POLITICA- Pagina 278

Concessioni idroelettriche, interviene il Pd

 “ABBIAMO RIMEDIATO AGLI ERRORI DELLA GIUNTA CIRIO”

Il consigliere regionale Alberto Avetta: “Cirio e la sua maggioranza non ascoltano gli avvisi del Pd e preferiscono farsi bacchettare dal Governo, a scapito dei piemontesi”

«Il Consiglio regionale è intervenuto per mettere una pezza agli errori commessi con ostinazione dalla Giunta Cirio in materia di grandi derivazioni ad uso idroelettrico (le cd. “concessioni): infatti, la legge regionale è stata impugnata dal Governo davanti alla Corte Costituzionale per diversi profili di illegittimità, a cominciare dall’esclusione delle domande di nuove concessioni. Ancora una volta la Giunta Cirio si è fatta bacchettare dal Governo e abbiamo perso più di un anno. Questi errori di presunzione li pagano i piemontesi. E questo nonostante il Pd avesse avvisato la Giunta che quella legge era scritta male e che avrebbe esposto la Regione Piemonte al ricorso del Governo. Cosa puntualmente accaduta. Come spesso capita a Cirio e ai suoi assessori quando mettono il naso fuori dal cortile di casa». Lo afferma il consigliere regionale Alberto AVETTA a margine dell’approvazione a Palazzo Lascaris del Disegno di legge regionale 22 giugno 2022, n. 212 “Modifiche alla legge regionale 29 ottobre 2020, n. 26 (Assegnazione delle grandi derivazioni ad uso idroelettrico)”. «Registriamo una certa difficoltà da parte della Giunta e della sua maggioranza quando si devono scrivere leggi che hanno un impatto significativo, che coinvolgono interessi complessi ed articolati e che devono essere coerenti con l’impianto legislativo nazionale ed europeo. Leggi un po’ più complesse di quelle, pur importanti, sulla Festa del Piemonte, che però hanno impegnato l’Aula per settimane, quando invece sarebbe urgente concentrarsi su temi ben più dirimenti rispetto al futuro economico e sociale dei nostri territori. Gli amici delle destre pensano che la tanto sbandierata autonomia del Piemonte si traduca in “a casa nostra facciamo come vogliamo”. Ma non funziona così. E anche stavolta – e per fortuna – qualcuno ha imposto loro la marcia indietro”

“Disturbi Alimentari, da oggi il Piemonte può contare sulla migliore Legge a livello nazionale”

Gioia e soddisfazione per l’approvazione, in Consiglio Regionale, del testo unificato della Legge sui Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, con il quale sarà possibile cambiare la vita delle ragazze e dei ragazzi colpiti da queste patologie e delle loro famiglie. Sostegno alle famiglie stesse, domiciliarità (con l’approvazione di un Ordine del Giorno specifico), prevenzione, uniformità della rete di servizi su tutto il territorio, formazione dei medici e presso le scuole sono alcuni degli elementi peculiari del testo: ci assicureremo che la Giunta e la Direzione Sanitaria mettano in campo tutte le misure, anche finanziarie, previste dalla Legge.

Passa in Consiglio Regionale quella che è, in questo momento, la Legge più avanzata a livello nazionale in tema dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione: la soddisfazione è grande, sia per la qualità del lavoro svolto in collaborazione con le altre forze politiche sia, soprattutto, per il risultato raggiunto. Siamo stati i primi, come Moderati, a presentare a giugno 2021 una Proposta di Legge sul tema della “Prevenzione, diagnosi e cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare e misure di sostegno per le famiglie coinvolte”, seguiti poi da tre altre forze politiche di Minoranza e di Maggioranza. Il risultato è un testo – quello unificato delle Proposte di Legge numero 148, 149, 162 e 167 sul tema delle “Disposizioni per la prevenzione e la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e per il sostegno ai pazienti e alle loro famiglie”, votato e approvato – capace di rispecchiare le esigenze e le richieste delle Associazioni, con le quali la collaborazione è stata costante, e di rappresentare un sostegno reale non solo alle ragazze e ai ragazzi con disturbi dell’alimentazione, ma alle loro famiglie, che con i disturbi dell’alimentazione hanno quotidianamente e drammaticamente a che fare.

Questa Legge si concentra sull’urgenza di una diagnosi precoce, della prevenzione, della formazione del personale medico e infermieristico, di percorsi di informazione e sensibilizzazione nelle scuole, del sostegno alle ragazze, ai ragazzi e alle famiglie anche dopo la fase acuta. Abbiamo sottolineato con forza che, tra i luoghi di cura, va inserita a tutti gli effetti la fase della domiciliarità, nei casi in cui le condizioni materiali e ambientali lo consentano. Sappiamo quanto cruciale sia, da questo punto di vista, l’assistenza al pasto, momento delicato nel quale i ragazzi e le famiglie non devono essere lasciati soli. Proprio in tema di domiciliarità, con un Ordine del Giorno approvato all’unanimità abbiamo voluto sottolineare questo aspetto e quello, strettamente connesso, del sostegno alle famiglie: l’atto impegna la Giunta a inserire nel Piano di progetto biennale la domiciliarità delle cure per i soggetti con DNA come linea di azione principale del Piano, sostenendo tale intervento con le adeguate risorse finanziarie a valere sul Fondo DNA.

Decisiva la scelta, che rivendichiamo con forza e che abbiamo proposto dall’inizio, di prevedere risorse economiche consistenti e specifiche per questa Legge. Ci assicureremo che la Giunta e la Direzione Sanitaria impieghino tutte le misure della Legge e le risorse economiche nazionali in arrivo anche sul Piemonte. Abbiamo voluto prevedere una Rete di Servizi uniforme su tutto il territorio, dal momento che non è tollerabile che il reddito familiare e il luogo di residenza siano variabili dalle quali finisca per dipendere l’esito di un percorso di cura. Anche su questo dovremo aprire un ragionamento dialogando con il Privato Sociale.

Abbiamo a oggi flussi enormi di turismo sanitario su questi temi: i numeri sono drammatici e in ulteriore aumento dopo due anni di pandemia. Ogni anno sono diagnosticati in Piemonte 260 nuovi casi di anoressia e 450 di bulimia, dati nei quali non confluisce il cosiddetto “sommerso”. Secondo Eurispes, oltre 2 milioni di ragazzi tra i 12 e i 25 anni soffrono, a livello nazionale, di disturbi del comportamento alimentare. Al dato quantitativo, di per sé impressionante, si aggiunge il fatto che questo fenomeno, anche quando riconosciuto come tale, è spesso sottovalutato sia da chi ne soffre che dai familiari. I DNA non sono un fenomeno che scompare con la fine dell’adolescenza, ma possono cronicizzarsi e continuare anche in età adulta. Farsi carico delle ragazze e dei ragazzi con disturbi del comportamento alimentare è compito dell’intera comunità. Fondamentale è la collaborazione con il Terzo Settore e con le Associazioni, ambiti nei quali le famiglie possono trovare aiuto e darsi reciprocamente sostegno nell’ambito di un percorso comune. Siamo convinti che, anche in questo ambito, debba essere rispettato il principio del “Niente su di noi senza di noi”.

Silvio Magliano – Presidente Gruppo Consiliare Moderati, Consiglio Regionale del Piemonte.

Legge disturbi alimentari: la soddisfazione di Marrone e Vercellotti

È stata approvata  dal Consiglio Regionale del Piemonte la Pdl sui “disturbi alimentari” promossa dal consigliere di Fratelli d’Italia Carlo Riva Vercellotti e sostenuta dall’assessore alle politiche sociali Maurizio Marrone.

“Grazie all’approvazione di questo testo – spiegano Marrone e Riva – in Piemonte verranno promossi interventi volti alla cura dei disturbi della nutrizione e potenziata l’offerta dei servizi e delle prestazioni. L’obiettivo è mettere in atto azioni per il riconoscimento, l’informazione, la sensibilizzazione e la formazione, riservando una particolare attenzione all’età evolutiva per una precoce presa in carico. La Regione Piemonte è al fianco delle nostre famiglie: nessun giovane adolescente o preadolescente, nessun malato, nessuna famiglia dovrà trovarsi sola e smarrita di fronte alla terribile esperienza dell’anoressia e della bulimia. Un impegno certamente difficile che con il voto odierno troverà finalmente una nuova cornice, nuovi strumenti  e dispositivi messi in campo dalle Istituzioni sanitarie regionali”.

“La crisi pandemica ha incrementato purtroppo il fenomeno dei disturbi alimentari – prosegue Carlo Riva Vercellotti, – . È per questo che un anno fa, insieme al gruppo consiliare di Fratelli d’Italia, decisi di proporre un progetto di legge finalizzato ad individuare modalità innovative di intervento, viste anche le numerose sollecitazioni che ci pervenivano da comunità locali, istituzioni e famiglie. Da qui – spiega Riva Vercellotti- è iniziato un percorso virtuoso che ha consentito di ascoltare e recepire nel tavolo tecnico avviato e poi in sede di Commissione Sanità indicazioni e suggerimenti di colleghi, esperti, Sindaci, famiglie, associazioni, fino all’approvazione in Commissione lo scorso giugno di una proposta capace di scrivere un testo che raccogliesse le necessità della nostra regione”.

“Soffrire di un disturbo dell’alimentazione – conclude l’assessore Marrone – sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali. Solo una piccola percentuale di persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione chiede aiuto. Si questo il ruolo del Terzo settore sarà determinante”.

Covid, Pd: effetti allarmanti su medici e operatori

I consiglieri Domenico Rossi e Daniele Valle: “Attivare percorsi di presa in carico e sostegno psicologico e agire a monte ricostruendo condizioni di lavoro adeguate e funzionali, a partire dal numero degli addetti.”

L’indagine conoscitiva sul disagio psicologico e rischio suicidario nella popolazione come conseguenze del Covid ha avviato i propri lavori con l’audizione dell’Ordine dei Medici, con un focus sulle problematiche della professione medica.

Ecco alcuni numeri emersi. Secondo un’indagine di aprile 2022 dell’Istituto Piepoli il 58% dei medici riferisce di non sentirsi sicuro sul luogo di lavoro; il 71% riferisce stress e aumento del carico di lavoro, paura del contagio, problemi organizzativi; l’11% dei medici generici e il 4% degli ospedalieri dichiara patologie e disturbi di cui prima del Covid non soffriva. Tre quarti dei medici intervistati non riesce più a conciliare vita lavorativa e famiglia.

Una ricerca Anaao Lombardia di inizio 2022 su 958 medici ospedalieri riporta che il 71% di loro ha sofferto di burn-out; il 31,9% ha denunciato disturbi dello spettro ansioso; il 38,7% depressivi. A soffrire maggiormente di questi disturbi le donne e i giovani, per la maggior complessità dei carichi familiari le prime, per la minor esperienza i secondi.

Nel 2020 la Federazione dei Medici di Medicina Generale ha registrato sui propri aderenti un 37% con sintomi da sindrome depressiva, un 32% con sindrome post traumatica da stress, un 75% con disturbi legati all’ansia. Tra le principali cause scatenanti non essere stati dotati nelle prime fasi di dispositivi di protezione individuale (41%), non aver ricevuto informazioni adeguate per proteggere la propria famiglia (48%) né linee guida diagnostico terapeutiche per curare i pazienti (61%).

«Questi numeri-dichiarano Domenico ROSSI, vicepresidente della IV commissione e Daniele VALLE, vicepresidente del Consiglio Regionale-ci dicono che non esiste un semplice ritorno alla situazione ante-Covid. Il nostro personale, dopo anni di tagli, è stato sottoposto a un vero e proprio evento traumatico, con tutte le conseguenze ad esso connesso. Oggi è logorato da uno sforzo e una tensione prolungati che hanno lasciato il segno e che, in prospettiva, continua a persistere. Molti, troppi ci riferiva il Presidente Guido Giustetto, hanno reagito lasciando il posto di lavoro quando non lasciando la professione. Ogni ragionamento sul futuro della sanità deve tenere conto di tutto questo. Dobbiamo reagire subito, attivando percorsi di presa in carico e sostegno psicologico dedicati alle professioni medico infermieristiche, agli OSS, ai tecnici. D’altro canto, dobbiamo agire a monte ricostruendo condizioni di lavoro adeguate e funzionali, a partire dal numero degli addetti. Una delle principali cause del disagio è stata, infatti, la sensazione dell’inutilità del proprio lavoro, in una situazione di caos organizzativo e insufficienza di risorse. A questa bisogna rispondere con un rinnovato sforzo organizzativo e di programmazione, che al momento non riusciamo a vedere».

Peste suina: le richieste del Consiglio regionale

Peste suina: nella seduta pomeridiana l’Aula ha approvato i quattro atti di indirizzo collegati all’Assemblea aperta svoltasi in mattinata.
L’ordine del giorno a prima firma Monica Canalis (Pd) impegna la Giunta ad adoperarsi per velocizzare il completamento della recinzione che isola l’area infetta e favorire un rapido incremento dell’azione di contenimento dei cinghiali su tutto il territorio regionale. Inoltre la impegna a farsi parte attiva con il governo nazionale per l’erogazione di ristori e ad informare mensilmente il Consiglio sullo stato di attuazione del piano di eradicamento della peste.                                                                                Paolo Bongioanni (FdI) nel suo atto di indirizzo chiede di sollecitare il Governo e il Parlamento a modificare la legge 157/1992 sulla fauna selvatica, aumentando la possibilità di abbattimenti dei cinghiali e del numero di addetti abilitati e a prevedere maggiori finanziamenti per il piano regionale. La Regione deve anche “favorire mezzi e risorse per contrastare l’abbandono di rifiuti nei centri abitati e aumentare le capacità operative della polizia rurale, al fine di contrastare la diffusione del cinghiale presso i centri abitati.
Anche l’Odg a prima firma Paolo Ruzzola (FI) chiede la modifica della legge nazionale su fauna selvatica e prelievo venatorio, in particolare chiede di includere tra gli incaricati ad operare, oltre alle guardie venatorie, i carabinieri forestali, i proprietari e conduttori dei fondi interessati, anche altri soggetti con licenza per l’esercizio venatorio.
Infine Sean Sacco (M5s) ha presentato un atto di indirizzo che impegna la Giunta a prevedere “misure omogenee nelle aree interessate dal contenimento della peste suina africana attraverso un coordinamento tra la Regione Piemonte e la Regione Liguria”.

Pd, Beni confiscati: nella giornata del 19 luglio un segnale chiaro contro le mafie

 

Approvati strumenti innovativi per rendere più efficace il riutilizzo dei beni sottratti alla criminalità organizzata.

19 luglio 2022 – Dopo tre anni senza risorse per il riuso dei beni confiscati – dal 2019 infatti la Regione Piemonte non finanzia il bando destinato ai Comuni – buone notizie per tutti coloro che hanno a cuore il tema della lotta alle mafie, proprio nel giorno in cui ricorrono i trent’anni dalla strage di via D’Amelio.

Nella seduta odierna è stata approvata all’unanimità la delibera che sblocca il bando per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, per un ammontare di 450.000 euro per il 2022 e altrettanti per il 2023. Alla presente delibera i consiglieri Diego Sarno (primo firmatario) e Domenico Rossi, hanno presentato un ordine del giorno con l’obiettivo di rendere più efficace il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. Un atto di indirizzo approvato all’unanimità.

“Il documento può rappresentare un importante strumento nelle mani della Giunta per mettere il Piemonte nelle migliori condizioni per continuare la lotta politica, culturale ed economica contro le mafie. Anche a partire dagli spunti offerti in Commissione Legalità da Maria Josè Fava, referente di Libera Piemonte, e del professor Rocco Sciarrone, dell’Università di Torino, sappiamo che il Piemonte, penultimo in Italia per numero di beni riutilizzati, può e deve fare molto di più per sostenere il riuso degli stessi, e quindi la lotta alle mafie” spiegano i consiglieri Dem.

“In tal senso l’ordine del giorno impegna la Giunta a prevedere per tutti gli anni la pubblicazione del medesimo bando, impegnando una somma non inferiore ai 450.000 euro già previsti per il 2022 e il 2023. Allo stesso modo, il documento prevede la possibilità di accordarsi con la Prefettura per estendere anche agli enti del terzo settore l’accesso ai fondi, oggi previsto solo per gli enti locali; il riconoscimento della priorità, nell’attribuzione di fondi nei bandi regionali, a progetti che si svolgeranno all’interno dei beni confiscati; la previsione, nell’offerta formativa degli amministratori, di una socializzazione agli strumenti dell’intercomunalità, della co-progettazione e dell’amministrazione condivisa come buone pratiche per garantire una migliore gestione dei beni confiscati, attivando anche una cabina di regia regionale per attivare un piano straordinario in materia” precisa Sarno.

“Oggi in aula abbiamo rimesso al primo posto la lotta alle mafie e con l’ordine del giorno approvato all’unanimità abbiamo avviato un percorso di innovazione nelle procedure di bando così da velocizzare i percorsi e sostenere Comuni e terzo settore, che sono gli attori principali, con strategie chiare e favorendo il coordinamento e la collaborazione tra istituzioni” aggiunge Rossi. “In particolare la possibilità di un accesso diretto ai fondi erogati da parte degli enti del terzo settore, già gestori dei beni in via definitiva, apre uno scenario completamente nuovo nelle modalità di progettazione e sviluppo nel recupero dei beni e nel coinvolgimento della società civile” conclude il consigliere Dem.

Una rosa per Borsellino da Torino tricolore

Nel trentennale della sua morte Torino Tricolore ricorda Paolo Borsellino

Torino, 19 Luglio – Questa mattina, nel trentesimo anniversario dell’uccisione del magistrato Paolo Borsellino, i volontari di Torino Tricolore hanno depositato, davanti alla residenza Universitaria a lui intitolata, una rosa rossa per ricordare il suo sacrificio e l’impegno profuso, insieme a Giovanni Falcone, per la lotta alla mafia.

“Con questo gesto – dichiara Matteo Rossino portavoce di Torino Tricolore – abbiamo voluto portare un doveroso riconoscimento a Paolo Borsellino, alla dedizione che ha mostrato per il proprio lavoro e al coraggio con cui ha affrontato l’inevitabile, per non dimenticare uomini che, come lui, hanno sacrificato la vita per la propria Nazione.”

Democrazia e credibilità: “Noi siamo con voi” sostiene Draghi

Anche il Coordinamento interconfessionale del Piemonte “Noi siamo con voi” ha ritenuto di esprimere un proprio giudizio riguardo alla crisi di governo

Per noi credenti la qualità di una democrazia si misura nella ricchezza del suo “spazio pubblico”, vale a dire il recinto entro cui condividere, valutare e proporre soluzioni alternative ai problemi comuni che possono anche confliggere. E la politica dovrebbe essere quello spazio pubblico, il cantiere sempre in corso della diversità, delle alternative, degli esperimenti di vita, il laboratorio della non conformità e delle varie identità sociali. Insomma l’assunzione pubblica di quella responsabilità comune dove si vincono le resistenze al cambiamento perché la fine di un mondo non è la fine del mondo. Oggi più che mai – per noi del Coordinamento Interconfessionale piemontese – c’è bisogno di un supplemento di responsabilità ma anche di solidarietà. La guerra in Ucraina, la pandemia che rialza la testa, la crisi energetica, salari e pensioni falcidiati dall’inflazione, i cambiamenti climatici, il piano di crescita da portare avanti. Tutto questo esige risposte eccezionali. Quando la politica si rivolge alle paure, alle passioni e alle emozioni che scuotono lo spazio sociale, causano la revoca della fiducia, l’apatia, il rancore, il cinismo, il populismo. E fornisce su un vassoio d’argento il grimaldello con il quale autocrati mascherati da tribuni del popolo si aprono la strada del consenso. E allora la strada è univoca: la crisi della democrazia richiede più democrazia. Ma anche, forse soprattutto, credibilità, dote che a Mario Draghi viene riconosciuta in tutto il mondo, anche dai suoi avversari. Forse quando ci ricongiungeremo con i nostri Padri a noi non verrà chiesto quanto siamo stati credenti, ma quanto siamo stati credibili.

Giampiero Leo portavoce del Coordinamento interconfessionale “Noi siamo con voi”

Chicane e pit stop a Torino?

L’interpellanza per capire quando finirà il cantiere sul ponte Diga

 

Era il 13 maggio 2021, data quasi storica (!), quando iniziarono gli interventi di manutenzione straordinaria del ponte Diga sul Po di lungo Stura Lazio, consistenti nel sollevamento degli impalcati per la sostituzione di tutti gli appoggi e nel rinforzo strutturale delle Selle Gerber.

Lavori che avrebbero dovuto durare complessivamente oltre un anno e che come previsto nell’ordinanza, essere supportati da una serie di precauzioni.

Tra queste il divieto di transito per mezzi con peso complessivo superiore a 3,5 t, lunghezza superiore a 7 m e larghezza superiore a 2,20 m garantito con l’istituzione di appositi blocchi agli accessi del ponte realizzati con new jersey in cls e un limite di velocità di 30 km/h sull’intero impalcato del ponte e per un tratto di 50 m alle sue due estremità.

Nulla da eccepire sulle precauzioni e limitazioni per consentire adeguate condizioni di sicurezza sia agli utenti della strada, sia agli operatori del cantiere, ma i lavori proseguono notevolmente a rilento.

“I blocchi in new jersey posizionati all’inizio di corso Don Luigi Sturzo all’intersezione con piazza Coriolano e in lungo Stura Lazio quasi all’altezza del curvone delle “cento lire” – sottolinea il vice capogruppo di Torino Bellissima, Giuseppe Iannò, formano una vera e propria chicane, rendendo quel percorso un vero “circuito da formula uno”. Il vero problema sono gli ingorghi e le difficoltà per mezzi di soccorso. Visto il protrarsi dei lavori – chiede il consigliere – è veramente utile il posizionamento dei new jersey così predisposti e non sia il caso di ripensare alla loro collocazione, per migliorare la viabilità? Quando è effettivamente prevista la fine dei lavori di rinforzo strutturale del ponte Diga sul Po?”

Pernigotti (Italexit). Cronaca di una morte annunciata e voluta (da tutti): chissà perche?

Non è un colpo di scena come vogliono far credere politica e sindacati quello della volontà di acquisizione della Pernigotti di Novi ligure da parte del fondo speculativo finanziario JP Morgan.
Piuttosto sembra il segnale chiaro di un calo del sipario, che nessuno vuol davvero svelare.
Dalla vendita alla famiglia Averna, da parte  del discendente del fondatore Stefano Pernigotti, alla cessione ai Toksoz, turchi proprietari di un gruppo industriale. Dalla crisi, allo spezzatino, dai repentini e frequenti cambi di rotta della proprietà all’inutile vicenda giudiziaria, fino ad arrivare  alla sospensione delle trattative per la vendita dello storico marchio di Novi Ligure e all’annuncio dell’arrivo della JP Morgan in salsa draghiana. Sono sbiaditi gli annunci del 2018 di ministri e politici che consideravano il salvataggio di un
marchio storico che ha fatto grande il territorio già dato come avvenuto. Le uniche certezze sono che dei 92 dipendenti superstiti ne resterebbero 25, forse. Se pensiamo che una decina di anni fa erano oltre 200, i conti sono presto fatti.
Eppure a ben vedere una misura che nessuno vuole considerare ci sarebbe, ma appena accennata i proponenti vengono ignorati se non derisi. Ci riferiamo al Workers Buy Out (WBO), misura che consente di costituire una nuova impresa, di solito in cooperativa, attraverso l’acquisizione da parte dei lavoratori dell’azienda origine (o di un ramo di produzione della stessa) entrata in crisi.
In questo modo i lavoratori diventano soci ordinari o soci cooperatori. Per poter usare questo strumento occorre che l’azienda non sia già decotta, ma è necessario, infatti, che  sia ancora possibile riconvertire la crisi verso una condizione di operatività e di positività produttiva.

Oltre al salvataggio di posti di lavoro, il wbo si traduce anche in un patrimonio di competenze e know how, quote di mercato mantenute, occupazione preservata per un territorio e una comunità di riferimento.
E pensare che in Italia (dati: maggio 2019) le società cooperative esito di WBO attualmente attive impiegano oltre 4 mila dipendenti e generano un fatturato totale di circa 490 milioni di euro.
In ogni caso, ogni euro investito ha un ritorno economico per lo stato attraverso il pagamento degli oneri sociali, dell’Irpef pagata dai lavoratori, dell’imposta redditi pagata dalla società e sul mancato utilizzo degli ammortizzatori sociali.

Vero è che per fornire alla neocostituita cooperativa le risorse iniziali necessarie per avviare l’attività, i soci cooperatori devono mettere a disposizione risorse proprie, ad esempio i propri risparmi personali o il TFR, ma vorrebbe da chiedersi cosa sia davvero più rischioso: se contare sulle proprie forze e poche risorse o sulle inaffidabili promesse imprenditoriali, politiche e sindacali già viste e sentite ripetutamente.
Il Piemonte poi conta già alcuni casi di successo di recupero d’impresa, in particolare: la cooperativa Pirinoli di Roccavione (CN), la Cooperativa Italiana Pavimenti di Sommariva Bosco (CN) e la trentennale esperienza della Nuova Crumière di Villar Pellice (TO).

Ci sono state inoltre alcune interessanti novità introdotte dall’ultima legge di bilancio: uno sgravio contributivo totale per le società cooperative che si costituiscono, a decorrere dal 1° gennaio 2022, l’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro,  per un periodo massimo di 24 mesi dalla data della costituzione della cooperativa, ad uno specifico regime di aiuto sulle risorse del Fondo crescita sostenibile. Perfino la Commissione europea ha approvato recentemente l’incentivo per le operazioni di workers buyout previsto dalla legge di Bilancio 2022, che si aggiunge ai finanziamenti agevolati a favore delle cooperative di lavoratori erogati dal Ministero dello Sviluppo economico.
Nessuno vuole nascondere che il costo di acquisizione del marchio storico potrebbe essere proibitivo ma, piuttosto che condannare famiglie e lavoratori ad un triste ed annunciato epilogo, come Italexit crediamo valga la pena di mettere al centro del dibattito questa misura. Non riusciamo a comprendere perché manchi la volontà anche solo di un confronto e perché si continuino a intrattenere relazioni unicamente con i sindacati, che negli ultimi anni non hanno saputo fornire risposte né soluzioni concrete ai bisogni delle troppe famiglie coinvolte dalle crisi. Noi siamo a vostra disposizione!

Luciano Bosco coordinatore nazionale Italexit per l’Italia con Paragone
Jessica Costanzo deputata torinese Commissione Lavoro Pubblico e Privato