ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 615

Guerra al terrore. Rinunciare a un po’ di libertà per ottenere una maggiore sicurezza

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Il grave attentato di Barcellona ha ridestato, dopo un po’ di tregua, nuovo allarme verso il terrorismo. Lo sappiamo da tempo che il terrorismo è e sarà un elemento molto difficile da combattere e da estirpare. Se si legge il bel libro di Maurizio Molinari sulla Jiahad, ci si rende conto della gravità della situazione in cui siamo immersi fino al collo.

Anche lo stesso Papa Francesco, molto prudente sul tema, ha manifestato parole di condanna più severe rispetto al passato per la strage spagnola. Quando in Francia venne ammazzato in chiesa un anziano prete cattolico, sembrò quasi che quel fatto non avesse toccato il Pontefice. Abbiamo sentito ripetere anche questa volta che è impossibile la sicurezza assoluta. Se ciò è sicuramente vero, andrebbe tuttavia perseguito con fermezza almeno l’obiettivo di una sicurezza relativa.

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Il Gen. Mario Mori, autorità nel campo della lotta al terrorismo, agli inizi di agosto ,mi disse che i nostri apparati di sicurezza sono molto validi, ma non possono agire in modo ottimale. Mi fece un paragone che appare quasi incredibile. E’ se come avessimo una Ferrari con la frizione che slitta.
Cosa è che impedisce alla Ferrari di correre spedita ? Sicuramente un certo buonismo che ci è stato ripetuto in modo ossessivo per anni, un certo garantismo fuori posto, la mancanza soprattutto di una legislazione adeguata all’emergenza. Appare sempre più difficile pensare che gli strumenti della normalità possano essere adeguati nel contesto in cui viviamo. Persino per affrontare il terrorismo rosso e nero degli Anni di piombo fu necessario ricorrere a qualche provvedimento di emergenza. La Legge Reale che portò alcuni a scrivere sui muri Cossiga con la K, fu una necessità oggettiva, al di là di ciò che potesse pensarne Marco Pannella. Cossiga prese su di sè il fardello scomodo con coraggio, da vero patriota consapevole dei suoi doveri.

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Il repubblicano  Ugo La Malfa e il filocomunista Massimo Mila dopo il rapimento di Moro invocarono l’introduzione della pena di morte come proponeva Almirante. Forse in questo caso si trattava di farneticazioni senili ,ma certo i due, in precedenza, mai avrebbero condiviso con Almirante neppure un caffè.  Minniti (che viene paragonato a Ugo Pecchioli che fu il “ministro degli interni” del Pci )pare abbia  in sè il coraggio per assumere iniziative forti come richiedono i tempi calamitosi che stiamo vivendo. Ci riuscirà ?Questo è un interrogativo a cui è difficile rispondere perché il fronte della fermezza non appare così compatto come sarebbe necessario neppure sul tema del contenimento dell’immigrazione. Contro i terroristi rossi e neri  che seminavano morte, non si poteva andare troppo per il sottile, ma  il terrorismo islamico è cosa non confrontabile con quello che abbiamo vissuto negli anni 70/80 del secolo scorso. E’ mille volte più insidioso. Il terrorismo politico rispetto a quello di origine religiosa era molto più semplice da estirpare. Il fanatismo islamico ha dato una connotazione mostruosamente  inedita al terrorismo. Il principio della ragionevolezza ci impone di affrontare i pericoli a cui sono esposti i  cittadini, con strumenti idonei.

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Solo in questi giorni vengono messe delle barriere nelle principali piazze italiane. Doveva esserci la strage di Barcellona per arrivare a comprendere i pericoli che incombono.
Il terrorismo è legato a pulsioni individuali non prevedibili, ma occorrono capacità di 
prevenzione che sicuramente non abbiamo. Machiavelli parlava di buoni argini per affrontare la piena del fiume di per sé imprevedibile. Chiunque si è cimentato nel cercare di spiegare il perché l’Italia non sia stata ancora oggetto di un attentato terroristico, ha dato motivazioni diverse, tutte poco condivisibili e abbastanza superficiali. Appare difficile da sostenere che gli attentati non sono arrivati a toccare l’Italia, perché le potenzialità investigative italiane sono più efficaci rispetto a quelle di Stati Uniti, Inghilterra, Francia , Germania. E  non è possibile neppure sostenere che l’Italia si è salvata perché gode dell’esperienza accumulata negli anni di piombo perché i due terrorismi non sono lontanamente confrontabili. L’unico termine di confronto è il terrorismo palestinese ,più politico che religioso , anche se fortemente antiebraico. L’elemento più allarmante è dato dal fatto che l’Europa non sia riuscita a fare sistema  sul terreno della sicurezza. Ad ogni attentato ascoltiamo le solite, ormai ripetitive dichiarazioni, ma non ci sono iniziative volte combattere il nemico comune.

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E’ stato detto da tempo che siamo in guerra, ma ogni volta dopo un po’ di giorni ci illudiamo che sia tornata la pace e la nostra vita continua imperturbabile come prima. In questo contesto è impossibile-al di là delle discussioni in linea di principio che pure hanno una loro importanza – pensare di procedere al varo della legge sullo Ius soli, a meno che vengano varati contemporaneamente provvedimenti legislativi severi volti a combattere l’estremismo islamico. Non è possibile rendere italiani potenziali terroristi, come se niente fosse. Semmai sarebbe il caso di provvedere ,in tempi rapidi, a respingimenti che, per il troppo garantismo burocratico e non, sono stati rinviati da troppo tempo. Ci sono centinaia di migliaia di migranti- non di profughi- che vagano per il nostro Paese. Sono delle vere e proprie mine vaganti, anche al di là del pericolo terroristico. La violenza praticata contro di noi richiede l’uso della forza e non del cavillo giuridico.Benedetto Croce ci ha insegnato a distinguere la forza rispetto alla violenza. Uno Stato ha il dovere di usare la forza contro la violenza a cui vengono sottoposti i suoi cittadini. Angelo Panebianco ha posto con chiarezza il problema da affrontare: rinunciare a un po’ di libertà per ottenere una maggiore sicurezza.

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E’ una scelta dolorosa e difficile, ma ,giunti a questo punto, è una scelta non più rinviabile. 
Ancora Panebianco ha avuto il coraggio di scrivere che “spesso in Europa si commette il terribile errore di chiamare “moderati” gli estremisti che non uccidono”. E qui si aprirebbe un altro discorso che andrà anch’esso affrontato, superando gli abusati stereotipi del politicamente corretto. Il liberale Popper sosteneva che verso gli intolleranti non si deve praticare la tolleranza. Sul piano delle idee io continuo a ritenere che tutte le opinioni ,anche quelle più estreme, vadano rispettate e vada garantita la loro libera manifestazione.  Ma qui non siamo di fronte a prediche che provengono da una moschea più o meno reale o virtuale. Siamo di fronte alla violenza praticata con metodo scientifico, di fronte alla quale la parola tolleranza è priva di senso. Non si tratta più di difendere i valori dell’Europa e della sua storia, quella che Oriana Fallaci definiva apocalitticamente “Eurasia”. Si tratta di difendere molto più prosaicamente la nostra vita. Primum vivere, deinde philosofari…

quaglieni@gmail.com

ISIS: Le crociate all’incontrario

Il terrorismo e l’inganno sono le armi non già dei forti, ma dei deboli.
(Mahatma Gandhi)
 

https://youtu.be/KDPlEP6V9XM

Francia: Cronaca di una strage.

“È stato un atto di guerra dell’Isis. Siamo stati aggrediti, ora saremo spietati su tutti i fronti”. Francois Hollande non ha dubbi nel definire quanto accaduto…Parigi si è risvegliata e ha contato i morti: almeno 129, in sei diversi attentati rivendicati dall’Isis, che ha fatto anche oltre 352 feriti, di cui 99 in condizioni disperate. È il più grave attacco mai messo in atto in Francia……

Spagna: Barcellona, furgone sulla folla nel cuore della città.

Un furgone ha travolto diverse persone sulla Rambla a Barcellona, causando morti e feriti. “Eravamo sulla Rambla de Catalunya, quando abbiamo visto partire il furgone e le persone nel panico correre in ogni direzione. Ho visto anche qualche corpo sollevarsi da terra dopo l’impatto. Sono scappato è l’ultima immagine impressa è il mezzo che si è schiantato violentemente contro un’edicola. La testimonianza di Saverio Verna in merito al furgone sulla folla a Barcellona…. fonte: https://video.repubblica.it/home

Una quartina di Nostradamus avrebbe predetto questi tragici eventi…

La grande guerra inizierà in Francia e poi tutta l’Europa sarà colpita, lunga e terribile essa sarà per tutti….poi finalmente verrà la pace ma in pochi ne potranno godere “.

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È forse iniziata la rivincita dello stato islamico sull’occidente? Oppure stiamo assistendo alle folli azioni di un gruppo di terroristi che, seppur numerosi e radicati, non hanno niente a che vedere con i paesi dell’area mussulmana nel loro insieme e con la rispettiva religione? Proviamo per un istante, a percorrere a ritroso la clessidra del tempo, sino al lontano 15 luglio 1098, quando venne espugnata Gerusalemme, e vennero ammazzati più di 60.000 persone, tra ebrei e musulmani, uomini, donne e bambini…..«Le donne, che avevano cercato scampo negli edifici alti e nei palazzi turriti, furono buttate giù a fil di spada; i bambini, anche i neonati, li tiravano a pedate dal petto delle madri, o li strappavano dalle culle, per poi sbatterli contri i muri o le soglie» Durante le crociate sino alla caduta di Akkon (1291), si stimano 20 milioni di vittime (solo nella Terrasanta e nelle regioni arabo-turche). L’Europa contemporanea ha preso una strada molto diversa rispetto al Cristianesimo, pur mantenendone taluni aspetti ma….

Non c’è alternativa allo scontro diretto?

“Se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà. E distruggerà il mondo che bene o male siamo riusciti a costruire, a cambiare, a migliorare, a rendere un po’ più intelligente cioè meno bigotto o addirittura non bigotto. “Oriana Fallaci

Di certo i fatti di Parigi e di Barcellona ci gettano nello sconforto e ci fanno gridare….voglia di giustizia!

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Il mondo fa paura …….ma in esso nuotano
in un immenso acquario……..betulle volpi
torrenti di fiori…….strade di campagna
e case di legno…..e ancora i concerti di Brahms
e i valzer di Chopin.

JAROSLAW IWASZKIEWICZ

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Maurizio Platone

Ulteriori approfondimenti nel mio blog: www.astrologiadiplatone.com

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Francia batte Italia due a zero

Senza andare tanto indietro nel tempo (andrebbe peggio), sembra una partita di calcio quella fra Italia e Francia, ma il risultato è sempre lo stesso, sia all’andata che al ritorno, la Francia batte sempre l’Italia e il suo governo. L’altra volta, nel febbraio del 2006, Enel lanciò un’Opa sul gruppo privato Suez, durante le esequie del governo Berlusconi. A onor del vero, si potrebbe sostenere che sia sulla nostra classe dirigente politica che su quella imprenditoriale ci sarebbe molto da ridire per la loro goffaggine. Nel caso di Suez, l’altra volta, gli imprenditori fecero tutto di nascosto, compreso tenere all’ oscuro il governo italiano del tentativo di acquisto. Tanto che l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti ricorda, con rammarico: ” lo appresi mentre ero in campagna elettorale, in un cinema di Perugia perché mi chiamò il ministro francese per protestare”. Di lì a poco, a Parigi, si riunì il Consiglio dei ministri e il primo ministro De Villepin si presentò in televisione con i presidenti della stessa Suez e del gruppo pubblico Gaz de France per annunciare che quest’ultimo si sarebbe fuso con Suez, mandando così a rotolo le ambizioni di Enel.Tremonti fece un tentativo, ma senza successo, per far valere le ragioni italiane e il principio della libera concorrenza che, in Europa, vale a senso unico. Come sia andata allora lo sappiamo, come andrà la nuova partita, senza aspettare settembre, lo prevediamo già.

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Per dirla con una leggenda metropolitana: in Europa vige ancora il trattato dell’Eliseo stipulato il 1963, nel castello di Rambouillet, tra Charles De Gaulle e Konrad Adenauer. Un “accordo” che, sostiene il gossip, avrebbe pure clausole segrete che assegnerebbero alla Germania tutta l’area dell’Est e qualcosa in Spagna, mentre alla Francia l’area italiana. Se è una bufala o per dirla in termini più moderni, una “fake news”, non lo sappiamo per certo, ma di sicuro spiegherebbe lo shopping francese nel Bel Paese che si chiama: Parmalat, Buitoni, Telecom e via di seguito. Per chi vi scrive, però c’è pure un altro codicillo a favore, stavolta, della Germania nel settore metalmeccanico e automobilistico. Veniamo all’altro fronte, quello di acquisto da parte francese con la società Vivendi della Telecom. In questo caso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha avviato, tardivamente, e su questo fronte concordiamo, per una volta, con la leader del sindacato Susanna Camusso, un’istruttoria per individuare i presupposti per esercitare la golden share su Tim. “La presidenza del Consiglio – leggiamo in un comunicato diffuso solo sul sito del Governo – ha ricevuto una nota, datata 31 luglio, nella quale il Ministro dello Sviluppo Economico (Carlo Calenda ndr) ha sollecitato una pronta istruttoria da parte del gruppo di coordinamento all’interno della Presidenza del Consiglio al fine di valutare la sussistenza di obblighi di notifica e, più in generale, l’applicazione del decreto legge 21 del 2012” sui poteri speciali in settori strategici, in relazione al comunicato stampa diffuso dalla Tim.

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Nel comunicato in questione erano state rese note alcune tematiche di corporate governance affrontate dal Consiglio di Amministrazione di Tim sul inizio dell’attività di direzione e coordinamento da parte di Vivendi all’interno di Telecom. Lo stesso Calenda, a margine dell’informativa alla Camera, dedicata a Fincantieri, interpellato in Transatlantico lo stesso ministro ha dichiarato:“facciamo quello che il governo deve fare, cioè applicare le regole che esistono. Abbiamo chiesto a Palazzo Chigi di verificare se c’è l’obbligo di notifica sull’attività di “direzione” in Tim da parte di Vivendi, ma un paese serio segue le regole, non si chiude per giocare solo in difesa. Per contro, per noi, un paese serio non si fa sempre massacrare da tutti, a cominciare dalla Francia per passare agli altri. Però forse pecchiamo di pessimismo, il 27 settembre nell’incontro Italia – Francia vedremo come andrà a finire sul fronte Fincantieri e se il presidente francese Emmanuel Macron farà marcia indietro; ma non scommettete, la moglie non glielo permetterà! Per concludere, intanto Vivendi con i soldi di Telecom si comprerà Mediaset. Al momento le ispezioni Consob e della Guardia di Finanza fanno sperare almeno qualcosina per i consumatori ed è meglio che niente.

Tommaso Lorusso

Dalla Russia con amore (per il Piemonte)

In occasione della partnership tra Museo Egizio ed Ermitage e dei  press tour, la regione Piemonte promuoverà le proprie attrattive turistiche. Lo stesso farà attraverso la  comunicazione sui social e il sostegno al volo Mosca-Torino. L’obiettivo della Giunta Chiamparino è  far crescere il turismo dalla Russia, che l’anno scorso ha registrato il già ragguardevole risultato  di 82.591 presenze. “Si lavora  –  dice  l’assessore al Turismo, Antonella Parigi – per rafforzare la notorietà del brand Piemonte in Russia e per  l’inserimento nell’offerta di prodotti nuovi per questo mercato, come  le mete culturali e l’enogastronomia”. Le montagne i  laghi, il turismo culturale di Torino e shopping sono i prodotti più ricercati dal turista russo nella nostra regione, spesso cercando esperienze esclusive e di servizi di alto livello. Questo il mercato che l’assessorato al Turismo,  con l’aiuto della Dmo Piemonte Marketing, intende  intercettare per rafforzare la presenza di un mercato estero di grande interesse.

Senza Fili Senza Confini

“Senza Fili Senza Confini”, l’associazione di promozione sociale senza fini di lucro, operatore di comunicazione, riconosciuta in tutto il mondo come modello efficace nella lotta contro il divario digitale, si aggiudica uno dei 153 contributi assegnati dalla Fondazione CRT per l’area Welfare e Territorio.La Fondazione CRT, attraverso le due sessioni annuali dedicate alle richieste ordinarie, garantisce il proprio appoggio ad attività di eccellenza finalizzate alla tutela, alla salvaguardia e alla valorizzazione del territorio.In questo ambito si colloca l’azione condotta da Senza Fili Senza Confini, che dal 2015 collabora attivamente con l’Istituto Comprensivo di Brusasco, nella Città Metropolitana di Torino, dove eroga corsi di avvicinamento al mondo del computer per i più giovani, e corsi per l’utilizzo consapevole di Internet destinati agli adolescenti. Grazie a questo prestigioso riconoscimento, l’Associazione allestirà due laboratori didattici mobili che le permetteranno di esportare il proprio modello didattico in tutti i 62 Comuni che hanno aderito al suo manifesto programmatico. I primi ad ospitare le attività saranno Cocconato, Cavagnolo, San Sebastiano da Po, Castelletto Merli, Cigliano, Rosignano Monferrato, Terruggia, Treville, Vignale Monferrato.La dotazione finanziaria messa a disposizione da Fondazione CRT è pari a 12000 Euro, a cui si aggiungono 8000 Euro di fondi derivanti da attività interne e sponsorizzazioni.I due laboratori mobili saranno dotati rispettivamente di 21 computer e 21 tablet, videoproiettore, e strumenti didattici multimediali e interattivi. Le lezioni potranno essere erogate non solo nelle aule tradizionali, ma anche nelle biblioteche, nelle Sale Consigliari, e in tutti gli edifici pubblici, permettendo di estendere i servizi didattici anche ad un pubblico adulto, in sinergia con le Ubi3 del territorio. Partendo dalle scuole primarie e secondarie per arrivare alle Uni3 l’obiettivo sarà l’educazione all’uso di internet e dei media digitali, con percorsi differenziati in base alla fascia di età e alle esigenze dei singoli.Daniele Trinchero, Presidente dell’Associazione, ha dichiarato “L’acquisizione di questo contributo è un ulteriore riconoscimento della validità del nostro modello e della serietà e correttezza de nostro impegno sul territorio.  Inoltre il progetto ha un valore particolarmente importante perché ha avuto una genesi corale, con il coinvolgimento di tutti i membri del nostro Gruppo Didattico. Mauro Scano, Dario Pecorella e Celestino Bottino, in questo senso hanno svolto e svolgono un lavoro davvero straordinario” E aggiunge “Per Senza Fili Senza Confini la realizzazione e il mantenimento di una rete di comunicazione non sono il fine della propria attività, ma lo strumento per permettere ai propri soci di accedere ad un ventaglio di servizi culturali che utilizzano canali a banda larga e Internet come strumento di diffusione e di accesso.

Massimo Iaretti

Torino e la moda

di Paolo Pietro Biancone*

 

La moda italiana di oggi è nata a Torino. Nasce, infatti, dagli Atelier Reali di Torino, famosi per lavorare sia cotone sia seta per la famiglia reale e per le famiglie più influenti dell’epoca. Diventando Torino capitale del Regno d’Italia, la moda sabauda spopola nel resto d’Italia, dovuto ai continui boicot verso le aziende di Napoli, nascono così le prime vere case di moda Torinesi. La consacrazione come la “capitale della moda” in Italia avviene all’Expo del 1911 e Torino resterà fino alla seconda Guerra Mondiale la sede di una produzione che è stata una delle componenti più rilevanti nel panorama del mondo del lavoro e della realtà economica e commerciale della Città. Sorgono, dunque, in questo periodo i grandi atelier, che fanno di Torino una vera e propria capitale della moda, seconda solo a Parigi, dalla quale si importano i modelli. Più che originalità, le griffe torinesi possiedono un’eccezionale abilità artigianale e realizzano abiti su misura dal gusto raffinato per la ricca clientela di tutta Italia.

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A primeggiare nel contesto del ’900 della moda torinese è stato il Gft (il Gruppo Finanziario Tessile), un colosso industriale torinese (con antiche radici biellesi che risalgono agli anni ’70 del XIX sec. in storici lanifici). Tra le due guerre mondiali, Gft fatturava più della Fiat: Marus, Facis, Cori erano alcuni dei marchi che appartenevano a quel gruppo che arrivò ad avere oltre 8.000 addetti solo in Italia, 35 società, 18 stabilimenti, di cui 5 all’estero.

Con l’arrivo della guerra furono molti gli artigiani a emigrare preferendo altre città e solo con la fine del conflitto mondiale si riprese la produzione. La città di Torino vide la nascita della Prima fiera campionaria italiana e riprese le attività, anche se non più con lo stesso vigore del periodo precedente. Con l’arrivo della crisi petrolifera il sistema della moda cittadina crolla, spostando la propria attenzione verso la nuova capitale della moda, Milano, arrivando all’apice del successo durante gli anni ’90 del Novecento. In passato l’industria della moda era comunemente considerata come un piccolo sottosettore dell’industria del vestiario. Moda era l’haute couture o il design di élite, mentre la produzione di massa non era inclusa fra gli elementi che la costituivano.

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Oggi la moda non è più di esclusivo appannaggio delle classi elitarie europee o nordamericane, sia perché la capacità di spesa della classe media dei Paesi in via di sviluppo è fortemente aumentata, sia perché anche l’industria di massa ha subito un processo di culturalizzazione, in cui è stata la produzione simbolica, oltre all’efficienza produttiva in termini di costi, ad acquisire importanza. Il carattere simbolico dell’alta moda si è esteso alla gran parte della produzione di vestiario, cambiando quindi in maniera radicale l’industria della moda e il campo di analisi della stessa. L’area di Torino e del Torinese, pur non potendo più vantare lontani primati, conserva – non solo sul piano occupazionale – un peso assolutamente non trascurabile nel comparto tessile-abbigliamento, con imprese anche di eccellenza e rilevanza internazionale e con un’offerta prevalente di livello medio e medioalto. L’esperienza nel campo della moda attuale si fortifica se si considerano le aree distrettuali del Piemonte: Alba, Biella, Novara, per citarne alcune. La sfida nella moda è l’innovazione. E Torino si candida come sede per l’innovazione nella moda anche per il tessile: la chiave del successo per il futuro potrebbe essere da ritrovare nell’eccellenza di un made in Italy la cui qualità è anche sinonimo di principi etici. Da qui il modest fashion e la moda islamica.

 

*Direttore dell’Osservatorio sulla Finanza Islamica dell’Università di Torino

Comital, presidio permanente

Presidio permanente a Volpiano  davanti ai cancelli della Comital, dove i 138 lavoratori licenziati dall’azienda francese – che ha deciso di chiudere lo stabilimento –  saranno presenti anche a Ferragosto per evitare che dal capannone vengano trasferiti i macchinari. Nel frattempo è stata studiata l’ipotesi di una sospensione della procedura di liquidazione per individuare una nuova proprietà, ma non sono ancora  stati fatti passi avanti.

Devozione e turismo: missione Piemonte a Curtatone

La Valcerrina ed il Santuario di Crea e il Comune di Curtatone e il Santuario della Beata Vergine Maria delle Grazie sono ancora più vicini. Dopo il protocollo d’intesa tra l’Unione dei Comuni della Valcerrina e l’amministrazione comunale di Curtatone siglato a Crea nel novembre dello scorso anno, da lunedì 14 agosto si è instaurato un legame più stretto sotto l’aspetto devozionale tra le due realtà dei Santuari. Il rettore di Crea, monsignor Francesco Mancinelli si è recato  in terra mantovana, dove dal 12 al 16 agosto si svolte l’Antichissima Fiera delle Grazie, in concomitanza con il 45° incontro nazionale dei Madonnari. Con lui c’era, in rappresentanza dell’Unione dei comuni della Valcerrina, il consigliere delegato al turismo Massimo Iaretti. Entrambi hanno presenziato, sul sagrato del Santuario alla benedizione dei gessetti e di madonnari con il vescovo emerito Egidio Caporello. Monsignor Mancinelli, introdotto dal sindaco Carlo Bottani, ha dato un breve cenno di saluto ricordando il protocollo d’intesa ed auspicandone lo sviluppo e ricordato la presenza di San Luigi Gonzaga sia a Casale Monferrato che a Crea. Poi, dopo un breve incontro conviviale, nel quale il primo cittadino di Curtatone, ha auspicato un collegamento tra diversi centri di culto mariano – Curtatone, Crea, Caravaggio e Villanova d’Asti – e annunciato una prossima venuta a Crea ed in Valcerrina dopo l’estate, si è tenuto nel Santuario che risale all’epoca dei Gonzaga, un Rosario meditato, presieduto dal vescovo di Mantova, Marco Busca, al quale ha preso parte anche il vescovo di Ferrara, Gian Carlo Perego. Nel corso degli incontri a Le Grazie, il monsignor Mancinelli ha fatto dono dal presule mantovano di una copia del volume su Crea di Attilio Castelli e Dionigi Roggero. “Ho anche invitato l’amministrazione di Curtatone a prendere parte ad un incontro – dice Massimo Iaretti – che verrà organizzato dopo l’estate nel quale si farà il punto sugli Itinerari di fede nell’Europa cristiana che vedono uno dei punti propri in Crea e nel suo collegamento con il Mantovano. In sede regionale si sta lavorando ad un rapporto che leghi organicamente realtà dei territori vicini a Crea ed alla Valcerrina in direzione di Torino, come la Pulcherada di San Mauro Torinese e Santa Fede a Cavagnolo”.

 

Dopo il dramma di piazza San Carlo: se la cena va in bianco

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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La cena in bianco a Torino quest’anno è quasi certo che non si faccia. Torino e’ la città dove e’ nata per iniziativa di  Antonella Bentivoglio d’Afflitto   che è riuscita a conciliare le esigenze dello svago e dell’amicizia  con le regole del vivere civile:  cena in bianco in piazza San Carlo per  decine di migliaia di  persone, nessun incidente e piazza pulita subito  dopo l’evento . Cosa rara, rarissima in Italia ed anche a Torino. Quando venne organizzata in una realtà ancora più difficile come i giardini della reggia di Venaria, accadde la stessa cosa. Sicuramente dietro la cena in bianco c’è una robusta organizzazione fatta di volontari. La promotrice chiese quest ‘anno  piazza Castello, piazza San Giovanni e piazzetta Reale prima dei fatti di piazza San Carlo, dove , per un evento assai meno impegnativo  come la proiezione di una partita  , accadde  il disastro. Il Comune, invocando la circolare Gabrielli, ha negato l’uso del suolo pubblico e non si è reso disponibile per un incontro volto ad approfondire il discorso. La reazione può anche essere comprensibile perché la figura del sindaco Appendino e’ uscita gravemente ammaccata .  Per altri versi, in linea di massima, anche in passato ,la Sindaca ha cercato sempre di non esporsi quando c’era da assumersi delle  responsabilità . L’allontanamento di Patrizia Asproni dalla Fondazione  Musei e ‘ emblematica.

 Ne discendono alcune riflessioni :
 Il Comune di Torino e’ ancora oggi   alla prese con la vicenda di Piazza San Carlo , pur essendo riuscito a gestire in piazza Vittorio la festa di San Giovanni, pur  con un calo molto forte di partecipazione ,in modo accettabile .  La circolare Gabrielli emanata con grande ritardo  rivela che solo con l’arrivo di Minniti al ministero degli Interni si sta cambiando registro non solo con gli immigrati .Almeno  dopo la strage di Nizza di un anno fa il ministero  avrebbe dovuto provvedere a richiamare la normativa vigente ed eventualmente a rafforzarla, senza lasciare ai sindaci una discrezionalità che si rivelava assai pericolosa, come ha dimostrato la vicenda torinese. Viene in mente il rogo  del cinema Statuto  del 1982 che è servita ,con un costo altissimo di vittime, a rendere sicuri i locali di pubblico incontro solo dopo quella tragedia. Prima nessuno pensava seriamente alla sicurezza. L ‘estate sta passando con eventi ridotti o comunque preparati con più cura ,anche se emergono qua e là improvvisazioni in tutta Italia che il pericolo,  attualmente silente ,del terrorismo non dovrebbe consentire. La non concessione  delle tre piazze per la cena in bianco può avere sicuramente delle ragioni. Soprattutto piazza San Giovanni e la stessa  piazzetta Reale  non hanno adeguate vie di fuga. La stessa piazza Castello non appare così sicura.  Basterebbe chiarire queste ragioni e  verificare  delle alternative percorribili , ammesso che ci siano .  La cena in bianco e’ un evento che e’ stato ripreso  in tante città e cittadine italiane, resta un orgoglio di Torino, ma non si può rischiare  un evento pericoloso .Qualsiasi  incidente sarebbe mortale per il futuro dell’iniziativa . Essa deve essere fatta secondo le regole richiamate nella circolare Gabrielli.  In questa occasione diventa difficile dissentire dalle decisioni assunte del Comune di Torino. I tempi sono cambiati e non è possibile derogare alle esigenze della sicurezza neppure per manifestazioni più importanti della cena in bianco ,verso cui non si può non avere simpatia, non foss’altro perche’ nasce da esigenze genuine che nulla hanno a che fare  con la politica. Oggi la sicurezza deve prevalere su ogni altra valutazione. Sono tempi di ferro e di fuoco che non consentono eccezioni. 

quaglieni@gmail.com

Truffe agli anziani: il Piemonte le contrasta

Quando si parla di microcriminalità sovente il pensiero corre immediatamente ai furti, in particolare quelli nelle abitazioni. Ma c’è un altro tipo di reato, ancora più odioso, soprattutto se perpetrato nei confronti degli anziani, ovvero le truffe. Non sono infrequenti i tentativi, molti dei quali per fortuna vanno a vuoto, ma sono sempre troppo numerosi quelli che vanno invece a segno. I truffatori, persone che non hanno scrupoli a mettere in atto gli artifici e i raggiri necessari a configurare la fattispecie del reato (che è punito dall’articolo 640 del Codice Penale), scelgono come loro vittime nella maggior parte dei casi persone anziane, magari che vivono da sole, le quali sono un bersaglio più facile. Anche il Piemonte, sia nelle città, sia nei centri di minore dimensione, urbani o rurali, non è immune da questo fenomeno, di cui sovente si trascura un fatto, non riportato, e del resto sarebbe difficilmente riportabile, dalle statistiche: quanta è l’aspettativa di vita di un anziano, vittima di una truffa. Quanto inciderà sul suo stato psico – fisico, l’aver subito un reato che, magari, gli ha sottratto i risparmi di una vita. A questo di aggiunga una sorta di “vergogna” (che tale non è, a vergognarsi profondamente dovrebbero essere i truffatori) nel comunicare a terzi di essere stato raggirato. Le forze dell’ordine compiono ogni anno, e capillarmente, un’opera di informazione nei confronti degli anziani, anche con incontri pubblici, diffusione di pubblicazioni, oltre naturalmente a tutta l’attività di indagine sul territorio e di intervento, Anche il mondo delle associazioni di categoria e delle associazioni si muove in questa direzione. Confartigianato Imprese, insieme a Ministero degli Interni e forze dell’ordine, ha preso parte, ad esempio, tre anni fa, ad una campagna nazionale contro le truffe agli anziani. L’Associazione Controllo del Vicinato, in tutta Italia e nello specifico in Piemonte, in tutti gli incontri lo ha sempre ricordato. Adesso qualcosa si muove: Al vaglio del Parlamento c’è una proposta di legge di quattro articoli (relatore è David Ermini) che prevede l’arresto obbligatorio per chi truffa un anziano se il danno è stato commesso ai danni di un ultrasessantacinquenne e limita i casi di concessione della sospensione condizionale della pena, subordinandola all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni e al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso, oltre che all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato. Inoltre, il reato prevede un’importante aggravante. La pena è aumentata di un terzo “se il fatto di cui al primo comma è commesso con l’utilizzo di strumenti telefonici, informatici o telematici ovvero avvalendosi di dati della vita privata della persona offesa acquisiti fraudolentemente o senza il suo consenso”. Sull’argomento interviene Giuseppe Ambrosoli, presidente Anao di Confartigianato Piemonte: “Con la campagna contro le truffe agli anziani Confartigianato intende svolgere un’azione di prevenzione, basata principalmente sull’informazione attraverso riunioni e convegni su tutto il territorio. Il vademecum è stato, fin dall’inizio, il nostro materiale informativo per eccellenza, con consigli utili e modelli di comportamento in caso di truffe. Siamo stati sempre sensibili nei confronti di un fenomeno che purtroppo si diffonde assumendo forme sempre nuove e che colpisce, anche sul piano psicologico, la categoria più fragile della società: gli anziani”.

Massimo Iaretti

(foto: il Torinese)