Un’indagine condotta da Doxa per l’Osservatorio Rentokil ha rivelato che uffici, bagni pubblici e palestre sono fra gli ambienti dove è più facile imbattersi in infestanti di varia natura
La fine delle ferie è uno dei periodi dell’anno più difficili da affrontare: riprendere con la routine quotidiana, affrontare il lavoro in ufficio e la palestra la sera fanno sentire da subito la nostalgia per la spensieratezza e la libertà delle vacanze. Cosa potrebbe peggiorare questo scenario? La risposta arriva da una recente ricerca che Rentokil Initial, leader mondiale in disinfestazione e derattizzazione, ha commissionato a Doxa con l’obiettivo di indagare in modo approfondito sentimenti e comportamenti degli italiani in rapporto alla presenza di infestanti, in particolare nei luoghi frequentati abitualmente. Dall’indagine[i] è emerso come proprio uffici, bagni pubblici, palestre e mense aziendali possano diventare “posti da incubo” per molti italiani perché sono ambienti dove, dichiarano, è capitato spesso di imbattersi in insetti di varia natura. D’altra parte, è anche emerso che bagni pubblici, mezzi pubblici e spogliatoi di palestre e piscine sono i luoghi dove, secondo gli Italiani, è maggiormente elevato il rischio di contrarre malattie o infezioni a causa della scarsa igiene. “Se si dice la parola ‘igiene’, la prima cosa a cui pensano gli Italiani è ‘salute’. Analizzando i dati raccolti nel corso dell’indagine, emerge come il concetto di salute si declini in differenti aree di attenzione. Il binomio igiene-salute viene prima di tutto associato alla ‘cura di sé’ per 7 intervistati su 10, seguita dalla ‘cura e sicurezza degli ambienti e de gli alimenti’, intesa come assenza di malattie/infezioni e contaminazioni/intossicazioni,

“La meravigliosa vita di Jovica Jovic” (Feltrinelli) è un libro straordinario e divertente scritto da Marco Rovelli insieme a Moni Ovadia. E’ la storia di Jovica, fisarmonicista rom serbo, che, attraverso la sua vita intensa e straordinaria, dischiude un mondo ai più sconosciuto, quello della cultura rom
al posto della tastiera, estremamente difficile da suonare. La sua storia è come un’avventura della memoria che affonda le radici nel Novecento, in cui ciò che si è ascoltato si fonde a ciò che si è visto. “Mio bisnonno è morto a centosei anni con il violino in mano. Io ho cominciato a suonare da bambino.
La musica tzigana si suona in maniera diversa: non con le note, ma con il cuore. Chi suona con il cuore quello che sente, piange. Prima piange quello che suona, poi piange quello che sente. E questo a noi ce l’ha lasciato Auschwitz”. Jovica ha suonato in tutta Europa, in teatri, balere, matrimoni, sagre, festival. Ha calcato tutti i palcoscenici possibili, al fianco di musicisti di cui non ci si ricorda il nome e di celebrità come Moni Ovadia, Dario Fo, Goran Bregovic, Piero Pelù e tanti altri. Si legge nel libro: “Bisogna sempre attraversare terre sconosciute prima di capire e giudicare.
Non è restando nel recinto che si cresce”. Queste storie compongono un coloratissimo disegno. E sotto gli occhi del lettore prende vita l’universo rom, al di fuori degli stereotipi ma ricco di personaggi, situazioni e avventure rocambolesche, calato nella storia del “secolo breve”– dalla deportazione del popolo rom ad Auschwitz ( dove morirono gli zii partigiani e vennero rinchiusi anche i genitori e il nonno) alle guerre balcaniche – ma anche immerso nelle tradizioni, negli usi e nei costumi di una cultura millenaria. Un libro che narra una storia unica come lo sono tutte le storie ma soprattutto viva, orgogliosa e sorprendente.




In un angolo del vecchio cimitero di Montparnasse, a Parigi, c’è una lunga tomba di pietra, corrosa dal tempo e dalle intemperie, senza fiori e seminascosta da altre tombe imponenti.
pittura personalissima e profondamente coinvolgente fatta di colori violenti e squillanti che caratterizzano i suoi bambini, i suoi piccoli pasticceri, i suoi chierichetti e tutto quel mondo che dal lontano ghetto russo ha trovato spazio e immortalità nella sua arte e nei suoi quadri.
Del resto, Soutine si comporta nei confronti dei suoi quadri come Saturno con i suoi figli: li crea e, poi, per una strana paura connaturata in lui, per una sorta di insoddisfazione, li taglia, li brucia, li cancella, dominato da una furia distruttrice. La fama sembra diventare un peso e il denaro che guadagna, attraverso le proprie opere, viene rapidamente bruciato per concedersi lussi che non gli appartengono. 



