CULTURA- Pagina 178

Cultura e storia online dal forte di Bard

Dalla Valle d’Aosta / I Capolavori della Johannesburg Art Gallery in diretta sul sito del Forte, con la curatrice Simona Bartolena

Prosegue la programmazione culturale online del Forte di Bard. Il palinsesto si arricchisce di due appuntamenti di approfondimento della mostra Capolavori della Johannesburg Art Gallery. Dagli Impressionisti a Picasso.

 

La curatrice dell’esposizione Simona Bartolena tiene due conferenze  trasmesse in diretta sul sito e sul canale YouTube del Forte: il primo appuntamento si è svolto martedì scorso , dedicato ad una presentazione del progetto espositivo e della collezione che aprì al pubblico nel 1910, diventando il principale museo d’arte africano. Nel secondo appuntamento live, martedì 14 aprile 2020, sempre alle ore 18.00, la curatrice si soffermerà sulle opere della collezione dedicate all’arte africana.

 

Le dirette sono visibili dal sito www.fortedibard.it nella pagina dedicata all’interno della sezione Eventi o sul canale Youtube del Forte, raggiungibile sempre dalla homepage del sito istituzionale.

Scopri (sui social) come nasce una mostra

I bozzetti preparati minuziosamente da William Kentridge prendendo spunto dalle vecchie fotografie degli operai dei treni nelle OGR e nelle fabbriche del Nord Italia, il viaggio via mare dal Sudafrica all’Italia delle 15 grandiose statue di acciaio, issate da una gru a tempo di record nella Corte Est delle Officine Grandi Riparazioni, prima dell’inaugurazione pubblica il 30 settembre 2017

Tutti i retroscena della realizzazione di Procession of reparationists, così come i complessi lavori preparatori del dipinto murale Track di Arturo Herrera – entrambe opere permanenti delle OGR – vengono svelati oggi, giovedì 9 aprile, sui canali social delle OGR, con foto, video e materiali inediti.

 

Prende il via infatti la rubrica Come nasce una mostra, nell’ambito del progetto OGR is digital, per raccontare al pubblico le attività delle OGR Cult e Tech che, in questo periodo di emergenza sanitaria, proseguono in modalità virtuale sul sito www.ogrtorino.it.

 

Il primo episodio di Come nasce una mostra è dedicato alle opere permanenti delle OGR: Procession of reparationists, installazione pubblica e site-specific realizzata da William Kentridge, e Track, l’opera realizzata da Arturo Herrera per la parete d’ingresso delle OGR Cult. Attraverso le parole del Direttore Artistico Ricciardi e del team curatoriale delle OGR, e tramite materiale fotografico e video inedito, saranno svelati gli aneddoti, i retroscena, i “dietro le quinte” che hanno preceduto l’opening delle installazioni artistiche.

Fondazione Bottari Lattes… ai tempi della Pandemia

Prosegue la programmazione culturale online, mentre viene prorogato il bando per il Progetto Europeo ETI.

Monforte d’Alba (Cuneo) – Una lectio magistralis tenuta al Teatro Sociale di Alba dallo scrittore e saggista israeliano Amos Oz (Gerusalemme, 1939 – Tel Aviv, 2018), premiato nel 2016 in occasione della sesta edizione del Premio Lattes Grinzane (sezione “La Quercia”) “per la qualità letteraria e la verità umana dei suoi libri, per il suo essere grande narratore, partecipe e critico dello Stato di Israele”: è questa una delle chicche che si possono trovare via web su #PremioLattesGrinzane, pagina FB aperta, in questi tempi di grave emergenza sanitaria, dalla Fondazione Bottari Lattes (nata nel 2009 a Monforte d’Alba per volontà di Caterina Bottari Lattes) al fine di proseguire nella propria programmazione culturale in un periodo di necessaria serrata al pubblico di spazi ed eventi culturali d’ogni genere .

“Il nostro spazio virtuale di condivisione – afferma la presidente Caterina Bottari Lattes – resta sempre aperto, con notizie e attraverso testi, immagini e video delle iniziative realizzate nel corso dei nostri dieci anni di attività”. Fra le proposte quotidiane di maggior interesse, si segnalano:
– #TheBestOf per un viaggio nelle mostre organizzate tra Monforte d’Alba, il territorio cuneese e Torino, tra pittura, disegno, fotografia e scultura.
– #consiglidilettura e #rilettura, per curiosare tra i libri degli scrittori finalisti e vincitori del #PremioLattesGrinzane e ascoltare interventi dei giurati che hanno piacere di condividere con noi romanzi, saggi, poesie, per invitare giovani e adulti a leggere o rileggere testi classici e contemporanei.
– #PremioLattesGrinzane, per riascoltare (come nel caso citato di Amos Oz) alcune lectio magistralis di prestigiosi autori internazionali premiati nel corso degli anni.
Progetto Europeo ETI – Sperimentare una Trasformazione Istituzionale

Visto il perdurare della situazione di crisi sanitaria, la Fondazione di Monforte d’Alba comunica anche che la scadenza per la candidatura al Progetto è stata prorogata dal 5 al 30 aprile 2020.
Il Bando è rivolto agli artisti e chiede loro di presentare progetti innovativi con linguaggi non tradizionali per suggerire differenti modi di fruire l’arte e la cultura attraverso il coinvolgimento di nuovi spettatori, visitatori, lettori.

Il carattere innovativo del progetto risiede soprattutto nel coinvolgimento di privati e imprese. Per esprimere la propria candidatura l’artista deve, infatti, affiancarsi ad un partner privato (persona fisica o giuridica) che sia espressione di competenze specifiche, radicato in un territorio, impegnato nello sviluppo economico e sociale. Dalla viticoltura al tessile, dall’agroalimentare all’artigianato, dall’ecologia al digitale, l’artista potrà scegliere tra diversi comparti, facendo perno sulle specificità del settore economico preso in considerazione. “Non dovrà creare – precisano gli organizzatori – un’opera unica e dalla classica fruizione attraverso il modello della mostra, ma potrà ideare progetti anche immateriali che possano essere sviluppati in format culturali replicabili”.
Questo approccio permetterà di combinare format tradizionali con differenti modelli operativi, economici, di visibilità e di accessibilità, favorendo nuove vie di sviluppo dei pubblici di riferimento.
Le candidature dovranno pervenire entro il 30 aprile 2020, compilando il form online: http://eti-europe.eu/it/candidatura. La selezione sarà effettuata dai quattro enti partner del Progetto ETI.
Oltre alla Fondazione Bottari Lattes, unico partner italiano, le altre tre realtà europee sono: l’ente ideatore e capofila Ecole Nationale d’Art di Parigi (Francia); Idensitat di Barcellona (Spagna; ), Minitremu di Târgu Mureș (Romania). I partner accoglieranno gli artisti selezionati, che potranno mettere in campo azioni innovative, che forniscano all’istituzione le coordinate utili per trasformarsi in sintonia con il nuovo Millennio.

Collaborano con la Fondazione Bottari Lattes al progetto ETI nella sua tappa italiana: Alliance Française Torino, BJCEM-Biennale des jeunes créateurs de l’Europe et de la Méditerranée e Careof.
Info: book@fondazionebottarilattes.it, organizzazione@fondazionebottarilattes.it
Per approfondimenti: https://bit.ly/2WLlnKC

g. m.

Nelle foto:
– Caterina Bottari Lattes
– Amos Oz 
– Logo Progetto Europeo ETI

L’Inferno dantesco si avvicina al pubblico

Il Teatro Le Musichall di Torino con il suo direttore artistico Arturo Brachetti lancia un messaggio d’amore per il teatro dalla pagina Facebook @LeMusichallTorino. Il teatro è vuoto ma entra gratuitamente nelle case con un progetto raccontato dall’hashtag #LaCulturaNonTiAbbandona.

L’Inferno Dantesco si avvicina al pubblico e al quotidiano attraverso un linguaggio semplice e diretto. Per ogni canto si mettono in luce le fonti letterarie e storiche ma anche le cronache dell’epoca e i pettegolezzi da cui Dante ha tratto ispirazione, il tutto accompagnato da musiche dal vivo (voce e chitarra) appartenenti al repertorio pop-rock internazionale e italiano, “suggerite” dal testo e in grado di arricchirlo di “sovrasensi”.

Due epoche così lontane, il medioevo e l’età contemporanea, si avvicinano grazie a un’idea, una parola, un’immagine, un personaggio che uscirà dalla Divina Commedia, per rivivere in una canzone di settecento anni dopo.

Grazie a Saulo Lucci, la Commedia di Dante perde quell’aura così spesso attribuitagli di insondabilità e lontananza, arrivando direttamente al cuore del pubblico.

Hell o’ Dante è un progetto di teatro di narrazione che affronta l’Inferno in 34 spettacoli ognuno dedicato a un canto. Attraverso una rigorosa ricerca sviscera le terzine e i personaggi in esse racchiusi, la situazione storica e le pene tanto mirabilmente dipinte così come il pensiero dell’autore, dando nuova vita a tutto ciò per riconsegnare agli spettatori la bellezza di una Commedia che merita più di ogni altra mai scritta l’attributo di Divina.

Il Teatro Le Musichall di Torino con il suo direttore artistico Arturo Brachetti lancia un messaggio d’amore per il teatro dalla pagina Facebook @LeMusichallTorino. Il teatro è vuoto ma entra gratuitamente nelle case con un progetto raccontato dall’hashtag #LaCulturaNonTiAbbandona.

Grazie alla collaborazione di artisti e registi, Le Musichall sarà virtualmente aperto a tutti: la rassegna si chiama Le Musichall LIVE e lo streaming gratuito di un estratto dello spettacolo andrà in onda sulla pagina Facebook LeMusichallTorino alle ore 18 ed in replica alle ore 20 del giorno in cui lo spettacolo avrebbe dovuto calcare la scena del palco de Le Musichall.

 

Giovedì@LeMusichall – Premiere

Arte di strada e circo contemporaneo si fondono in una rassegna vivace e curiosa. Gli artisti di strada più amati e i circensi del panorama italiano in una nuova veste in anteprima a Le Musichall con spettacoli mai visti, ma neanche immaginati prima.

***

LE MUSICHALL LIVE GIOVEDÌ@LEMUSICHALL

Saulo Lucci

in

HELL O’DANTE

9 aprile 2020|ore 18 e ore 20

Facebook: @LeMusichallTorino

In cambio di carità il sig. Ravetti non denunciò la moglie per adulterio

Tra storia e cronaca torinese / ACCADDE IN APRILE

Era il 4 aprile 1947 quando il signor Giovanni Ravetti, 46 anni, residente a Torino in via Cibrario, si precipitò al commissariato di San Donato per avvisare gli agenti del fatto che sua moglie si trovasse in dolce compagnia in una camera d’albergo nei pressi di piazza Statuto. Gli agenti intervennero subito e sorpresero i due amanti nell’atto di compiere il reato di adulterio ma, a quel punto, la reazione del marito fu indubbiamente tra le più originali che siano mai avvenute. Sventolando minacciosamente il tradizionale foglio di carta bollata propose al rivale, un facoltoso macellaio di Torino, una curiosa alternativa: il signor Ravetti non li avrebbe denunciati per il reato di adulterio se il macellaio avesse versato la somma di 10 mila lire all’ospizio di carità di Pozzo Strada. L’amante accettò la proposta e firmò un assegno rendendosi un benefattore suo malgrado. [Gazzetta del Popolo]

Era il 10 aprile sempre del 1947 quando la piccola Ada Vindigni, bambina torinese di 9 anni, venne strappata alla morte. Per la prima volta in Italia la terribile meningite tubercolare (da cui nessuno si era mai salvato) venne curata tramite una sperimentazione in corso presso l’ospedale infantile Regina Margherita. L’esperimento, condotto dal primario dell’ospedale Prof. Filippo Madan, utilizzò come cura la streptomicina, antibiotico scoperto e largamente usato in America ma rarissimo in Italia. La cura a base di streptomicina, analoga alla penicillina ma con un’azione molto più vasta capace di curare sia tubercolosi che tifo, permise alla piccola Ada di guarire e di ritornare a condurre una vita normale. [Gazzetta del Popolo]

Il 22 aprile 1958 alle h. 11.00, una cameriera ed il direttore di un albergo nei pressi di Porta Nuova, trovarono il corpo della contessa di 75 anni Emma Malerba, distesa supina sul pavimento. Venne immediatamente chiamata la polizia che una volta giunta sul luogo, non sentendo più il battito del cuore e del polso, dichiarò la morte della donna a causa di un malore improvviso e chiamò il medico municipale per i consueti accertamenti di legge e i necrofori per il trasporto della salma. E proprio mentre il medico stava per sopraggiungere ed i necrofori stavano per deporre il corpo nella cassa, l’agente Gibelli si accorse che la contessa era ancora viva e che cercava di aprire gli occhi. Appena giunto il medico municipale confermò che l’anziana signora, nonostante le gravi condizioni in cui versava, era ancora viva; venne chiamata immediatamente un ‘ambulanza e la contessa venne trasportata d’urgenza all’ospedale Mauriziano. [La Stampa]

L’ 11 aprile 1973 fu una data molto importante per la città di Torino che vide, dopo 37 anni, la riapertura del il Teatro Regio. Rinato come l’araba fenice dalle ceneri del 1936, il Teatro Lirico torinese riaprì grazie alla collaborazione degli architetti Mollino, Morbelli, Morozzo e dell’ingegnere Zavelani Rossi. Nel 1937 infatti gli architetti Morbelli e Morozzo vinsero il concorso bandito per la ricostruzione del Teatro e nel 1965 subentrò anche il progetto firmato da Mollino e dall’Ing. Zavelani Rossi. Il melodramma scelto per la serata d’inaugurazione fu l’opera di Verdi, “Vespri siciliani”. Nella sala gremita c’erano diverse autorità, giornalisti provenienti da tutto il mondo ed era presente anche il presidente Leone insieme alla moglie Vittoria. Fu un fastoso spettacolo che riportò alla luce una delle meraviglie torinesi. [La Stampa]

Il 21 aprile 1979 vennero assunte per la prima volta dall’azienda municipale di raccolta rifiuti della città di Torino, sette donne con il ruolo di “donne-spazzino”, mestiere che fino ad allora era esclusivamente svolto da persone di sesso maschile. Lucia Masiello, Anna Maria Greco, Franca Chiariello, Anna Maria Di Maio, Michela Scaramuzzo, Luciana Zenetti e Florizia Romano, furono le donne torinesi, che dopo aver indossato la tuta arancione impermeabile e dopo aver preso la ramazza in mano, cominciarono a lavorare per la prima volta insieme ai loro colleghi uomini. [La Stampa]

Era il 17 aprile 1990 quando la piccola Patrizia Tacchella, dopo 78 giorni in balia dei suoi rapitori, ha potuto finalmente riabbracciare la sua famiglia. La bambina di 8 anni, figlia di Imerio Tacchella (il veronese “re dei jeans” Carrera) venne rapita nel pomeriggio del 29 gennaio a Gtravellona e portata in una villetta a Santa Margherita Ligure dove visse con i suoi rapitori fino all’arrivo delle forze di polizia.

I sequestratori furono immediatamente identificati e si scoprì che facevano tutti parte della cosiddetta “Torino bene”. Gli arrestati furono cinque: Bruno Cappelli, imprenditore di 35 anni nato a Moncalieri e residente a Nichelino, sua moglie Ornella Luzzi, 36 anni, a cui apparteneva la villa dove la bambina era stata detenuta, Valentino Biasi, 52 anni, abitante a Poirino, la sua compagna Carla Mosso di anni 38 e infine Franco Moffiotto, uomo di 48 anni, residente nel centro di Torino. Un lunghissimo incubo per la piccola Patrizia che fortunatamente si risolse nel migliore dei modi. [La Stampa]

Il 2 aprile 2000 durante i lavori per il recupero della Reggia di Venaria, vennero riportati alla luce i resti del Tempio della dea Diana. I tecnici e gli operai dell’impresa consorzio Schiavina Adanti, mentre erano impegnati nei lavori per la “rimessa a nuovo” della Reggia, furono costretti a fermarsi di fronte a un basamento di muri spessi più di 70 cm. Pare che su quei muri poggiasse il “fonum Dianae”, padiglione costruito su un isolotto, nella metà del 600′, in onore della dea della caccia e poi distrutto una decina di anni dopo per allargare il parco. Una scoperta davvero affascinante quella dei resti del tempio, rimasto coperto per 3 secoli da alberi e terra e che venne alla luce solo grazie al lavoro involontario di alcune ruspe.

 

Simona Pili Stella

Peggio ma meglio

La poesia

La scrittura è un ponte che collega il pendio della banalità all’etere oppure alla malattia, non conta quale sia la giusta via.

Assurgo raramente alla giusta conclusione, perchè la vita sta nell’azione e nella scaltra deduzione di dover isolare la devozione, lasciando spazio alla prolificità della chimera.

Quando sbagliamo ignoriamo la giusta correzione, perchè conoscendo l’archè svanirebbe l’illusione di cimentarsi in un’indagine riservata agli esseri troppo ricchi di etica e poveri di inventiva poetica.

Luca Testa

#fotoimperfetteGAM nel segno di Helmut Newton

Alla Gam di Torino un concorso fotografico online ispirato alla grande retrospettiva dedicata a Helmut Newton Un modo coinvolgente e di indubbio interesse per proseguire nell’omaggio al grande “enfant terrible” della Fotografia del secondo Novecento.

Questo vuole essere il concorso fotografico online dedicato alla mostra “Helmut Newton. Works”, inaugurata nel gennaio scorso nelle sale del Museo di via Magenta (prodotta da “Civita Mostre e Musei” con la collaborazione della “Helmut Newton Foundation” di Berlino e curata da Matthias Harder, direttore della Fondazione) ma purtroppo, in queste settimane e al pari di ogni altra attività espositiva, non visibile al pubblico a causa dell’ emergenza sanitaria piombata anche sul mondo culturale subalpino come una “tempesta” di inaudita violenza e dai risvolti a oggi ancora assai incerti e assai poco rassicuranti.


Il tema scelto per il contest riguarda un aspetto insolito e quasi inedito della produzione di Helmut Newton (Berlino, 1920 – Los Angeles, 2004), messo in luce durante la conferenza stampa di presentazione della mostra dal critico della Fotografia Denis Curti, e riproposto in un videoclip pubblicato sul canale YouTube della GAM: quello della foto imperfetta.
Il grande fotografo, “oriundo tedesco con passaporto australiano e residenza a Monte Carlo” (com’egli stesso si definiva), amava infatti, da geniale “ragazzaccio” qual era, sostenere: “Spesso cerco di fare delle ‘brutte foto’. Certo non posso fare a meno di lavorare meticolosamente, ma mi piace che le fotografie sembrino sbagliate… Preferisco i colori sparati, che fanno pensare a un errore nello sviluppo… Mi capita di tenere la macchina un po’ di traverso, quanto basta perché la foto non sia troppo perfetta”. E proprio nel video della GAM Denis Curti mostra, per l’occasione, alcuni scatti di moda realizzati da Newton in cui l’orizzonte non è precisamente orizzontale. “L’imperfezione- sostiene il critico – contribuisce a rendere più credibile la fotografia e a inserire lo scatto in una dimensione di realtà”.
Agli appassionati del lavoro di Newton, agli amanti della fotografia e a tutto il pubblico della GAM si chiede quindi di pubblicare su Instagram una “foto sbagliata”, magari realizzata proprio in questi giorni nella necessaria costrizione delle pareti domestiche, con l’hashtag #fotoimperfetteGAM
Attenzione, però. Perché “foto imperfetta- avvertono gli organizzatori – non significa foto brutta”. E precisano: “L’errore deve essere sempre funzionale al racconto, volto a donare maggiore forza e carattere. Un orizzonte storto può donare dinamicità a una scena, così come un mosso creativo può renderla più drammatica. La foto tecnicamente perfetta rappresenta sicuramente uno scatto oggettivamente valido, ma l’eccessiva attenzione alle regole può facilmente produrre una fotografia sterile, fredda e poco comunicativa. L’errore voluto, al contrario, può conferire all’immagine un’anima, rendendola viva: tuttavia dietro ogni ‘errore’ deve comunque esserci una scelta ragionata e una motivazione, tenendo sempre presente che anche una spiegazione plausibile, da sola, non è sufficiente a dare maggior valore al proprio scatto.

Le foto che arriveranno saranno subito pubblicate nelle “stories” di Instagram della GAM. Infine, non appena sarà possibile riaprire il Museo, saranno stampate grazie alla collaborazione di Nikon Italia, con l’idea  di realizzare un wall dedicato all’interno degli spazi del Dipartimento Educazione, che sarà inaugurato con una grande festa!
“E ovviamente – dicono alla GAM – non vediamo l’ora!”.

Per info: GAM- Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, via Magenta 31, Torino; tel. 011 o www.gamtorino.it

g. m.

I Lamberti, l’arte per gli ospedali

Quarantotto  opere di artisti prestigiosi, offerte per la nuova asta a sostegno degli ospedali del Verbano Cusio Ossola, fanno da “cornice” alla terza tranche dell’iniziativa benefica messa a punto in collaborazione dall’associazione I Lamberti di Omegna con Il Brunitoio di Ghiffa

La terza e ultima asta di beneficenza promossa per raccogliere fondi a sostegno dei presidi sanitari della provincia più a nord del Piemonte per fronteggiare l’epidemia da COVID-19 si annuncia molto interessante. Dopo le due prime aste, che hanno permesso di girare alla Fondazione Comunitaria del Vco un totale di 7.065 EURO, i risultati attesi per questa terza tranche sono ancora più promettenti.
Oltre all’adesione di artisti del calibro di UGO NESPOLO, GIANFRANCO ASVERI, OMAR GALLIANI, ANTONIO MIGNOZZI, FULVIO TOMASI, MAURIZIO GALIMBERTI e FULVIO CASTIGLIONI, da privati e gallerie sono, infatti, giunte opere di MIMMO ROTELLA, ENRICO BAY, UMBERTO MASTROIANNI, ALFREDO BUSÀ, CARLO CASANOVA, GIUSEPPE CARAMELLA, ANTONIO CALDERARA, CALLISTO GRITTI, ANTONIO DE VENEZIA, KOJIC TIJANA, SERGIO BIANCHERI e MAURO MAULINI. Come ha ricordato Roberto Ripamonti  de I Lamberti, animatore di questa nuova iniziativa a favore del territorio, “anche per le opere di questa terza asta la base d’offerta non corrisponde affatto alle reali quotazioni di mercato. Ringrazio ciascun artista che, cogliendo appieno lo spirito di questa iniziativa, ha accettato di partire con un’offerta economicamente inferiore, per dare così la possibilità a molti di acquisire opere d’arte importanti dando il loro contributo a questa importante causa».L’elenco completo degli artisti e delle opere è visualizzabile sul sito della Fondazione Comunitaria del Vco.
mtr

La stecca

/

PAROLE ROSSE di Roberto Placido /  Naturalmente non è quella da biliardo, e nemmeno quella che lasciava chi aveva finito il servizio militare, altri tempi, ma quella che prende un’artista durante un’esecuzione. Dispiace che a prenderla, attraverso le sigle sindacali, siano i dipendenti e, sembra, principalmente i maestri, della più grande fabbrica di cultura della città di Torino e della regione Piemonte.

E sì, con i suoi quasi quattrocento dipendenti, oltre trecento a tempo indeterminato, più di cinquanta a tempo determinato e diversi collaboratori, sono numeri da grande azienda. Azienda speciale, culturale, una vera e propria fabbrica di cultura non solo artistica e musicale ma anche di scenografie e di sartoria. Meritorio, come tante altre realtà italiane, il lavoro delle sarte del Regio nel produrre mascherine, il bene di prima necessità di questo sciagurato momento che stiamo vivendo. Dopo la lunga parentesi alla sovrintendenza del Teatro Regio di Torino di Valter Vergnano e la breve, negativa e chiacchierata, di William Graziosi, è arrivato l’ex direttore artistico del teatro An der Wien di Vienna, Sebastian Schwarz. Sicuramente nel bando di selezione non c’era la situazione dei conti del nostro teatro lirico, ne’ di quelli passati e nemmeno di quelli recenti. A complicare la situazione, come si usa dire “piove sul bagnato” il blocco del cartellone e delle attività determinato dal Corona Virus. Così Schwarz, nell’assenza del Presidente del Consiglio d’indirizzo della Fondazione Teatro Regio di Torino, per statuto è il Sindaco della città, -che ancora una volta si segnala nel defilarsi da qualsiasi situazione difficile o impegnativa-, ha incominciato a cercare le risorse per evitare il tracollo, in attesa che si arrivi a sapere, intendo ufficialmente, l’ammontare esatto dei conti del Teatro, quei due milioni e mezzo di euro necessari.

Gli interlocutori naturali ed obbligati le fondazioni bancarie, la vera cassaforte, i veri padroni, e qualcuno ne è anche convinto comportandosi in tal senso, non solo dell’esangue se non moribonda cultura torinese ma anche di molto altro. Difficile districarsi nel contratto delle fondazioni liriche, che a detta dei bene informati è tra i migliori, in senso di garanzie per i lavoratori, del mondo dello spettacolo, e legittimo proporre in alternativa ferie non godute un po’ meno comprensibile proporre la realizzazione di una rassegna estiva in queste condizioni. Mi hanno spiegato anche la differenza tra stipendio base e i vari aspetti accessori del salario legato a spettacoli e rappresentazioni e ad altri aspetti ma onestamente, me ne dispiace, faccio fatica a capirli ed a condividerli. Vuol dire non capire lo stato di salute dell’ente lirico, il discorso sulle responsabilità lungo ed annoso, il momento che stiamo attraversando. In un paese che prova a garantire altri lavoratori, le partite iva, con seicento euro al mese, quelli in “nero”, che non hanno garanzie, con cifre simili, i senza reddito con buoni acquisto e di cittadini ed associazioni che si inventano i “panieri sospesi” per i disperati e si potrebbe continuare. La sinistra, i lavoratori, hanno sempre avuto tra i propri valori la solidarietà, l’attenzione verso gli ultimi ed io, a meno che non mi convincano con argomenti forti, nel rifiuto da parte dei lavoratori del Regio della richiesta di cassa integrazione, in questo momento attesa, sperata da milioni di altri lavoratori precari e non garantiti, non ritrovo più quei valori.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Anita Nair  “Sapore amaro”  -Guanda-  euro 19,00

Anita Nair è l’autrice indiana del best seller “Cuccette per signora” (del 2001) ed ora ci incanta con questo romanzo a più voci femminili in cui intesse storie, sentimenti, paure, sconfitte e vessazioni subite da 4 protagoniste principali intorno alle quali ruotano altri personaggi memorabili. Geniale è il filo che collega le loro vite, perché la Nair fa parlare una scrittrice e scienziata 35enne morta suicida, Srilakshmi. Come si è uccisa lo scoprirete alla fine, ma l’importante è che dopo la cremazione il suo amante segreto trafuga una delle falangi sopravvissute al fuoco e la nasconde nello scomparto segreto di un mobile, condannando così la sua anima a restare sulla terra.

“Solo io sapevo che non sarei mai stata liberata. Irrecuperabile in vita. Irrecuperabile in morte. Trafugandomi e seppellendomi nel suo cuore e nel suo armadio, Markose aveva fatto si che rimanessi per sempre nel limbo”. Sono le parole con cui Srilakshmi riassume la sua tragedia.

50 anni dopo il mobile finisce per caso in un Resort, ed è proprio lì che va a nascondersi la piccola Megha di 6 anni per scappare dall’orco che le usa violenza. Il doppiofondo si apre e la falange -in cui è rimasta intrappolata l’anima che non trova pace- inizia a passare di mano in mano intersecando le vite di altre donne e le loro tragedie. Nel Resort c’è la giornalista di successo Urvashi con un matrimonio agli sgoccioli, in fuga dall’amante narcisista borderline che non accetta il rifiuto e diventa lo stalker che la perseguita in ogni modo. Poi c’è Najma, costretta a celare la mostruosità del suo viso, sfregiato con l’acido da uno spasimante respinto, davanti a spettatori che hanno finto di non vedere. Queste le traiettorie principali lungo le quali viaggia l’anima di Srilakshmi che, raccontandoci le loro vite, traccia il quadro sconsolante della condizione femminile in India. Le loro esistenze difficili che volgono in tragedie quanto più cercano di auto affermarsi ed emanciparsi da una società che le relega al fondo di tutto e sotto tutti.  Un libro che resta nel cuore.

 

Martin Caparros  “Tutto per la patria”  -Einaudi-  euro  19,50

Il giornalista e scrittore argentino, nato a Buenos Aires nel 1957 -direttore di svariate riviste culturali, laureato in Storia a Parigi e vissuto anche a New York e Madrid- imbastisce un giallo ambientato nella capitale argentina degli anni 30. L’idea gliel’ha suggerita la lettura di Camilleri e le avventure del commissario Montalbano l’hanno conquistato al punto da spingerlo a cimentarsi nello stesso genere letterario. Ambienta il suo giallo nella Buenos Aires del 1933 quando, nonostante la crisi del 29, l’Argentina era una delle 10 nazioni più ricche al mondo: un crogiolo di culture importate soprattutto da italiani e spagnoli, cantieri aperti un po’ ovunque e il via al traffico nell’incredibile Avenida 9 de Julio. Caparros fa scendere in campo il suo protagonista, Andrés Rivarola, giovane perdigiorno che si arrangia come può per vivere e sogna di comporre un tango memorabile. Si ritrova nei panni di investigatore-reporter alle prese con un mondo che ha forti echi di fascismo (sono gli anni in cui Hitler prende il potere e l’Europa sta sbandando pericolosamente) e, tra corruzione e confusione politica, i militari in Sudamerica scavalcano tutto e tutti per arrivare al vertice. La vittima è Mercedes, giovane trovata morta con la gola tagliata e, stranamente, la notizia viene nascosta per giorni. Suicidio o omicidio? Il padre accusa gli anarchici durante il funerale trasformato in comizio. A intorpidire le acque si aggiungono poi fumose sale da ballo in cui la ribellione batte nei tacchi dei “tangueiros”, ambienti malfamati, sporchi maneggi politici, il mondo del calcio (con il campione Bernabé Ferreyra che ambisce compensi da star ma si rifiuta di rientrare nella squadra argentina). Al di là della trama, che scoprirete intricata, la grande protagonista del romanzo è soprattutto Buenos Aires. La sua gente, i suoi luoghi  mitici, come  il cimitero La Recoleta (una città nella città con mausolei che sono autentiche opere d’arte) e i primi anni del professionismo calcistico. Poi Caparros si diverte prendendo di mira i circoli intellettuali dell’epoca e ritrae un Borges acerbo (la grande fama internazionale deve ancora arrivare) che infastidisce con il suo atteggiamento tra il supponente e il ridicolo, tronfio, dai versi ancora scadenti e corteggiatore di donne senza successo. Insomma un tuffo in una Buenos Aires indimenticabile.

 

 

Claudio Magris  “Polene. Occhi del mare” –La nave di Teseo- euro 20,00

Vi fa solcare mari in tempesta, veleggiare verso l’ignoto e vi travolge nei flutti salati questo libro di Magris, tra saggio, racconto, e immagini bellissime. Protagoniste le polene, mitiche statue- sculture che imperavano sulle prue delle navi, dall’antichità fino a temi più moderni (difficile stabilire l’ultimo creatore di polene, comunque nel 1907 la Marina Americana decise di toglierle dalla prua delle sue navi).

Sguardi che scrutavano l’ignoto, alcune dalle sembianze di donne fatali e seducenti, sirene adescatrici rappresentate da ammalianti sorrisi e seni procaci; altre invece sfingiche, arcigne, più demoni che angeli, o dall’aspetto energico e rompiscatole come quello delle donne che attendevano i marinai a casa. La polena più antica di cui si ha memoria nel mito sarebbe stata la testa d’ariete che indicava la rotta alla nave degli Argonauti. Ma le più affascinanti sono soprattutto le effigi femminili, a volte donne bellissime dalle forme voluttuose ispirate a modelle in carne ed ossa ritratte dagli artigiani. “Il modello ideale”..scrive Magris “il prototipo della polena è neoclassico….nasce da un vortice di vento che, alla base, sembra increspare le onde e si prolunga nella veste fluttuante, linea ondulata di onda marina trattenuta prima di disperdersi nell’informe”. Magris rintraccia storie affascinanti e suggerisce le visite a musei carichi di storie di uomini e mare, dove le  polene riposano e si lasciano ammirare: come il Valhalla alle isole Scilley, i Musei Marittimi di Anversa e Barcellona, quello di Ringkøbing in Danimarca o il National Museum of the Royal Navy a Portsmouth.

Poi con il declino della navigazione a vela anche le  polene furono trascinate a fondo da una progressiva decadenza. Molte vennero smontate dalle navi, altre, vittime di tempeste e naufragi, furono restituite dal mare smangiucchiate dall’acqua, dai pesci e dal tempo nelle profondità più buie. E Magris è abilissimo nel ripercorrere e raccontarci le loro vite e il loro destino.