ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 671

“Il marketing spontaneo”

decarolisDalla scheda cliente al Customer Relationship Management

 

di Antonio DE CAROLIS*

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Il portafoglio clienti rappresenta per ogni azienda un vero e proprio tesoro da curare e tramandare.

Ogni piccolo imprenditore conosce i propri clienti e, per quelli che gestisce personalmente, ha delle attenzioni particolari che, solitamente, sono dedicate agli amici preziosi.Ad essi invia auguri di buone feste, scrive o telefona per il giorno del loro compleanno e, se li vede, difficilmente dimentica di chiedere come stia “la signora” (la moglie), o come procedano gli studi dei figli.Quando va a trovarli in azienda ascolta con molta attenzione quanto gli raccontano cercando di capire cosa dicono i loro clienti e cosa propongono i concorrenti e, se decide di “preparare” un nuovo prodotto, si confida con i più̀ fedeli, chiedendo un parere su una semplice ipotesi o magari su “un prototipo”.

Tutte le informazioni acquisite le annota su un foglio (di solito già predisposto con zone da compilare e con uno spazio in bianco al fondo, acquistato in un noto negozio di forniture per ufficio torinese…) che diventa, di fatto, la scheda cliente. Le varie schede,solitamente, le tiene chiuse dentro un contenitore (anche su questo potremmo tentare di offrire un’immagine: in plastica con coperchio trasparente, in ferro color azzurro tipo cassaforte o in una cassettiera con cartelle nominative appese) reso “sicuro” da una piccola serratura.

Appena pronti i pezzi della nuova produzione, pensa a chi potrà̀ presentarli per primo, perché́ proprio da questi comincerà̀ la sua “campagna di vendita”, proprio dai più̀ fedeli e da quelli che sa (dovremmo più̀ correttamente dire: ritiene), che avranno maggiore facilità nell’inserirli sul mercato. Questo scenario, probabilmente un po’ d’antan, e probabilmente ancora un po’ dei nostri giorni, è noto a tutti e racchiude in sé la quintessenza del “marketing inconsapevole”,   cioè̀ di quel marketing che ogni buon imprenditore fa, talvolta senza sapere di farlo.

Nonostante questa ormai “rodata” modalità̀ operativa, che fa storcere il naso ad alcuni di noi “markettari” di grandi aziende, ma che gli ha consentito di stare sul mercato da oltre vent’anni, questo “immaginario” imprenditore ha un pensiero che lo assilla: i risultati dei suoi collaboratori non lo soddisfano, sono inferiori ai suoi che, essendo “ il titolare”, non si considera un venditore di professione.

Inoltre nota che i suoi clienti lo seguono da quando ha iniziato a lavorare, mentre gli altri cambiano con troppa rapidità̀.

Comprende bene che il mercato è duro e che la crisi è pesante ma, chissà̀ come mai, quando va lui a vendere, le cose cambiano.

Per cercare di aiutarlo a comprendere meglio il perché, proviamo ad analizzare meglio il caso e rispondiamo ad alcune domande che probabilmente alcuni si stanno ponendo:

  •  Quanto sta facendo il nostro imprenditore è sbagliato?
  •  Perché́ i risultati sono così diversi pur avendo tutti un’esperienza similare?
  •  Che cosa potrebbe fare quest’azienda per migliorare le proprie performances?

Alla prima domanda la nostra risposta è immediata: NO.
Secondo noi non è sbagliato ciò che sta facendo ma, altrettanto sicuramente, va modificato significativamente come lo sta facendo.

Sta utilizzando (magari inconsciamente) alcune leve del marketing mix, ma lo sta facendo in modo parziale e senza supporto tecnologico, il che rende difficilissimo mettere al servizio di tutti i collaboratori le informazioni ricevute e, se è vero che le informazioni sono una ricchezza, al momento non le sta sfruttando come dovrebbe e potrebbe.

I risultati purtroppo prescindono dalla semplice colleganza aziendale.

Ogni venditore (in quanto essere umano…) è diverso dagli altri e non tutti sono (anche se magari lo pensano…) competenti allo stesso modo e in grado di gestire una comunicazione di buon livello.

Su questo tema è possibile operare un miglioramento attraverso un chiaro e programmato percorso formativo utile anche a definire una “prestazione standard” al di sotto della quale, per non penalizzare mercato e azienda, non è possibile stare.

Prima di provare a dare qualche suggerimento operativo, e quindi rispondere alla terza domanda, proviamo ad esaminare alcuni principi della gestione.

Per “Fare azienda” è indispensabile “Fare squadra”.

Fare squadra significa lavorare in modo aperto con i colleghi e con il mercato e, per farlo, è necessario prima di tutto comunicare.
Oggi le aziende più̀ evolute, infatti, si rivolgono ai propri clienti e ai propri fornitori definendoli partner aziendali.

I prodotti in portafoglio sono costantemente migliorati grazie all’innovazione delle materie prime o delle lavorazioni; pertanto oggi, a nostro parere, la sfida con il mercato si vince presidiando il territorio.

Sempre più diffusa è la scelta di alcuni venditori di affiancare il titolare del punto vendita che distribuisce i loro prodotti perché, solo così, riescono a comprendere i reali bisogni dei propri clienti (e forse dei clienti dei loro clienti…)

La vendita è il principale obiettivo di ogni azienda e chi non ascolta il mercato è destinato nel tempo a restarne “fuori”.

Beau Toskic dice con efficacia: “Sul mercato o mangi o sei il pranzo…”.

I gusti delle persone cambiano con estrema rapidità anche in funzione dello sviluppo tecnologico cui facevamo riferimento prima; infatti quello che il marketing definisce “il ciclo di vita di un (qualsiasi…) prodotto” si è drasticamente ridotto in termini temporali.

Chi può̀ ancora pensare che il modello xy di una macchina fotografica resti attuale per oltre uno/due anni? L’elettronica evolve quasi settimanalmente e, paradossalmente, proprio quando il livello di vendite dei modelli in produzione è ai massimi storici, arriv il momento di pensare alle novità̀.

La concorrenza non si ferma e, se arriva a “coprire” il mercato anche con uno solo dei suoi prodotti, potrà̀ presto farlo con tutta l’intera gamma, relegando il nostro brand a un “prodotto di nicchia”.

A questo punto, all’imprenditore che ha deciso di fare “marketing consapevole” possiamo proporre alcuni temi sui quali riflettere in fase decisionale e operativa.

1- Conoscenza del mercato.

Conoscere il mercato significa sapere bene chi sono realmente i nostri clienti (acquisiti e/o potenziali).

L’identificazione del target è il primo grande passo da fare e non tutti hanno chiaro questo principio. Non è possibile vendere lo stesso prodotto a tutti. Il tipo di articolo proposto, il livello di prezzo, la comunicazione che lo accompagna e spesso l’offerta ( pensiamo ad esempio ai minimi d’ordine richiesti) segmentano da soli il nostro target.

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La corretta identificazione del target di riferimento

2- Conoscenza del comportamento d’acquisto dei clienti (acquisiti e/ o potenziali)

Esempio di un’azienda produttrice di abbigliamento mare.

  •  Si vendono più̀ costumi da bagno a Viareggio o a Firenze?
  •  Quali tipi di costumi comprano i residenti di Firenze? E in quale periodo?
  •  Quanti ne acquistano mediamente pro-capite in un anno?
  •  Che cosa influenza la loro decisione in fase di scelta? Il prezzo, il modello, il marchio, la vestibilità̀ ….

Abbiamo assistito a una “simpatica discussione” tra il titolare di un noto negozio della città medicea ed un suo rappresentante di costumi perché́, il primo chiedeva di avere in negozio la nuova collezione a fine novembre mentre il secondo (quasi irridendolo) voleva farla arrivare ad aprile/maggio.

Il titolare spiegava che il suo non era un capriccio, ma rispondeva ai bisogni di una clientela facoltosa che per le vacanze di fine anno sceglieva mete esotiche e, quindi, desiderava acquistare il capo all’ultima moda, magari pagandolo un prezzo più̀ elevato, per poterlo sfoggiare nelle spiagge dei VIP.

In questo caso, ad esempio, la data di consegna era più̀ importante del prezzo.

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Perché sceglie il prodotto A ?

3- Acquisire e gestire le informazioni

Non esistono informazioni ” usa e getta” ma solo informazioni “verifica e usa”.

Ogni informazione che arriva dal mercato deve arricchire il nostro database non perché́ le cose restano invariate, ma perché́ è indispensabile capire come si sono evolute.

Il concessionario di auto che crede che quel cliente che quattro anni fa ha acquistato una spider, torni da lui per riacquistarne un’altra, commette un grave errore di presunzione perché́ presume appunto che le cose non siano cambiate.

Non considera che in questi anni questo signore possa essersi sposato e magari, essendo anche diventato padre, necessiti oggi di una station wagon.

Un database va aggiornato costantemente pertanto è necessario gestirlo elettronicamente perché́ consente, con poco investimento di tempo, di fare analisi fruibili da tutta l’azienda, non solo da chi ha acquisito le informazioni.

La gestione del database è fondamentale per varie attività̀ come ad esempio:

  •  Definire il profilo dei clienti.
  •  Verificare quali e quante siano le fasce di clienti che hanno acquistato uno o più̀ prodotti.
  •  Analizzare il livello di penetrazione dell’azienda in termini di copertura del mercato e dei prodotti venduti.
  •  Attivare iniziative di customer care mirate
  •  ………

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La condivisione delle informazioni

Riflettere su questi temi favorisce una più̀ corretta valutazione di quanto si sta facendo e di quanto si potrà ancora fare, fattori indispensabili per definire obiettivi operativi chiari e misurabili.La riflessione genera idee e poiché́ ci piace pensare che “un grande cambiamento nasce sempre da una piccola idea” auguriamo buona riflessione a tutti.

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Antonio DE CAROLIS – Presidente CDVM
Club Dirigenti Vendite e Marketing c/o Unione Industriali di Torino

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L’addio a Eurofidi sotto gli occhi tristi dei lavoratori

tosettoSTORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

De profundis per  Eurofidi,  il più grande confidi  d’Italia. Su proposta di FinPiemonte i soci hanno deliberato di mettere in liquidazione la società, visto che il piano di ricapitalizzazione proposto dal cda non è stato accettato. Principalmente le banche socie e la Regione Piemonte hanno detto no. Uffici di via Perugia spettralmente vuoti e fuori la civile protesta dei lavoratori preoccupati di perdere il loro posto. Ho delle difficoltà nell’accedere ai locali visto un “tenue” sbarramento di chi contesta.Intorno a me si forma un capannello e si assommano richieste di chiarimenti a lapidari e negativi giudizi per i componenti del cda. Per ciò che so rispondo e sottolineo:  questo cda molto poco può di quel che è successo. Appuntamento dopo la fine dell’assemblea. Nei giorni precedenti ho faticato per sapere l’ora della convocazione. Brutti segnali. Inizia in ritardo, il cda riunito ci fa aspettare. Componenti decisamente “briosi” visto che sono anche venuti alle mani. Nell’attesa tutti sappiamo quello che avverrà. Il presidente del cda legge una dichiarazione: abbiamo fatto di tutto per evitare quello che è avvenuto.

eurofidi

Unico indomito e PierGiorgio Scoffone che, nel ribadire errori fatti sopratutto in questi due anni, è delegato da diverse pmi e annuncia la costituzione di una associazione denominata ” Amici di Eurofidi” proprio per riconoscere il positivo e ventennale ruolo svolto dal cofidi. E’ finita o perlomeno è l’inizio della fine. Nelle sale, nei corridoi,  per le scale cartelli scritti dai sindacati che denunciano le responsabilità dei dirigenti. Non metto in dubbio ma io continuo a pensare che le maggiori responsabilità sono di chi, di fatto, ha avocato a sé le responsabilità di  governo ( Banche e FinPiemonte, Regione Piemonte ) e poi quando si è trattato di ricapitalizzare si è tirato indietro.Comunque… oramai. Scendo a piedi e nel garage vengo “circondato”, lo davo per scontato. Civilissimi mi chiedono informazioni, delucidazioni. Cerco di assolvere questo ingrato compito per quello che mi è possibile. I loro occhi tristi pesano. Anche su questo, perché non sono stati gli amministratori ad informarli?

La Regione: “Il riordino della psichiatria non può più attendere”

regione giunta“Il Piemonte non può più attendere il riordino di un importante segmento del servizio sanitario regionale che è quello della residenzialità psichiatrica: per troppi anni, l’assenza di un compiuto sistema di regole (per classificare e qualificare le funzioni, per valutare i pazienti, per autorizzare e remunerare le attività) ha determinato carenze che si sono tradotte in gravi irregolarità. La Regione Piemonte aveva da tempo, ed ha oggi più che mai, il dovere di intervenire per correggerle”.

L’assessore alla Sanità della Regione Piemonte Antonio Saitta risponde alle polemiche legate alla DGR 30, il cui esame prosegue da molti mesi nella IV Commissione sanità e precisa: “non ci sarà alcuna compartecipazione alla spesa né da parte delle famiglie dei pazienti psichiatrici né da parte dei Comuni perché la Regione Piemonte ha già inserito nell’assestamento che la Giunta regionale ha appena approvato, la somma di 20 milioni di euro per gli anni 2016-2017-2018 proprio per garantire le stesse somme destinate fino allo scorso anno”.

“Ricordo anche che la regolamentazione del sistema della residenzialità psichiatrica costituisce per la Regione Piemonte un preciso adempimento richiesto dai ministeri della Salute e dell’Economia attraverso il piano di rientro dal debito sanitario che la Giunta Chiamparino ha ereditato. I pazienti e le loro famiglie non dovranno decidere se aderire o meno a percorsi di cura per loro costosi perché non dovranno pagare nulla, ed è infondato, oltre che inutilmente allarmistico, far prevedere l’aumento dei trattamenti sanitari obbligatori o dei ricoveri ospedalieri”.

“La delibera – conclude Saitta – dalla prima versione approvata nel 2015 ha già subito significative modifiche da parte nostra, proprio per tener conto delle tante osservazioni raccolte e per corrispondere, per quanto possibile, alle innumerevoli e spesso discordanti esigenze dei soggetti che abbiamo consultato più volte”.

“L’abbandono ed il ritorno alla montagna”

superga montagna antonio coluccia“L’abbandono ed il ritorno alla montagna” è il tema dell’ottava assemblea nazionale degli studenti forestali, organizzata dall’Ausf, l’associazione che li riunisce e rappresenta. L’evento è iniziato lunedì 12 e di protrarrà sino a sabato 17 settembre. In questi ultimi anni le Alpi sono protagonista di un cambiamento importante che mette in discussione i consueti stereotipi della montagna abbandonata, triste e difficile da vivere, in netta contrapposizione con la città dinamica, creativa e ricca di opportunità. Si tratta di un fenomeno dovuto non tanto a una ripresa della natalità, quanto piuttosto all’arrivo di una nuova popolazione residente. Con questo fenomeno stanno emergendo almeno due figure simbolo di esso: il pastore e il migrante extra-comunitario. Il primo, da sempre la figura tradizionale della montagna, una volta rappresentata rozza e poco incline alla vita sociale, oggi, rappresentata perlopiù da giovani che han cominciato a intraprendere questo mestiere. Il secondo è invece un soggetto relativamente nuovo per la montagna, ma che diventa anch’esso simbolo di un processo di integrazione tra una tradizione radicata e un diverso modo di pensare e di essere. È interessante quindi osservare nel suo insieme come questo fenomeno migratorio metta in evidenza soprattutto un nuovo modo di abitare la montagna. I nuovi montanari si fanno portatori di MONTAGNEun progetto innovativo basata su valori ambientali, naturali e culturali, rinnovando tradizioni e mantenendo reti di relazioni con territori extra – montani. Per poter riabitare le Alpi i fattori che esercitano un maggior peso son due: il primo è morfologico-infrastrutturale, poiché se da un lato abbiamo valli lunghe che danno accesso a valichi o trafori internazionali, percorsi da grandi assi viari e ferroviari e hanno al loro interno città importanti; dall’altro ci son piccole valli che dopo pochi chilometri sboccano in pianura e son costrette a far riferimento a dotazioni urbane che si trovano fuori da esse. L’altro fattore è il grado di urbanizzazione della pianura pedemontana su cui sboccano le valli. Si va quindi dalla presenza di metropoli come Torino alle numerose città sparse dell’alta pianura veneta. Combinando i due fattori otteniamo una varietà di situazioni più o meno attrattive per i nuovi abitanti. La Valle di Susa è un caso esemplare di come gli effetti dei due fattori si combinano perfettamente. Infatti, è una delle poche valli delle Alpi Occidentali italiane di una certa lunghezza e conduce a valichi e trafori internazionali, inoltre il suo sbocco pedemontano è compreso nella corona più periferica dell’area metropolitana di Torino.

Massimo Iaretti

Torino: panino libero a scuola

GARAU2IL MONDO DEL BIO / di Ignazio Garau

Una vittoria giudiziaria (di alcuni genitori) che è una sconfitta, per tutti, compresi i vincitori

 

NOTA – Nel frattempo, mentre l’articolo era già stato scritto,  è stata depositata la sentenza del Tribunale di Torino che sancisce  di fatto la libertà di portare a scuola i pasti da casa. Vedi servizio in Cronaca

L’antefatto. Il 22 giugno i giudici della Corte d’Appello di Torino sentenziano che hanno ragione i genitori che chiedono di rinunciare al servizio mensa e di far consumare ai propri figli il pasto portato da casa, pur riconoscendo che il tempo della mensa è parte integrante della formazione dei ragazzi. La causa era stata promossa da un gruppo di genitori e, dunque, l’Ufficio scolastico regionale dà indicazione ai presidi di respingere le richieste delle famiglie che non si sono costituite in giudizio. Controricorso di altre famiglie, che pretendono che la regola sia valida erga omnes e conseguente ennesima decisione del giudice che accoglie il nuovo ricorso. E’ un segno dei tempi. I genitori con la   pretesa di affermare il loro diritto al baracchino per i propri figli, nei fatti rinunciano a un diritto ben più sostanziale e fondamentale: quello di un servizio mensa che sia parte importante di un percorso didattico di educazione alimentare dei ragazzi e che garantisca cibi sani mensea prezzi accessibili a tutti. A fine degli anni ’90 il Coordinamento dei genitori di Torino, con l’appoggio di Legambiente, Aiab e altre associazioni, lottava per ottenere la mensa biologica per tutti. In quegli anni le città italiane hanno fatto scuola in Europa, e non solo, in materia di educazione alimentare e ristorazione scolastica. Oggi i genitori percorrono strade diverse, non colgono i loro veri diritti (e soprattutto quelli dei ragazzi), privilegiano l’apparente affermazione di diritti individuali. E’ una sconfitta per tutti, genitori e istituzioni, ma soprattutto per i ragazzi, che avrebbero la possibilità di acquisire una cultura alimentare che stiamo un po’ tutti perdendo. E’ un segno dei tempi, dell’incapacità di capire che se vogliamo garantire un futuro a noi stessi, ai nostri figli e al pianeta dobbiamo ripartire dalla consapevolezza che l’agricoltura, il cibo, la convivialità e i piccoli gesti quotidiani ci aiutano a costruire un’economia finalmente sostenibile. E’ utile che le istituzioni locali assumano un’iniziativa e avviino un confronto che coinvolga tutte le parti interessate per ristabilire le priorità, rispettare i diritti dei ragazzi e ristabilire un modello educativo e di ristorazione che ritorni a essere all’avanguardia.

 

Ignazio Garau

Presidente Italiabio

Start-up innovative, Torino al top

Nel nostro Paese, il numero di start-up innovative continua a crescere a ritmi sostenuti e ad oggi risultano iscritte, a livello nazionale, ben 6.235 imprese. L’11,2%, pari a 397, risiedono in Piemonte, un dato in crescita del +11,2% rispetto a fine 2015 (comunque inferiore alla media nazionale pari al 21,2%), e che posiziona la regione al 5° posto.

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Si tratta di giovani imprese che nell’ultimo anno hanno impiegato prevalentemente fino a quattro addetti (81%), operano nei “servizi’ (71,3%) e hanno un valore della produzione che per il 65,9% non supera i 100 mila euro. A livello di governance, il 13,9% delle start-up piemontesi ha una compagine societaria a prevalenza femminile, mentre quelle coordinate prevalentemente dai giovani (under 35) rappresentano oltre un quarto (25,4%) del totale.

E’ quanto emerso  dai dati elaborati da BNP Paribas Cardif, tra le prime dieci compagnie assicurative in Italia, in occasione di Open-F@b Call4Ideas 2016, il contest che fino al 17 ottobre raccoglierà le idee innovative pensate per migliorare la customer experience nel mondo assicurativo. Per approfondire il tema, ieri si è tenuto il Re-Boot Open-F@b 2016.

Per quanto riguarda le province è Torino a registrare in assoluto il valore più alto, con 298 start-up innovative (pari al 75,1% del totale regionale). Seguono, con valori decisamente più contenuti, Novara con 34 (8,6%), Cuneo con 32 (8,1%), Biella con 12 (3%), Alessandria con 8 (2%) e Asti con 6 (1,5%). Fanalino di coda Viterbo con 4 (1%) e Vercelli con 3 (0,8%).

«Le giovani imprese, in un momento di staticità dell’economia a livello generale, rappresentano una grande risorsa per dare nuovo impulso al mercato assicurativo e accelerarne il cambiamento attraverso soluzioni più disruptive” – afferma Isabella Fumagalli, AD di BNP Paribas Cardif – “Con Openf@b Call4Ideas 2016, giunta ormai alla terza edizione, vogliamo incoraggiare le buone idee fornendo gli strumenti e mettendo a disposizione l’esperienza dei manager di BNP Paribas Cardif per trasformare i progetti in business. Dopo due anni di lavoroabbiamo, infatti, già raccolto più di 100 progetti e abbiamo iniziato a cooperare con le start up su una decina di iniziative, in particolare nell’ambito della protezione della famiglia e della casa. Quest’anno abbiamo scelto il tema della customer experience perché non possiamo sottovalutare i nuovi trend di abitudini e consumo dei clienti digitali che ci portano necessariamente ad avere un rapporto diverso con il cliente finale.”

(Foto: il Torinese)

 

Quante risorse per l’assistenza in Piemonte?

consiglio X 1Lassessore alla Sanità Antonio Saitta ha svolto, durante la seduta del Consiglio regionale  di martedì 13 settembre, una comunicazione sull’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza.
Attualmente, ha spiegato l’assessore, la legge di stabilità ha previsto risorse per 800 milioni di euro, dopo un lungo lavoro tecnico ed economico che ha coinvolto le Regioni, il Ministero della Salute e il Ministero delle Finanze. I tempi per l’applicazione effettiva sono tra gli uno e due mesi, la conferenza Stato-Regioni ha già dato parere favorevole e si aspetta un decreto del Presidente del Consiglio, dopo un parere delle due Camere. Il piano prevede la verifica dell’uniformità dei Lea in tutte le regioni, e contiene un aggiornamento delle malattie rare che saranno a carico del sistema nazionale, rivede il nomenclatore delle cure specialistiche ambulatoriali introducendo nuove procedure fino a oggi sperimentali. I nuovi Lea introducono le prestazioni di procreazione medicalmente assistita a carico del servizio sanitario, rivedono le prestazioni di genetica e la consulenza genetica. Vengono inoltre aggiunte 110 malattie rare che non erano oggetto di trattazione e sono oggi in regime di esenzione. Durante il dibattito sono intervenuti alcuni consiglieri in rappresentanza delle forze di opposizione. “Non sappiamo se 800 consiglio lascarismilioni siano sufficienti o meno – ha spiegato il capogruppo di Forza Italia, Gilberto Pichetto – ci auguriamo che il monitoraggio previsto non diventi un’operazione di facciata, bisogna essere chiari fin da subito e non generare aspettative che non verranno rispettate”. Per la capogruppo Lega Nord, Gianna Gancia “dobbiamo considerare questa discussione anche in ottica referendaria, in base all’esito della consultazione queste discussioni potrebbero essere sterili. Siamo inoltre preoccupati per le liste d’attesa sull’epatite C. Non dimentichiamo l’aspetto dei costi standard, tema che ha una valenza grande e vede molte disparità”. Per i consiglieri del Movimento 5 Stelle Davide Bono e Stefania Batzella “abbiamo votato un odg che impegnava l’assessore a portare al tavolo nazionale il tema degli assegni di cura erogati ai parenti dei malati, provvedimento che genererebbe un risparmio notevole rispetto al ricovero in reparto o in Rsa. Dobbiamo approfondire tutti gli aspetti, forse si poteva fare meglio, se non ci saranno risorse sufficienti i nuovi Lea rappresenteranno un po’ un incompiuto, solo la metà se ne andrebbe per le cure dei virus come epatite C. Valuteremo inoltre tutte le malattie rare e croniche che sono state inserite”.

 

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Medicina femminile a congresso

donna memopausaDal 15 al 17 settembre 2016 presso il Teatro Regio di Torino ci sarà l’11° Congresso Internazionale organizzato dall’European College for the Study of Vulval Disease (ECSVD), con il patrocinio della Regione Piemonte, della Città di Torino e dell’Azienda Sanitaria Locale TO4. Un congresso multidisciplinare dove parteciperanno oltre 200 tra ginecologi, urologi, dermatologi, chirurghi generali, chirurghi plastici, infettivologi, oncologi, patologi provenienti da 25 paesi (Armenia, Austria, Australia, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Inghilterra, Irlanda, Israele, Italia, Olanda, Nigeria, Norvegia, Nuova Zelanda, Pakistan, Qatar, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera, Stati Uniti).  I tre giorni del congresso saranno organizzati con una modalità innovativa e dialettica con tutti i partecipanti, previsti workshop e presentazioni di casi clinici.Tra i principali temi: il trattamento delle regiopatologie oncologiche, e non, correlate al Papilloma Virus, con la presentazione del nuovo vaccino nonavalente presto disponibile anche in Italia; la ricostruzione per le donne che hanno subito la mutilazioni genitali; la gestione multidisciplinare del dolore vulvo-perineale alla luce della nuova classificazione internazionale del 2015 e delle nuove terapie riabilitative. Parteciperanno tra i più importanti specialisti a livello nazionale e internazionale, tra i quali il Dott. Paolo Scollo, Presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), il Dott. Francesco Raspagliesi dell’Istituto Tumori di Milano, il Dott. Mario Airoldi della Città della Salute di Torino, il Prof. Jacob Bornstein, già Presidente dalla International Society for the Stufy of Vulvar Disease (ISSVD), il Prof. Michael Hockel, Direttore della Scuola di Chirurgia Pelvica Radicale di Lipsia, il Dott. Jeff Andrews, Editore del Journal of Lower Genital Tract Disease. L’ECSVD, fondato nel 1996 proprio a Torino, oggi tra i suoi membri vede i principali esperti europei nella patologia vulvo-vaginale e negli anni ha esteso il proprio ambito scientifico ad altri aspetti della patologie femminili, un ampliamento voluto dall’attuale Presidente, il Dott. Fabrizio Bogliatto dell’ASL TO4.

Bye bye Fiom: meglio il candore grillino o il raffreddore sovietico?

politburo-urssDella vituperata Prima Repubblica forse non proprio tutto era da gettare alle ortiche. Almeno i nuovi arrivati ammettessero che l’autorevolezza della politica con la P maiuscola (quella che oggi non esiste più, né di qua né di là, quella che si condanna in nome di valori pseudo-eticizzanti e qualunquisti assai), ha un suo senso e una sua eleganza. Se Chiara Appendino decide di non andare nella decaduta fabbrica di Mirafiori all’incontro con la Fiom, comunicando agli organizzatori  – attraverso il suo staff – la mancata partecipazione…ebbene, no:  non è ammissibile dire (anche se è vero) che  “è impegnata a preparare gli incontri romani di inizio settimana”. Incontri romani, poi. Peggio il taccone del buco. Certo, la sindaca è attesa  a Roma per discutere del futuro del Salone del Libro con il ministro Franceschini  e martedì  incontrerà il ministro Delrio per affrontare il nodo dei finanziamenti della metropolitana torinese. Temi importanti, non c’è dubbio. Ma più importanti dei (si dice) 15 mila posti di lavoro a rischio nei prossimi mesi tra i lavoratori metalmeccanici piemontesi? Era se non altro questione di stile. Così come persino troppo elegante è stata la risposta: “Siamo rammaricati, si tratta di una occasione mancata per un confronto sul futuro del lavoro della nostra città”, da parte del segretario provinciale della Fiom torinese, Federico Bellono. Che, forse, una nuova possibilità alla sindaca la vorrà concedere. Non si pretendeva di ricorrere ai finti raffreddori di sovietica memoria, accampati come scuse improbabili per l’assenza del leader del Politburo a questo o quell’appuntamento. Magari, però, si sarebbe potuto calendarizzare immediatamente un nuovo incontro con i compagni sindacalisti. Meglio il candore grillino a tutti i costi (“Onestà, onestààà!”) , o ricorrere di tanto in tanto a un equilibrato uso dell’ars politica classica, che sarà pure un po’ machiavellica, ma a fin di bene per la Città?

 

Ghinotto

Dal Cile in Piemonte per incontrare l’agricoltura

cile-bioLA COOPERATIVA AGRICOLA CHILENA ANTONIO RAPIMAN, della Regione de la Araucanía (centro-sud del Chile) é venuta in Piemonte per incontrare cooperative e imprese agricole. Il viaggio é conseguente al progetto promosso da Rimisp Centro Latinoamericano para el Desarrollo Rural, con l’obiettivo di creare occasioni di incontro e collaborazione tra l’America Latina e l’Europa successivamente al 3° Forum Mondiale sullo Sviluppo Economico Locale che si è svolto a Torino nell’ottobre del 2015. Nella giornata del 9 settembre la delegazione era a Torino, dove ha visto il mercato di Porta Palazzo, soffermandosi nello spazio dedicato ai contadini e si è poi recata al mercato comunale di Corso Racconigi n. 51, dove ha visitato il negozio BottegainBio.

Nel pomeriggio si è svolto il workshop di chiusura del viaggio a cui sono intervenuti:

Claudia Ranaboldo, coordinatrice e ricercatrice principale del Programma di Sviluppo Territoriale con Identità Culturale di RIMISP

Maria Clementina Rapiman Ancavil, Presidente della Coop Antonio Rapiman

Patricia Teresa JaraJara, consulente della Coop Antonio Rapiman

Melita Loreno Solano Solis, Responsabile del Dipartimento di Assistenza Finanziaria del Instituto Nacional de Desarrollo Agropecuario del Ministerio de Agricoltura del Chile

Elena di Bella, Dirigente del Servizio di Sviluppo Montano, Rurale e per la valorizzazione delle Produzioni Tipiche della Città Metropolitana di Torino

Stefania Buffagni, ConCooperative Fedagri Piemonte

Ignazio Garau, Presidente Italiabio

Il confronto è servito a favorire la conoscenza delle reciproche esperienze, a esaminare le strategie per la commercializzazione dei prodotti e l’accesso ai mercati, a verificare le impostazioni di amministrazione e di gestione delle aziende cooperative in Italia e in Cile.

Il confronto e la collaborazione tra le realtà piemontesi e cilene proseguirà per il tramite di RIMISP.