Dall Italia e dal Mondo- Pagina 32

Nelle Filippine l'Isis minaccia la pace

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re
Bombe jihadiste contro i cristiani, contro il dialogo, gli accordi di pace e le riforme. Dall’Egitto dei copti alle cattoliche Filippine non c’è pace per i cristiani uccisi e terrorizzati dagli estremisti islamici da un continente all’altro. Ancora sangue che scorre dentro e fuori le cattedrali. Il bersaglio è ancora una volta la comunità cristiana con le sue chiese. Nelle lontane Filippine, uno dei pochissimi Stati asiatici a maggioranza cristiana, i jihadisti hanno voluto colpire gli accordi di pace firmati tra il governo e i separatisti musulmani dopo decenni di guerriglia e ancora una volta, per dimostrare il loro disprezzo contro le fede cristiana, si sono scagliati contro le chiese, bersagli facili da attaccare perchè poco protetti e affollati di fedeli.
 
L’obiettivo dichiarato dei terroristi è di creare uno Stato islamico nel Mindanao occidentale e fondare in seguito un Sultanato panislamico in tutto il sud est asiatico governato dalla sharia e in stretto contatto con i gruppi jihadisti mediorientali. Bombe e kamikaze hanno dilaniato una ventina di fedeli dentro la cattedrale di Nostra Signora del Monte Carmelo, sull’isola di Jolo, nella provincia di Sulu, nelle Filippine meridionali, che in passato aveva già subito due attacchi, e un altro ordigno è esploso nel parcheggio vicino causando una nuova strage. Complessivamente una ventina di morti e quasi 100 feriti. Jolo City è stata per anni presa di mira dai terroristi che hanno attaccato villaggi e città, prendendo in ostaggio i civili per poi decapitarli. Diversi gruppi islamisti operano da tempo sull’isola diventata la roccaforte di Abu Sayyaf, l’ex gruppo qaedista che conta migliaia di combattenti jihadisti.

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L’attentato contro la chiesa di Jolo è solo l’ultimo di una lunga scia di sangue che ha colpito le Filippine con decine di migliaia di vittime. Abu Sayaff è il movimento più spietato tra le varie milizie islamiste del sud con decine di rapimenti sia di filippini che di stranieri, tra cui sacerdoti e operai. Alcuni anni fa le sirene del califfo iracheno hanno raggiunto l’estremo oriente contagiando anche Abu Sayaff che si è trasformato nel braccio armato dell’Isis nell’arcipelago. I sospetti sull’attentato si sono concentrati inizialmente su un lungo elenco di sigle e di formazioni islamiste in grado di lanciare assalti che, oltre ad Abu Sayyaf, comprendono il gruppo Maute, Ansar Kalifah, separatisti e ribelli. L’attacco è avvenuto a poche ore dal referendum sulla regione autonoma, a maggioranza musulmana, di Bangsamoro (la Nazione dei Moro), nell’isola di Mindanao, in cui hanno prevalso i “sì” all’autonomia negoziata con il governo centrale. In sostanza, nascerà la regione autonoma di Bangsamoro nel Mindanao musulmano al posto della vecchia regione autonoma considerata troppo dipendente dal governo e accusata di corruzione. Un esito positivo che fa ben sperare per il futuro e che dovrebbe porre fine a 50 anni di scontri armati e guerriglia tra l’esercito di Manila e i gruppi islamici separatisti. Una guerra civile che ha causato oltre 150.000 vittime mettendo in ginocchio il sud delle Filippine. Putroppo però il risultato della consultazione è stato bocciato proprio nella provincia di Sulu, nel Mindanao musulmano, dove si trova Jolo. Qui le tensioni restano perchè ha vinto il “no” alla nuova Regione sostenuto fortemente da Abu Sayyaf e da altri movimenti ribelli in lotta contro il Fronte islamico Moro che ha invece firmato l’accordo sull’autonomia con il governo e dovrà gestire la politica della nuova Regione che si occuperà di questioni fiscali e amministative lasciando al governo la sicurezza nazionale e la politica estera. La nuova entità politica ha però suscitato il malumore delle altre etnie musulmane, favorevoli piuttosto a una soluzione federale, mentre la comunità cattolica di Mindanao ha espresso sostegno al progetto autonomista definendolo “un’occasione concreta per raggiungere una pace durevole a Mindanao”.

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L’isola di Mindanao è un bastione del gruppo islamista Abu Sayyaf che fa parte della lista nera degli Stati Uniti come organizzazione terrorista accusata di gravi e sanguinosi attentati tra cui l’assalto a un traghetto nel porto di Manila che nel 2004 provocò 116 vittime. Sulla matrice anti-cristiana dell’attentato non sembrano esserci dubbi. Le vittime sono state uccise per la loro religione. Ormai da parecchi anni nella regione musulmana di Mindanao i cristiani subiscono terribili attacchi da parte degli estremisti islamici di Abu Sayyaf affiliati all’Isis. Oltre l’80% della popolazione delle Filippine è di fede cattolica e solo il 5% è di religione islamica, concentrata soprattutto nel sud delle Filippine. Dura condanna della violenza e vicinanza alla popolazione del sud è stata espressa dai vescovi cattolici delle Filippine che hanno definito il grave fatto di sangue un vero atto di terrorismo. La maggior parte delle vittime è composta da persone che ogni domenica si recavano alla messa delle otto di mattina e sul fatto che si tratti di un attentato anticristiano non ci sono dubbi. Nei suoi rapporti sulla libertà religiosa nel mondo l’associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre” ha più volte denunciato che nella regione a maggioranza islamica di Mindanao i cristiani subiscono da anni sanguinosi attacchi da parte degli estremisti islamici di Abu Sayaf affiliati ad Isis. “Siamo però sicuri, scrive l’Acs, che nessun attacco. né violenza anticristiana potrà mai sradicare la fede dal cuore dei cattolici”.
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Dal settimanale “La Voce e il Tempo”
 
 
 
 
 

Ragazzo travolto dal treno mentre attraversa i binari in stazione

DALLA LOMBARDIA
Un ragazzo di 25 anni è rimasto gravemente ferito dopo essere stato investito da un treno. Il giovane, sudamericano, ha attraversato i binari, questa mattina nella stazione ferroviaria di Castronno, nel varesotto. Non  si sarebbe accorto del convoglio in arrivo e ha continuato a camminare sulle rotaie. E’ stato portato in serie condizioni all’ ospedale di Varese.

MATERA CULTURALE: VIAGGIO TRA STORIA, ARTE E ARCHITETTURA

A Matera, sfruttando gli anfratti naturali, in maniera sempre più sistematica, l’uomo si insinua all’interno del banco calcarenitico giungendo a plasmarlo. Così facendo arriva a conferirgli la forma più consona rispetto alla destinazione d’uso prescelta. Questo lavorìo ottenuto “per via di levare” viene svolto prevalentemente all’interno. Pertanto, nel caso di edifici adibiti al culto, la corrispondenza degli elementi artistico-architettonici caratterizzanti la tipologia edilizia è rispettata. Contrapposto al lavoro di scultura degli interni, all’esterno si procede “per via di porre”. Tanto nel caso più semplice, tompagnando l’apertura naturale della cavità, quanto in quello più complesso, elevando veri e propri corpi di fabbrica esterni. La commistione di queste due tecniche edilizie fa di Matera uno scenario fuori dal comune, sia in senso architettonico che paesaggistico. Il sito è stato riconosciuto di interesse mondiale date le caratteristiche geo-morfologiche del suo territorio in cui ancora oggi sopravvivono tracce materiali delle capacità tecniche dell’uomo che nel corso dei millenni ha adattato il banco calcarenitico alle sue esigenze.
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MATERA TRA ORIENTE ED OCCIDENTE
Nei secoli IX-X, Matera, già contesa da Bizantini, Longobardi e Saraceni e logorata da battaglie, saccheggi e assedi, assistette all’insediamento delle comunità monastiche,  provenienti dalla dalla Sicilia musulmana.La Basilicata e Matera non furono così innovate nel loro abituale sistema di costruzione che rinvenne nel territorio lucano la normalità di un insediamento del tutto consono alle proprie esigenze spirituali.Le chiese rupestri vennero, in molti casi, affrescate con le immagini sacre del Cristo, della Vergine, dei Santi, degli Apostoli. Data la simultanea appartenenza della Basilicata, nei secoli VII-X, a due diversi poli di lotta politico-religiosa, le chiese rupestri furono il portato di due diverse culture: la greca e la latina. La greca, facente capo ai “catapani” bizantini, la latina legata alla spiritualità romana dell’operante azione benedettina.Gli ordini religiosi, quello orientale e quello occidentale, Benedettino, divennero i canali attraverso cui bizantini e longobardi esercitarono il loro potere.La civiltà greca affiancò, la latina. Alcuni aspetti della cultura greca influenzarono la vita e le abitudini della popolazione indigena, senza provocare un radicale e profondo cambiamento del loro carattere latino.Latina la lingua, longobardo il diritto, “romano” il clero.Le influenze della civiltà bizantina contribuirono a rendere più ricca di contenuti la civiltà del Mezzogiorno d’Italia latino, successivamente vivificato dai Normanni. Questi ultimi, adottando una politica di tolleranza, agirono, nel corso dell’XI secolo, da catalizzatore tra le due culture e si posero come i diretti e legittimi continuatori della civiltà occidentale.Numerosissimi gli affreschi che ornano le oltre 150 chiese rupestri presenti nel territorio materano.Differenti per stile ed epoca accompagnano il visitatore nell’excursus storico-artistico della città e della regione. Unicum nel panorama artistico della pittura parietale rupestre in cui la contrapposizione tra il dipingere liberamente un’ampia parete ed il ripetere tipizzati gruppi iconografici nelle nicchie absidali trova l’amalgama stilistico in un’identica forza espressiva e nel continuo ricamo floreale che avvolge e sostiene le singole figurazioni. L’intero ciclo di affreschi denuncia una chiara mano latina, per il semplice linearismo di sapore provinciale.

www.materaculturale.it

Uomo ucciso e murato nella parete per vendetta?

DALLA LOMBARDIA
Sono quattro  gli italiani in stato di fermo, accusati di avere ucciso e murato in una cavità nascosta da una parete un  albanese scomparso da Genova nel  2013 e i cui corpo è stato scoperto il 15 gennaio 2019 in appartamento nei pressi di Monza. Secondo procura e carabinieri l’uomo sarebbe stato assassinato per ritorsione per un furto di preziosi alla sua ex compagna e perché ha interrotto una relazione sentimentale con la donna, amica di uno degli indagati. Il proprietario dell’abitazione  è risultato estraneo ai fatti.
 

A Giverny il giardino segreto di Claude Monet

“Il giardinaggio è un’attività che ho imparato nella mia giovinezza quando ero infelice. Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore” scriveva uno dei padri dell’Impressionismo, Claude Monet, rivelando una passione per la natura, per i giardini e per i fiori che fu al centro dei suoi dipinti e che lo accompagnò per tutta la vita.
Nel 1890, il pittore francese, dopo essere riuscito a conquistare una certa sicurezza economica, acquistò una casa a Giverny, un piccolo villaggio agricolo dell’Alta Normandia, dove aveva vissuto, fin dal 1883, con la moglie Camille, prematuramente scomparsa, e con i figli. L’amore di Monet per Giverny era nato quasi per caso, vedendo questa località dal finestrino del treno che, partendo dalla Gare de Saint Lazare, percorreva la campagna francese fino ad Argenteuil. Fu in questo luogo di pace che Claude Monet potè realizzare un giardino fiabesco e tele di immensa poesia come i pannelli delle “Ninfee”, l’ultima fatica della sua esistenza, donate dall’artista al governo francese ed esposte al Museo dell’Orangerie di Parigi. Giverny divenne il luogo dove la fantasia si concretizzò nella realtà e dove la realtà si trasformò in immagine, raggiungendo, attraverso il colore e l’arte, l’immortalità. Claude Monet creò intorno ad una grande casa rosa il Clos Normand, un giardino nel quale mescolò specie innumerevoli di fiori, iris, papaveri, rose, peonie, verbene, campanule, tulipani, narcisi che, ancora oggi, convivono, si intersecano, si  fondono in una sorta di disordine ordinato. Accanto ad essi venne collocato anche uno stagno perché potesse ospitare quelle che Proust definì “i fiori sbocciati in cielo”, le ninfee, delicate e tenaci, che sembrano scivolare sullo specchio lacustre e catturare e riflettere la luce in un caleidoscopio di colori. Il giardino, la casa, lo stagno, il ponticello giapponese divennero la fonte di ispirazione per molti dei quadri che Monet dipinse fino al 1926, anno della sua morte, e il luogo incantato che aveva creato a Giverny fu il suo locus amoenus, il suo rifugio ma, al tempo stesso, rappresentò un tormento per la difficoltà, anche causata da una malattia agli occhi, di riprodurre sulla tela in modo per lui soddisfacente quello che lo circondava, in particolare le ninfee che sembravano inafferrabili, incoglibili. L’ossessione per la luce aveva accompagnato Monet fin dalla realizzazione delle sue prime opere tanto da spingerlo a dipingere lo stesso soggetto in ore diverse della giornata, tentando di cogliere i modi diversi con i quali la luce lo illuminava, ora cruda e tagliente, ora morbida e ovattata, ora debole e fioca ed erano nate così le serie: i covoni, le cattedrali, i pioppi, le falesie, le ninfee dove sono soltanto i colori a mutare in un lotta disperata contro il tempo per fermare l’attimo come se l’occhio del pittore potesse diventare simile all’obiettivo di una macchina fotografica che imprigiona ed eternizza il soggetto in uno spazio temporale ben definito. A Giverny questo bisogno di fissare sulla tela ciò che vedeva divenne ancora più forte tanto da spingere l’artista a dipingere tutto il giorno e a sognare di dipingere durante la notte. Riferendosi ai dipinti delle Ninfee, Monet scrisse: “Non dormo più per colpa loro. Di notte sono continuamente ossessionato da ciò che sto cercando di realizzare. Mi alzo rotto dalla fatica […] dipingere è così difficile e torturante. L’autunno scorso ho bruciato sei tele insieme con le foglie morte del giardino. Ce né abbastanza per disperarsi. Ma non vorrei morire prima di aver detto tutto quel che avevo da dire; o almeno aver tentato. E i miei giorni sono contati”. L’insoddisfazione accompagnò Claude Monet fino alla morte. Questo artista visionario, infatti, non riuscì mai a fissare il mondo che si presentava davanti ai suoi occhi e trascorse la vita a cercare di fermare un’impressione, ad attendere il “domani”, il giorno nel quale sarebbe riuscito a dipingere il suo quadro più bello.
 

Barbara Castellaro

RETE 4, “DALLA PARTE DEGLI ANIMALI” SI CONFERMA REGINA DEGLI ASCOLTI

 ON. BRAMBILLA: “GRAZIE ALL’ ITALIA DAL GRANDE CUORE ANIMALISTA”

Per due domeniche consecutive “Dalla parte degli animali” – la trasmissione ideata e condotta dall’on. Michela Vittoria Brambilla, in onda alle 10,50 su Rete 4 – è stata ancora “regina degli ascolti”, la più seguita della rete Mediaset, ottenendo lo share più alto dell’intera giornata (compresa la programmazione serale) e con una media di contatti pari a 2 milioni di telespettatori a puntata. Un risultato straordinario con un trend di ascolti in costante crescita settimana dopo settimana. “L’Italia – commenta l’on. Brambilla – è un paese animalista. Coloro che amano e rispettano gli animali sono la maggioranza, quindi mi aspettavo questi risultati. Ringrazio tutti i telespettatori che fedelmente ci seguono e i tantissimi che si offrono di adottare i trovatelli a quattro zampe presentati durante la trasmissione. Sono doppiamente felice, perché, non soltanto regaliamo loro il calore di una famiglia, ma diffondiamo un messaggio importantissimo di amore e rispetto per tutti gli animali”. Il dato di ascolti premia una vera e propria novità nel panorama televisivo italiano: “Dalla parte degli animali”, giunta alla terza edizione, è la prima trasmissione che non si limita a parlare di animali ma cerca loro una casa. Si avvale di un mezzo potente come la televisione per dare impulso alle adozioni, contribuire a ridurre le ricadute negative del randagismo e a diffondere la cultura del possesso responsabile, oltre ad una nuova coscienza di amore e rispetto per tutti gli animali, indipendentemente dalla loro specie. L’autorevolezza di Michela Vittoria Brambilla, che non è solo una giornalista alla conduzione, ma direttamente interprete della difesa degli animali e dei loro diritti in Italia, nonché riferimento da decenni per il mondo delle onlus ambientaliste ed animaliste, ha certamente contribuito al successo della trasmissione. Una trasmissione che parla di amore, tra l’uomo e i nostri piccoli amici, raccontato dalla voce dei protagonisti delle tante storie di Dalla parte degli Animali”, che vedono protagonisti cani e gatti, ma anche cavalli, asinelli, pecore, caprette, maialini e persino un gallo. Del resto, sono centinaia di migliaia gli animali che nei rifugi italiani attendono solo una nuova chance e molti di più vivono una vita di sofferenze come randagi. Da una cascina della Brianza, trasformata in studio, l’on. Brambilla presenta ad ogni puntata nuovi video di trovatelli, girati in tutto il Paese, introduce servizi sulle strutture che li ospitano e sui volontari che se ne prendono cura, li propone in adozione e consegna direttamente alle famiglie adottanti il nuovo amico: un buon esempio per chiunque voglia regalare una nuova possibilità a un quattrozampe sfortunato, perché “l’amore non si compra”, come spesso ricorda la paladina degli animali. Una formula vincente dato che la quasi totalità dei trovatelli fino ad oggi presentati ha trovato una nuova famiglia. I numerosi servizi che integrano le puntate sono occasioni per promuovere importanti messaggi animalisti: contro la caccia, le pellicce, gli allevamenti intensivi, la promozione di uno stile di vita Veg e la tutela di tutti gli animali. I cavalli, gli agnelli e i maialini proposti in adozione o presentati tra le braccia dei loro proprietari (molti vip) al pari degli animali da compagnia permettono a Michela Vittoria Brambilla di riaffermare una volta di più quella che é da sempre la sua filosofia: gli animali sono i nostri compagni, i nostri amici, e gli amici non si mangiano. Dalla parte degli Animali anche il titolo dell’ultimo libro di Michela Vittoria Brambilla (Mondadori) in cui sono raccolte le storie più commoventi presentate nella trasmissione e raccontate in prima persona dai protagonisti a 4 zampe. Dalla parte degli Animali è un programma a cura di Carlo Gorla e Lucia Bucolo, con la regia di Lorenzo Annunziata, in collaborazione con la Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente (LEIDAA).

Ferocia inaudita da parte di ragazzini per rubare 5 euro

DALLA LOMBARDIA 
Ferocia e violenza solo per rubare, come è successo, un cappellino o  5 euro. Il giudice: “Le modalità con le quali sono stati compiuti i reati denotano una particolare ferocia del gruppo, che ha agito come un vero e proprio branco”. Il gip dei minorenni di Milano  ha disposto il carcere  per ragazzini e per quattro  la misura cautelare del collocamento in comunità, per diversi episodi di percosse,  minacce, rapine nella zona di Abbiategrasso.

Da Poste italiane il francobollo di Matera Capitale della Cultura

Poste Italiane il 4 marzo 2019 ha  emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico un francobollo celebrativo di Matera capitale europea della cultura, relativo al valore della tariffa B zona 1 pari a 1,15€

Tiratura: due milioni e cinquecentomila esemplari.  Fogli da quarantacinque esemplari.I l francobollo è stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., in rotocalcografia, su carta bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente. Bozzetto a cura del Centro Filatelico della Direzione Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.La vignetta raffigura un panorama della città di Matera nota soprattutto come “la città dei Sassi”. Completano il francobollo la leggenda ”MATERA 2019 CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione della tariffa B zona 1.L’annullo primo giorno di emissione è disponibile presso l’ufficio postale di Matera città. Il francobollo ed i prodotti filatelici correlati, cartoline, tessere e bollettini illustrativi, possono essere acquistati presso gli Uffici Postali con sportello filatelico, gli “Spazio Filatelia” di Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Roma 1, Torino, Trieste, Venezia, Verona e sul sito poste.it.E’ stato realizzato anche un folder in formato A4 a due ante contenente un francobollo, una cartolina affrancata ed annullata e una busta primo giorno di emissione, al costo di 12€.

Inshallah Europa

Un viaggio in cui i migranti prendono “per mano” la telecamera, aprendosi e raccontando da cosa scappano e, soprattutto, che cosa sognano

Lunedì 4 marzo il Circolo dei Lettori ospita la proiezione del documentario dei giornalisti Massimo Veneziani e Federico Annibale:Inshallah Europa – la nuova via dei migranti attraverso i balcani. Tanti i punti di partenza – Asia, Africa, Medioriente – ma solo uno quello d’arrivo: l’Europa. Inshallah Europa è un viaggio di centinaia di chilometri, un racconto del cammino di migliaia di persone in fuga da guerre e povertà attraverso i Balcani. Un percorso nuovo che non passa più, come nel 2015, attraverso Serbia e Ungheria, ma che segue un cammino più vicino alla costa adriatica. Con la costante delle violenze e dei soprusi subiti. Appuntamento alle ore 21.

“INSHALLAH EUROPA”

di Massimo Veneziani

(con la collaborazione di Federico Annibale)

Montaggio: Christian Pasquini

Dur. 35 min.

Massimo Veneziani (Bari, 1978), giornalista. Dopo aver lavorato per anni nelle redazioni dei programmi televisivi di Rai3, arriva alla Testata Giornalistica Regionale della Rai. Per conto della Tgr Marche copre dal primo momento il terremoto del 2016. Ora è nella redazione cronaca del Tg3. Ha realizzato in Italia e all’estero diversi servizi e reportage sul tema dell’immigrazione.

Federico Annibale (Roma, 1991), giornalista freelance. Collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali (il Manifesto, The Jacobin, Novara media, Altraeconomia, il Salto). Da tempo si occupa di ambiente e immigrazione. È fondatore del collettivo di mediattivisti “Gipsy Kokè”, impegnato nella realizzazione di reportage a tema sociale.