Dalla scheda cliente al Customer Relationship Management
di Antonio DE CAROLIS*
Il portafoglio clienti rappresenta per ogni azienda un vero e proprio tesoro da curare e tramandare.
Ogni piccolo imprenditore conosce i propri clienti e, per quelli che gestisce personalmente, ha delle attenzioni particolari che, solitamente, sono dedicate agli amici preziosi.Ad essi invia auguri di buone feste, scrive o telefona per il giorno del loro compleanno e, se li vede, difficilmente dimentica di chiedere come stia “la signora” (la moglie), o come procedano gli studi dei figli.Quando va a trovarli in azienda ascolta con molta attenzione quanto gli raccontano cercando di capire cosa dicono i loro clienti e cosa propongono i concorrenti e, se decide di “preparare” un nuovo prodotto, si confida con i più̀ fedeli, chiedendo un parere su una semplice ipotesi o magari su “un prototipo”.
Tutte le informazioni acquisite le annota su un foglio (di solito già predisposto con zone da compilare e con uno spazio in bianco al fondo, acquistato in un noto negozio di forniture per ufficio torinese…) che diventa, di fatto, la scheda cliente. Le varie schede,solitamente, le tiene chiuse dentro un contenitore (anche su questo potremmo tentare di offrire un’immagine: in plastica con coperchio trasparente, in ferro color azzurro tipo cassaforte o in una cassettiera con cartelle nominative appese) reso “sicuro” da una piccola serratura.
Appena pronti i pezzi della nuova produzione, pensa a chi potrà̀ presentarli per primo, perché́ proprio da questi comincerà̀ la sua “campagna di vendita”, proprio dai più̀ fedeli e da quelli che sa (dovremmo più̀ correttamente dire: ritiene), che avranno maggiore facilità nell’inserirli sul mercato. Questo scenario, probabilmente un po’ d’antan, e probabilmente ancora un po’ dei nostri giorni, è noto a tutti e racchiude in sé la quintessenza del “marketing inconsapevole”, cioè̀ di quel marketing che ogni buon imprenditore fa, talvolta senza sapere di farlo.
Nonostante questa ormai “rodata” modalità̀ operativa, che fa storcere il naso ad alcuni di noi “markettari” di grandi aziende, ma che gli ha consentito di stare sul mercato da oltre vent’anni, questo “immaginario” imprenditore ha un pensiero che lo assilla: i risultati dei suoi collaboratori non lo soddisfano, sono inferiori ai suoi che, essendo “ il titolare”, non si considera un venditore di professione.
Inoltre nota che i suoi clienti lo seguono da quando ha iniziato a lavorare, mentre gli altri cambiano con troppa rapidità̀.
Comprende bene che il mercato è duro e che la crisi è pesante ma, chissà̀ come mai, quando va lui a vendere, le cose cambiano.
Per cercare di aiutarlo a comprendere meglio il perché, proviamo ad analizzare meglio il caso e rispondiamo ad alcune domande che probabilmente alcuni si stanno ponendo:
- Quanto sta facendo il nostro imprenditore è sbagliato?
- Perché́ i risultati sono così diversi pur avendo tutti un’esperienza similare?
- Che cosa potrebbe fare quest’azienda per migliorare le proprie performances?
Alla prima domanda la nostra risposta è immediata: NO.
Secondo noi non è sbagliato ciò che sta facendo ma, altrettanto sicuramente, va modificato significativamente come lo sta facendo.
Sta utilizzando (magari inconsciamente) alcune leve del marketing mix, ma lo sta facendo in modo parziale e senza supporto tecnologico, il che rende difficilissimo mettere al servizio di tutti i collaboratori le informazioni ricevute e, se è vero che le informazioni sono una ricchezza, al momento non le sta sfruttando come dovrebbe e potrebbe.
I risultati purtroppo prescindono dalla semplice colleganza aziendale.
Ogni venditore (in quanto essere umano…) è diverso dagli altri e non tutti sono (anche se magari lo pensano…) competenti allo stesso modo e in grado di gestire una comunicazione di buon livello.
Su questo tema è possibile operare un miglioramento attraverso un chiaro e programmato percorso formativo utile anche a definire una “prestazione standard” al di sotto della quale, per non penalizzare mercato e azienda, non è possibile stare.
Prima di provare a dare qualche suggerimento operativo, e quindi rispondere alla terza domanda, proviamo ad esaminare alcuni principi della gestione.
Per “Fare azienda” è indispensabile “Fare squadra”.
Fare squadra significa lavorare in modo aperto con i colleghi e con il mercato e, per farlo, è necessario prima di tutto comunicare.
Oggi le aziende più̀ evolute, infatti, si rivolgono ai propri clienti e ai propri fornitori definendoli partner aziendali.
I prodotti in portafoglio sono costantemente migliorati grazie all’innovazione delle materie prime o delle lavorazioni; pertanto oggi, a nostro parere, la sfida con il mercato si vince presidiando il territorio.
Sempre più diffusa è la scelta di alcuni venditori di affiancare il titolare del punto vendita che distribuisce i loro prodotti perché, solo così, riescono a comprendere i reali bisogni dei propri clienti (e forse dei clienti dei loro clienti…)
La vendita è il principale obiettivo di ogni azienda e chi non ascolta il mercato è destinato nel tempo a restarne “fuori”.
Beau Toskic dice con efficacia: “Sul mercato o mangi o sei il pranzo…”.
I gusti delle persone cambiano con estrema rapidità anche in funzione dello sviluppo tecnologico cui facevamo riferimento prima; infatti quello che il marketing definisce “il ciclo di vita di un (qualsiasi…) prodotto” si è drasticamente ridotto in termini temporali.
Chi può̀ ancora pensare che il modello xy di una macchina fotografica resti attuale per oltre uno/due anni? L’elettronica evolve quasi settimanalmente e, paradossalmente, proprio quando il livello di vendite dei modelli in produzione è ai massimi storici, arriv il momento di pensare alle novità̀.
La concorrenza non si ferma e, se arriva a “coprire” il mercato anche con uno solo dei suoi prodotti, potrà̀ presto farlo con tutta l’intera gamma, relegando il nostro brand a un “prodotto di nicchia”.
A questo punto, all’imprenditore che ha deciso di fare “marketing consapevole” possiamo proporre alcuni temi sui quali riflettere in fase decisionale e operativa.
1- Conoscenza del mercato.
Conoscere il mercato significa sapere bene chi sono realmente i nostri clienti (acquisiti e/o potenziali).
L’identificazione del target è il primo grande passo da fare e non tutti hanno chiaro questo principio. Non è possibile vendere lo stesso prodotto a tutti. Il tipo di articolo proposto, il livello di prezzo, la comunicazione che lo accompagna e spesso l’offerta ( pensiamo ad esempio ai minimi d’ordine richiesti) segmentano da soli il nostro target.
La corretta identificazione del target di riferimento
2- Conoscenza del comportamento d’acquisto dei clienti (acquisiti e/ o potenziali)
Esempio di un’azienda produttrice di abbigliamento mare.
- Si vendono più̀ costumi da bagno a Viareggio o a Firenze?
- Quali tipi di costumi comprano i residenti di Firenze? E in quale periodo?
- Quanti ne acquistano mediamente pro-capite in un anno?
- Che cosa influenza la loro decisione in fase di scelta? Il prezzo, il modello, il marchio, la vestibilità̀ ….
Abbiamo assistito a una “simpatica discussione” tra il titolare di un noto negozio della città medicea ed un suo rappresentante di costumi perché́, il primo chiedeva di avere in negozio la nuova collezione a fine novembre mentre il secondo (quasi irridendolo) voleva farla arrivare ad aprile/maggio.
Il titolare spiegava che il suo non era un capriccio, ma rispondeva ai bisogni di una clientela facoltosa che per le vacanze di fine anno sceglieva mete esotiche e, quindi, desiderava acquistare il capo all’ultima moda, magari pagandolo un prezzo più̀ elevato, per poterlo sfoggiare nelle spiagge dei VIP.
In questo caso, ad esempio, la data di consegna era più̀ importante del prezzo.
Perché sceglie il prodotto A ?
3- Acquisire e gestire le informazioni
Non esistono informazioni ” usa e getta” ma solo informazioni “verifica e usa”.
Ogni informazione che arriva dal mercato deve arricchire il nostro database non perché́ le cose restano invariate, ma perché́ è indispensabile capire come si sono evolute.
Il concessionario di auto che crede che quel cliente che quattro anni fa ha acquistato una spider, torni da lui per riacquistarne un’altra, commette un grave errore di presunzione perché́ presume appunto che le cose non siano cambiate.
Non considera che in questi anni questo signore possa essersi sposato e magari, essendo anche diventato padre, necessiti oggi di una station wagon.
Un database va aggiornato costantemente pertanto è necessario gestirlo elettronicamente perché́ consente, con poco investimento di tempo, di fare analisi fruibili da tutta l’azienda, non solo da chi ha acquisito le informazioni.
La gestione del database è fondamentale per varie attività̀ come ad esempio:
- Definire il profilo dei clienti.
- Verificare quali e quante siano le fasce di clienti che hanno acquistato uno o più̀ prodotti.
- Analizzare il livello di penetrazione dell’azienda in termini di copertura del mercato e dei prodotti venduti.
- Attivare iniziative di customer care mirate
- ………
La condivisione delle informazioni
Riflettere su questi temi favorisce una più̀ corretta valutazione di quanto si sta facendo e di quanto si potrà ancora fare, fattori indispensabili per definire obiettivi operativi chiari e misurabili.La riflessione genera idee e poiché́ ci piace pensare che “un grande cambiamento nasce sempre da una piccola idea” auguriamo buona riflessione a tutti.
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Antonio DE CAROLIS – Presidente CDVM
Club Dirigenti Vendite e Marketing c/o Unione Industriali di Torino