Interruzione di gravidanza

Grimaldi (SEL): anche in Piemonte nessuna obiezione di coscienza nei Consultori

Approvato in Consiglio Regionale l’ordine del giorno presentato dai consiglieri GRIMALDIGrimaldi, Accossato, Allemano, Appiano, Baricco, Boeti, Conticelli e Chiapello sulla piena applicazione della legge 194 e sui consultori piemontesi. Il 3 agosto di quest’anno, il Tar del Lazio ha stabilito con una sentenza che nei consultori pubblici della Regione non ci possano essere obiettori di coscienza: i medici che lavorano in queste strutture devono garantire alle donne che scelgono di abortire i certificati necessari per l’operazione; inoltre non possono opporsi alla prescrizione dei contraccettivi, compresi quelli di emergenza.

La sentenza boccia il ricorso dei movimenti per la vita contro il Decreto di Zingaretti del 12 maggio 2014, con cui la Regione Lazio ha ridefinito e riordinato le attività dei Consultori Familiari regionali, ribadendo che l’obiezione di coscienza “riguarda l’attività  degli  operatori  impegnati  esclusivamente  nel  trattamento  dell’interruzione  volontaria  di  gravidanza”  e  sottolineando che “il personale operante  nel  Consultorio  è  tenuto  alla  prescrizione  di  contraccettivi  ormonali,  sia routinaria  che  in  fase  post-coitale,  nonché  all’applicazione  di  sistemi  contraccettivi meccanici”.

La Legge regionale piemontese sui servizi consultoriali (n. 39 del 9 luglio 1976) stabilisce  che  il  servizio  ha,  fra  le  altre,  la  finalità  di “fornire  alla  donna  l’assistenza  nei  casi  di interruzione spontanea  della  gravidanza  e  nei  casi  di  interruzione  ammessa  dall’ordinamento giuridico avvalendosi  delle  strutture  abilitate  a  tale  scopo”. Tuttavia, il dilagare dell’obiezione di coscienza sull’interruzione di gravidanza e altre pratiche contraccettive è un fenomeno gravissimo. In Piemonte i medici obiettori sono il 67,4%, il 48,3% fra gli anestesisti e il 27,4% fra il personale non medico.

Come noto, la Legge n. 194 del 22 maggio 1978 sancisce che, in caso di obiezione, “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza” e la Regione deve “controllare e garantire la attuazione anche attraverso la mobilità del personale”.

“Abbiamo proposto con un atto di indirizzo,” – prosegue Grimaldi – “di aggiornare la legge sui servizi consultoriali e rendere stringente il divieto di obiezione nei consultori. Bisogna spiegare ai movimenti per la vita che la certificazione dello stato di gravidanza e la certificazione della volontà della donna di interrompere la gravidanza non possono essere rifiutate, perché non hanno a che fare con l’interruzione materiale della gravidanza e rientrano invece nell’assistenza «antecedente e conseguente all’intervento» citata dalla 194, una legge che in molti, troppi modi, si cerca di non applicare. Chiediamo inoltre che si completi entro un anno un’analisi sulla piena applicazione della 194 nella nostra regione e sullo stato dei nostri consultori”.