I cattolici e l’obiezione di coscienza

LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo

Il nodo dell’obiezione di coscienza sui cosiddetti ‘temi sensibili’ all’interno dei vari partiti è un
aspetto politico di grande rilevanza che misura e certifica il rispetto del pluralismo culturale nelle
singole formazioni politiche. Ovvero, il rispetto delle diverse opinioni all’interno dei partiti plurali. È
di tutta evidenza che questo tema ha sempre avuto una forte cittadinanza ed attualità nei partiti
della sinistra storica rispetto a formazioni politiche che hanno avuto altre culture politiche e altre
tradizioni ideali. E questo per la semplice ragione che nei partiti dove prevale la componente
culturale di sinistra il rispetto, ad esempio, e la valorizzazione della cultura cattolico democratica o
popolare o sociale cambia a seconda delle diverse fasi storiche e politiche.
E la conferma arriva proprio dall’ultimo episodio che ha interessato il Consiglio Regionale del
Veneto sull’approvazione di un provvedimento che interessa il tema, sempre delicato e
complesso, del “fine vita”. Un episodio che ha registrato il dissenso di una consigliera regionale
del Pd, di matrice cattolica, che non condivideva l’opinione maggioritaria del partito su quel
determinato provvedimento. Ora, attorno al comportamento politico dell’esponente del Pd Anna
Maria Bigon che si è astenuta e non è uscita dall’aula come voleva il suo partito, si è aperto un
dibattito politico alquanto interessante.
Al di là delle dietrologie e delle strumentalizzazioni che ne sono scaturite, credo valga la pena
soffermarsi almeno su un aspetto che resta di straordinaria attualità e che è emerso in tutta la sua
virulenza in questa vicenda politica. Ovvero, e molto semplicemente, un partito plurale – nel caso
specifico il Pd – è credibile nella misura in cui esalta e non comprime il pluralismo culturale
interno. Come dicevo poc’anzi, questo elemento varia a seconda delle diverse fasi storiche e
politiche. Se ai tempi del Pci, grande partito popolare e di massa del passato ma con una chiara e
netta cultura politica che lo ispirava, i cosiddetti “cattolici indipendenti di sinistra” non erano
nient’altro che un modo per confermare, solo sul versante formale, la natura plurale di quel partito
– ma che non metteva affatto in discussione il profilo, la natura e il progetto politico e culturale del
Pci – nei partiti che sono succeduti al Pci il quadro non è cambiato granchè.
Ora, e per fermarsi all’attualità e all’ultima versione di quella storica esperienza partitica, cioè il
Pd, non possiamo non evidenziare un elemento. E cioè, sin quando la presenza dei Popolari e dei
cattolici democratici era forte, visibile, organizzata e strutturata, il pluralismo culturale interno era
un dato di fatto oggettivo. Quasi acquisito e anche riconosciuto. Ovvero, i tempi dove i leader
riconosciuti erano Marini, Bindi, Franceschini, Fioroni per ricordare i principali. Certo, le stagioni
politiche, come ovvio e scontato, scorrono rapidamente e il ‘nuovo corso’ della Schlein, per
fermarsi all’attualità, è profondamente diverso rispetto a quello del passato. Recente e meno
recente. È appena sufficiente ricordare che in un partito caratterizzato da un profilo politico,
culturale e sociale radicale, massimalista e ostentatamente libertario, il ruolo dei cattolici popolari
e sociali è ridotto, nella migliore delle ipotesi, ad essere puramente ornamentale. Una
considerazione che ha trovato il suo culmine quando recentemente l’indomito Castagnetti, e di
fronte alla segretaria del partito, ha dovuto mendicare almeno “un posto in segreteria per
riaffermare il ruolo dei Popolari” nell’attuale Pd. Detto con altri termini, per certificare che almeno
formalmente si fa parte di quel partito.
Ecco perchè, a volte, è sufficiente un singolo caso – nello specifico la polemica seguita alla
coraggiosa presa di posizione della Consigliera Regionale veneta Anna Maria Bigon – per arrivare
alla conclusione che non sempre i partiti sono plurali. Anche quando lo dichiarano ai quattro venti
per confermare, semplicemente, quello che non c’è più.

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