ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 535

Stranieri, Piemonte primo per la formazione

Prima in Italia nella graduatoria dei progetti di formazione civico linguistica per stranieri, si aggiudica 2,5 milioni di euro

Il Piemonte si aggiudica 2,5 milioni di finanziamenti (europei e statali) per la formazione civico linguistica degli stranieri. In questo modo la nostra Regione ottiene l’intero importo richiesto, ma soprattutto arriva prima, rispetto alle altre Regioni italiane, nella graduatoria per il finanziamento dei ‘Piani regionali per la formazione civico linguistica dei cittadini di Paesi terzi 2018-2021’. “Il progetto Petrarca ha preso infatti 87,30 punti. – spiega l’assessora all’Immigrazione, Monica Cerutti – Il punteggio più alto tra i partecipanti”. In seconda posizione nella graduatoria, pubblicata il 24 dicembre, è arrivata l’Emilia Romagna. Mentre in terza il Friuli Venezia Giulia. “Se da una parte il ministero dell’Interno ci premia – prosegue l’assessora – D’altra parte con il decreto sicurezza ci sottrae i potenziali allievi. La norma infatti non permette ai richiedenti asilo di partecipare ai corsi per imparare l’italiano, visto che impedisce loro di avere carta d’identità, di iscriversi all’anagrafe. E siccome il nostro progetto era stato studiato tenendo conto anche di questo bacino di utenti, adesso rischiamo il paradosso: di avere i soldi, ma di non avere studenti”. Tra i criteri tenuti in considerazione dal ministero dell’Interno, ci sono la qualità complessiva della proposta progettuale, la coerenza del budget di spesa, della tempistica di progetto, ma anche le esperienze maturate in passato e la capacità di attivare reti.  Il Piano regionale, denominato “Petrarca 6”, si pone in continuità con le progettualità attivate negli anni passati, prevedendo anche specifiche azioni per l’orientamento e la conoscenza del territorio nel quale gli stranieri extracomunitari si vengono a trovare, dei servizi sanitari di cui possono usufruire, di quelli sociali. Oltre ai corsi di italiano, saranno forniti anche servizi per consentire la partecipazione alle attività didattiche al più alto numero di persone, ad esempio, servizi di babysitting per andare incontro alle madri, di mediazione interculturale, tutoraggio, di accompagnamento personalizzato rivolto a persone vulnerabili. “Il progetto Petrarca ormai va avanti dal 2011. E i risultati sono finora più che soddisfacenti. Dal suo inizio a oggi sono state coinvolte più di 10mila persone. – racconta Cerutti – Solo con Petrarca 5 si sono realizzati 364 corsi coinvolgendo 3460 beneficiari“. Diverse le nazionalità coinvolte. Per la maggior parte hanno seguito i corsi i marocchini (25%), i cinesi (8%), i nigeriani (7%), i senegalesi (5%), gli albanesi (5%), gli indiani e gli egiziani(4%). Soprattutto le donne hanno aderito all’iniziativa. Erano quasi sei su dieci (58% del totale).

 

(CS – foto: il Torinese)

L'alluvione che (non) verrà. Il Tanaro è un tesoro

Parafrasando, si potrebbe dire, una storia tira l’altra, basta inziare

Ad Alba, un bel convegno, venerdì 11 gennaio, nella sala comunale Vittorio Riolfo con tema le alluvioni, passate e future (si spera di no) è stato organizzato dal settimanale Gazzetta d’Alba.
 
I piemontesi, a tale dramma si sono assuefatti; da quella terribile del novembre del 1994 che sconvolse il territorio e provocò molti morti a quella meno invasiva del 2016.
 
La serata ha avuto relatori preparati con un folto pubblico particolarmente interessato a conoscere i risultati dell’inchiesta “Tanaro tesoro da salvare” e sul suo stato di salute.
 
Una serata tutta incentrata sul grande fiume. È stato citato l’Accordo di Programma stipulato con la Regione Piemonte per la valorizzazione della fascia fluviale a cura di alcuni comuni, tra cui Alba, in qualità di ente capofila, di cui fanno parte anche Govone, Roddi, Saliceto, Castelletto Uzzone, Mango, Prunetto, Barbaresco, Castino, Montà, Barolo, Mombarcaro, Bra.
 
Stando alla geografia, nell’elenco dei comuni ce ne sono alcuni, che con il Tanaro non c’entrano nulla, per esempio, Castino, Saliceto, Castelletto Uzzone, Mombarcaro, Prunetto e Mango, ma che ( a nostro avviso) dovrebbero essere invece coinvolti in un grande progetto afferente al torrente Belbo e ai suoi confluenti.
 
Un pò di scintille fra uno dei relatori, il geologo Carlino Belloni che ha analizzato le due alluvioni del 1994 e del 2016 e ha parlato delle rocce presenti lungo il corso d’acqua  e del ponte strallato “Caduti di Nassiriya” che attraversa Alba e di un “triangolo” vicino agli stabilimenti dell’industria dolciaria Ferrero.
 
Si è discusso dei due ponti della città di Alba, ma anche di realizzarne un terzo, che per un altro relatore, Roberto Cavallo, ambientalista della Cooperativa Erica, è inappropriato.
 
Non poteva mancare il focus sull’inquinamento, ambiente, biodiversità, flora e fauna, della pista ciclabile, del rapporto della cittadinanza con il corso d’acqua.
 
Stranamente se al Po i torinesi vogliono bene ed è anche spunto per tanti gialli, per gli albesi, il rapporto con il Tanaro non è esaltante e nemmeno la bella pista ciclabile è molto frequentata. Secondo Roberto Cavallo “il fiume è poco vissuto, non c’è un rapporto stretto con la cittadinanza e questo porta più inerti e più rifiuti.
 
Secondo il sindaco Maurizio Marello “normativamente abbiamo posto le basi per tutelare quest’area, ma anche per rilanciarla”.
 
Per il naturalista Edmondo Bonelli “Dal punto di vista della flora, per il Tanaro, ci sono dei problemi perché è un ambiente modificato, ma ricchissimo di biodiversità. Le aree incontaminate sono poche, alcune sono protette altre dovrebbero diventarlo. Il Tanaro è pieno di pesce e questo significa che è un ecosistema vitale. Nonostante sia pieno di pesce,  il Tanaro non ha più pescatori”.
 
Il dibattito è stato coordinato dai giornalisti di Gazzetta d’Alba Matteo Viberti e Francesca Pinaffo e oncluso con l’intervento del suo   direttore don Giusto Truglia.
 
A questo punto, l’augurio che facciamo è che ci siano altri “volenterosi” che si interessino (con un Accordo di Programma) anche delle sponde del Belbo e dei suoi confluenti perché non basta che siano aree protette, ma devono anche essere tutelate facendo tante cose, dal taglio dei boschi, alla realizzazione di una pista ciclabile che vada da Canelli, passando per Santo Stefano Belbo, Rocchetta Belbo, Bosia, Cravanzana e Feisoglio fino ad arrivare alle sorgenti del Belbo.
 
Vivi i tuoi torrenti e fiumi per tutelarli e tutelarti.

Tommaso Lo Russo

L’alluvione che (non) verrà. Il Tanaro è un tesoro

Parafrasando, si potrebbe dire, una storia tira l’altra, basta inziare

Ad Alba, un bel convegno, venerdì 11 gennaio, nella sala comunale Vittorio Riolfo con tema le alluvioni, passate e future (si spera di no) è stato organizzato dal settimanale Gazzetta d’Alba.

 

I piemontesi, a tale dramma si sono assuefatti; da quella terribile del novembre del 1994 che sconvolse il territorio e provocò molti morti a quella meno invasiva del 2016.

 

La serata ha avuto relatori preparati con un folto pubblico particolarmente interessato a conoscere i risultati dell’inchiesta “Tanaro tesoro da salvare” e sul suo stato di salute.

 

Una serata tutta incentrata sul grande fiume. È stato citato l’Accordo di Programma stipulato con la Regione Piemonte per la valorizzazione della fascia fluviale a cura di alcuni comuni, tra cui Alba, in qualità di ente capofila, di cui fanno parte anche Govone, Roddi, Saliceto, Castelletto Uzzone, Mango, Prunetto, Barbaresco, Castino, Montà, Barolo, Mombarcaro, Bra.

 

Stando alla geografia, nell’elenco dei comuni ce ne sono alcuni, che con il Tanaro non c’entrano nulla, per esempio, Castino, Saliceto, Castelletto Uzzone, Mombarcaro, Prunetto e Mango, ma che ( a nostro avviso) dovrebbero essere invece coinvolti in un grande progetto afferente al torrente Belbo e ai suoi confluenti.

 

Un pò di scintille fra uno dei relatori, il geologo Carlino Belloni che ha analizzato le due alluvioni del 1994 e del 2016 e ha parlato delle rocce presenti lungo il corso d’acqua  e del ponte strallato “Caduti di Nassiriya” che attraversa Alba e di un “triangolo” vicino agli stabilimenti dell’industria dolciaria Ferrero.

 

Si è discusso dei due ponti della città di Alba, ma anche di realizzarne un terzo, che per un altro relatore, Roberto Cavallo, ambientalista della Cooperativa Erica, è inappropriato.

 

Non poteva mancare il focus sull’inquinamento, ambiente, biodiversità, flora e fauna, della pista ciclabile, del rapporto della cittadinanza con il corso d’acqua.

 

Stranamente se al Po i torinesi vogliono bene ed è anche spunto per tanti gialli, per gli albesi, il rapporto con il Tanaro non è esaltante e nemmeno la bella pista ciclabile è molto frequentata. Secondo Roberto Cavallo “il fiume è poco vissuto, non c’è un rapporto stretto con la cittadinanza e questo porta più inerti e più rifiuti.

 

Secondo il sindaco Maurizio Marello “normativamente abbiamo posto le basi per tutelare quest’area, ma anche per rilanciarla”.

 

Per il naturalista Edmondo Bonelli “Dal punto di vista della flora, per il Tanaro, ci sono dei problemi perché è un ambiente modificato, ma ricchissimo di biodiversità. Le aree incontaminate sono poche, alcune sono protette altre dovrebbero diventarlo. Il Tanaro è pieno di pesce e questo significa che è un ecosistema vitale. Nonostante sia pieno di pesce,  il Tanaro non ha più pescatori”.

 

Il dibattito è stato coordinato dai giornalisti di Gazzetta d’Alba Matteo Viberti e Francesca Pinaffo e oncluso con l’intervento del suo   direttore don Giusto Truglia.

 

A questo punto, l’augurio che facciamo è che ci siano altri “volenterosi” che si interessino (con un Accordo di Programma) anche delle sponde del Belbo e dei suoi confluenti perché non basta che siano aree protette, ma devono anche essere tutelate facendo tante cose, dal taglio dei boschi, alla realizzazione di una pista ciclabile che vada da Canelli, passando per Santo Stefano Belbo, Rocchetta Belbo, Bosia, Cravanzana e Feisoglio fino ad arrivare alle sorgenti del Belbo.

 

Vivi i tuoi torrenti e fiumi per tutelarli e tutelarti.

Tommaso Lo Russo

Assistenza sanitaria, il perché del primato piemontese

E’ stato reso noto nei giorni scorsi che il Piemonte è al primo posto in Italia per la qualità dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, i cosiddetti Lea: a decretarlo il monitoraggio relativo al 2017pubblicato dal Ministero della Salute, che analizza indicatori che verificano la qualità dell’attività di prevenzione, dell’assistenza territoriale e dell’assistenza ospedaliera. Vediamo di approfondire l’argomento

Decisivi per il raggiungimento di questo primato sono stati i miglioramenti ottenuti nella copertura vaccinale pediatrica, in particolare contro il morbillo, e nell’assistenza ai malati terminali. La testa per la prima volta della graduatoria tra le Regioni è stata raggiunta con il punteggio record di 221, davanti a Veneto ed Emilia Romagna (218 punti), Toscana (216) e Lombardia (212). L’anno scorso il Piemonte era al terzo posto. “Questo risultato ci rende estremamente orgogliosi – commenta il presidente Sergio Chiamparino – perché è un riconoscimento del lavoro svolto in questi anni: abbiamo rilanciato la sanità piemontese, che era di fatto commissariata, non solo mettendo ordine nei conti e tagliando gli sprechi ma migliorando i servizi e valorizzando le eccellenze. E la rilevazione del Ministero lo testimonia”. L’assessore Antonio Saitta ringrazia “tutti i dipendenti del servizio sanitario regionale per il grande impegno profuso in questi anni” e sottolinea che “continuiamo comunque a lavorare per migliorare ulteriormente la nostra sanità e per rispondere al meglio alle nuove esigenze di salute dei piemontesi: stiamo proseguendo con il piano per la riduzione delle liste d’attesa e con l’aumento delle assunzioni di personale, due priorità assolute, e con gli investimenti in edilizia sanitaria che porteranno alla realizzazione di ospedali moderni e più efficienti”.

 

www.regione.piemonte.it – foto: il Torinese

Monorotaia di Italia ’61: oggi è un cumulo di travi

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Era il simbolo della fiducia nel progresso

Uno dei più emblematici simboli di Italia ’61, la celebre monorotaia Alweg, giace oggi ridotta ad un cumulo di travi abbandonate in un prato a Nichelino, a pochi metri dalla tangenziale di Torino, presso la stazione di servizio Nichelino Sud ed il cavalcavia di via Napoli. L’avveniristico treno soprelevato di Italia ’61 copriva un percorso di 1.2 chilometri, congiungendo la stazione Sud a quella Nord, che sorge in Corso Unità d’Italia 70, in prossimità dell’attuale sede del Museo Nazionale dell’Automobile, struttura nata originariamente come centro congressuale, in occasione delle celebrazioni del primo centenario dell’Unità nazionale. Attualmente, mentre la Stazione Sud versa in uno stato di completo abbandono, quella Nord è stata riconvertita quale sede di casa UGI (Unione dei genitori italiani contro i tumori dei bambini), per accogliere i parenti dei piccoli degenti del vicino ospedale Regina Margherita. L’infrastruttura della monorotaia, inaugurata il 6 maggio 1961, venne smantellata all’inizio degli anni ’70 dopo che il convoglio era stato mantenuto attivo ancora qualche anno dopo l’esposizione, soltanto il sabato pomeriggio e la domenica. Già nel 1965 venne, però, dismesso a causa dei suoi alti costi di manutenzione, allora pari a 6 milioni di lire annui. Nel 1975 il sindaco Novelli dichiarava: “Se qualche ditta è disposta a lavorare gratis, il Comune le regalerà tutto il materiale che potrà portare via, salvo un troncone di rotaia che terremo per ricordo e la stazione Nord”.  Oggi della monorotaia rimane, come testimonianza, presso il laghetto di Italia ’61, soltanto un piccolo tratto di appena 14 campate su 58. “E’ triste constatare – spiega l’ingegnere Luca Valzano che lavora ad un progetto di recupero e riconversione di questa infrastruttura – come il simbolo dello spirito avveniristico e della fiducia nel progresso espressi dall’expo di Italia ’61, ben incarnati nella sua monorotaia, risultino oggi dispersi rispetto alla sede originaria, in parte in un prato abbandonato di Nichelino e, in parte, per quanto riguarda una decina di travi, in una discarica abusiva presente nel parco del Meisino”. “Le travi – precisa l’ingegnere Luca Valzano – sono in calcestruzzo armato precompresso, a sezione cava, di altezza pari a 1.4 m, di lunghezza di circa 20 metri e del peso di circa 40 tonnellate ciascuna. I convogli del sistema Alweg sfruttavano carrelli di ruote gommate aventi sia funzione di appoggio sulla trave sia di trazione mediante trazione elettrica. La soluzione adottata era l’esito di uno sviluppo tecnologico che risaliva agli inizi del Novecento con le prime realizzazioni in Germania. L’infrastruttura, all’epoca rappresentata alla stregua di un aeroplano, era largamente ammirata per il suo carattere visionario. In quegli stessi anni, d’altronde, proprio in Germania, nell’ambito della sperimentazione, venivano realizzati appositi circuiti per testare i convogli che già procedevano ad alta velocità”. “E’ ancora più triste constatare – conclude l’ingegnere Valzano – in quale stato di abbandono sia stata ridotta e versi l’intera infrastruttura. Inoltre il mezzo che correva lungo la monorotaia è andato in parte distrutto da un incendio e da diversi atti di vandalismo. La parte sopravvissuta è stata smantellata nel 1981 dal demolitore Ovan che, a quell’epoca, lavorava alla dismissione dei mezzi dell’Atm, l’allora azienda di trasporti metropolitani”.

 

Mara Martellotta

 

Il Piemonte vuole l’autonomia. Nasce il comitato

L’autogoverno del Piemonte e la salvaguardia dell’identità e della lingua piemontese sono gli obiettivi prioritari del neo-costituito Comitato per l’Autonomia Piemont.

Nel corso della riunione costitutiva, che si è tenuta ad Asti, è stato approvato lo statuto ed è stato eletto, all’unanimità, il comitato provvisorio di coordinamento, che è composto da Carlo Comoli (coordinatore organizzativo), Massimo Iaretti (portavoce) ed Emiliano Racca (segretario/tesoriere). Il Comitato opererà affinché il Piemonte acquisisca la maggiore autonomia, legislativa e gestionale, per le proprie risorse agricole, commerciali, industriali e naturali, nonché per la difesa e la tutela del proprio territorio, e affinché vi sia una profonda revisione della finanza locale”. “La nostra azione, in particolare, sarà rivolta – dicono Comoli, Iaretti e Racca – a perseguire la massima autonomia possibile del Piemonte, Regione, già culla delle prime rivendicazioni autonomiste, che oggi è ancora al palo nel percorso già avviato da altre realtà come la Lombardia, il Veneto o l’Emilia Romagna”. Il Comitato evidenzia, poi, che opererà affinché l’identità e la lingua piemontese (patrimonio fondante del Piemonte) vengano promosse e valorizzate in ogni modo, attraverso il sostegno e il coordinamento con le istituzioni politico – amministrative a tutti i livelli. “I nostri obiettivi – dicono ancora gli esponenti del coordinamento del Comitato – verranno perseguiti attraverso una nostra presenza nelle Istituzioni, a partire dalla presenza alle elezioni del prossimo anno.

 

Il Piemonte vuole l'autonomia. Nasce il comitato

L’autogoverno del Piemonte e la salvaguardia dell’identità e della lingua piemontese sono gli obiettivi prioritari del neo-costituito Comitato per l’Autonomia Piemont.
Nel corso della riunione costitutiva, che si è tenuta ad Asti, è stato approvato lo statuto ed è stato eletto, all’unanimità, il comitato provvisorio di coordinamento, che è composto da Carlo Comoli (coordinatore organizzativo), Massimo Iaretti (portavoce) ed Emiliano Racca (segretario/tesoriere). Il Comitato opererà affinché il Piemonte acquisisca la maggiore autonomia, legislativa e gestionale, per le proprie risorse agricole, commerciali, industriali e naturali, nonché per la difesa e la tutela del proprio territorio, e affinché vi sia una profonda revisione della finanza locale”. “La nostra azione, in particolare, sarà rivolta – dicono Comoli, Iaretti e Racca – a perseguire la massima autonomia possibile del Piemonte, Regione, già culla delle prime rivendicazioni autonomiste, che oggi è ancora al palo nel percorso già avviato da altre realtà come la Lombardia, il Veneto o l’Emilia Romagna”. Il Comitato evidenzia, poi, che opererà affinché l’identità e la lingua piemontese (patrimonio fondante del Piemonte) vengano promosse e valorizzate in ogni modo, attraverso il sostegno e il coordinamento con le istituzioni politico – amministrative a tutti i livelli. “I nostri obiettivi – dicono ancora gli esponenti del coordinamento del Comitato – verranno perseguiti attraverso una nostra presenza nelle Istituzioni, a partire dalla presenza alle elezioni del prossimo anno.

 

Agricoltura, il Piemonte ha la nuova legge

Il Piemonte ha una nuova legge quadro per l’agricoltura: il testo è stato approvato a larga maggioranza (38 favorevoli e 3 astenuti) dal Consiglio regionale 

Il riordino delle norme in materia di agricoltura e di sviluppo rurale, come ha spiegato l’assessore Giorgio Ferrero, ha comportato l’abrogazione di 35 delle 45 leggi vigenti, oltre a cinquanta articoli in materia, contenuti nei vari provvedimenti regionali. La legge, con le relative abrogazioni, entrerà in vigore all’atto dell’approvazione del Bilancio regionale, in quanto attualmente è in vigore l’esercizio provvisorio. Fra le principali novità, figurano la banca della terra, proposta dal M5s, per permettere l’uso agricolo dei terreni incolti; la tutela di manufatti come muretti a secco, piloni di pietra dei vigneti, siepi o filari di alberi con valore storico (Gianluca Vignale di Msn); maggiore tutela della lavorazione e della trasformazione dei prodotti da parte delle piccole realtà contadine, strumento per la difesa del territorio, dell’ambiente e della genuinità degli alimenti (Walter Ottria, Leu); l’agenda digitale per adeguare l’agricoltura all’evoluzione informatica della Pubblica amministrazione italiana “Si tratta di una vera e propria legge quadro necessaria per snellire, semplificare e rendere attuale la legislazione regionale, alla luce della trasformazione dell’imprenditoria agricola e della sfida ambientale e climatica. Abbiamo voluto soprattutto offrire attenzione ai territori più fragili e alle imprese più piccole, dove è necessario creare opportunità”, ha aggiunto Ferrero. Il quadro d’insieme del resto è mutato, a cominciare dalla riforma delle politiche comunitarie che sta entrando nelle agende politiche in questi mesi e che si rifletterà sul quadro normativo nazionale e piemontese: quando la vecchia legge fu approvata c’erano le politiche agricole che privilegiavano l’incremento produttivo attraverso il sostegno dei prezzi, il ritiro dal mercato delle eccedenze e l’agevolazione dei fattori di produzione, in un mercato europeo altamente protetto dalla concorrenza internazionale e nel quale i consumi erano molto più standardizzati di oggi. A quasi quarant’anni dalla legge 63 “Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste”, arriva questa norma di riordino, che intende anche proporsi come legge quadro per gli interventi regionali in materia di sviluppo agricolo, agroalimentare, agroindustriale e rurale destinata a durare nel tempo. Nel corso del dibattito è stato messo in risalto lo spirito propositivo del confronto tra la Giunta e le varie forze politiche in terza Commissione (presidente Raffaele Gallo) e nel tavolo di lavoro. Domenico Rossi (Pd) ha svolto la relazione di Maggioranza, soffermandosi sullo sforzo di conciliare “la complessità del presente e la velocità con cui oggi si presentano i cambiamenti”. Per Mauro Campo (M5s), relatore di Minoranza, “il limite di questa legge è che per molti temi si tratta di un riporto delle norme esistenti, pur apprezzando in gran parte i cambiamenti effettuati”. Tra i vari interventi, quello di Paolo Mighetti (M5s) ha riguardato le filiere, che dovrebbero “generare il giusto prezzo pagato agli agricoltori”. Vignale ha sottolineato l’importanza per il Piemonte di salvaguardare la propria cultura agricola così come Ottria è ritornato sul ruolo delle piccole realtà contadine, mentre per Andrea Tronzano (Fi) “nel testo manca la valorizzazione dell’agricoltura produttiva tradizionale”. Gianpaolo Andrissisi è soffermato su quello che considera il punto di partenza fondamentale: “la globalizzazione economica ha messo in crisi anche l’agricoltura”.

In controtendenza è stata la posizione assunta da Gianna Gancia (Lega Nord): “Ci saremmo aspettati che questo riordino avesse un respiro molto più ampio, nella concezione che per essere più competitiva l’agricoltura deve essere di stampo industriale”.

Nuovi Postamat nei piccoli comuni

“Poste ha comunicato  a Uncem di aver avviato i sopralluoghi in 253 Comuni piccoli del Paese per l’installazione di altrettanti nuovi Postamat. Si tratta di un risultato che riteniamo molto positivo. L’azienda guidata dall’Ad Matteo Del Fante risponde a una nostra richiesta, fatta in diverse occasioni negli ultimi tre anni, e dà seguito a quanto annunciato a Roma il 26 novembre a Roma da Del Fante davanti a 3.500 Sindaci”.  

Lo afferma Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem. “Le richieste dei Sindaci, per nuovi Postamat e altri servizi, sono moltissime – prosegue Bussone – Le stiamo indirizzando all’azienda. Molti Amministratori stanno scrivendo apiccolicomuni@posteitaliane.it ,  come suggerito dall’Ad e dalla Presidente Farina. Ringrazio in particolare il Responsabile Corporate Affairs Lasco per il lavoro che con il suo staff, a partire da Luigi Madeo, sta facendo con Uncem. In particolarevogliamo lavorare sull’attivazione dei servizi di tesoreria per gli Enti locali, tra i dieci punti lanciati da Del Fante alla Nuvola a novembre. Il comma 908 della legge di bilancio 2019 estende alle amministrazioni operanti nei piccoli Comuni la facoltà, già concessa ai piccoli Comuni stessi, di avvalersi di Poste italiane per la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa”. “Ritengo Poste possa arrivare a mille Postamat in più, nei piccoli Comuni, entro la fine del 2020 – aggiunge il Presidente Uncem – Del Fante a Roma aveva annunciato che  i 3.542 piccoli Comuni senza Postamat, ma con Ufficio Postale, potranno fare richiesta per l’installazione di uno sportello automatico, che sarà valutata nell’arco di piano industriale. È un passo importante. Positivo anche che nei 254 piccoli Comuni senza uffici postali venga garantita l’erogazione dei principali servizi postali attraverso la rete dei tabaccai, grazie all’accordo tra Poste e la Federazione Italiana Tabaccai,  e il servizio a domicilio dei portalettere. Uncem ritiene decisiva la copertura degli uffici postali  ampliata nei Comuni turistici sulla base dei flussi di arrivi e presenze registrati. Abbiamo fiducia e proviamo a costruire percorsi nuovi, diversi dal passato, provando a traguardare il futuro puntando su moderni servizi, fisici e digitali”. Sul tema della distribuzione della corrispondenza, Uncem ha chiesto a Poste continuità, capillarità e stabilità, ma anche di valutare nuove opportunità di distribuzione ovvero di custodia in cassette postali per favorire pendolari, giovani, famiglie e tutelare la terza età, consentendo in particolare la regolare distribuzione di quotidiani e della stampa locale”.

E le stellette che noi portiamo, son disciplina …

di Pier Franco Quaglieni

Il ministro della Difesa Trenta sta procedendo al riconoscimento del sindacato all’interno delle Forze Armate, dando esecuzione rapidissima ad una sentenza della Corte costituzionale che si è pronunciata in merito.  Il ministro Trenta ha affermato che vuole dimostrare cosa significhino in concreto per i populisti le Forze armate.  E’ sicuramente vero che la Costituzione parla all’articolo 11 di “spirito democratico “a cui esse dovrebbero uniformarsi e sicuramente su quel terreno si è mossa la Suprema Corte.  Ma credo sia lecito anche obiettare che un sindacato di matrice politica e’ inconciliabile con la disciplina propria di chi indossa le stellette che , come diceva una vecchia canzone, “son disciplina”. Portare o non portare le stellette fa la differenza.  Quando venne consentito il sindacato alla Polizia di Stato , essa cambiò mostrine e nome .  Un esercito che non accetti la disciplina e’ inconcepibile . Vogliamo dirlo con chiarezza ?  Chi entra nelle Forze Armate non può chiedere il riconoscimento di un sindacato che snaturerebbe le F.F.A.A. medesime.  Conobbi a Lucca un ex ufficiale che si batte ‘ per il sindacato dei militari molti anni fa. Fu cacciato dall’esercito per insubordinazione e debbo dire che si tratta anche oggi di una delle persone più faziose che abbia conosciuto, che adotta un estremismo verbale intollerabile per un soldato. I Caduti di tutte le guerre si stanno rivoltando nella tomba al pensiero che le stellette non siano più simbolo di disciplina.

scrivere a quaglieni@gmail.com