Marzo 2016- Pagina 3

“ L’anciové sota sal”, il sogno dell'acciugaio della Val Maira

Va in scena sabato sera a Dronero lo spettacolo teatrale proposto dalla “Compagnia Marco Gobetti”
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Sabato sera,  2 aprile, alle  21.00, sul palcoscenico del Cinema Teatro Iris di Dronero andrà in scena “ L’anciové sota sal” , spettacolo proposto dall’Associazione culturale “ Compagnia Marco Gobetti” nell’ambitodella stagione “Il teatro fa il suo giro”, a cura di Santibriganti Teatro. “L’acciugaio sotto sale” è la storia di un uomo sogna una notte di essere un venditore di acciugheche finisce sotto sale fra le sue stesse acciughe, dentro al barile che le contiene. Un  sogno che lascerà il suo segno nella vita dell’uomo e in quella delle persone che incontrerà: “A val nen tant ël seugn: / col seugn a l’é la spluva ch’a ‘nvisca ‘l feau. / A val còsa ch’a l’é capitàie dòpgobetti1(Non vale tanto il sogno: / quel sogno è la scintilla che accende il fuoco. / Vale ciò che è capitato dopo). Marco Gobetti, porta con se sulla scena “l’anciové”, l’acciugaio: un burattino dagli occhi grandi e acquosi e dal naso triste, opera di Andrea Rugolo,   scenografo, illustratore e costruttore di pupazzi animati. L’attore torinese sperimenta un uso poetico e contemporaneo del dialetto piemontese, in un allestimento intrigante. Nell’”Anciové sota sal“si evoca un mestiere ormai scomparso, raccontandolo nel contesto di un’immaginaria vicenda attuale, dove la lingua piemontese e la trama della storia intrecciano il filo attorno all’incredibile vicenda degli acciugai della Val Maira. Loro, gli acciugai (anchoiers in occitano, anciuè in piemontese, anciuat in lombardo), sul  finire dell’estate, terminati i lavori nei campi o la monticazione sui pascoli alti , scendevano a valle per vendere acciughe e pesce conservato. La merce la compravano in Liguria, prima tappa del loro girovagare per il Piemonte, la Lombardia e talvolta persino in Veneto ed Emilia. Così, durante i lunghi mesi invernali, in attesa digobetti 4 tornare al lavoro dei campi, “battevano” strada per strada, cascina per cascina, di paese in paese, nelle campagne o nelle aspre vallate alpine, tirando o spingendo il loro “caruss” carico di pesce salato, alla ricerca di qualche acquirente. Sul carretto tipico, venivano caricati i barilotti e le latte con i prodotti da vendere. Robusto, capiente e adatto all’esposizione della merce, era abitualmente in legno di frassino e costruito a Tetti di Dronero.  Coprivano distanze importanti, gli acciugai, viaggiando anche trenta e più chilometri al giorno; e, giunta la sera, dormivano dove capitava, magari offrendo in cambio del ricovero qualche acciuga . Anche per i pasti si aggiustavano alla bell’e meglio, al risparmio, magari accompagnando con il pane qualche acciuga, dopo averla  sbattuta ben bene  contro le aste del carretto per far cadere il sale. Un pasto che portava sete e che richiedeva un goccio di vino ad accompagnare il tutto e, considerato che tra i suoi migliori clienti figuravano gli osti e i gestori delle trattorie, il vino non mancava. Così la storia narrata da Marco Gobetti cammina sul filo dei ricordi e “L’acciugaio sotto sale”, al suo  risveglio, sente il sale pizzicare sulla pelle e questa sensazione si traduce in bisogno e desiderio di comunicare. Da lì inizia  il suo nuovo viaggio, alla riscoperta degli altri e di se stesso. Una metafora gobetti2della vita, in fin dei conti, con l’acciugaio pronto a partire con il suo carretto carico di acciughe in barile e di parole nuove . Gira così le piazze , urlando il suo messaggio: “Un euro e cinquanta per due grissini e un’acciuga! Chi vuol comprare il buonumore!?”. Non conta più nemmeno il nome che si ha ricevuto in dono alla nascita: “il mio nome è libertà“, dice. E per essere liberi bastano il barile pieno di sale e acciughe, buone gambe e un cappello per le monete. Una libertà che si respira come aria buona, mentre scorrono i primi articoli della nostra Costituzione, dal primo al dodicesimo, a ricordarci pari dignità, diritti e doveri. La pièce teatrale comunica con sguardi e  gesti, oltre che con le parole. Così l’acciugaio di Marco Gobetti lascerà ad un suo simile il  carretto e la sua eredità, per compiere l’ultima tappa del viaggio alla ricerca di se stesso. Un viaggio a  piedi nudi per sentire la sua terra, per raggiungere gli “altri”, per spogliarsi di tutto e stringersi le mani in un saluto. Forse un addio, ma senza tristezza. Perché all’anciovè basta poco. Basta e avanza il profumo delle acciughe, anche se sono poche, anche se fosse  una sola.

Marco Travaglini

Dal 22 aprile Torino Jazz Festival spazia dalla musica alla letteratura

jazz musicaPiazza Castello sarà la sede principale ma i concerti si terranno anche in altri luoghi e teatri

Dal 22 aprile al primo maggio, una kermesse di dieci giorni per celebrare il jazz in quella che sarà la più lunga edizione,  la quinta, del Torino Jazz Festival che quest’anno comprende anche il Fringe Festival e il Festival manouche. Il 30 aprile si tiene la Giornata Internazionale Unesco del Jazz. La manifestazione è patrocinata dalla Città di Torino,  Intesa Sanpaolo, Iren main partner, e Poste Italiane, Toyota Lexus e Seat Pagine Gialle  come main sponsor. Il jazz è il filo conduttore ma la rassegna tocca teatro, danza, cinema, fotografia e letteratura.  Piazza Castello sarà la sede principale ma i concerti si terranno anche in altri luoghi e teatri. Protagonisti il batterista inglese Tom Bancroft per l’inaugurazione in  gemellaggio con il Festival Jazz di Edimburgo, e il pianista americano Robert Glasper, vincitore di due Grammy, Roy Paci con l’Orchestra, Fabrizio Bosso Quartet, Gonzalo Bergara Quartet.

Il pm Spataro: "Si proceda contro Salvini per vilipendio ai magistrati"

salvini giavenoGli accertamenti sono già conclusi ma il codice, per procedere, prevede l’autorizzazione  da parte del ministero.

Si deve procedere contro il leader leghista Matteo Salvini per vilipendio dell’ordine giudiziario. La decisione è della procura di Torino che ha fatto la richiesta al ministro della giustizia su iniziativa del procuratore capo Armando Spataro. Salvini e’ indagato per aver detto che la  “magistratura è un schifezza” il 14 febbraio scorso durante un suo intervento  a Collegno, in occasione del congresso della lega  piemontese. Gli accertamenti sono già conclusi ma il codice, per procedere, prevede l’autorizzazione  da parte del ministero.

(Foto: il Torinese)

Denuncia i mafiosi ma deve risarcire mezzo miliardo

TRIBUNALE 1Era finito nel 2009 nelle mani di una associazione legata alla ‘ndrangheta

Ha detto di essere  pronto a gesti estremi “se mi venisse pignorato tutto quello che ho per darlo a personaggi criminali che sono stati condannati e sono in carcere”. Lui è Mauro Esposito, un imprenditore torinese, finito nel 2009 nelle mani di una associazione legata alla ‘ndrangheta. L’uomo rischia di perdere il patrimonio, dopo due sentenze civili che danno torto alla ditta di cui è titolare. Infatti la Corte d’Appello di Torino, in sede civile, ha ribadito la nullità dei contratti di progettazione che la società  aveva sottoscritto nel 2006, definendo anche l’obbligo di restituire i compensi. Tra interessi e spese processuali, Esposito dovrebbe sborsare tra 500 e  600 mila euro.

(foto: il Torinese)

Al Museo Nazionale della Montagna " Semplicemente famiglia rurale"

L’essenza della vita quotidiana di alcune famiglie rurali narrata attraverso gli scatti di Moreno Vignolini

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Raccontare l’essenza della vita quotidiana delle famiglie rurali, fermare nel tempo per fotogrammi tanto i loro momenti più privati quanto quelli più strettamente lavorativi, per spiegare tramite fermo-immagini la decisione di ritornare ancora oggi alla terra, è alla base del progetto fotografico “Tout simplement…Famille rurale”, realizzato da Moreno Vignolini con il patrocinio di Cipra Italia, in esposizione al Museo Nazionale della Montagna di Torino dal 18 marzo scorso fino al 29 maggio prossimo.

Il fedele obiettivo di Vignolini ha seguito tre giovani famiglie rurali tra l’estate 2013 e l’autunno 2014 con l’intento di illustrare al visitatore della mostra in maniera più ampia possibile quel modello di “famiglia rurale” non solo tornato di attualità, ma addirittura in continua crescita negli ultimi anni.

E’ attraverso i volti di Ruben e Roberta, con il loro allevamento caprino e la loro produzione di formaggi, quelli di Davide e Sylvie, dediti al loro allevamento bovino, e infine quelli di Elisa e Davide, visti nella loro fattoria didattica, nel loro agriturismo e produzione da piccoli frutti, che Vignolini mostra quanto sia innovativo il modo di queste giovani famiglie di rapportarsi al territorio e alle sue risorse, pur seguendo il filo di una lunga tradizione agro-pastorale.

E’ ponendosi al loro fianco, sia nelle lunghe giornate di lavoro sia nei momenti di quotidianità familiare, che Vignolini racconta per immagini quanto la scelta di ritornare alla terra, pur in assenza di una tradizione familiare alle spalle, rappresenti non tanto una voglia di ritorno al passato, quanto un desiderio di futuro, di “..mangiare il futuro!”, come dice lo stesso Vignolini che, parlando della sua opera, spiega: “..Sono tasselli silenziosi, operosi, nascosti, con una gran voglia di fare, che è importante sostenere. Certo ogni azienda è una storia a sé, una storia fatta di impegno, sacrificio, amore, passione, tenacia, sogni realizzati e sogni in divenire … per ora ho scelto di raccontarne tre, non mi dispiacerebbe con il tempo riuscire a raccontarne altre, in altri territori, per delineare storie di contesto alpino”.

Tutto ciò è lì, fermato in quei 50 scatti in bianco e nero e nei pannelli descrittivi che li accompagnano, fornendone al visitatore una chiave interpretativa bilingue (italiano-francese), edita da Testolin Editore.

Una panoramica ancor più ampia del lavoro è data dall’esposizione, oltre ai 50 scatti della mostra, di immagini aggiuntive, scattate nello svolgimento del progetto, capaci di fornire una visione ancor più completa della vastità del lavoro, grazie anche ai testi di Lorenza Bravetta e di Federica Corrado, che arricchiscono e completano l’accuratezza dell’intero progetto.

Stefania Tagliaferro

 

Il successo della app contro lo spreco di cibo targata Torino

mercato sebatopoliSi chiama  Last Minute Sotto Casa

Ogni mese, per un anno e mezzo ha salvato 2,5 tonnellate di cibo, di cui 1 tonnellata nella città di Torino. Proprio sotto la Mole è nata la  start up nell’incubatore del Politecnico, che oggi sta per  sbarcare anche oltre confine, in Spagna e Portogallo. Si chiama  Last Minute Sotto Casa, app che combatte lo spreco alimentare e vuole espandersi all’estero grazie a un accordo con Day Gruppo Up e con il network LifeGate. Sono più o meno 50 mila in Italia gli utenti registrati sulla app e 300 gli esercizi commerciali che propongono a prezzi scontati i prodotti in eccedenza.

(Foto: il Torinese)

Valentina, piemontese, la più veloce al mondo sugli sci

greggio sci valentinaLa venticinquenne di Pallanza è scesa a 247,083 km/h, superando  di oltre 4 km/h il primato della svedese Sanna Tidstrand

Valentina Greggio, piemontese,  ha conseguito il  nuovo record mondiale di velocità in campo femminile, sulla pista di Chabrières a Vars, in Francia. La venticinquenne di Pallanza è scesa a 247,083 km/h, superando  di oltre 4 km/h il primato della svedese Sanna Tidstrand detenuto dal 2006 con 242.590 km/h. Pochi giorni fa Valentina, sempre a Vars, ha vinto con due gare d’anticipo la Coppa del mondo di sci di velocità con cinque primi posti consecutivi, ripetendo il risultato conseguito nel 2015.

Empowering women: Elisa Sasso, artigiana ceramista

Sabrina Allegra è una sociologa freelance specializzata in temi riguardanti il genere. Con il fotografo Stefano Di Marco ha realizzato un reportage (Empowering women through their job and passion) focalizzando l’attenzione sull’empowerment delle donne attraverso la loro professione. Il reportage comprende sei storie di donne, corredate di foto

Di Sabrina Allegra  www.womensocialinclusion.org

 Foto  di Stefano Di Marco www.stefanodimarco.com

 
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6 / ELISA SASSO, ARTIGIANA CERAMISTA

CHI È ELISA SASSO?

Elisa, quasi trentatreenne, è un’artigiana ceramista formalmente da un anno con il suo brand Elisa Sasso Creazioni Ceramiche, anche se in realtà lavora la ceramica da circa otto anni. Inizia a vendere i suoi prodotti prima nella cerchia di amici e parenti e poi nei circuiti dei mercatini. Oggi Elisa è impegnata, oltre che nella produzione   e vendita delle sue ceramiche, nella conduzione di laboratori per le scuole. Elisa ci confida inoltre che, presso il suo laboratorio di Pinerolo, ci saranno presto delle novità per gli aspiranti ceramisti.

 

COME NASCE LA PASSIONE PER LA CERAMICA?

Elisa inizia a frequentare 3-4 cicli di un corso di ceramica presso l’Associazione Aquarius di Torino. Affascinata da questo mondo, continua a svolgere workshop e corsi più brevi sulle tecniche minori e sulle alte temperature. Ciò che appassiona Elisa è il lavoro manuale in sé, ma soprattutto è il concretizzare un’esperienza in un prodotto finito, che capita di dover ripetere in decine e decine di pezzi per i suoi affezionati clienti.

Non so più se si tratta di passione o di necessità, nel senso che molto spesso mi ritrovo a mettere pezzi di vita vissuta, ricordi ed esperienze negli oggetti che realizzo.

Le sue creazioni, specialmente quelle che piacciono alle persone, partono sempre da qualcosa di intimo e personale. L’argilla diventa un canale privilegiato di espressione personale. La sua passione la porta poi in Turchia, grazie a un progetto europeo sull’apprendimento di alcune tecniche di decorazione. Un’esperienza che si rivela di alto valore umano, oltre che tecnico. La ceramica, arte diffusa in tutto il mondo, ha il potere di unire i popoli e le loro culture. Ogni tradizione ceramica racchiude un fascino unico per Elisa, fatto di tecniche e materie prime differenti che rendono irripetibile ogni manufatto.Due anni e mezzo fa si conclude un’altra esperienza che segna fortemente il cammino di Elisa: il Giappone. Tre mesi di apprendimento intensivo di lavorazione della porcellana, presso un rinomato e giovane maestro a 40 km dalla città di Nagoya. Elisa racconta di quanto i ceramisti siano venerati dai giapponesi, godono infatti di sasso12un considerevole rispetto che rimanda alla millenaria tradizione del tè, dei suoi rituali e dell’eccellente cura dei dettagli. La porcellana è un materiale meraviglioso, ma molto costoso e difficile, che Elisa non esclude un giorno di cominciare a lavorare.

Elisa parte per questa avventura senza pensarci su, lascia tutto, ma una volta arrivata a destinazione ad aspettarla non trova le condizioni lavorative tipiche dell’apprendistato. La realtà in cui si ritrova è ben diversa: 9 ore di lavoro in una piccola fabbrica, per sei giorni su sette, a contatto con polvere e sotto stress. Ma non basta perché, oltre a tutto ciò, Elisa affronta un altro ostacolo: in base a qualche precetto della tradizione giapponese, le donne non possono stare al tornio, sono adibite a mescolare i colori, a lavori molto più poveri e all’utilizzo degli stampi.

Il Giappone ha cambiato parecchio Elisa e sono tanti i risvolti personali che si porta dietro. La prova è stata dura più che mai, sia a livello fisico che psicologico, ma è proprio da qui che torna a casa con la massima certezza di ciò che vuole fare nella sua vita.

LA FONTE DI ISPIRAZIONE NELLA SUA PROFESSIONE?

L’ideale per Elisa è un viaggio, sia per rigenerarsi che per far nascere nuove idee. Quando non è possibile è sufficiente il riposo totale dalla ceramica, trascorrere del tempo con un’amica o andare in montagna con la cagnolina Petra. Lo stile di Elisa lo riconosci tra gli altri per i suoi elementi decorativi fantasiosi e freschi che rimandano a mondi onirici e simbolici. Elisa ci apre la porta del suo giardino segreto, mostrandoci gli angoli più intimi e personali. Ci presenta i pois e le righe, che nelle sue creazioni non mancano mai. Ci sono poi le casette da appendere al collo, alle quali lei tiene tanto. Per esempio, la sua prima casa di ceramica è nata dal bisogno di avere finalmente una sola casa, dopo averne cambiate ben undici. E poi ci sono le sue amatissime mongolfiere, simbolo di un grande amore che dopo tanti anni finisce e come una mongolfiera si alza in volo. La ceramica è per molti un’attività terapeutica ed entra a far parte della vita di Elisa in un momento in cui era indispensabile ritagliarsi uno spazio e un tempo tutto suo. Manipolare l’argilla, racconta Elisa, ha dei risvolti curativi per l’anima: attraverso la materia riesce ad esorcizzare le esperienze sia positive che negative che le capitano. L’argilla ha infatti delle proprietà eccezionali, tra cui quella di assorbire gli stati d’animo di colui o colei che la lavora.

QUANTO É IMPORTANTE AVERE UNA PERSONA DI RIFERIMENTO SU CUI CONTARE?

Lei si ritiene molto fortunata, può contare su qualcuno che capisca le sue esigenze e creda in lei. Fra le tante persone incontrate che hanno segnato il suo percorso professionale, Elisa ricorda la sua prima insegnante. Una persona molto dura, ma che vede in lei fin da subito qualcosa di diverso dalla semplice hobbista. Nel processo evolutivo dell’artista è necessario superare i maestri per andare oltre e trovare se stessi. Elisa lungo il suo cammino di ceramista ha incontrato persone che nel bene e nel male l’hanno aiutata a far tesoro dell’esperienze vissute. Esiste un’altra persona che ha sempre creduto in Elisa ed è una delle due sorelle, capace di dire la cosa giusta al momento giusto e di esserci nel momento del bisogno.

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QUALI SONO LE DIFFICOLTÁ INCONTRATE IN AMBITO PROFESSIONALE?

Tanti e diversi gli ostacoli incontrati. All’inzio erano più di tipo concreto, come il procurarsi le materie prime necessarie e trovare uno spazio adeguato. Tutto ciò di cui aveva bisogno se l’è conquistato un po’ per volta con le sue forze. Un percorso tortuoso che inizia con il suo primo tornio acquistato quando ancora studiava all’università. Elisa ha affrontato difficoltà economiche ma anche emotive, perchè ci sono quei momenti in cui ti scoraggi. L’emotività e la sensibilità, che caratterizzano Elisa, se da un lato rappresentano degli elementi tangibili nelle sue creazioni, in certi momenti facilitano la deconcentrazione dal suo lavoro.Essere artigiana e imprenditrice di se stessa, com’era già emerso nella storia di Grazia Isoardi, comporta avere una limitata disponibiità di tempo. Una risorsa preziosa che va razionalizzata al massimo oltre che per la propria attività professionale, per la vita affettiva. Elisa in laboratorio è molto abile a massimizzare il tempo: per produrre una ciotolina di ceramica il tempo medio è di circa 45 minuti. Ci sono molti passaggi da considerare e in generale la tecnica di Elisa è molto sperimentale e “anarchica”: ammette che per questo le capita di sbagliare ma sovente il risultato è sorprendente ed è fiera di farsi guidare dall’istinto.

 

IN QUANTO DONNA?

Elisa racconta di avere un compagno che l’aiuta tantissimo a casa, c’è un rapporto paritario e generalmente le cose si fanno insieme. Quella domestica rimane tuttavia una questione da tenere a mente e da organizzare, finendo per sommarsi al resto degli impegni.

A proposito dell’essere una ceramista, Elisa parla del magico legame esistente tra la donna e l’argilla. I ceramisti uomini sono tanti e sicuramente la forza fisica può aiutare, così come il coraggio nell’utilizzo del fuoco o dell’alta tensione. Ma, secondo Elisa, la manipolazione e la creazione di oggetti che contengono” rimandano a qualcosa di intrinsecamente connesso all’essere donna.

COSA SOGNAVA DA PICCOLA ELISA?

Elisa da piccola adorava gli animali e sognava di diventare veterinaria. Nei primi anni dell’adolescenza era molto affascinata dal diritto e la scelta universitaria vacillava tra due ambiti molto diversi fra loro, l’Accademia delle Belle Arti e Giurisprudenza. Alla fine Elisa segue un percorso diverso da entrambi, Scienze dei beni culturali, in cui lo studio di Storia dell’arte le trasmette il senso dell’estetica che lei applica con sapienza nelle sue creazioni.

OGGI LE DONNE SONO DAVVERO LIBERE DI SCEGLIERE IL LORO DESTINO?

Rispetto alle sue coetanee e amiche Elisa è da considerarsi un’eccezione. Non sono molte le donne che conosce ad aver preso in mano la loro vita. Spesso ci si accontenta di un lavoro che non piace ma di cui si ha bisogno o che non si ha il coraggio di cambiare. Elisa fin da molto giovane sapeva che avrebbe fatto il possibile per non diventare un’adulta alienata dal suo lavoro. Un atto di coraggio e di responsabilità è sicuramente quello di concedersi almeno una volta nella vita la possibilità di provarci, di darsi fiducia. I fallimenti possono capitare e forse servono anche per farsi le ossa. A livello familiare il gene dell’audacia non manca per niente. Le donne della sua famiglia sono state intraprendenti e audaci, a partire dalla nonna materna, commerciante di abiti per quasi cinquant’anni, che con sua sorella ha iniziato l’attività imprenditoriale negli anni ’60. La mamma di Elisa è stata un altro modello di tenacia e determinazione. Elisa ricorda di avere sei anni quando la mamma si laurea in Psicoterapia all’Università di Padova, un settore dove all’epoca le donne erano quasi inesistenti.

 Nel mondo dell’artigianato e del libero professionismo, il “fare rete” ha un ruolo non trascurabile. Essere artigiane comporta passare del tempo in solitudine, per esempio in laboratorio, e la presenza di una rete di colleghe/i a cui fare riferimento può rappresentare un punto di forza. Elisa fa parte di un collettivo composto da 12 artigiane di Pinerolo e partecipa all’ambizioso progetto Ceramica: singolare, femminile promosso da DonnArgilla, un collettivo di ceramiste provenienti da tutta Italia. Attraverso la raccolta fondi #adotta una mostra verrà finanziata l’esposizione delle loro creazioni che si terrà a Roma il prossimo ottobre.

 

SOGNI E PROGETTI PER IL FUTURO?

Oggi Elisa è una persona serena che ha concretizzato la sua passione nella sua attività di artigiana ed è in attesa di un bimbo o una bimba. Elisa augura a suo/a figlio/a di non dover vivere le ansie e le pressioni derivanti dal mondo circostante, che in parte lei ha vissuto, ma di riuscire a trovare la propria strada, qualsiasi essa sia. Elisa farà di tutto per educare questa nuova vita alla libertà di pensiero, e quale modo migliore di farlo se non attraverso il viaggio! Elisa ama molto viaggiare, lei e il suo compagno sono due viaggiatori e non vedono l’ora di programmare il loro primo viaggio in tre!

ELISA SASSO IN SINTESI?

Eclettica, emotiva e tenace.

La realtà dei campi profughi in mostra all’Urp di palazzo Lascaris

“Rafaat” in lingua somala significa “sofferenza” e il lavoro esposto è frutto di una serie di missioni condotte a Hargeysa e Berbera, all’interno del programma Mida Somalia

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Sguardi intensi e segnati dalla sofferenza: è quanto vuole trasmettere la mostra fotografica “Rafaat – sguardo dai campi profughi del Somaliland”, organizzata dal Consiglio regionale e curata da Suad Omar e Davide Rigallo, aperta ai visitatori nei locali dell’Ufficio relazioni con il pubblico (Urp, via Arsenale 14/g, Torino), da martedì 29 marzo. “Rafaat” in lingua somala significa “sofferenza” e il lavoro esposto è frutto di una serie di missioni condotte a Hargeysa e Berbera, all’interno del programma Mida Somalia. Le immagini documentano i momenti principali del viaggio della speranza e della disperazione che molti giovani intraprendono dal sud del Paese verso le regioni del nord. La precarietà e le dure condizioni di vita nei campi dove sono accolti gli sfollati induce i più a proseguire il cammino attraversando il deserto e il Mediterraneo, per arrivare in Europa oppure imbarcarsi verso lo Yemen.Lunedì 4 aprile alle 17 la mostra sarà ufficialmente inaugurata alla presenza dell’assessora alla Cooperazione decentrata internazionale, al Commissario regionale per la realizzazione delle Pari Opportunità, Suad Omar e al rappresentante piemontese dell’Aiccre (Associazione italiana del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa), Laura Gaudenzi. Sono previste, nel corso della presentazione, alcune letture significative a cura di Vesna Scepanovic e Ikram Mohamed. L’allestimento è visitabile gratuitamente fino a mercoledì 20 aprile, dal lunedì al venerdì con orario 9-13 e 14-16.

 

Daniela Roselli – www.cr.piemonte.it

Il Buondì non è servito a salvare l'ex Bistefani

La Bauli chiude a Villanova ma propone di riassorbire tutti i dipendenti. Ma l’idea del trasferimento a Verona porta a scelte non facili per i lavoratori

Bistefani

I Buondì, unico tra i marchi e le produzioni passate nel 2013 di proprietà dalla Bistefani alla Bauli non sono stati sufficienti a salvare lo stabilimento di Villanova Monferrato. Stefano Zancan, amministratore delegato della società di Castel d’Azzano (Verona) dall’inizio dell’anno, lunedì non ha avuto mezzi termini nell’incontro con i sindacati in cui ha annunciato la chiusura, spiegando che i costi fissi di produzione dell’impianto monferrino sono altissimi e che l’acquisizione della struttura da parte del precedente managment dalla famiglia Viale, era stata un errore. “All’epoca c’erano state dichiarazioni di impegno nel potenziare la fabbrica – dice Marco Malpassi di Flai Cgil – ma non si è mai visto un piano industriale. Zancan ha rilevato che gli altri marchi acquisiti sono marginali (Girella, Yo Yo, e i Krumiri Bistefani), mentre il Buondì, nonostante un calo di produzione da 160mila quintali a circa 80mila è un qualcosa in cui credere, di qui la proposta di riassorbire tutti i 114 dipendenti dello stabilimento di Villanova Monferrato”. E sin qui va bene, ma il rovescio della medaglia è che chi accetterà dovrà trasferirsi a Verona dove saranno spostate le produzioni. Si tratta di una scelta certamente non facile e che in questo momento divide trasversalmente i lavoratori, soprattutto quelli più avanti negli anni, con famiglia e magari un mutuo da pagare che vedrebbero completamente stravolta la loro vita. Proprio per questa motivo non sono state al momento messe in campo iniziative particolari, anche in attesa di quello che sarà l’esito dell’incontro che si terrà tra la proprietà e le organizzazioni sindacali il 31 marzo prossimo all’Unione industriale ad Alessandria. “E’ un altro duro colpo all’economia del Casalese – dice Valerio Scarrone, direttore del Consorzio Servizi Unione Artigiani di Casale – che avrà sicuramente dei riflessi sulle nostre imprese che tradizionalmente costituiscono indotto, in settori come la manutenzione o i trasporti, andando ad impoverire il territorio”. Non mancano le reazioni da tutto il mondo politico. Da Roma, sul proprio sito, il deputato Fabio Lavagno spiega di aver interrogato il Governo per chiedere l’apertura di un tavolo nazionale di confronto per tutelare la continuità occupazionale dei dipendenti e, raggiunto telefonicamente aggiunge che “per quanto difficile sarebbe importante che qualche imprenditore potesse prendere in mano il destino produttivo del sito di Villanova, pertanto ho voluto portare all’attenzione della Regione questa grave crisi”. Proprio a Torino il consiglio regionale si è occupato dei lavoratori ex Bistefani. “Dobbiamo impegnarci tutti – ha detto il consigliere Domenico Ravetti – in una riflessione su ragionie possibili opportunità per superare questo momento”. Prossimamente il consiglio dedicherà un’intera seduta alle questioni alessandrine legate all’occupazione. Federico Riboldi (che ha presentato un’interrogazione in Provincia) ed il consigliere Emanuele Capra, da un lato, chiedono ai sindaci di Casale e Villanova Monferrato di intervenire, dall’altro propongono “alla proprietà di ispirarsi a Natuzzi, che, a offerto 12mila euro per operaio ad altre aziende che si impegnassero a riassumerlo con un contratto fisso oltre ad un indennizzo al dipendente”.

Massimo Iaretti