Nel post Covid 19, la modernità di Giuseppe Ungaretti

A 50 anni dalla scomparsa del poeta simbolo dell’ermetismo / È  trascorso poco più di un secolo, con precisione 101 anni, dalla data di pubblicazione, nel 1919, di “Allegria di naufragi”, una delle raccolte poetiche più note composte da uno dei più significativi poeti del Novecento, Giuseppe Ungaretti. Alla luce dell’evento traumatico e inaspettato per cui il 2020 sarà ricordato sui libri di storia, vale a dire la pandemia mondiale provocata dal Covid 19, e ripensando ad un altro anno sicuramente fatale dal punto di vista storico come fu il 1919, nasce spontaneo un confronto tra i due momenti temporali. E nessuna più della poesia ungarettiana diventa tremendamente attuale in un’epoca come quella che stiamo vivendo.

In fondo il 1919 non fu soltanto l’anno passato alla storia per i trattati di pace che conclusero la prima guerra mondiale, tra cui quello di Versailles con la Germania, quello di Saint Germain con l’Austria, quello di Sevres con la Turchia, ma fu anche l’anno della costituzione della Repubblica di Weimar e della crisi della Germania, che usciva sconfitta dal conflitto, con un pesante debito di guerra e la perdita di tutte le colonie. Ma fu, soprattutto, l’anno dell’inizio della terza ed ultima fase dell’epidemia di spagnola che, tra l’ottobre del ’18 ed il dicembre del ’20, provocò oltre cinquanta milioni di vittime.

Ricordando la poesia ungarettiana “Allegria di naufragi”, risalente al febbraio del 1917, che diede poi il titolo all’omonima raccolta poetica, il testo recita: “E subito riprende /il viaggio/ come/ dopo il naufragio/ un superstite/ lupo di mare”.

Oggi più che mai questa poesia ungarettiana dimostra, secondo me, a piú di cent’anni anni dalla sua stesura, tutta la sua attualità nell’invito che il poeta rivolge al lettore a non cedere mai di fronte alle avversità della vita. Un evento traumatico e devastante, quale fu la prima guerra mondiale o, seppure sotto aspetti diversi, la pandemia da Covid 19, può aver travolto o travolgere l’uomo, ma egli, per la sua stessa natura, è capace di ritrovare la forza vitale che gli consente di riprendere il viaggio della vita. Ungaretti, attraverso questa lirica, vuole proprio far capire al lettore che l’animo umano è costituito apposta per dare il meglio di sé dopo un “naufragio”. La similitudine tra la condizione del naufrago e quella del soldato è evidente; come il naufrago sopravvive al disastro navale, così il soldato riprende a vivere la propria vita dopo essere sopravvissuto alla guerra.

In fondo, usciti dal lockdown della pandemia da Covid 19, siamo un po’ tutti simili a dei naufragi, sia coloro che sono stati direttamente colpiti dalla perdita o dalla malattia di un familiare, sia coloro che, dal punto di vista psicologico ed umano, ne sono rimasti colpiti. Credo, in misura personale, un po’ tutti. Forse, a differenza dell’epoca in cui Ungaretti scriveva questa come altre liriche rimaste uniche nel Novecento, oggi è venuto a mancare, rispetto a cento anni fa, quello spirito di solidarietà, che consentì allora di superare tutti insieme un flagello devastante come fu la prima guerra mondiale, anche grazie alla presenza di valori forti, quali la patria e la famiglia.

Però, a distanza di più di cento anni, l’animo umano, anche se la società è profondamente cambiata, nel suo fondo è rimasto, secondo me, lo stesso ed in ogni dolore  ed evento negativo rimane capace di riscoprire la forza presente dentro di sé  per continuare il percorso di vita e riscoprirne i veri valori, dopo un periodo in cui si è anche temuto di poterla perdere.

Oggi la ripresa del viaggio della vita, nella sua quotidianità, dopo un periodo così difficile, deve passare non soltanto attraverso un comune sforzo di solidarietà e di reciproco avvicinamento spirituale (pur nel mantenimento del distanziamento fisico), ma anche attraverso una riflessione sui veri valori della vita. Questa può essere facilitata anche dalla riscoperta della poesia, che è sempre stata uno degli strumenti che, meglio, riescono a disvelare agli uomini i misteri della vita.

Mara Martellotta

In collaborazione con: www.pannunziomagazine.it

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