui in un cameo che ce lo ridà in maniera tutta felice) e vedrete che il “ritorno” zoppica non poco. Durata 130 minuti. (Uci)

 

Santiago, Italia – Documentario. Regia di Nanni Moretti. Film di chiusura del TFF, l’autore di Habemus Papam” e di “Mia madre”, attraverso materiali documentaristici e le parole dei protagonisti, descrive i giorni che seguirono alla presa di potere di Pinochet nel Cile del 1973 e soprattutto il peso che la nostra ambasciata a Santiago ebbe nel dare rifugio alle centinaia di perseguitati politici alla ricerca di un rifugio sicuro. Durata 80 minuti. (Massimo sala 1)

 

Suspiria – Horror. Regia di Luca Guadagnino, con Tilda Swinton, Dakota Johnson e Chloë Grace Moretz. Il regista di “Chiamami col tuo nome” rivisita Dario Argento. Nella Berlino del 1977, una ragazza americana si unisce ad una compagnia di danza e incontra Madame Blanc, la coreografa. Di alcune allieve non si sa più nulla, mentre la presenza di forze malefiche s’avverte nella scuola e nei sotterranei è nascosto il segreto legato alle Tre madri, le streghe più potenti. Durata 152 minuti. (Massimo sala 1 e sala 3 in V.O., Uci)

 

Il testimone invisibile – Thriller. Regia di Stefano Mordini, con Riccardo Scamarcio, Miriam Leone, Fabrizio Bentivoglio e Maria Paiato. Adriano Doria, un giovane imprenditore di successo, viene colpito alla testa in una camera d’albergo chiusa dall’interno e si ritrova accanto il corpo senza vita della sua amante, l’affascinante fotografa Laura. Viene accusato di omicidio ma si proclama innocente. Per difendersi, incarica la penalista Virginia Ferrara, famosa per non aver mai perso una causa. L’emergere di un testimone chiave e l’imminente interrogatorio che potrebbe condannarlo definitivamente, costringono cliente e avvocato a preparare in sole tre ore la strategia di difesa e a cercare la prova dell’innocenza. Spalle al muro, Adriano sarà costretto a raccontare tutta la verità. Bell’esempio di giallo d’ambiente italiano, girato tra la Milano da bere e i boschi del Trentino, serrato, inatteso, con una sceneggiatura attenta ad ogni giravolta della vicenda, con il protagonista Scamarcio che non sfigura e un Bentivoglio che è tutto da applaudire nel suo personaggio di padre dolente che nel corso delle ricerche ha capito tutto. Durata 102 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Chico)

 

Una notte di 12 anni – Drammatico. Regia di Alvaro Brechner, con Antonio de la Torre e Chino Darìn. Settembre 1973. L’Uruguay è sotto il controllo di una dittatura militare. Il movimento di guerriglia dei Tupamaros è stato sconfitto e sciolto da un anno, i suoi membri sono stati imprigionati e torturati. In una notte d’autunno nove di essi vengono prelevati dalle celle nell’ambito di un’operazione militare segreta che durerà 12 anni. Da quel momento in poi verranno spostati, a rotazione, in diverse caserme sparse nel Paese e assogettati ad un macabro esperimento; una nuova forma di tortura volta ad abbattere la loro capacità di resistenza psicologica. Durata 123 minuti. (Classico anche V.O., Due Giardini sala Ombrerosse)

 

Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità – Drammatico. Regia di Julian Schnabel, con Willem Dafoe, Oscar Isaac e Rupert Friend. Il pittore verso la fine della sua vita, i soggiorni ad Arles e a Auvers-sur-Oise, passando per l’ospedale di Saint Remy, la felicità e la libertà assaporate soltanto nel dipingere, le incomprensioni della gente non solo verso la sua pittura ma anche verso il suo carattere solitario e scontroso, i pochi mesi passati con Gauguin in un bisogno di amicizia che non toccò mai il cuore del pittore delle ragazze di Tahiti, l’orecchio mozzato, l’aiuto da parte del fratello Theo e la solidarietà affettiva che questi gli dimostrò per tutta la vita: c’è molto, con tanti dei quadri che conosciamo, dell’artista dei girasoli nel film di Schnabel, pittore anch’egli. C’è una macchina da presa che pare felicemente impazzita, ci sono i colori, le campagne del sud della Francia, tutta la poesia delle tele, al centro c’è una grande interpretazione di Dafoe, che s’immedesima appieno, che in certi momenti riesce ad “essere” il pittore. (Ambrosio sala 2 anche V.O., Eliseo Blu, Romano sala 1, Uci)

 

Vice – L’uomo nell’ombra – Drammatico. Regia di Adam McKay, con Christian Bale, Amy Adams, Steve Carrell e Sam Rockwell. Dall’autore della “Grande scommessa” la storia di Dick Cheney, dagli anni universitari (più alcolici che studio) alla scalata alla Casa Bianca, lavorando con Ford, Nixon e papà Bush fino a divenire vicepresidente di Bush jr, fino a stabilire in più di un’occasione la politica del presidente, capace di dargli piena decisione in politica estera, per otto lunghi anni: sempre con l’appoggio e con la presenza della moglie Lynne, divenendo il meno amato (andò in pensione con il 13% di gradimento) e il più potente. Una biografia a binario unico, salti temporali e vuote ricerche registiche, colpi d’accetta senza badare a spese piuttosto che il momento per offrire una logica e intelligente visione del passato, un teatrino dei pupi piuttosto che il ripensamento freddo ad un’epoca che ha segnato drammaticamente il volto dell’America. Durata 132 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Groucho, GreenwichVillage sala 1 anche V.O., Uci)

 

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