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Omicidio Psichico: la storia di Alice e di tante altre vittime

“Alice è una ragazza di 25 anni che si sente pronta per iniziare un percorso psicoterapeutico.

E’ cresciuta in una famiglia molto riservata, non ha mai avuto la possibilità di andare da una psicologa e di guardarsi dentro e, in tutta onestà, ammette di non aver mai avuto le forze per farlo, perché non è facile guardare in faccia certi dolori.
Sin da quando era piccola, si è sempre sentita inadeguata rispetto agli altri e con un pesante fardello addosso: doveva custodire un segreto che nessuno poteva sapere perché quei ricordi le facevano provare un forte senso di angoscia e di vergogna.
Con l’inizio del percorso terapeutico, Alice si confida con la sua psicologa e inizia a raccontare quel segreto: riporta degli episodi sessuali che erano successi con un adulto quando lei era piccola e di quanto questi eventi l’avessero gettata in uno stato di terrore profondo e di disorientamento. Aveva provato a parlarne subito con qualcuno, ma non era stata creduta e poi era così difficile spiegare nel dettaglio quello che le stava succedendo, perché per lei quel mondo degli adulti non le apparteneva ed era troppo lontano dalla sua vita di bambina: si sentiva semplicemente impotente.
Quando Alice arriva in terapia, inizia a capire di esser stata vittima di abusi sessuali. Inizia ad elaborare quei ricordi e tutte le emozioni disdicevoli ad essi collegati e, finalmente, trova la forza di denunciare quello che ha subito e di chiedere giustizia. Nel mentre, però, sono passati degli anni perché per fare i conti con dei traumi così scompaginanti ci vuole tempo e quando arriva il momento in cui lei si sente pronta per denunciare non può più farlo. Non può perché il reato è andato in prescrizione. Non può perché l’abuso sessuale sui minori, per quanto comporti un omicidio psichico per la vittima, non viene considerato dalla legge italiana con la dovuta cautela.
Alice deve rassegnarsi e soffrire in silenzio, perché non c’è nessuno che possa dare importanza alla sua storia, eccetto la sua psicologa.
Si sente abbandonata dalle istituzioni e si chiede come sia possibile che lei abbia dovuto soffrire così tanto, mentre quella persona così viscida non abbia nemmeno subito un processo”.

Questa storia potrebbe essere una delle tante storie di abuso sessuale subite dai minori, i quali non sempre riescono a fare i conti con la propria sofferenza; e non è raro che, a distanza di anni, commettano il suicidio perchè la ferita che si portano dietro è troppo angosciante. Richiedere che venga abolita la prescrizione su reati così gravi e che vengano considerati alla stregua degli omicidi fisici, significa dare alle vittime la speranza di poter essere ascoltate e di ricevere giustizia. Non si riparerà mai il danno che hanno subito, ma si potrà consentire loro di alleggerire quel fardello, aiutandole a ripartire nel proprio percorso di vita.
Per questo ho lanciato una petizione sulla piattaforma Change.org, per chiedere l’abolizione della prescrizione per i reati di abuso sessuale sui minori, in quanto tali reati rappresentano un vero e proprio omicidio psichico.
Puoi supportare la petizione firmandola qui:

https://www.change.org/p/omicidiopsichico-aboliamo-la-prescrizione-per-i-reati-di-abuso-sessuale-sui-minori

Grazie a nome di tutte le vittime.

Dott.ssa Irene Cane, psicologa (Instagram: @psicologa_irenecane)

Tour “Fatto-a-mano” 2023 sabato in Borgo Rossini

Entriamoinbottega!

Tour “Fatto-a-mano” 2023

Sabato mattina 21 gennaio in Borgo Rossini

Nuovo anno. Restyling per il portale www.fatto-a-mano.it. Nuovo Fatto a mano Tour in un pezzo di città, Borgo Rossini – Regio Parco tra i più dinamici degli ultimi tempi, segno di profonda evoluzione in chiave residenziale, commerciale e culturale. Borgo Rossini rappresenta un borgo storico a due passi dal centro, sulle sponde della Dora, che ha caratterizzato la Torino dell’800 fino all’attuale, moderna trasformazione con il Campus Einaudi, La Nuvola Lavazza…Ma la creatività in queste vie amate dai giovani, porta anche e soprattutto il nome dell’artigianato di qualità ‘made in Italy. Sono queste realtà che andremo a conoscere con voi per finire come sempre con un aperitivo in uno spazio speciale beneaugurante per il nuovo anno.  

Programma

Ore 10 – punto di ritrovo in Corso Regina Margherita 90/bis/c davanti al negozio Across the Glass (bus 11, 56, 68, 72, tram 3 e 4) . Da lì partirà il nostro giro guidate anche da Barbara Colazzo che ci racconterà la trasformazione del Borgo. Lungo il percorso visite alle botteghe.

Ore 12 – A fine visita, aperitivo presso Qu.Bi. in Via Parma 75, dove l’ospitalità è squisitamente ‘fatta a mano’

Quota di partecipazione22 euro a persona

Per info

Organizzazione tecnica ONEIROS Incoming By IL MONDO in VALIGIA di C. & D. Viaggi sas

Via Caraglio 6/b – 10141 Torino – Tel 011.7732249 – Cell 3288811318
www.oneirosviaggi.it www.mondoinvaligia.it – info@mondoinvaligia.it

www.fatto-mano.it  info@fatto-a-mano.it adelaidevalle58@gmail.com chiara.caratto65@gmail.com

Burolo tra società e storia

 

Burolo – tessuto urbano e territorio’ è una pregevole pubblicazione che, seppure risalga a quasi 21 anni fa (venne stampato nel maggio del 2002) tuttavia per la serietà dei contributi costituisce una vera e propria  ‘summa’ dell’anima e della storia del paese che, pur rivolto e confinante verso Ivrea, tuttavia ha – per la sua collocazione geografica – una vicinanza sia con il Biellese che con il Vercellese.

L’allora sindaco Bruno D’Amico (oggi è saldamente al timone dell’amministrazione comunale Franco Cominetto) nella presentazione spiegò come ‘l’idea della pubblicazione di un nuovo libro su Burolo, nacque come naturale corollario allo studio sul catasto burolese del 1769, quando si dovette decidere cosa fare dell’abbondante materiale individuato nel corso della ricerca’.

Il lavoro, che ha come ente promotore il Comune di Burolo, è stato coordinato da Carla Bartolozzi e Francesco Novelli con saggi di Aldo Actis Caporale, Giorgio Cavaglià, Piergiuseppe Cresto, Luciana Gastaldo, Guido Gentile, Cecilia Laurora, Andrea Longhi, Guido Novelli, Franco Quaccia, Micaela Viglino Davico con gli apparati fotografici di Michele Basanese e Giorgio Olivero,

La pubblicazione è suddivisa in tre sezioni: ‘Per una storia di Burolo’ dalla romanità all’età moderna, ‘Il territorio’ con vie di comunicazione, insediamenti, espressioni d’arte e i ‘Temi contemporanei’ legati ai problemi di tutela, il tutto corredato da un’ampia documentazione fotografica sia in bianco e nero che a colori e da una ampia bibliografia.

Si tratta di un volume importante ed esauriente che merita senz’altro un aggiornamento e non disdegna in nessuna biblioteca.

Massimo Iaretti

 

 

Carolina “la rossa – bordeaux”, più bordeaux che rossa… indimenticabile!

COSA SUCCEDE(VA) IN CITTÀ 

“La trappola dei ricordi”

Gianni Milani

In tutta la mia vita, ne ho avute solo cinque! Ehi, ehi… cosa sono questi risolini? E poi chissà, quanti di voi ne avranno avute anche meno! Io sono arrivato a cinque…e tutte conquistate con gran sudore e una fatica che non vi dico. Del resto, sono sempre stato un po’… come dire …un po’ “lentino”. In tutti i casi quattro erano italiane e una francese. Ma la prima, la “Carolina” è davvero, ancor oggi, in assoluto, quella che mi ha dato più soddisfazioni. Indimenticabile! Sarà, come si dice, perché il primo amore non si scorda mai. Bella! Per me era davvero il massimo. Rossa, tendente al bordeaux. Più bordeaux che rossa. Pensate, sono passati più di quarant’anni (alla faccia!) e mi ricordo ancora il numero di … targa. Di targa, sì! Ma che sono quelle facce? Cosa avevate capito? Tutte le macchine hanno, e hanno sempre avuto, una targa. Anche se cambiate per formulazione nel corso degli anni. E io di quelle parlavo. Di macchine! Chissà cos’avevate capito! Che? Fidanzate? Ma no! E di quelle, poi, ne ho avute ben più di cinque. Non faccio per vantarmi … ma almeno almeno (aspetta un po’) … almeno sei! Sorvoliamo. Bene, la targa dicevo. Eccola: TO M56851. Stampata a fuoco nella mente e nel cuore. Ancora targa nera con sigla della provincia ben in vista. Quale macchina? Embé! Una “brillante” FIAT 127 prima serie, mantenuta in listino dall’allora gloriosa casa torinese dal 1971, come erede dell’ormai obsoleta 850, fino al 1987. Due porte, ampio bagagliaio e adeguata spaziosità, “Auto dell’Anno 1972”, opera di Rodolfo Bonetto (nipote del pilota Felice) e di Pio Manzù (figlio dello scultore Giacomo) che morì trentenne nel ’69 in un incidente automobilistico, proprio mentre si recava a Torino per la presentazione ufficiale della “maquette”. Correva l’anno 1974. La “Carolina” (non so perché, mi venne subito da personalizzarla e chiamarla affettuosamente così) era il mio grande regalo di laurea: 110/110 con lode alla torinese Facoltà di Lettere. Rossa – bordeaux, più bordeaux che rossa. A consegnarmela, senza pacco regalo né fiocco, fu papà Renzo. Era di luglio, se non erro. Appuntamento in corso Settembrini, allora ancora Mirafiori Nord, settore Carrozzerie/Verniciatura. Entro di buon mattino in un grande mare, Parking – auto. Tutte pronte alla consegna o alla vendita. Pensate che solo di 127, nel ’74 la Fiat ne aveva sfornate un bel milione tondo tondo! A venirmi incontro, lungo lungo magro magro, tuta blu (da “Baracchino Fiat”, che col vestito della domenica sembrava quasi lui il padrone della “fabbrichetta”, tant’era uomo raffinato e di classe), sorriso con malcelata ansia incorporata, il parin, come i più giovani colleghi della “Verniciatura” chiamavano il babbo, ormai quasi alle soglie della pensione. In mano un mazzo di chiavi. Eccole, la macchina ti aspetta lì. Si realizzava un sogno. Ma è proprio mia? Mi veniva da chiedergli. Non lo feci. Quel sorriso sul volto di mio padre, che non era facile al sorriso, l’avevo già visto una volta. Al ritorno a casa (abitavamo allora in via Bidone) dopo il primo esame universitario: Estetica, superata con un bel 30/30 sul libretto. Era un sorriso di orgoglio, benevolenza, piena soddisfazione. Totale amore. Non c’era l’ansia che un po’ appannava il sorriso al passaggio di mano della “Carolina”. Ora tocca a te, sembrava volermi ricordare. Già, tocca a te. La patente l’avevo presa qualche anno prima. Mi sarei ricordato ancora tutto? Avviamento, partenza, precedenze e ammennicoli vari. Forza Gianni! E forza “Carolina”. Prima tappa, il ritorno a casa. Corso Unione Sovietica, via Filadelfia, via Spano al 14 interno 10. Una mezz’oretta, per pochi imbarazzanti chilometri. Parcheggio. Fatto anche quello. Prima prova superata. Salita di corsa e di gioia per le scale. Idea: la riprendo questa sera. Meno traffico, farò due orette di pratica. E qui viene il bello! Certo che la “Carolina” ne ha provate tante con un principiante imbranato come me. Scena fantozziana. Al calar del sole, mi riapproprio della “Carolina”. Immaginavo moltitudini di vicini al balcone. Pronti alla partenza! Papà e mamma, certamente sì. Al balcone del quarto piano. Ansanti e tremanti. Al mio pari. Troppa l’ansia! Infilo le chiavi. Piede sinistro sulla frizione. Innesco la prima e giro la chiave. Il motore gira. Eccome se gira, ma la macchina non parte. Che ti succede “Carolina”? Riprovo. Niente. Riprovo e riprovo. Niente da fare. La “Carolina” non fa una piega e il motore si diverte a “vociare” al quartiere. Io, un Fantozzi calzato e vestito. Immaginavo la scena in cui il mitico ragioniere creato dall’altrettanto mitico Villaggio tentava di acchiappare il pullman al volo con tutti i vicini pronti all’applauso. Che vergogna! Finché, al finestrino mi s’affaccia un vecchietto mandato dal cielo (forse San Cristoforo, protettore degli automobilisti?): giovanotto, per partire, basta che tolga il freno a mano! Caz…una vergogna da farmi sprofondare. Saluto il vecchietto – San Cristoforo e tutta via Spano, braccio orgogliosamente fuori dal finestrino sinistro. Niente applausi. Erano le 20 o poco più. Ritorno alle 22. Sudato fradicio. Carico di insulti “automobilistici”, dai classici e più garbati “ma chi t’ha dato la patente?” ai più impietosi “vaffa…” regalatimi a piene sporte. Comunque. Un bel giro in centro. Velocità massima 30/40 Km orari. A pieno regime. Ma era andata! Con buona pace dei miei, che, se avessi ritardato di cinque minuti, avrebbero chiamato tutti i “Pronto Soccorso”, pompieri, carabinieri, polizia, esercito (anche quello della Salvezza) e tutto il parentado in Italia e all’estero. Ma il ghiaccio era rotto. A fine carriera, sei anni dopo, la “Carolina” portò me e Patrizia (prima vacanza da maritato) fino in Calabria. Una meraviglia. Dopo di lei altre quattro. Ma nessuna come lei. Sarà, come dicevo, che il primo amore non si scorda mai. Sarà il suo ricordo legato all’alta (in tutti i sensi) figura del mi’ babbo. Tant’é. Come “Carolina” la rossa – bordeaux più bordeaux che rossa, nessuna mai!

Gianni Milani

Elogio della prostituzione

La prostituzione è, spesso, definita come il mestiere più antico del mondo; non so quanto sia vero perché anche i ministri di culto affondano le loro origini in tempi remoti, come i contadini, i guerrieri, i pastori, i pescatori.

Di sicuro è sopravvissuta a rivoluzioni sociali, leggi severe, punizioni dovute al dittatore di turno e è trasversale a tutte le culture e tutte le latitudini.

I Paesi più evoluti si sono dati una regolamentazione di tale attività, prevalentemente per tre ordini di fattori: fiscale, sanitario e di ordine pubblico; l’Italia, proprio per questo, ancora non si è dotata di una valida regolamentazione che metta d’accordo l’anima cattolica e conservatrice con quella progressista preferendo, come spesso accade, un comportamento pilatesco. Da noi, infatti, la prostituzione non è vietata a condizione di esercitarla singolarmente (la prostituta, i clienti possono anche essere più di uno contemporaneamente) pena la violazione della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (la c.d. legge Merlin dal nome della non compianta senatrice socialista che per prima firmò il disegno di legge).

Qualunque persona che scelga di erogare prestazioni sessuali in cambio di denaro non può essere fermata dalle Forze dell’Ordine e non rischia alcun procedimento di tipo penale, salvo per altri reati quali immigrazione clandestina o atti osceni in luogo pubblico. Allo stesso modo anche chi si rivolge alla professionista del sesso non può essere fermato da Polizia o Carabinieri.

Dal punto di vista civilistico, il contratto verbale che si stipula con una prostituta non è valido: ne consegue che, nel caso in cui una delle due parti non dovesse adempiere agli accordi presi, esiste la possibilità di risolvere la questione in Tribunale solamente se vi sia rilevanza penale.

Le prostitute chiedono sempre il pagamento anticipato, ma qualora il rapporto avvenisse senza che vi sia stata dazione di denaro e il cliente, al termine, si rifiutasse di corrispondere quanto pattuito, questi potrebbe essere denunciato per violenza sessuale; alla stessa sorte sarebbe soggetto un cliente che si sfilasse il preservativo all’insaputa della prostituta (ma se sapesse di essere positivo a HIV o epatite, scatterebbe la denuncia per lesioni personali gravissime).

Se, invece, la prostituta, una volta incassato quanto pattuito si rifiutasse di onorare il contratto potrebbe essere accusata di truffa o rapina, a seconda della tecnica utilizzata.

Va da sé che, non essendovi regolamentazione tutte le prostitute sfuggano ai controlli sanitari e di Polizia ed ecco che si assiste, dopo anni relativamente tranquilli, ad un nuovo aumento dei casi di malattie a trasmissione sessuale, si è impotenti di fronte alla tratta delle schiave perché molte di loro non testimonierebbero mai contro i loro aguzzini e, non da meno, vengono evasi miliardi di euro di gettito fiscale.

Ho intervistato, davanti ad un caffè, alcune operatrici del sesso in Torino e Milano riportando i dati di quelle che sembravano più aderenti alla realtà.

Ogni prostituta, lavorando 7 giorni su 7 incontra mediamente 15 clienti al giorno; ad una media di 50-100 euro ciascuno (a seconda della prestazione erogata) fanno da 750 a 1500 euro al giorno, pari a 22500 -45000 al mese per ogni prostituta.

D’accordo c’è il costo di affitto, luce, preservativi, lubrificanti, calze,… ma sono poca cosa rispetto alla somma di cui sopra.

Hanno calcolato che in Italia vi siano tra le 100 mila e le 120 mila prostitute inserendo nel conteggio anche trans, transgender,…; arrotondando molto per difetto, ed escludendo le top escort (che percepiscono anche 3-4 mila euro per un week end) arriviamo ad un importo di 1,5 miliardi di euro l’anno.

Senza ridurre le prestazioni a chi paga regolarmente le tasse o aumentare la tassazione a carico di operai, insegnanti e dipendenti vari, si otterrebbe soprattutto di far versare loro i contributi INPS per la pensione.

Visto l’importo ed una soluzione mai trovata dal 1958 siamo sicuri che lo Stato voglia davvero risolvere il problema?

Una statistica ha portato alla luce l’entità del fenomeno prostituzione in Italia; almeno 9 milioni di maschi si rivolgerebbero, con frequenza molto variabile, al sesso mercenario.

Nel suo libro “La prostituzione in Egitto e nel mondo antico”, l’egittologo Alfredo Luvino descrive questa arte e il valore che aveva allora in quei luoghi. Dalla dottrina veterotestamentaria in poi, si è cominciato ad osteggiare questa professione con le motivazioni che tutti conosciamo e con i risultati, negativi, che sono sotto gli occhi di tutti.

Conosciamo tutti la figura della geisha in Giappone; non tutti sanno, però, che non è una semplice figura dedita al conseguimento maschile del piacere ma che si tratta di una persona colta, in grado di intrattenere il “cliente” non soltanto sessualmente ma anche e soprattutto emotivamente.

Non sottovalutiamo, inoltre, l’aspetto sociale del sesso a pagamento: il sesso è considerato, finalmente, un bisogno al pari del cibo e del sonno; anche in Italia è nata la figura del sex giver, il donatore di sesso, per entrambi i generi, che procura il piacere a chi non possa ottenerlo diversamente (ad esempio disabili gravi); si tratta, di fatto, di una forma di prostituzione anche se determinata da intenti nobili.

Considerando che non fanno del male a nessuno (escluso lo Stato, al quale non pagano le tasse), anzi, semmai svolgono una funzione sociale importante, perché continuare ad osteggiarle o, peggio, ignorarle fingendo che non esistano?

Sergio Motta

Il neuromarketing

Tecniche di mercato e scienze comportamentali ci spiegano i processi decisionali d’acquisto

In ogni acquisto che effettuiamo o nella relazione con un brand che ci appassiona in particolar modo c’è un processo mentale e psicologico inconsapevole che spiega le nostre azioni come consumatori.
Il neuromarketing, una disciplina che applica le conoscenze delle neuroscienze al mercato e alle sue strategie, è in grado di analizzare i percorsi irrazionali che hanno luogo nella mente del fruitore di beni e servizi influenzandone le decisioni di acquisto.

Ale Smits, professore olandese di tecniche di ricerche di mercato ha inventato il termine “neuromarketing” definendolo come “l’insieme delle tecniche di identificazione dei meccanismi cerebrali orientate ad una maggiore comprensione del comportamento del consumatore per l’elaborazione di più efficaci strategie di marketing”. Una partnership scientifica, dunque, tra studi sul sistema nervoso e marketing per comprendere cosa accade al nostro cervello in presenza di precisi stimoli esterni e creare, conseguentemente, strategie di comunicazione appropriate ed efficaci per indirizzare il consumatore all’acquisto.
In realtà i primi esperimenti di “brain imaging”, una tecnica diagnostica per conoscere come reagisce il cervello in presenza di uno stimolo, le immagini pubblicitarie per esempio, furono intrapresi da grandi imprese americane come Coca Cola o Ford già dai primi anni ‘90, ma fu Smids ad approfondire gli studi sugli stati d’animo, le emozioni o le reazioni cognitive che indirizzano gli individui ad una azione di consumo.
Questi studi, infatti, sono in grado di rispondere a quesiti del tipo cosa porta le persone a scegliere una marca piuttosto che un’altra o, ancora meglio, fare previsioni relative al comportamento dei consumatori dopo aver visto pubblicità create in base a precise strategie di mercato. Oltre ad utilizzare informazioni proprie delle neuroscienze, questa disciplina si avvale di importanti teorie della psicologia, dell’economia comportamentale, e della psicologia cognitiva e sociale usufruendo così di una miscela di conoscenze che permettono la comprensione dei meccanismi che avvengono nella testa del consumatore e che lo dirigono, spesso irrazionalmente, verso una spesa.
Il nostro cervello, infatti, esposto a molteplici stimoli come spot pubblicitari, immagini ed altre sollecitazioni di diversa tipologia crea un collegamento tra tali impulsi e un proprio bagaglio di sensazioni ed esperienze che produce, a sua volta, una risposta emotiva. Tale reazione emozionale è oggetto, da parte di esperti di marketing e vendite, di una profonda e accurata analisi che porta a comprendere i bisogni e i desideri che creano processi decisionali di acquisto. Questo strumento scientifico multidisciplinare è in continuo aggiornamento grazie al progresso delle ricerche ma, allo stesso tempo, si avvale anche di tecniche tradizionali, come i focus group e le interviste dirette, che consentono di fare un quadro completo del vissuto e delle necessità delle varie categorie di consumatori.
Certamente, a monte di tutto, si pone un quesito molto importante che è quello della questione etica, ovvero quanto questo strumento sia rispettoso dei valori e delle condizioni che garantiscano il bene delle persone. Alcune associazioni americane hanno ritenuto di organizzare petizioni per frenare o fermare l’utilizzo delle conoscenze che derivano dalle ricerche di neuromarketing perché si crede che, talvolta, possano essere usate impropriamente per promuovere prodotti dannosi per la salute come il cibo spazzatura o il tabacco. In sostanza la troppa efficacia di alcune campagne pubblicitarie potrebbe portare i consumatori a scegliere prodotti senza pensare sufficientemente alle controindicazioni e ai rischi che derivano dal loro uso; è necessario, quindi, un utilizzo coscienzioso di tutto ciò che questa moderna tecnica svela sui bisogni delle persone. In generale, comunque, è estremamente importante che la conoscenza proveniente da progressi scientifici e da nuove scoperte sia riguardosa nei confronti diritti primari delle persone, come la salute, attraverso una condotta morale corretta ed eticamente irreprensibile.

Maria La Barbera

 

Il segreto della fabbrica

Una storia per ragazzi alla scoperta dell’Olivetti di Ivrea

“Il segreto della fabbrica” è un bel libro scritto da Angela Ricci, illustrato da Michela Torbidoni e pubblicato dalle Edizioni di Comunità, la casa editrice fondata nel 1946 da Adriano Olivetti.

In un certo senso mancava un libro pensato e scritto per i più giovani (a partire dagli 8 anni) in grado di incuriosire e stimolare la lettura su una delle più straordinarie storie industriali del nostro paese, quella dell’Olivetti e di Ivrea, la città dov’è nata nel 1908 la prima fabbrica italiana di macchine per scrivere. Tre ragazzini torinesi della prima media, in gita con i coetanei a Ivrea,la città ideale della rivoluzione industriale del Novecento secondo l’Unesco, si trovano a vivere un avventurosa “caccia al tesoro” tra gli edifici e le vie che “parlano” e raccontano la fabbrica-città. Max, Pietro e Livia affrontano un percorso che si snoda tra la “fabbrica di mattoni rossi”, la vecchia ICO ( acronimo di Ingegner Camillo Olivetti) con il suo salone dei Duemila dove gli operai ascoltavano i discorsi del fondatore e di Adriano, il Centro Studi ed Esperienze e la chiesa di San Bernardino con il celebre affresco di Giacomo Spanzotti. Alcuni oggetti ( un wattmetro, uno stranissimo montacarichi, una MP1 rossa fiammante – la prima macchina da scrivere portatile della Olivetti -, un cronometro) e tre lettere di Camillo Olivetti ( risalenti rispettivamente al 1912, al ‘28 e alla metà di ottobre del ’43, a meno di due mesi dalla morte che lo colse a Biella dov’era stato costretto a riparare per sfuggire alle leggi razziali) li conducono a scoprire un segreto importante.

Ben congeniato, ricco di particolari e aneddoti basati su verità storiche, “Il segreto della fabbrica” porta i ragazzini – dotati di smartphone con tanto di innovative applicazioni – sulle tracce di un incredibile e avveniristico “Progetto 100” ideato dal fondatore dell’Olivetti. Qualcosa di molto simile a ciò che effettivamente accadde nel 1964 quando Pier Giorgio Perotto e i suoi collaboratori progettarono e realizzarono la Programma 101, il pri­mo personal computer al mondo. Un computer semplice, “che non avesse biso­gno dell’interprete in camice bianco. Una macchina picco­la, economica e per tutti ”. Una macchina prodotta a Ivrea e usata dalla NASA per la missione Apollo 11, dimostrando nei fatti che proget­tare a misura d’uomo “è ciò che permette all’umanità di giungere a mete prima ritenute inarrivabili”. In questo piccolo ma prezioso libro per ragazzi (direi di tutte le età, per non far torti) viene proposta in modo intelligente un’idea per iniziare a conoscere la storia di una delle più grandi eccellenze industriali del nostro paese, di un luogo simbolico lungo la via Jervis e di un modello di impresa costruito attorno al capitale umano di chi ci ha lavorato e legato al nome di Adriano Olivetti. In fondo si tratta del rac­conto di un successo italiano, della storia di un gruppo di uomini che inseguirono il futuro e, per un certo periodo, l’agguantarono e lo misero al servizio di tutti.

Marco Travaglini

Disabilità, Fondazione Crt: al via 135 progetti per l’inclusione

DALLA TANGOTERAPIA AL CIRCO SOCIALE
Contributi per 1 milione e 460 mila euro alle associazioni non profit vincitrici del bando “Vivomeglio”

 

Torino, 2 gennaio 2023 – Al via 135 progetti per l’inclusione e l’autonomia delle persone con disabilità in Piemonte e Valle d’Aosta, dove la Fondazione CRT ha assegnato alle associazioni non profit 1 milione e 460 mila euro di contributi con il bando “Vivomeglio”.

 

Le iniziative si focalizzano su sei ambiti di intervento: abitare sociale, sostegno alle famiglie, lavorare, imparare dentro e fuori la scuola, curare e curarsi, vivere il territorio. Traiettorie in linea con gli obiettivi 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile e con quelli della prima Agenda italiana della Disabilità, promossa dalla Fondazione CRT con la Consulta per le Persone in Difficoltà e il coinvolgimento del Terzo Settore: questo “patto per l’inclusione” conta su un numero crescente di “ambasciatori”, visto che hanno aderito all’Agenda anche 121 enti sui 165 partecipanti al bando “Vivomeglio”.

 

I progetti targati “Vivomeglio” – presentati nella forma del partenariato strutturato – vanno dalla tangoterapia alla coltivazione di fiori in serra, dai laboratori tattili alla montagnaterapia, dalle attività sportive “for all” al circo sociale, da “avventure artistiche e sociali” alla ristorazione inclusiva. E ancora: pet e make-up therapy, esperienze di volo, centri antiviolenza e attività di preparazione alla vita indipendente orientate al “dopo di noi”, ovvero al sostegno e all’assistenza delle persone con disabilità dopo la morte dei parenti che li accudiscono.

 

Gli enti non profit che hanno vinto il bando ‘Vivomeglio’ rendono concreto ogni giorno il diritto all’inclusione: insieme a loro, alle istituzioni e al mondo produttivo lavoriamo a un rinnovato patto sociale per uno sviluppo fondato sulla cura delle persone più fragili nel segno del bene comune”, afferma il Presidente della Fondazione CRT Giovanni Quaglia.

 

Accanto ai parametri economici e ambientali, un ulteriore indicatore della qualità della vita potrebbe essere l’inclusivity index, ovvero la capacità di inclusione di una società: il bando ‘Vivomeglio’ di Fondazione CRT rafforza questo valore, in linea con l’Agenda 2030 dell’ONU”, dichiara il Segretario Generale della Fondazione CRT Massimo Lapucci.

 

Salgono così a 28,5 milioni di euro i contributi assegnati dal 2005 ad oggi con il bando “Vivomeglio” della Fondazione CRT, che ha reso possibili 2.651 iniziative per l’inclusione.

 

Tra i 135 sostenuti dalla Fondazione CRT nell’ultimo anno si segnalano:

 

Ristorazione inclusiva” di Panacea Social Farm di Torino offre un percorso di accompagnamento, team building e formazione di ragazzi con disabilità sulla panificazione, il confezionamento e la vendita diretta di prodotti da forno per le scuole dell’area metropolitana di Torino.

 

“InconTrame: percorsi di creazione artistica di comunità” dell’Associazione Tiglio Onlus di Torino si fonda su tre pilastri: esperienze di inclusione artistica per persone con disabilità (Festival Fringe, Lunathica, Street Art Riva), soggiorni d’arte in presidi culturali del territorio (tra cui le OGR Torino) e workshop teatrali.

 

I ragazzi del Bistrot” dell’Associazione torinese Rubens: il progetto prevede un percorso formativo di cucina, caffetteria, servizio al tavolo e pulizia con l’avvio di un piccolo bar-bistrot nel Borgo Rubens gestito da ragazzi/e con disturbi dello spettro autistico, accompagnati e coordinati dagli operatori dell’Associazione.

 

Flower power per l’inclusione sociale” dell’Associazione Missione Autismo di Asti, accompagna adolescenti e giovani con disabilità intellettiva in un processo di autodeterminazione e partecipazione alla vita della comunità attraverso la coltura di fiori in serra, la distribuzione sul territorio e la cura di spazi floreali pubblici.

 

Il progetto “Centro Incontro all’esterno” di Ashas – Associazione Solidarietà Handicappati Savigliano (Cuneo) promuove le relazioni interpersonali dopo il periodo di pandemia con attività laboratoriali all’interno del Centro Incontro.

 

Il progetto “RiciclOfficina” della Fondazione Apri le Braccia di Galliate (Novara) favorisce l’inserimento socio-lavorativo di persone con disabilità attraverso una Ciclo Officina per il recupero di vecchie biciclette abbandonate (raccolta, riparazione e verniciatura) per donarle a chi è in difficoltà e per incentivarne l’uso come mezzo di mobilità sostenibile.

UNITO sempre più internazionale

L’Università di Torino è sempre più internazionale. Infatti, vanta diversi bandi e progetti per la mobilità estera, ma anche la possibilità di seguire un double degree e quindi conseguire un doppio titolo o titolo congiunto.

Attraverso una formazione integrata e una frequenza alternata all’Università di Torino e in un’Università internazionale. Oltre a diversi progetti promossi dal Dipartimento di Culture, Politica e Società, tra cui il progetto, Región Latinoamericana, Region Europe. Il primo nasce grazie all’accordo specifico di cooperazione tra il Dipartimento di Culture, Politica e Società e l’Universidad Nacional de Tres de Febrero (UNTREF) di Buenos Aires, in Argentina.

Permettendo agli studenti di frequentare un programma di studi di 6 settimane in Argentina. Mentre il Region Europe è un programma internazionale multidisciplinare di formazione avanzata finalizzato ad offrire una comprensione del modello europeo di integrazione regionale, della sua evoluzione nel quadro dei processi politici, economici, sociali e culturali nella regione, e delle caratteristiche dell’UE quale attore globale.

Attraverso dei seminari tenuti al Campus da diplomatici, professori di Università internazionali e personalità di rilievo internazionale.

Sofia Scodino

Un 2023 in vespa e “a tutta lettura” per la torinese “Miraggi Edizioni”

Jan Balabàn e Luis Quintais le prime uscite del nuovo anno, mentre Fabio Mendolicchio riprenderà, in primavera, il suo giro d’Italia con la Vespa-libreria

Nata nel 2010 al “Salone Internazionale del Libro” e stabilita la propria sede al numero 46 di via Mazzini a Torino, da ormai dodici anni l’Editrice “Miraggi” – soci fondatori Alessandro De Vito, Fabio Mendolicchio e Davide Reina – ha, come primissimo “giurato” obiettivo, quello di “fare” i libri che altri non fanno, “quelli che ci piacerebbe – dicono i tre responsabili – trovare in libreria e spesso non si trovano”. Il catalogo di “Miraggi” per questo, proseguono i tre impavidi editori, “si è sempre contraddistinto tanto per lo stile, curato e riconoscibilissimo fin dalle copertine, quanto per la scelta di pubblicare libri perseguendo anche le strade meno battute”. Un lavoro non da poco, guidato dall’enorme passione per la parola scritta e dalla volontà decisa di emergere in modo assolutamente singolare, seguendo filosofie di approccio e offerta di letture a volte perfino un po’ bizzarre, non meno che curiose.  Così nella sede di via Mazzini già si lavora guardando in lungo all’anno nuovo. Il 2023, infatti, per “Miraggi Edizioni” si aprirà con due importanti pubblicazioni: Jan Balabán (1961 – 2010), considerato una delle voci più potenti, originali e importanti della “letteratura esistenzialista” ceca contemporanea, e il poeta portoghese (nato in Angola nel 1968) Luís Quintais, indicato fin dal suo esordio come una delle voci più originali della sua generazione.

In “Dov’è andato l’angelo?”, in uscita a gennaio, Balabán, esistenzialista e cristiano, segue le vicende di Martin da quando è uno studente capellone che vive i suoi primi amori sotto il duro regime cecoslovacco post 68, fino alla disillusione che segue il tanto desiderato cambiamento politico dell’89. Sullo sfondo, la polverosa città mineraria di Ostrava, Repubblica Ceca.

In “Angolo morto”, pietra miliare dell’opera di Quintais, troviamo invece versi liberi, prose e sonetti che testimoniano la sua abilità nel pensare “in retrospettiva” e nel riflettere sull’importanza della parola. Nei suoi testi, “la poesia è vista come un’arte della memoria, essenziale per non dimenticare gli errori della Storia”. La raccolta uscirà a febbraio.

Altro appuntamento, già in agenda per la prossima primavera, la riconferma dell’ormai consolidato appuntamento con il “giro d’Italia” in sella alla “Vespa-libreria” viaggiante dell’editore Fabio Mendolicchio, con un tour a base di incontri con scrittori e librai, fatto di presentazioni e molto altro.

In previsione anche la riedizione di “Primo amore”, il racconto lungo del 1860 dell’autore russo Ivan Sergeevič Turgenev, in cui “l’amore è dipinto come un inutile gioco di società, un capriccio non senza cattiveria”. Tutte le altre novità e uscite verranno annunciate nel corso dei prossimi mesi. E la “Miraggi” non si dimentica intanto di tracciare anche un bilancio di quello che è stato il 2022, ormai alle spalle. Un “bilancio – confermano i responsabili – ricco di uscite e di soddisfazioni per la casa editrice, a partire dall’invito lo scorso giugno a partecipare come ospite internazionale al ‘Book World Prague’, il più importante evento letterario della Repubblica Ceca”. “In questa occasione – proseguono – ‘Miraggi’ ha presentato ‘NováVlna’, nata nel 2018 come l’unica collana in Italia dedicata interamente alla letteratura ceca, al cui interno , nel corso del 2022, sono stati pubblicati importanti testi, primo tra tutti Compiti per casa’, resoconti di viaggio, elogi delle birrerie e dell’umorismo, riflessioni sulla propria opera e sul mestiere di scrivere realizzati dal ‘ragazzaccio’ della rivoluzione letteraria ceca Bohumil Hrabal, presentando per la prima volta al pubblico italiano tutti i testi originari senza tagli, con l’aggiunta di 11 testi inediti”.  Ancora da segnalare, fra le “chicche” datate 2022, all’interno della collana “Scafiblù”, dedicata agli autori e alle autrici italiane, “Stracci e ossa”, il romanzo sul “confine” dello scrittore, storico dei linguaggi mediali Giorgio Olmoti, classe ’65, attualmente residente a Torino e in un bosco sopra Attimis, in provincia di Udine“Isometria della memoria”, il fumetto del brianzolo Davide Passoni in cui  i temi della guerra, della storia e della memoria si intrecciano, e “Wanderwoman”, la raccolta dei racconti, dialoghi e monologhi scritti dalla romana, “vera” Arianna Dell’Arti della serie “Boris” interpretata da Caterina Guzzanti, di cui si è recentemente concluso il fortunato tour di presentazioni.

g.m.

Nelle foto: Fabio Mendolicchio in partenza con la “Vespa-libreria”