Il turismo religioso, inclusivo e sostenibile al centro del progetto “Via Francigena for All” con la mostra Incammino. La porta di Torino: itinerari sindonici sulla Via Francigena, presentata a Palazzo Madama – MuseoCivico d’Arte Antica di Torino dal 13 luglio al 10 ottobre 2023, e ora allestita dal 13 dicembre 2023 al 14 giugno 2024 a Bruxelles, negli spazi di Regione Piemonte. Si tratta di un percorso multidisciplinare e interattivo, un vero e proprio cammino virtuale che dalla storia
conduce all’attualità con una prospettiva di visita aperta, dove la comunità e il suo territorio diventano accoglienti a 360 gradi.
A realizzarlo è Regione Piemonte in collaborazione con Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino e la Fondazione Carlo Acutis. Il progetto, supportato anche da ENIT, vede al centro la via Francigena come una delle massime espressioni della promozione del turismo religioso e inclusivo e come occasione per soffermarsi su uno dei cammini più importanti italiani: quello che attraversa il Piemonte con la mostra/percorso che narra il territorio mettendo in risalto le centralità storiche e contemporanee della regione, casa della Sacra Sindone e accesso principale alla Penisola lungo il pellegrinaggio sulla Via Francigena.
Ad accompagnare il percorso, la riflessione sul tema del pellegrino — colui che si muove per la salvezza materiale, del corpo e dello spirito — e del viaggio dei Santi di Carità, da San Giovanni Bosco a San Giuseppe Cafasso, da San Giuseppe Benedetto Cottolengo ai beati Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis, con una serie di incontri con l’anima della regione tramite un approfondimento visivo dedicato ai suoi temi fondanti. La mostra è strutturata in quattro sezioni, ognuna connessa a un tema specifico. Nella prima sono presentate sedici illustrazioni originali, realizzate da giovani artisti italiani ormai riconosciuti a livello mondiale.
Una serie di opere che si ispirano ai concetti del pellegrinaggio, della spiritualità, della Sindone, dei cammini, dei Santi di Carità ma anche di quelli che sono gli aspetti morfologici essenziali del Piemonte e del rapporto tra uomo, natura e cibo. Nella seconda sezione sono accolti tutta una serie di materiali videoappositamente realizzati a illustrare la Via Francigena e gli itinerari sindonici, permettendo ai visitatori di immergersi nei paesaggi dei luoghi attraversati. Nella terza sezione, una grande mappa interattiva evidenzia i cammini del progetto “Via Francigena for all” e i cammini sindonici illustrati nel libro di Sisto Giriodi Le altre Sindoni. La mappa è affiancata da fotografie delle decine di sindoni affrescate sulle pareti esterne di edifici collocati lungo i cammini del Piemonte. Opere poco conosciute anche da molti piemontesi, nonostante costituiscano un singolare caso di devozione popolare, un ciclo d’arte lungo tre secoli. Nella quarta sezione, infine, si trova una raffigurazione dell’opera ideata dall’artista torinese Carlo Gloria sul tema del cammino, esposta alla residenza dell’Ambasciatore d’Italia a Bruxelles.
Il progetto espositivo si propone di offrire un’esperienza coinvolgente e interattiva e di sensibilizzare il pubblico sul tema del pellegrinaggio, della spiritualità e della natura, promuovendo il turismo sostenibile e inclusivo.
“Il Piemonte crede nel turismo religioso e lo sta valorizzando in modo da renderlo anche più accessibileattraverso il progetto “Via Francigena For All” che amplia la cultura dell’accoglienza rivolta alle persone in difficoltà” sottolineano il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’assessore al Turismo eCultura Vittoria Poggio.
“La Fondazione dal 2022 promuove progetti ispirati al potente messaggio trasmesso dalla Sindone, bene di importante attrattiva internazionale. Con la mostra collegata al progetto “Via Francigena for all” si conferma la proficua collaborazione pubblico – privato, volto a far conoscere la centralità di Torino su questo tema” afferma Adriana Acutis, vicepresidente della Fondazione Carlo Acutis. “Il nuovo rinascimento dell’illustrazione italiana riunito a narrare il senso profondo del cammino, il viaggio personale, nel Piemonte delle montagne, nel Piemonte dei colli e delle acque. Ove sempre l’etica religiosa è stata sostenuta dall’etica del lavoro, e viceversa, in un paradigma che si fa Europa” dichiara Giovanni C.F. Villa, direttore di Palazzo Madama Torino.
DOVE: SPAZI REGIONE PIEMONTE
Rue du Trône 62 – Bruxelles
QUANDO: 13 dicembre 2023 – 14 giugno 2024
LINK ALLE IMMAGINI: https://bit.ly/IncamminoaBruxelles
Il generale Vannacci ha diritto a presentare il suo libro dappertutto e il presidente di una periferica circoscrizione torinese che glielo vorrebbe impedire, si rivela come sempre fazioso, vietando in un luogo pubblico di presentare un libro solo perché non piace al presidente. La cosa che stupisce è che il Lions o meglio il Lions Taurasia (mai sentito) organizzi la presentazione e anche la cena per festeggiare il generale. I valori del Lions non sono proprio quelli espressi dal libro del generale. Il Lions è dedito a services di aiuto sociale e trascura da anni la cultura. La cultura al Lions non interessa? L’attuale governatore non si premura neppure di prendere contatto con i pochi soci rimasti che occupino una posizione intellettuale. Essi danno fastidio? Il governatore in carica si è fissato con la gentilezza e ha ideato persino un biscotto che si
richiama alla gentilezza, parola poco marziale. I Lions frequentano conventi religiosi e sono da tempo estranei alla vita culturale. Aprire gli occhi alla cultura di fronte alle pagine da caserma del generale non appare edificante. Molto ha messo di suo il Ministro – gigante alla Difesa nel decretare il successo a Vannacci che forse dice anche qualcosa di vero perché il culturalmente corretto è sempre più indigesto. Ma che il Lions promuova Vannacci appare quanto meno poco “gentile “… Fatto a Natale poi appare proprio fuori posto. I miei amici Lions Romolo Tosetto e Dario Cravero forse si rigirano nella tomba.


Un incidente miracolosamente evitato. Da lì, l’inizio di una carriera artistica da “mille e una notte”. 1925: una graziosa studentessa dell’“Art Students League” di New York, cammina tranquillamente per le strade di Manhattan quando d’improvviso un’auto rischia di investirla. Per lei avrebbero potuto esserci gravi conseguenze, se un passante non fosse riuscito a trattenerla per un braccio evitandole seri guai. Incontro salvifico. Il destino aveva in mente ben altre cose per il futuro di quella giovane. Il suo nome: Elizabeth “Lee” Miller, nata nel 1907 a Poughkeepsie, nello Stato di New York, elegante e bella da togliere il fiato. Lui, il provvidenziale “angelo custode”: nientemeno che Condé Nest, editore di “Vanity Fair” e di “Vogue”, che, folgorato da “cotanta beltade”, le propone un contratto da fotomodella, dedicandole pochi anni dopo una copertina su “Vogue”. Lee diventa in breve una delle modelle più richieste dalle riviste di moda, ritratta da fotografi di gran calibro. Fra tutti e tanti: Man Ray, di cui fu, non solo modella, ma altresì musa ispiratrice ed amante. E forse proprio la frequentazione con il leggendario artista e padre della “fotografia surrealista” instillò in lei il desiderio di cambiar mestiere e “postazione”. Di stare cioè non più davanti, ma dietro l’obiettivo fotografico. Nel 1929 si trasferisce a Parigi, collabora con Ray e, insieme, sviluppano la tecnica della “solarizzazione”, così chiamata dai “dagherrotipisti”. Sue le parole di allora: “Preferisco fare una foto che essere una foto”. E fino agli anni ’50 (quando, dopo il secondo matrimonio con il pittore surrealista Roland Penrose e una vita accolta in tutte le sue estreme – e anche dolorose – sfaccettature, diventò soprattutto “Lady Penrose”, preferendo alla macchina fotografica, l’arte della cucina, anch’essa, estrosa e impeccabile) Lee Miller fu fotografa di “sguardo surrealista” di eccelsa bravura, eclettica senza limiti, tanto da diventare pur anche impavida corrispondente di guerra. A raccontarlo sono oggi i cento scatti (“Lee Miller. Photographer & Surrealist”), provenienti dall’“Archivio Lee Miller” presentati, fino al 7 gennaio del 2024, nelle antiche Cucine della “Palazzina di Caccia” di Stupinigi, in una lodevolissima mostra – a cura di “ONO Arte Contemporanea”, produzione “Next Exhibition” in collaborazione
con l’“Associazione Culturale Dreams” – che ripercorre, sotto la curatela di Vittoria Mainoldi, la vicenda umana e professionale dell’artista americana, scomparsa a Chiddingly nel 1977, ponendo l’attenzione su immagini che travalicano il reale, “caratterizzate dall’uso di metafore, antitesi e paradossi visivi volti a rivelare la bellezza inconsueta della quotidianità”. Ricco e ben studiato il percorso espositivo. In parete si galoppa dalle prime “sperimentazioni” in studio a Parigi, al mondo della “moda” e della “pubblicità” con lavori realizzati nello studio di New York, fino alle poetiche “nature morte” e ai “paesaggi” (mirabile “Portrait of Space”) testimonianza del suo trasferimento al Cairo, dopo il matrimonio (1932) con l’uomo d’affari egiziano Aziz Eloui Bey. Assolutamente suggestivi e intriganti anche gli scatti dedicati agli artisti più famosi dell’epoca: da Charlie Chaplin, che posa con un candelabro in testa, a Picasso, a Ernst o alla superlativa Dora Maar, fino a Mirò a Magritte, al “ragazzo terribile” Cocteau e, ovviamente, a Man Ray. Poco prima dello scoppio della “Seconda Guerra Mondiale”, nel 1939, lascia l’Egitto per trasferirsi a Londra e, ignorando gli ordini dell’ambasciata americana di tornare in patria, inizia a lavorare come fotografa freelance per “Vogue”. Nel 1944 diventa corrispondente accreditata al seguito delle truppe americane e collaboratrice del fotografo David E. Scherman (da lei fotografato con in viso la maschera antigas) per le riviste “Life” e “Time”. E’ lei
l’unica fotografa donna a seguire gli alleati durante il “D-Day” e a documentare le attività al fronte e durante la Liberazione. Le sue fotografie ci testimoniano anche gli orrori dei campi di concentramento di “Dachau” e “Buchenwald”. Ed é proprio nei giorni febbrili del dopo conflitto (1945), quando viene fatta la scoperta degli appartamenti di Hitler a Monaco di Baviera, che l’inarrestabile Miller scatta quella che diventa la sua fotografia più celebre, presente in mostra: l’“Autoritratto nella vasca da bagno del Führer”: Lee al centro, a sinistra sul bordo della vasca una fotografia di Hitler, a destra una statuetta di “Venere al bagno”, davanti sul tappetino bianco i suoi scarponi sporchi di fango, su uno sgabello la sua uniforme e l’orologio. Immagine iconica. Violenta e triste. Nonostante l’eccentrica bizzarria. “Per lavare via – scrisse Lee – la polvere di Dachau”.




