Ottobre 2017- Pagina 4

LO RUSSO: “CASO GIORDANA IL GIORNO DOPO”

Prosegue la pubblicazione sul “Torinese” di commenti da parte di esponenti politici e di articoli e opinioni sul caso Giordana in Comune. Riportiamo qui di seguito il post che il capogruppo Pd a Palazzo Civico, Stefano Lo Russo, ha scritto su Facebook

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La rassegna stampa di oggi sul caso di #Appendino e delle dimissioni di Paolo Giordana è impietosa, a tratti forse fin esagerata. Leggendola ripenso ai lunghi mesi trascorsi, da quel lontano 30 giugno 2016. Mi tornano in mente coloro che, compresi alcuni miei compagni di partito, ci e mi hanno spiegato che eravamo “esagerati” nella nostra opposizione, che in fondo Appendino era “brava”, “intelligente”, “capace”. Ripenso a coloro che ci e mi spiegavano che in Consiglio Comunale dovevamo stare zitti, non dovevamo più parlare, correggere, controllare e denunciare le cose che non andavano. Zitti. Fermi. Ripenso a coloro che in una sorta di isteria catatonica collettiva, nazionale e cittadina, la vedevano addirittura Premier. Mi tornano in mente alcune celebri interviste sdraiate, le paginate in nazionale, i rotocalchi televisivi. E purtroppo anche le spallucce alzate da un conformista “milieu” quando denunciavamo con tutta la forza possibile in quel momento le degerazioni di un sistema di potere che si andava velocemente e visibilmente insediando, opaco e per questo pericoloso, come un virus. Un sistema opaco, dove era evidente a chiunque avesse un minimo di cognizione di causa che c’erano finti ruoli formali – gli Assessori, i Consiglieri Comunali – chiamati a ratificare in silenzio e ruoli sostanziali, veri. Altro che “onestà” e “trasparenza”. Altro che “casa di vetro”. Si stava insediando a Palazzo Civico un sistema decisionale inedito, in cui i tradizionali pesi e contrappesi tra forze politiche e tra Giunta e Consiglio, che sono comunque a mio parere un bene necessario per la democrazia e per evitare le degenerazioni, erano saltati, trascinati via dal “nuovo corso”. Liste di proscrizione per i dirigenti comunali “cattivi” e “riottosi” e anche qualche cambio di casacca di basso profilo per evitare ritorsioni e conservare pezzi di potere e qualche piccolo privilegio. In questi mesi abbiamo visto tollerare urla e scenate isteriche del Capo di Gabinetto, ora ex, e talvolta umiliazioni pubbliche di dirigenti e assessori comunali in riunioni interne e con esterni. Tutto concesso, tutto permesso. Colpevolmente. Concesso dai consiglieri comunali del #M5S, eletti con tante speranze e aspettative e palesemente immersi in un gioco più grande di loro. Zittiti quando intuivano ma non capivano cosa stava succedendo alle loro spalle, sulle loro teste. Credo che in fondo abbiano sempre avuto la sensazione di essere usati, ma forse solo ora stanno cogliendo il come e il perchè. Concesso anche da alcuni Assessori, in questo assai simili ai Consiglieri. Fintamente selezionati attraverso una finta selezione sui CV ma in realtà espressione di gruppi che avevano permesso l’ascesa di Appendino. E rimossi senza tanti complimenti quando non erano allineati al volere del vero gruppetto di comando oppure troppo fragili, come nel caso della Stefania Giannuzzi. Rileggere questa lunga fase oggi mi lascia comunque perplesso. Perplesso soprattutto su quanto fosse fragile il sistema di pesi e contrappesi politici, di come siano fragili alcune persone che rivestono ruoli di responsabilità in questa Città, Assessori e Consiglieri, che in questi mesi non avevano nessun bisogno di chinare la testa e baciare la pantofola del sedicente “Richelieu” de noartri. Lo stesso da cui oggi prendono le distanze con disinvoltura e in alcuni casi malcelata soddisfazione. Si sono liberati di un peso, ma non basterà purtroppo a mascherare il vuoto di proposte forti e l’inadeguatezza. I problemi sono tutti lì, sul tavolo. E non è l’uscita di scena di Giordana che li risolverà. Anzi, forse li aggraverà pure. La crisi strutturale di Appendino, la sua inadeguatezza al ruolo che ricopre e soprattutto la mancanza di visione e soluzioni per il futuro di Torino restano lì. Purtroppo per noi e per Torino. Si apre adesso una nuova fase, inedita, della vita della Città. Una Città in difficoltà, alla quale dobbiamo dare una mano. Questo uno dei compiti, il principale, che in questo momento ci compete. Pensare al futuro di Torino. Giordana è (forse) passato. Appendino passerà, come sono passati altri prima di loro e come capiterà ai loro successori. Torino invece resta, ed è a Torino e al suo futuro che dobbiamo guardare coinvolgendo in questo lavoro le energie positive economiche, sociali e politiche e tutti coloro che non vogliono arrendersi al declino.

 

Stefano Lo Russo

L’imbarazzo della corte inglese davanti alla vecchia sovrana: come lo spettatore di oggi

“Vittoria e Abdul” di Stephen Frears con Judi Dench

 

Fin dalle sue origini cinematografiche (My Beautiful Laudrette), ci aveva dato opere di ben maggior spessore Stephen Frears e aveva certo continuato, confezionando titoli che hanno pur detto qualcosa nella storia del cinema, non soltanto britannico. Da Le relazioni pericolose a Mary Reilly, da The Queen a Philomena. A Natale dello scorso anno ci era arrivato Florence reclamizzato oltre modo grazie all’etichetta Meryl Streep ma riconoscibilmente inferiore rispetto allo stesso soggetto francese firmato da un po’ meno pomposo Xavier Giannoli, oggi la programmazione fa scadere Vittoria e Abdul che vorrebbe essere ancora una picconata contro la indistruttibile muraglia della casa reale inglese, contro la lotta ai pregiudizi oggi tanto di moda (aver scoperto sette anni fa i diari – sinceri o no, non ha per nulla importanza, di quella dose d’opportunismo che ci potesse essere nella storia non se ne fa parola – del giovanotto indiano è stato per qualcuno una manna: e lo schermo sembrava essere già lì bell’e pronto, l’urgenza politica è un ottimo lasciapassare) ma che irrita soltanto per quell’aria di operetta e di inconsistenza affatto necessaria che il regista ha disseminato lungo tutto il film.

Partendo dall’arrivo a corte nel 1887 del ventiquattrenne Abdul Karim inviato a consegnare una medaglia, il mohur, che onori la sovrana e il suo regno, passando attraverso i primi sguardi e i primi sorrisi che fanno dire a Vittoria sessantenne “attraente” e che danno il via ad una amicizia tra colei che governa mezzo mondo e colui che da semplice impiegato delle carceri indiane passa al ruolo di “mushti” (maestro), di confidente, di importatore della cultura indiana, di membro di corte con moglie e suocera nerovestite al seguito, di insegnante di Indi e di Hordu, di sconosciute prelibatezze culinarie, di amico intimo, forse di innamorato, di colui che per la gran vicinanza ha sempre le orecchie tese anche per quel che riguarda la politica (ma pure di colui che un giorno fu beccato con le mani nel sacco a rubarsi gioielli dell’amata: “basato su fatti veri”, siamo avvisati all’inizio, “per lo più”). È chiaro che l’erede Bertie e la corte intera, servitù compresa, faccia aria di sommossa salvo poi ritirarsi nelle proprie stanze al primo urlo della vegliarda. Tutto suona sì simpatico, da svagato intrattenimento, a tratti ridicolo tuttavia, si preme sulla solitudine di lei che – sia detto tanto per sfatare per quel che si può il quadretto di vedova inconsolabile e timorata e puritana – già dopo la morte dell’amatissimo Albert aveva cercato e trovato conforto tra gli ardori di John Brown, già avvinazzato uomo di fiducia dello scomparso principe consorte e ti rendi conto che la passata incisività era tutta ben altra cosa, che il quadro della discendente all’indomani della morte di Lady D era dipinto con colori e con tratti personali ben più profondi. Va da sé che la rivolta non può avvenire che con il trapasso della sovrana, che ogni documento che possa ricordare “l’unione” (quanto mai allargata?) viene distrutto e Abdul cacciato, salvo poi ritrovarlo in patria, pochi anni dopo, davanti alla statua della “sua” regina a ricordare i giorni che furono.

Tutto è sontuoso, visivamente bello, i palazzi scelti per l’ambientazione, gli abiti, i particolari, le inquadrature, tutto è ricostruito con l’aiuto delle fotografie d’epoca (e chi lo voglia può anche fare il debito paragone tra l’originale Abdul e l’attore Ali Fazal che oggi lo impersona) ma tutto tremola come quel budino che viene servito a tavola e che tanto interessa a Frears, come i primi piani, come gli occhi ripetutamente “descritti”, come i visi della corte genuflessi e spaventatissimi. Chi resta ben salda in piedi è la prova superba di Judi Dench (per la seconda volta veste gli abiti e la corona di Vittoria, era già stata La mia regina con John Madden nel ’97), testarda, irascibile, rattristata e sola contro tutti, sognante, capricciosa, una gamma tutta da vedere d’espressioni che unica cerca di rimetterti un po’ in accordo con un film per altri versi davvero zoppicante, di pura illustrazione e quasi non necessario (dove persino il nostro Puccini, canterino con la Manon Lescaut, suona imbarazzante, come la sovrana: ma forse Frears è convinto di doversi qui omaggiare guardando al precedente Florence).

Di Maio sul caso Giordana: “Da noi dimissioni in due ore. Nel Pd atteggiamenti ben diversi”

“In due ore noi facciamo dimettere chi si fa condonare una multa per un suo amico mentre, al governo, Renzi e Gentiloni nominano sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, quella che chiedeva a Unicredit di salvare la banca di suo padre”. Dalla Sicilia, a muso duro, Luigi Di Maio, candidato premier in pectore di M5S interviene sul caso di Paolo Giordana, il capo di gabinetto di Chiara Appendino, costretto alle dimissioni dopo la vicenda della contravvenzione di Gtt. “Si tratta di atteggiamenti diversi – aggiunge – ed è questo che fa la differenza tra noi e loro”. Si dice nei corridoi del palazzo che la sindaca abbia fatto di tutto per difendere il proprio capo di gabinetto. Ma alla fine ha prevalso la linea imposta dai vertici di M5S.

In rianimazione il clochard aggredito con il fuoco

Degli sconosciuti, nella notte, hanno tentato di dare fuoco a un clochard nei giardini Madre Teresa di Calcutta, nel quartiere Aurora. L’uomo ora è ricoverato in prognosi riservata nel reparto di rianimazione del San Giovanni Bosco con ustioni di secondo e terzo grado al viso. Si tratta di un romeno senza fissa dimora. Poiché presenta un edema alla gola è stato sedato e intubato. Ha raccontato che qualcuno gli ha versato del liquido infiammabile sul volto e poi gli ha dato fuoco. le indagini sono affidate alla polizia.

Higuain a 100 all’ora, la Juve va!

Tutte le foto  su www.fotoegrafico.net

di Claudio Benedetto

Milan e la Juve ritorna, pur se provvisoriamente, in testa alla Serie A. Stasera a San Siro si è finalmente vista una bella squadra, difesa quadrata, per la prima volta niente gol subiti in trasferta, bel gioco per lunghi tratti, attacco micidiale e grande Pipita che segna una doppietta superando i 100 gol nel Campionato Italiano.

I padroni di casa, senza Bonucci squalificato, comunque non sfigurano ma alla fine in gap tecnico dai bianconeri rimane ancora ampio e il risultato più che giustificato.

La cronaca: stadio strapieno come ai bei tempi, 80 mila spettatori, e Milan che parte subito molto forte, già al 3’ Buffon mette i guantoni per respingere una pericolosa punizione di Rodriguez e poco dopo è Asamoah a mettere una pezza su Kalinic. I bianconeri, però, non si scompongono piano piano cominciano a imporre il gioco, prima azione pericolosa di Dybala poco prima del 20′.

Al 23’ il vantaggio Juve: Pjanic serve Dybala che pesca bene Higuain, tiro preciso e gol numero 100 per il Pipita. I rossoneri reagiscono soprattutto con Kalinic che crea qualche buona occasione fino al 46′ minuto quando, su bella incursione in area, colpisce la traversa con l’intervento più che decisivo di un grande Buffon, è questo quasi un secondo gol per i bianconeri che esultano con grande foga per lo scampato pericolo!

All’intervallo Milan 0 – Juventus 1.

La ripresa più o meno recita lo stesso copione del primo tempo, Milan che attacca senza però più essere pericoloso, difesa Juve, nel frattempo puntellata da Barzagli che argina e controlla molto bene.

Al 18′ la Juve raddoppia e, di fatto, chiude la partita: grande azione sulla sinistra di Asamoah, ottima la sua prova, palla in mezzo, velo di Dybala e  si mette in totale sicurezza con il 2-0 figlio di un assist di Asamoah, del bel velo di Dybala e preciso tiro di Higuain, Donnarumma battuto, Milan 0 – Juventus 2.

La partita praticamente finisce qui, il Milan ora rischia di scivolare parecchio indietro in classifica, mentre la Juve, in attesa del Napoli che giocherà domani in casa contro il Sassuolo, si può serenamente concentrare sull’importante e probabilmente decisiva partita di martedì a Lisbona per la Champion’s League.

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ECCO IL TABELLINO…

MILAN (4-2-3-1): G. Donnarumma; Abate (16’ st Locatelli), C. Zapata, Romagnoli, R. Rodriguez; Kessie, Biglia (16’ st Antonelli); Suso, Calhanoglu (32’ st André Silva), Borini; Kalinic.      Allenatore Vincenzo Montella.

JUVENTUS (4-2-3-1): Buffon; Lichtsteiner (20’ st Barzagli), Rugani, Chiellini, Asamoah (25’ st Alex Sandro); Pjanic, Khedira (36’ st Matuidi); Cuadrado, Dybala, Mandzukic; Higuain. Allenatore Massimiliano Allegri.

ARBITRO: Valeri.

RETI: pt 23’ Higuain; st 18’ Higuain

Tutte le foto di Claudio Benedetto su www.fotoegrafico.net

 

Linea di confine. Spigolature di vita e storie torinesi

di Pier Franco Quaglieni

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Scalfari fascista – Silvio Brunetto e la magia di Torino sotto la neve – Luci d’artista – La barboncina Susy, il Po, alcuni segreti drammatici – Bruno Villabruna  (1884- 1971)

 

Scalfari fascista

Che Eugenio Scalfari fosse stato fascista era cosa nota da tempo e da vero furbo, come è il fondatore di “Repubblica”, lui stesso ha parlato dei suoi trascorsi giovanili ,datando i suoi articoli alla seconda metà del 1942 su “Roma fascista”. Risulta dalla corrispondenza ritrovata tra Italo Calvino, suo compagno di scuola a Sanremo, e lo stesso Scalfari che la collaborazione a giornali fascisti fu più ampia e l’entusiasmo per Mussolini totale . Ha poca importanza la collaborazione a giornali fascisti di Scalfari, perché accadde anche ad Ingrao, Spadolini, Alicata, Firpo che scrisse addirittura una poesia inneggiante al Duce e articoli pesantemente antisemiti. E’ interessante invece vedere che cosa scrive Calvino del giovane Scalfar :<<Ti conoscevamo come uno disposto a tutto pur di riuscire ,ma cominci a fare un po’ schifo>>. La storia futura di Scalfari ,cominciando dal rapporto con Pannunzio, per poi passare all’”Espresso”, a “Repubblica”, a Carlo De Benedetti rivela la lungimiranza del giovane Calvino. Anche il suocero torinese di Scalfari Giulio de Benedetti ,direttore de “La Stampa”, quando mi parlava di Scalfari ,era molto critico con lui. Alla luce di tutto ciò, fu non senza ragione che Mario Pannunzio lasciò detto che proibiva la presenza di Scalfari al proprio funerale. E così accadde.

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Silvio Brunetto e la magia di Torino sotto la neve

Insieme a Felice Vellan, il pittore Silvio Brunetto è il poeta di Torino sotto la neve. Gli angoli della città rivivono negli acquerelli e negli olii di Silvio che riesce a tradurre la magia della neve, quella magia che è in noi da quando eravamo bambini. Ora le nevicate sono rare , ma le opere del pittore torinese consentono ai giovani di cogliere un mondo quasi perduto. Paolo Levi ha parlato di lui come di<< un pittore delicato come toni e  che ama i micro virtuosismi della luce>>. Attraverso la luce e le ombre il pittore crea la magia della neve .C’è anche chi lo ha accostato a Giacomo Grosso e a Cesare Maggi. Ha scritto Claudia  Ghirardello: << In punta di piedi… nelle straordinarie nevicate di Silvio Brunetto si entra in punta di piedi… l’aria è rarefatta ed il respiro si fa quasi sospeso. È la magia del semplice, nella purezza del creato. Tale artista è attratto prepotentemente dalla natura, dal paesaggio, di montagna in particolare, ma anche dal contesto cittadino. È il vissuto che, rivivendo l’input del fanciullino, mediante pennellate talora ragionate, più spesso guizzanti, trascina come per incanto l’occhio dell’osservatore entro il quadro e gli dona pace>>. Io amo molto le sue opere e alcuni luoghi storici di Torino, da Palazzo Carignano alla Gran Madre , li rivivo al mare attraverso  le sue opere appese alle pareti di casa, che mi ricordano una Torino che mi piace.

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Luci d’artista

Per il secondo anno consecutivo piazza San Carlo deve vivere i mesi che precedono e accompagnano le festività natalizie con il buio perché le luci d’artista scelte per questa piazza aulica  di Torino creano ampie zone d’ombra in tutta la piazza. Natale è la festa della gioia e della luce, il buio intristisce, ma ,di questi temp, è anche fonte di pericolo.Solo le zone ben illuminate sono più sicure.Possibile che l’Amministrazione grillina non lo colga ? Le luci d’artista scelte per piazza San Carlo  e in passato per piazza Carignano, non vanno bene. Vanno semplicemente rottamate come  frutto dell’estro di un artista molto originale ,ma totalmente fuori dalla realtà.

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La barboncina Susy, il Po, alcuni segreti drammatici

Ho dedicato alla mia amatissima bassotta, mancata il 21 maggio 2016, un librino dal titolo Omaggio a Bella, il nome della bassotta che corrispondeva davvero alla sua smagliante bellezza. Bella è stata una parte importante della mia vita . La sua dolcezza è stata una gioia grande. C’è chi l’ha definita la mia ombra per il fatto di voler essere sempre al mio fianco . Qualche giorno fa, transitando su una strada del Cuneese, ho attraversato un ponte sul torrente Varaita. E mi è tornata in mente la barboncina Susy che i miei mi regalarono per la promozione in quinta elementare. Era di color marron glacé ,dolcissima e affettuosa . Veniva con noi in campagna quando andavamo a pesca. Ci seguiva, facendo attenzione a non far rumore per non spaventare i pesci. Poi, d’estate, attraversava a nuoto coraggiosamente non solo il Varaita, il Pellice o il Maira (nostri luoghi prediletti di pesca) ,ma anche il Po. Nei pressi di Faule c’era un ponte di legno sul Po e una piccola trattoria molto casereccia .Per attraversare quel ponte si pagava un piccolo pedaggio. L’anziana donna della trattoria preparava il pranzo per pescatori e cacciatori. Spesso un pollo del suo pollaio fatto arrosto. Alla sera gente che abitava nei paesi vicini, si trovava nella trattoria per mangiare cose semplici e cantare in allegria. Ricordo una sera che cantavano “Marina” a squarcia gola. Eravamo andati ad un matrimonio a Moretta e si concluse la serata con le acciughe al verde lungo il Po in quest’aia con pochi tavoli rustici di legno e qualche sedia, una diversa dall’altra. Io ero un ragazzino, gli altri avranno avuto, chi più chi meno, quarant’anni. C’era la spensieratezza acquisita dopo gli anni tragici della guerra, vivendo il miracolo economico degli Anni Sessanta. C’era la capacità di accontentarsi di poco, una grande virtù contadina. Un mondo scomparso. Una volta il marito della ostessa raccontò a mio padre certi misfatti di partigiani della zona, che seppellirono i corpi di alcuni ammazzati nel bosco vicino. Solo anni dopo mio padre mi spiegò e mi parlò di quelle storie terribili, un sangue dei vinti di cui non ha parlato neppure Gianpaolo Pansa.

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Bruno Villabruna  (1884- 1971)
E’ stato Deputato e Ministro liberale, primo Sindaco di Torino dopo il 25 luglio 1943 anche se con la dizione di Podestà. Nella sua bella  storia dei Sindaci di Torino democratica, Ferruccio Borio lo mette all’inizio perché  Villabruna era già stato Deputato nella XXIV Legislatura del Regno d’Italia a fianco di Giolitti e di Soleri, partecipando all’ultima battaglia antifascista prima della trasformazione definitiva del fascismo in dittatura. Era un avvocato e tornò all’avvocatura durante il ventennio. Dopo la segreteria di Roberto Lucifero, che aveva spostato a destra il PLI, Villabruna, Deputato alla Costituente, divenne segretario generale del partito e a Torino nel 1951 realizzò una effimera riunificazione liberale con gli elementi della sinistra che erano usciti dal partito  contro la svolta a destra di quest’ultimo. Rieletto Deputato nel 1953, come segretario designò candidato a Milano Giovanni Malagodi, destinato a occupare, quasi subito dopo la sua elezione alla Camera, la segreteria del partito. Villabruna divenne Ministro dell’Industria, ma quando fu decisa la scissione radicale nel 1955 non esitò a lasciare il Ministero, ben sapendo che con quella scelta avrebbe dato addio anche al seggio parlamentare futuro. Fu Consigliere comunale di Torino e venne eletto nel 1960 in una lista ispirata dal partito radicale che raccoglieva anche altri tra cui Franco Antonicelli. Il suo ultimo mandato in Consiglio comunale fu all’insegna di posizioni di sinistra molto esplicite che trovarono il consenso del giovane Diego Novelli alle prime armi in quel Consiglio come cronista. La simpatia di Novelli nei suoi confronti suscitò in me un’istintiva antipatia per Villabruna. Poi l’età tarda e la malattia lo portarono a vivere a Torre Pellice  in una struttura assistita. Non aderì nel 1968 al Centro “Pannunzio” perché lo ritenne su posizioni troppo moderate ma nel 1971, all’atto della sua morte, Arrigo Olivetti volle che venisse commemorato dal Centro. Ad assistere a quel ricordo venne Valerio Zanone da pochi mesi eletto Consigliere in Regione. Saragat, nel suo messaggio come Presidente della Repubblica, parlò di Villabruna liberale. E sicuramente era stato uno dei pilastri del liberalismo piemontese, più di Alpino e di Catella che non ebbero mai una vera coscienza liberale, ma al massimo liberista e conservatrice. Resta la sua onestà da uomo del Risorgimento ,quando non esitò a dimettersi  da Ministro per coerenza con una scelta. Gli altri fondatori del Partito radicale non perdevano nulla uscendo dal PLI, diversamente da Villabruna che fece un atto di coraggio.

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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com

Pensione a fine vita

Siccome nessun politico o sindacalista può comandare sull’anagrafe e sull’aritmetica, giocoforza il Governo allunga la pensione a 67 anni tra un po’ a 70. Curiosamente protestano i Sindacati per una volta tornati uniti come ai bei tempi, quando per circa tre decenni riuscirono a imporre di mandare la gente in pensione a cinquant’anni, a quaranta e qualche volta perfino meno, e chiamavano “Conquiste” questo delirio contro l’anagrafe e contro l’aritmetica. Grazie alle loro lungimiranti Conquiste oggi noi andiamo in pensione a 70 anni e i nostri figli neanche la vedranno, la pensione. Hanno perfino il coraggio di protestare, di parlare; giornali e giornalisti hanno il coraggio di dargli corda, di prenderli sul serio, di consultarli come la Pizia.  Luigi Fressoia 

 

Sono totalmente d’accordo con lei anche se la situazione attuale non è solo colpa dell demagogia pregressa dei sindacati, ma della protervia di Monti e dell’accanimento della prof. Fornero sulla quale Monti e la sua larga maggioranza hanno scaricato la responsabilità di decisioni che puniscono gli anziani, impedendo ai giovani di trovare un posto di lavoro    pfq

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Multe e dimissioni

Ho letto che il Capo di Gabinetto della sindaca Appendino ha telefonato per far togliere una multa ad un suo amico.L’intercettazione telefonica lo inchioda. E non è cosa bella per nessuno, specie per un grillino. Cosa ne pensa?                                                                 Italo Tisiato

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Non drammatizzerei, è la smania di esercitare il potere da parte di un travet assurto all’improvviso nella stanza dei bottoni. Ma sotto altri punti di vista è un episodio di malcostume.Le dimissioni sono state un atto dovuto e inevitabile perché il Gabinetto del Sindaco non può essere luogo a cui ci si rivolge per farsi eliminare una multa. Sarebbe dovuta essere la sindaca Appendino a mandarlo a casa.Giordana non è uomo che possa incarnare le istituzioni.Conosco un Vice Capo di Gabinetto di un Sindaco di Torino che per non piegarsi al volere illegittimo dei politici finì esiliato in una circoscrizione periferica per qualche tempo.   pfq

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L’uomo non si cambia

Ho letto il suo articolo sulla Rivoluzione d’Ottobre così diverso da quelli scritti da coloro che pensarono a suo tempo di esaltare il comunismo ,salvo poi cambiare idea quando esso rovino ‘ sotto il peso dei suoi errori.
Gabriella Ambrosi 

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Non posso pubblicare interamente la sua bella lettera che meriterebbe di per sè tutto lo spazio della rubrica.  La differenza tra lei e me ed altri e’ che noi vedemmo tanti anni prima della fine del comunismo in URSS i limiti di un sistema sbagliato in termini  politico-economici ,ma soprattutto inumano. Fu il  promesso paradiso in terra di cui parlava Popper, che era divenuto l’inferno. Dei gulag .Gobetti nella sua ingenuità giovanile volle vedere quella rivoluzione con un volto liberale, mentre essa  non ebbe mai neppure un volto umano. L’idea giacobina e poi marxista-leninista di cambiare l’’uomo è una vera e propria utopia. La lettura di Machiavelli ci induce a pensare alla immodificabilità sostanziale dell’uomo. Al massimo possiamo sperare in un suo miglioramento progressivo. Il riformismo e non la rivoluzione, in sintesi. Il socialismo democratico e liberale e non il comunismo oppressivo. Questa è la lezione che viene dagli eventi di cent’anni fa.  pfq

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Cose che succedono quando è il capo di gabinetto a scegliere il sindaco e non viceversa

STORIE DI CITTA’  di Patrizio Tosetto
Giordana ex capo di gabinetto della Sindachessa Chiara Appendino ha palesato una squallida italietta che francamente credevo scomparsa. Piccole cose per piccoli uomini. Non so se abbia commesso reati facendo indebite pressioni. Ma non capisco Ceresa che non ha semplicemente messo giù il telefono pregando solo di non aver più rapporti con lui. Proprio non capisco, perché non accetto certi atteggiamenti. Ridicolo, più che inquietante…ma questo ridicolo ha governato la nostra città.  Conosco molto bene Beppe Borgogno e Carlo Bongiovanni: non gli sarebbe venuto il mente di fare un telefonata simile. Sono stati capi di gabinetto di Piero Fassino e Sergio Chiamparino sindaci. E i primi cittadini non avrebbero mai concepito di sbagliare scelta nell’ indicarli, conoscendo la loro affidabilità. Questo è il punto cara Sindaca. Chi ha scelto Giordana? Probabile, direi certo,  che lei non sapesse il singolo episodio della multa. Ma si è fatta qualche domanda in proposito? Non abbiamo diretti rapporti con esponenti del suo movimento o partito pentastellato. Nonostante ciò rumors di un malcontento sulle  scelte sul personale c’erano già da oltre un anno. Perché? Non ascolta più …era la risposta quasi scontata. Ma forse con Giordana il caso è inverso. Non è lei che la scelto lui ma è Giordana che ha scelto lei. Questo sì,  se fosse fondato, sarebbe maggiormente inquietante. Le insoddisfazioni di Giordana quando era del Pd erano note. Insoddisfazioni, si dice,  perché non aveva fatto carriera da alto burocrate in Comune. Cara Appendino, capiamo la sua giovane età e comprendiamo dunque la sua inesperienza. Ma proprio non ne sta proprio azzeccando una. Ed è sinceramente impossibile addossare le responsabilità alla passata amministrazione. Sindachessa, ora che farà? Non siamo solo curiosi ma molto preoccupati per la nostra città.

Halloween, Racconigi castello da paura!

Il maniero sarà  aperto in serale per l’evento dedicato ai bambini e ragazzi fino a 13 anni

“Dolcetto o scherzetto?” le sale del castello si trasformano in uno scenario da paura grazie alla collaborazione con gli attori e gli animatori della CASA DEL TEATRO RAGAZZI E GIOVANI. I laboratori di trucco, i set fotografici e il laboratorio di dolcetti paurosi a cura dei ragazzi del corso di panetteria e pasticceria dell’Istituto CNOSFAB di Bra, trasformeranno i piccoli visitatori nei protagonisti della notte delle streghe! Castello e parco saranno aperti al pubblico fino alle ore 23.00. Ingresso: biglietto castello (€ 5,00, salvo riduzioni o esenzioni consultabili sul sito del www.polomusealepiemonte.beniculturali.it)

Torino, la Grande bellezza. Ma…

Torino è una bellissima città, attraversata dal Po, con i suoi viali alberati, la collina, la sua storicità… ho vissuto a Torino per 38 anni un pochetto la conosco. Conosco anche la polvere che si è nascosta e si continua a nascondere sotto il tappeto.Torino è bella tutta, anche quei luoghi che si preferisce non fotografare e dove non è facile vivere a due passi dalle vie più blasonate. Bella da vivere, magari in bici, ma non puoi respirare la sua aria. Bella la movida la notte, ma devi prendere la macchina o il taxi perchè i mezzi non ci sono. Bella perchè ti offre tanta bellezza, ma di sola bellezza non si vive no?

 

Mario Caputo

Nube di fumo, polveri sottili 7 volte più del consentito. Dubbi sui possibili piromani

La vasta nube di fumo provocato dagli incendi boschivi, visibile anche dai satelliti, ha provocato un valore record per le polveri sottili, in particolare a Beinasco, dove la centralina di Arpa ha segnalato una concentrazione di 354 microgrammi al metro cubo, di 7

volte la soglia massima di 50.  178 mcg registrati invece alla stazione di Torino Lingotto. Intanto in Val  Sangone, dove le fiamme hanno fatto parecchi danni, sono stati trovate tracce di possibili inneschi che forse hanno causato i roghi, ma non vi è certezza su questa ipotesi. Ora i  carabinieri forestali conducono le indagini per individuare eventuali piromani. In queste ore il vento era diminuito, ma si prevede possa nuovamente tornare, creando nuovi problemi sul fronte antincendi.

(foto: Valerio Minato)