CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 721

Il mondo di Amos: Episodio Uno

Cécile B. EvansAmos’ World: Episode One illy Present Future Prize 2016 Exhibition


 

Cécile B. Evans, vincitrice del Premio illy Present Future 2016 con l’opera What the Heart Wants (Ciò che vuole il cuore), 2016, presenta una nuova versione dell’opera Amos’ World: Episode One (Il mondo di Amos: Episodio Uno), 2017 nella sala progetto della Manica Lunga, dal 3 novembre 2017 al 7 gennaio 2018.

A partire dalla relazione tra essere umano e nuove tecnologie, l’artista si sofferma sul valore delle emozioni nella società contemporanea indagando le nuove forme della soggettività umana.Amos’ World è una video installazione, concepita come uno show televisivo in tre episodi. Il primo episodio introduce Amos, un architetto che è una via di mezzo tra Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry e l’archetipo del “patetico uomo bianco” secondo l’artista. Amos è costretto a confrontarsi con gli inquilini del complesso abitativo da lui progettato, che non si comportano secondo le sue aspettative. Cominciano a incrinarsi le relazioni creando una situazione che mina la sua visione della struttura abitativa nella sua dimensione comunitaria e individuale. L’artista belga e americana, residente tra Londra e Berlino, ha già all’attivo numerose mostre tra le quali nel 2016 la personale alla Tate Liverpool e la partecipazione alla 9° Biennale di Berlino.  Il lavoro di Cécile B. Evans è stato scelto dalla giuria tecnica del premio riunitasi nell’ambito di Artissima 2016 e composta da Carolyn Christov-Bakargiev (direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli e GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino), Bart van der Heide (Curatore Capo, Stedelijk Museum, Amsterdam), Verena Hein(Curatrice, Museum Villa Stuck, Munich) e Nicoletta Fiorucci (collezionista e Presidente Fiorucci Art Trust), con la seguente motivazione: “Il lavoro di Cécile B. Evans offre una visione e una forma del futuro dove l’interfaccia tra la dimensione digitale e quella corporea è strutturata in modo da esplorare il suo impatto sullo sviluppo della soggettività umana”. Dal 2012 il Premio illy Present Future offre al vincitore l’eccezionale opportunità di esporre al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, oltre a sostenerne la ricerca. Il premio rappresenta la volontà dell’azienda di supportare la comunità artistica e i giovani talenti nel loro percorso di crescita. Grazie alla visione contemporanea di illycaffè e all’attiva collaborazione con il Castello di Rivoli, il Premio illy Present Future offre un contributo importante all’affermazione degli artisti emergenti e conferma il ruolo innovatore di Artissima. I vincitori delle precedenti edizioni che hanno esposto al Castello di Rivoli sono stati: Vanessa Safavi, Santo Tolone e Naufus Ramírez-Figueroa (2012), Caroline Achaintre e Fatma Bucak (2013), Rachel Rose (2014) e Alina Chaiderov (2015). Nell’ambito del convegno MUSEUMS AT THE ‘POST-DIGITAL’ TURN / I MUSEI ALLA SVOLTA ‘POST-DIGITAL’ promosso da AMACI e in programma alle OGR di Torino, sabato 4 novembre alle ore 11.00 Cécile B. Evans sarà in conversazione con il direttore del Castello di Rivoli e GAM-Torino Carolyn Christov-Bakargiev sul tema delle condizioni di soggettività e di vita nell’età digitale, con una critica delle attuali credenze ingenue nel progresso e attraverso una valutazione delle avventure e degli esperimenti artistici che trasformano le incertezze e la frammentazione nella base per una presenza emotiva ed affettiva in cui comunicare diventa comunicurare.

 

 

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Cécile B. Evans

Cécile B. Evans crea sculture, performance, piattaforme internet e video-installazioni attraverso le quali esplora le nuove possibilità e impossibilità della soggettività collettiva. Nella visione dell’artista, le emozioni – in flusso perpetuo – sono generate da ampi sistemi che circolano nella rete. Muovendo dall’impatto delle tecnologie moderne nelle relazioni umane, le sue opere indagano la simultanea esistenza tra realtà multiple e la complessa relazione di interazione tra loro. Esse inoltre mirano alla riappropriazione della dimensione corporea in varie forme: l’originale, le copie e le mutazioni. Il contesto delle sue installazioni è articolato quanto le fonti a cui attinge. L’utilizzo di dispositivi elettronici in rete, accanto a oggetti di varia natura, organici e artificiali, trasforma le installazioni in costellazioni di nuovi e misteriosi organismi. A partire da un immaginario show televisivo di un’agenzia immobiliare di stampo progressista, Amos’ World: Episode One, 2017, richiama le utopie radicali di architetti brutalisti come Le Corbusier e gli Smithsons, allegoria delle comunità di individui che vivono insieme nelle vaste infrastrutture della rete. Archetipo del «maschio bianco patetico» come indica l’artista, una via di mezzo tra Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry e Peter Smithson, il protagonista Amos è un architetto costretto a confrontarsi con gli abitanti del complesso abitativo da lui progettatoL’opera è un “super congegno”: collage di tecniche e stili, di rendering digitali, dialoghi, citazioni e immagini d’archivio, tecniche di animazione 2D e 3D e musiche. I personaggi vivono nel mondo di Amos connessi in una rete sentimentale e relazionale che appare come una grande infrastruttura rizomatica, su cui incombe un personaggio senza corpo. Contraddicendo l’interpretazione di Zygmunt Bauman della liquidità e immaterialità dell’era digitale, l’opera è innanzitutto un corpo identitario in cui tutto ha un nome, una fisicità e una soggettività che narra di come sia possibile sentire e muoversi nel mondo dell’astrazione.

Marianna Vecellio

Curatore, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea

 

 

Biografia

Cécile B. Evans (1983, Cleveland) di origini belghe americane, vive e lavora a Londra. A partire dalla relazione tra essere umano e nuove tecnologie, Evans si sofferma sul valore delle emozioni nella società contemporanea, esplorando le forme odierne della soggettività umana, il delineamento dei ruoli sociali e l’idea stessa di corpo e mortalità. Ha vinto numerosi premi tra i quali l’EMDASH Award (oggi Frieze Award) nel 2012, il premio PUSHYOURART del Palais de Tokyo & Orange nel 2013, l’Alfried Krupp von Bohlen und Halbach-Stiftung per il Young Artist’s Monograph nel 2016 e nello stesso anno il premio Present Future di illy. Ha già all’attivo diverse mostre personali tra le quali What the Heart Wants al De Hallen di Haarlem nei Paesi Bassi nel 2016, Sprung a Leak, realizzata nel 2016, prima alla Tate di Liverpool poi al M-Museum di Leuven e AGNES presso le Serpentine Galleries di Londra nel 2014. I suoi lavori sono stati inclusi in importanti esposizioni collettive come Being There al Louisiana Museum of Modern Art in Danimarca (2017), la 7° Biennale di Mosca (2017), New Literacy – 4° Ural Industrial Biennial (2017),ARTIFICIAL TEARS al MAK di Vienna (2017), The Way Things Do alla Fundació Joan Miró (2017), Dreamlands: Immersive Cinema and Art, 1905–2016 presso il Whitney Museum di New York (2017), The Present in Drag – 9° Biennale di Berlino (2016), la 20° Biennale di Sydney, CO-WORKERS – Network as Artist tenutasi al Musée d’Art Moderne di Parigi (2015), Inhuman al Fridericianum di Kassel (2015), e La Voix Humaine al Kunstverein di Munich (2014).

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

Gli asteroidi – Drammatico. Regia di Germano Maccioni, con Pippo Delbono e Chiara Caselli. Due ragazzi, Pietro e Ivan, in conflitto con la famiglia, con scuola e con tutto quanto li circonda. Nel “disordine” generale, un asteroide sta per passare vicinissimo alla Terra: proprio mentre anche si stanno verificando nella zona alcuni furti nelle chiese di cui sarebbe responsabile la “banda dei candelabri”. Pietro è debole e si lascerà convincere a partecipare al colpo ideato e organizzato dall’amico Ivan. Durata 91 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

 

La battaglia dei sessi – Commedia. Regia di Jonathan Dayton e Valerie Farsi, con Emma Stone e Steve Carrell. La partita a tennis, con un seguito televisivo di 90 milioni di spettatori in tutto il mondo, che nel 1973 mise l’uno contro l’altra Bobby Riggs, maschilista oltre misura, che aveva fatto dell’istrionismo la legge del suo stare in campo, e Billie Jean King, tutt’all’opposto, gran combattiva per quanto riguardava la libertà in ogni campo delle donne, all’affermazione di ogni loro diritto. Una gara preda dei mass media in un’America ancora in bilico tra conservatorismo e piena trasformazione. Durata 121 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

Blade Runner 2049 – Fantascienza. Regia di Denis Villeneuve, con Ryan Gosling, Harrison Ford, Jared Leto e Robin Wright. In un’epoca futura, l’agente K va alla ricerca di Rick Deckard, un tempo posto a caccia dei replicanti ribelli, ancora una volta nel desiderio di una vita vera, quella che non può non avere sentimenti e infelicità, sogni. Ma è anche il racconto della sua vita reale, in piena solitudine, senza ricordi o la fittizia ricostruzione di essi, è l’unione con una compagna virtuale che in qualsiasi momento può esser fatta scomparire, è il disordine e la violenza del cieco scienziato Wallace, che tende a eliminare i vecchi replicanti rimasti per poter creare nuovi esempi, è l’incontro con l’antico agente Harrison Ford, rinato dal cult di Ridley Scott, dall’ormai lontano 1982. Un film che occhieggia ancora verso l’autore Philip K. Dick, che s’impone nella grandezza dei propri ambienti scenografici, che non teme i tempi lunghi, che già le critiche inglesi e provenienti da oltre oceano definiscono come un capolavoro. Durata 163 minuti. (Greenwich sala 2, Reposi, Uci)

 

Dove non ho mai abitato – Commedia. Regia di Paolo Franchi, con Fabrizio Gifuni, Emmanuelle Devos e Giulio Brogi. Dall’autore di “Nessuna qualità agli eroi” con Elio Germano. Dove un anziano architetto riesce a riunire, in occasione della costruzione di una villa, la figlia che vive a Parigi dopo aver sposato un ricco finanziere e l’allievo in cui ha sempre maggiormente creduto, ambizioso. Un nuovo rapporto, nuovi sentimenti. Girato a Torino. Durata 93 minuti. (Massimo sala 2)

 

Geostorm – Azione. Regia di Dean Devlin, con Gerard Butler, Jim Sturgess, Abbie Cornish, Andy Garcia e Ed Harris. Due fratelli impegnati a salvare il mondo da un’imminente catastrofe. Mentre i capi di stato delle maggiori potenze mondiali si riuniscono per definire la realizzazione di una complessa rete di satelliti in grado di controllare le condizioni meteorologiche e garantire la sicurezza dei cittadini, ecco che per un malfunzionamento tecnico il sistema che dovrebbe porre tutti in salvo è la causa della imminente distruzione della Terra: tempeste, tsunami, frane, uragani e terremoti. In una corsa contro il tempo i due uomini dovranno tentare di salvare ogni essere umano. Durata 109 minuti. (Ideal, The Space, Uci anche in V.O.)

 

Gifted – Il dono del talento – Regia di Marc Webb, con Chris Evans, Mckenna Grace e Octavia Spencer. Al centro Mary, una ragazzina di sette anni, che come la madre ha una passione incondizionata per la matematica; accanto a lei lo zio Franck che vorrebbe offrire alla nipotina una vita normale e la nonna materna per cui quella passione va di giorno in giorno accresciuta. Durata 101 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, The Space, Uci)

 

Good Time – Azione. Regia di Benny e Joshua Safdie, con Robert Pattinson, Jennifer Jason Leigh e Benny Safdie. Connie e Nick, due fratelli, una rapina in banca per sottrarre alla cassa 65mila dollari. L’uno è l’asse portante della coppia, il motore che fa girare la vita dell’altro e le differenti storie tutte intorno, Nick è il ragazzo più debole, che si fida ciecamente del fratello, quello fuori di testa che va sorretto ad ogni istante. La rapina non è proprio un successo e Nick ci casca, carcere e ospedale, anche con il tentativo di Connie di rapirlo e strapparlo alla struttura, con il risultato di portarsi l’uomo sbagliato. Intorno la notte, la New York dei Queens, gli altri sbandati incontrati per strade: con la critica unanime a ripetere che Pattinson, nella gran voglia di scuotersi di dosso il personaggio di “Twilight”, sta sulla scena con la verità di un consumatissimo e maturo attore. Durata 100 minuti. (Classico anche in V.O.)

 

IT – Horror. Regia di Andrés Muschietti, con Bill Skarsgård, Sophia Lillis, Jeremy Ray Taylor e Jaeden Lieberher. Tratto dal romanzo del “maestro” Stephen King, perla rara nel genere ai recenti botteghini Usa. Durante un temporale, il giovanissimo George guarda la sua barchetta di carta scendere giù per i rivoli d’acqua e scomparire nella fogna di Derry, piccola città del Maine che sembra il ricettacolo di ogni male. Là è nascosto IT, che si nasconde sotto gli abiti e il viso colorati di Pennywise, vero orco per le giovani vittima che scoverà in città. Sette ragazzini pieni di paure, molestati, dalla debole salute, grassi e spaventati, con grosse lenti poggiate sul naso, neri ed ebrei. Tutti pronti a unirsi pur di distruggere il Male. Salvo rimandare la conclusione delle gesta ad un prossimo capitolo, buttato al di là di una trentina d’anni, in un’età più che matura. Durata 135 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Il mio Godard – Biografico. Regia Michel Hazanavicius, con Louis Garrel, Bérénice Bejo e Stacy Martin. Con una buona dose di ironia nei confronti di quella critica francese che dagli anni Sessanta ha guardato alla figura di Godard in un misto di rispetto ed esaltazione, Hazanavicius – sopravvalutassimo autore oscarizzato con il muto “The Artist”, (ri)caduto con “The search” – tenta di descrivere il Sessantotto, il maoismo, le proteste contro la guerra in Vietnam, gli scritti e le arringhe, la politica nella vita e dietro la macchina da presa, l’amore per Anne Wiazemsky, la gelosia e il possesso dell’autore della “Cinese”. Durata 107 minuti. (Massimo sala 1 anche in V.O.)

 

Mistero a Crooked House – Drammatico. Regia di Gilles Paquet-Brenner, con Glenn Close, Christina Hendricks, Max Irons, Julian Sands e Gillian Anderson. Basato sul romanzo di Agata Christie pubblicato in Italia con il titolo “È un problema”, il film è un giallo corale che tanto piacciono all’autrice: un confronto incrociato tra i componenti di una ricca famiglia inglese. Per ottenere finalmente la mano della ricca Sophia, il giovane investigatore privato Charles Hayword deve risolvere il mistero che avvolge la morte del nonno della ragazza. Mentre tutti puntano il dito contro la giovane seconda morte dello scomparso, spetterà a Charles scoprire nuovi moventi e indizi e la verità. Durata 105 minuti. (Eliseo Grande, Nazionale sala 1, The Space, Uci)

 

Mr. Ove – Commedia. Regia di Hannes Holm, con Rolf Lassgård, Ida Engvoll e Bahar Pars. Il signor Ove è un pensionato isolato e sempre di malumore, che trascorre le proprie giornate a far rispettare le regole dell’associazione dei condomini – che un giorno presiedeva – e andando a far visita alla tomba della moglie, un uomo che pare aver rinunciato del tutto alla vita. Finché un giorno ecco comparire i nuovi vicini di casa: con essi il signor Ove pare stringere una nuova amicizia. Durata 116 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Romano sala 3)

 

Non c’è campo – Commedia. Regia di Federico Moccia, con Gianmarco Tognazzi e Vanessa Incontrada. Tempi duri per le gite scolastiche. Due insegnanti sono alle prese con una di queste, chiaramente con tanto di discepoli al seguito, verso un grazioso paesello dove un artista con i piedi ben piantati nella sperimentazione più attuale li attende per una settimana di studi ed esercitazioni. Ovvero la creatività al potere. Ma tutto sembra ridursi ad un buco del mondo: soprattutto per il fatto che, come sintetizza il titolo, i telefonini in quel tetro angolo non prendono. Come faranno i nostri, adulti e no, a sopravvivere? Durata 90 minuti. (The Space, Uci)

 

Nove lune e mezza – Commedia. Regia di Michela Andreozzi, con Claudia Gerini, Lillo, Giorgio Pasotti, Stefano Fresi e Michela Andreozzi. Opera prima. Due sorelle, diversissime tra loro, l’una è violoncellista, l’altra un più comune vigile urbano, c’è chi vorrebbe un giglio ma non riesce ad averlo e c’è chi può ma non vuole. Poi c’è la coppia gay, che è sposata e che il figlio pure ce l’ha. Durata 90 minuti. (Reposi)

 

Il palazzo del viceré – Drammatico. Regia di Gurinder Chadha, con Gillian Anderson, Hugh Bonneville e Manish Dayal. Il nipote della regina Vittoria, Lord Mountbatten, come ultimo Viceré, ha il compito di accompagnare l’India nella transizione verso l’indipendenza. Ma la violenza esplode tra musulmani, induisti e sikh, sfociando in quella che è definita la “Partition” tra Pakistan e India, coinvolgendo anche gli oltre 500 membri dello staff che lavorano al Palazzo. La storia d’amore tra due giovani, musulmana lei, induista lui, rischia di essere travolta dal conflitto delle rispettive comunità religiose. Durata 106 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

La ragazza nella nebbia – Thriller. Regia di Donato Carrisi, con Toni Servillo, Alessio Boni, Galatea Renzi, Michela Cescon e Jean Reno. Lo scrittore Carrisi passa dietro la macchina da presa, adattando per lo schermo un suo romanzo di successo. Narrando del detective Vogel inviato in un piccolo paese di montagna, vittima sotto choc di un incidente, incolume ma con gli abiti sporchi di sangue, un mite e paziente psichiatra che tenta di fargli raccontare quanto è accaduto. Vogel è lì per occuparsi della sparizione di una ragazzina di soli sedici anni, avvenuta alcuni mesi prima: un groviglio di segreti che arriva dal passato, un piccolo paese dove nulla è ciò che sembra e nessuno dice tutta la verità. Impianto ferreo ma pure con qualche scricchiolio nella parter finale; soprattutto un gioco di scatole cinesi che suona come uno snocciolarsi di colpi di scena ma che è anche un aggrovigliarsi che sbanda e fuoriesce dal campo della chiarezza. Servillo è ormai Servillo, quasi monumento a se stesso, Boni produce qualche bella emozione in più, la Cescon piuttosto inverosimile, gli altri a far parte di un piccolo presepe di montagna ormai cristallizzato. Comunque se dovessimo buttar giù una classifica con “L’uomo di neve” l’Italia batterebbe la fredda Norvegia per molti punti a zero: da noi c’è parecchia più vita, pur tra rapimenti e morti. Durata 127 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Ritorno in Borgogna – Drammatico. Regia di Cèdric Klapisch, con Ana Girardot, François Civil, Pio Marmaï. Dieci anni fa Jean ha lasciato la famiglia, proprietaria di un grande vigneto in Borgogna, per trasferirsi all’estero. A causa della malattia terminale del padre, lascia l’Australia, dove vive con moglie e figlio, e torna a casa per rincontrare la sorella Juliette e il fratello Jérémie. Ma c’è la morte del padre, c’è la ricerca di una forte somma di denaro per pagare le tasse di successione: sarà l’occasione per i tre fratelli i legami che li hanno tenuti vicini un tempo. Durata 113 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

 

Saw: Legacy – Horror. Regia di Michael e Peter Spierig, con Tobin Bell e Laura Vandervoort. Se il seriakiller di un tempo è morto, eccone un altro fresco fresco con la stessa volontà, a voler far fuori quanti si sono prodotti in crimini e colpe per i quali dovranno pagare. E se fosse Kramer tornato a continuare la proprie personali vendette? E se al contrario qualcuno ne volesse emulare le gesta (e gli effettacci)? Durata 91 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Terapia di coppia per amanti – Commedia. Regia di Alessio Maria Federici, con Ambra Angiolini, Pietro Sermonti e Sergio Rubini. Tratto da un romanzo di Diego De Silva, narra di Viviana e Modesto, un tempo vivaci amanti ormai in definitivo tempo di crisi. Un aiutino per salvare la loro situazione, se possibile, e con essa quella delle rispettive famiglie: ed ecco allora che non si può far altro che rivolgersi ad un terapeuta che ha la faccia di Rubini. Pure lui non privo di qualche piccolo problema da risolvere in campo sentimentale. Durata 97 minuti. (Massaua, F.lli Marx sala Chico, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Thor: Ragnarok – Fantasy. Regia di Taika Waititi, com Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Cate Blanchett e Tom Hiddleston. Il verde Hulk a dare una mano al dio del tuono, questa volta privato del suo fantastico martello e in lotta con Hela, la dea della morte, che vorrebbe prendersi il trono di Asgard, e ancora prigioniero in una terra lontana dove è costretto a combattere per il piacere di un tiranno amante del rischio e pronto a manipolare le deboli vite altrui. Durata 130 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Una donna fantastica – Drammatico. Regia di Sebastiàn Leilo, con Daniela Vega. Marina è una donna giovane e attraente, innamorata di un uomo di vent’anni maggiore di lei. All’improvviso l’uomo muore: è in quel momento che la sua natura transgender la metterà di fronte ai pregiudizi della società in cui vive. Ma lei è una donna forte e coraggiosa, pronta a battersi contro tutto e contro tutti per difendere la propria identità e i propri sentimenti. Durata 104 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Nazionale sala 2)

 

Una questione privata – Drammatico. Regia di Paolo e Vittorio Taviani, con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellè. Dal romanzo di Beppe Fenoglio. “Over the rainbow” è il disco più amato da tre ragazzi nell’estate del ’43. Si incontrano nella villa estiva di Fulvia, che gioca con i sentimenti di entrambi: con quelli di Milton, pensoso e riservato, con quelli di Giorgio, bello ed estroverso. Un anno dopo Milton, partigiano, si ritrova davanti alla villa di Fulvia ormai chiusa, il custode lo riconosce e insinua un dubbio, che Fulvia, forse, abbia avuto una storia con Giorgio. Ogni cosa pare fermarsi per il ragazzo, la vita, le amicizie, la lotta partigiana, è ossessionato dalla gelosia e vuole scoprire la verità. Deve ritrovare Giorgio ma l’amico di un tempo è stato fatto prigioniero dai fascisti. Durata 84 minuti. (Romano sala 1)

 

L’uomo di neve – Thriller. Regia di Tomas Alfredson, con Michael Fassbender, Rebecca Ferguson e Charlotte Gainsbourg. Trasposizione cinematografica del settimo appuntamento tra Jo Nesbø ed il suo Harry Hole, detective della polizia sporco e traumatizzato, troppe volte attaccato alla bottiglia, che coltiva in sé drammi persi in anni passati, dedicandosi allo stesso tempo a districare le matasse che hanno all’interno delitti e vittime. Qui un killer perseguita e cancella donne separate con figli, le riduce a pezzi, lasciando sul luogo del delitto un inconfondibile pupazzo di neve. I delitti avvengono tra una nevicata e l’altra, nella fredda terra della Norvegia, è necessaria la materia prima per quei pupazzi posti dinanzi alle abitazioni delle vittime. Un trascorrere continuo tra passato e presente, angosce in cui trovano spazio una collega di Hole e la ex moglie. Una vera delusione per chi abbia letto le pagine del libro, il protagonista non è messo a fuoco e avanza stancamente nella storia, colpa maggiore la storia è costruita con un accavallarsi o un viaggiare caotico e controproducente di azioni in parallelo, con un disordine che non fa nulla per riporsi nel campo della ordinata stabilità. Meglio di gran lunga tornare al libro. Durata 125 minuti. (Uci)

 

Vittoria e Abdul – Drammatico (ma piuttosto commedia). Regia di Stephen Frears, con Judy Dench, Ali Fazal, Michael Gambon e Olivia Williams. Nel 1887 Abdul lascia l’India per Londra, per poter donare alla regina settantenne, sul trono da oltre cinquant’anni, una medaglia, proprio in occasione del suo Giubileo d’Oro. La sovrana è attratta dalla cultura che l’uomo porta con sé, dalla sua giovinezza e dalla prestanza, contro lo scandalo che il suo nuovo amico semina in tutta la corte, che non esita a bollarla come pazza. Più “storiucola” che Storia, a tratti imbarazzante per quell’aria di operetta senza pensieri che circola all’interno: naturalmente per il regista di “Philomena” (da ricordare) e di “Florence” (da dimenticare) il ventiquattrenne Abdul è senza macchia, la vecchia e inamidata corte inglese da mettere alla berlina e allo sberleffo, il piccolo entourage regale che grida “sommossa” se ne ritorna tranquillo a servire la vecchia sovrana. Ma ci voleva ben altro polso e visuale, e qui Frears ha tutta l’aria di voler andare in pensione. Durata 112 minuti. (Ambrosio sala 1, Centrale V.O., Eliseo Blu, Reposi, The Space, Uci)

“Anything”, tra realismo e iporealismo

Dal 2 novembre 2017 al 14 gennaio 2018

In occasione della “Settimana delle Arti Contemporanee”, il MEF (Museo Ettore Fico) di via Cigna a Torino presenta, dal 2 novembre 2017 al 14 gennaio 2018, una nuova opera dell’artista torinese Daniele Galliano

Pinerolese di nascita, classe ’61 e autodidatta di formazione, Galliano è stato scoperto criticamente da Luca Beatrice e dagli anni Novanta a oggi ha conquistato rapidamente un ruolo di rilievo nel panorama della nuova pittura italiana. Ma non solo. Il “realismo fotografico” che, da sempre, caratterizza la sua produzione, gli ha permesso di partecipare a importanti mostre collettive e personali in tutto il mondo, fra cui le Biennali de L’Avana, quella di Venezia nel 2009 e quella di Khoci a Kerala nel 2016. Sue opere sono anche presenti in alcune fra le principali collezioni pubbliche e private, come la GAM di Torino, la GNAM di Roma e il MART di Trento e Rovereto. Al MEF, Galliano presenta una tempera/olio su tela di grandi dimensioni dal titolo “Anything”, realizzata nel 2017 e che ben sintetizza quel suo modo di concepire l’arte (fra realismo e iporealismo) come una sorta di “visione – scrive Mario Perniolache oscilla fra la miopia e il sogno”. E che, in quest’ottica, “costituirebbe un’interpretazione moderata di temi del postumano (paura, sesso, vita metropolitana) che, aumentando la distanza nei confronti del reale, li riconduce nell’alveo di un’esperienza artistica ed estetica tradizionale”. L’ospitata di Galliano, fanno sapere dal MEF, è il preludio di una nuova collaborazione con l’artista per un progetto site-specific, che verrà realizzato all’interno dei locali del “B+Ars” , Bistrot del Museo, nella prossima primavera. Il progetto prevede non solo la realizzazione di un affresco, ma anche un continuo work in progress con l’artista che sarà disponibile a incontri, scambi, e dialogo con i visitatori durante tutto l’arco di tempo necessario per la realizzazione dell’opera e parallelamente a un programma di incontri con le scuole a cura dell’area didattica dello stesso Museum.

G.M.

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MEF (Museo Ettore Fico), via Francesco Cigna 114, Torino – tel. 011/853065, www.museofico.itinfo@museofico.it

Arte (accessibile) in Galleria

In occasione di Artissima 2017, fiera internazionale d’arte contemporanea, la Galleria Umberto I ospiterà una selezione di opere degli artisti del panorama contemporaneo: Roberto Kosterle, Sylvie Romieu, Francesco Nonino, Elisa Bertaglia, Marco Vinicio, Horiki Katsutomi, Andrea Aquilanti, Marcello Jori, Giuseppe Chiari, Vasco Bendini, Antonin Strizek, Federico Guerri, Bruno Lucca, Greta Pasquini, Nico Mingozzi, Liselotte Frauenknecht, Angelo Molinari, Giancarlo Pacini, Bruno Ceccobelli, Marco Colazzo, Silvia Amodio, Sandro Beltramo e Simone Bubbico, in un percorso che vuole esplorare e creare, attraverso l’evoluzione del gusto, un collegamento diretto di conoscenza tra autore e fruitore. Arte accessibile, che scende dal piedistallo e si misura con le persone che, abitualmente, percorrono la Galleria per andare ad acquistare i prodotti del mercato di Porta Palazzo.L’arte contemporanea si presenta così non soltanto ai professionisti del settore ma a un pubblico più ampio, le opere infatti sono esposte fuori dal contesto in cui solitamente si trovano, e diventano non solo privilegio di una élite.

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Galleria Umberto I – 10122 Torino Ingresso gratuito dal 2 novembre al 2 dicembre dalle 10.00 alle 19.00

 

Iniziativa a cura di Laura Tabasso, Giovanni Pellegrini e Franco Tabacco – Yit architetti. In collaborazione con la galleria WEBER & WEBER Arte Moderna e Contemporanea, il MUSEO DEL DESIGN di Galliano Habitat e l’Associazione Commercianti Galleria Umberto I.

 

Il Sacro attraverso l’ordinario

Ultimi tre spettacoli nel Torinese e in Valle d’Aosta Domenica 5, mercoledì 8 e domenica 12 novembre
 

Si avvia alla conclusione la XXIV edizione di ISAO Festival - Il Sacro attraverso l’ordinario che, con il linguaggio del teatro e della musica, indaga gli intrecci tra il metafisico e il materiale.  Il cartellone 2017 ruota attorno al tema del paradiso inteso in un’accezione laica e spirituale (ma non religiosa), come dimensione di benessere, di qualità della vita, di costruzione condivisa di un futuro migliore. Il festival, ideato da “Il Mutamento Zona Castalia” con “Pop Economix” e “Mulino Ad Arte” – con la direzione artistica del regista e drammaturgo Giordano V. Amato si conclude con tre spettacoli che si terranno tra Torinese e Valle D’Aosta. Dopo la prima torinese di settembre, vanno in scena due repliche di “A noi vivi! Il Paradiso” de “Il Mutamento Zona Castalia” e “Progetto Cantoregi”,  domenica 5 novembre ad Almese (ore 17 all’ “Auditorium Magnetto”), in collaborazione con “Fabula Rasa”, e mercoledì 8 novembre a Donnas, in Valle D’Aosta (ore 14 alla Biblioteca Regionale Comprensoriale).  “A noi vivi! Il Paradiso” è uno spettacolo con bambini, che attraverso giochi, coreografie, suoni, musiche, performance circensi e momenti attoriali racconta storie tratte dall’antichità, per indicare che la costruzione di un mondo migliore può essere affidata ai più piccoli o agli adulti in grado di tornare al proprio spirito bambino. Domenica 12 novembre, il festival si sposta a Chivasso (ore 16, Teatro Comunale), dove viene proposto “Dasa, il bambino che sognava Buddha” de “Il Mutamento Zona Castalia”, scritto e diretto da Giordano Amato, con Eliana Cantone in scena. Rivolto al pubblico dei piccoli, ma non solo, lo spettacolo è la storia di Dasa, un bambino che incontra le idee del buddhismo tibetano attraverso un’intensa esperienza personale. Dasa è nato in Umbria, a Monteleto, vicino a Gubbio. Non sa molto di Francesco e di fratello lupo, però ama le storie antiche. Soprattutto quelle che vengono dal lontano Oriente. Ha un sogno ricorrente: montagne alte e innevate, animali che non ha mai visto in Italia. Insomma, Dasa sogna il Tibet. Ma sogna o ricorda? Un giorno suonano alla porta e l’avventura comincia.

g. m.

www.isaofestival.it - www.mutamento.org - info@mutamento.org  tel. 011.48.49.44 o 347.2377312 Fb: Isaofestival – Tw: @Isaofestival – Ig: il_mutamento_zc

 

“Caterina Boratto. La donna che visse tre volte”

Venerdì 3 novembre, ore 15, la presentazione a Monforte d’Alba, presso l’Auditorium della Fondazione Bottari Lattes

La biografia di una grande diva del cinema italiano dagli anni Trenta fino ai primi anni Ottanta, richiesta anche da Hollywood e contesa da registi come Guido Brignone, Alessandro Blasetti, Federico Fellini e Pier Paolo PasoliniÈ il libro Caterina Boratto. La donna che visse tre volte”, uscito per “Sabinae” e scritto dalla figlia Marina Ceratto, critica cinematografica e giornalista per molteplici quotidiani e settimanali nazionali, oltreché collaboratrice in vari programmi Rai.    Il libro, scritto in prima persona come fosse il diario della stessa Caterina Boratto (Torino 1915 Roma 2010) verrà presentato venerdì 3 novembre alle ore 15 presso l’Auditorium della Fondazione Bottari Lattes di Monforte d’Alba (via Marconi 16), dalla figlia Marina insieme al marito, il linguista e semiologo Fabio Sposini, curatore del volume. Tra cronaca e diario, l’autrice ripercorre la vita lunga e ricca di colpi di scena, anche drammatici, della madre.  Per la location della presentazione, la scelta di Monforte d’Alba, e in particolare della Fondazione Bottari Lattes, è stata determinata anche da motivi “famigliari”; il fratello dell’attrice, Filiberto, sposò infatti Stefania Passone, zia del monfortese Enrico Passone, e la Boratto ebbe dunque modo e piacere di soggiornare spesso in questo suggestivo angolo di Langa, storicamente celebre per il drammatico episodio dell’eresia catara che, intorno all’anno Mille, si diffuse in quei luoghi, con tragiche conseguenze, sotto la protezione della leggendaria Contessa Berta. La presentazione del libro sarà accompagnata dalle foto che ripercorrono la vita e l’attività dell’attrice che, grazie all’interpretazione di “Vivere!” divenne famosa anche Oltreoceano, ricevendo l’offerta di un contratto settennale addirittura dalla “Metro Goldwyn Mayer”; contratto che Caterina non riuscì tuttavia a portare a termine a causa della guerra che la costrinse a rientrare anticipatamente in Italia. Durante l’incontro non mancheranno anche le proiezioni di filmati d’epoca in cui Caterina Boratto canta “Solo tu” e il tenore Tito Schipa “Torna piccina mia”.  L’iniziativa si inserisce nelle “Veglie pomeridiane”, gli incontri organizzati dalla Biblioteca civica di Monforte d’Alba. 

g. m.

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“Caterina Boratto. La donna che visse tre volte” Ed. Sabinae”

Auditorium “Fondazione Bottari Lattes”, Monforte d’Alba (Cn), via Marconi 16, tel. 0173/789282 Ingresso libero fino a esaurimento posti Venerdì 3 novembre, ore 15

 

Una storia d’amore, il diario del re

A partire dal 31 ottobre 2017 la Biblioteca dei Musei Reali di Torino si arricchisce di un nuovo pregiato manoscritto contenente le memorie private di Vittorio Emanuele III, grazie alla donazione di Vittoria de Buzzaccarini il cui padre Brunoro fu per quattro anni aiutante di campo del re. L’Itinerario generale dopo il 1° giugno 1896, l’unico diario ad oggi ritrovato del sovrano, è una sorta di tributo, un atto d’amore del re a sua moglie, la regina Elena. Iniziato il giorno in cui i due futuri sposi si incontrarono e terminato il 24 ottobre 1946 in occasione delle loro nozze d’oro, si tratta di un’estrapolazione dai diari originali redatta dallo stesso Vittorio Emanuele III che raccoglie, oltre ai giorni trascorsi con la consorte, i numerosi impegni istituzionali del sovrano. Vittoria de Buzzaccarini sostiene che la decisione di donare il diario alla Biblioteca Reale dipende da più ragioni: “Prima di tutto credo che i libri, le pubblicazioni, le carte, soprattutto quelle così importanti, non vadano tenute o dimenticate nei cassetti, ma che debbano essere a disposizione degli studiosi per interrogarsi, ricercare e tramandare il pensiero di chi ci ha preceduto”. La scelta non poteva che cadere su un’istituzione che raccoglie già numerosi documenti riguardanti la famiglia reale. “Nella donazione ho coinvolto anche i miei figli” aggiunge “perché è un bene della nostra famiglia che ora diventa di tutti”. A seguito della consegna l’opera sarà inserita nel registro del patrimonio della Biblioteca Reale e sarà collocato nel fondo Casa Savoia quale “ex libris Vittoria de Buzzaccarini e figli”, a disposizione degli studiosi che vorranno approfondire gli studi sul cimelio. Il fondo Casa Savoia, di recente costituzione, riunisce materiali diversi relativi alla famiglia reale e reperiti nelle collezioni della Biblioteca. Tra i documenti si ricordano i diari di Carlo Felice e della consorte Maria Cristina, quelli di Maria Teresa, moglie di Carlo Alberto e autografi dello stesso sovrano, oltre a una raccolta denominata Archivio segreto di Carlo Alberto 1832-1833. Per l’occasione sarà allestito nel Salone monumentale della Biblioteca un percorso con documenti fotografici d’epoca riguardanti i viaggi del Vittorio Emanuele III, registrati dal re di suo pugno nel diario. La Casa editrice Nova Charta, fondata e diretta da Vittoria de Buzzaccarini, nel 2013 ha pubblicato una tiratura limitata facsimilare del diario e ha dedicato al prezioso documento il volume Sì è il re – memorie private di un sovrano, che contiene una serie di importanti contributi fra i quali un appassionante racconto storico intitolato La forza dell’amore, dedicato a Vittorio Emanuele III e a Elena di Montenegro.

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MUSEI REALI TORINO www.museireali.beniculturali.it Orari I Musei Reali sono aperti dal martedì alla domenica dalle 8,30 alle 19,30 Ore 8,30: apertura biglietteria, Corte d’onore di Palazzo Reale, Giardini Ore 9: apertura Palazzo Reale e Armeria, Galleria Sabauda, Museo di Antichità La Biblioteca Reale è aperta da lunedì a venerdì dalle 8 alle 19, sabato dalle 8 alle 14. La Sala di lettura è aperta da lunedì a mercoledì dalle 8,15 alle 18,45, da giovedì a sabato dalle 8,15 alle 13,45. Biglietti Musei Reali Torino Intero Euro 12 Ridotto Euro 6 (ragazzi dai 18 ai 25 anni). Gratuito per i minori 18 anni / insegnanti con scolaresche / guide turistiche / personale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali / membri ICOM / disabili e accompagnatori / possessori dell’Abbonamento Musei, della Torino+Piemonte Card e della Royal Card. Le mostre comprese nel biglietto di ingresso ai Musei Reali sono: – Confronti/3: Pittura come scultura. Cerano e un capolavoro del Seicento lombardo – Prima del bottone: accessori e ornamenti del vestiario nell’antichità (fino al 15 novembre) – Le bianche statuine. I biscuit di Palazzo Reale (fino al 14 gennaio 2018) – Scoperte/2: Le invenzioni di Grechetto (fino al 21 gennaio 2018) Ingresso e orario biglietteria presso Palazzo Reale, Piazzetta Reale 1 dalle ore 8,30 fino alle ore 18.

Arriva Napoleone a Palazzo Cavour

Lunedì 30 ottobre alle 12 a Palazzo Civico verrà presentata alla stampa la mostra I CINQUE VOLTI DEL TRIONFO.  Incontrato sui banchi di scuola, approfondito attraverso la letteratura ed il cinema, Napoleone Bonaparte ha un legame particolare e profondo con la città di Torino: ecco che la mostra J’Arrive. Napoleone Bonaparte, i cinque volti del trionfo, in collaborazione con la Fondation Napoléon, dopo aver conquistato tutto il mondo arriva in Piemonte a Palazzo Cavour, splendida dimora storica che con questo appuntamento si rilancia come punto di riferimento museale e culturale.Interverranno ALBERTO SACCO Assessore commercio e turismo Città di Torino LUIGI PIGNOCCA Sindaco del Comune di Loano LARA MARTINETTO responsabile pubbliche relazioni di Next Exhibition PIERRE BRANDA  curatore internazionale della mostra “J’Arrive” GIANNI OLIVA storico ed esperto dell’età napoleonica CHARLES BONAPARTE, Presidente di Destination Napoléon.

L’imbarazzo della corte inglese davanti alla vecchia sovrana: come lo spettatore di oggi

“Vittoria e Abdul” di Stephen Frears con Judi Dench

 

Fin dalle sue origini cinematografiche (My Beautiful Laudrette), ci aveva dato opere di ben maggior spessore Stephen Frears e aveva certo continuato, confezionando titoli che hanno pur detto qualcosa nella storia del cinema, non soltanto britannico. Da Le relazioni pericolose a Mary Reilly, da The Queen a Philomena. A Natale dello scorso anno ci era arrivato Florence reclamizzato oltre modo grazie all’etichetta Meryl Streep ma riconoscibilmente inferiore rispetto allo stesso soggetto francese firmato da un po’ meno pomposo Xavier Giannoli, oggi la programmazione fa scadere Vittoria e Abdul che vorrebbe essere ancora una picconata contro la indistruttibile muraglia della casa reale inglese, contro la lotta ai pregiudizi oggi tanto di moda (aver scoperto sette anni fa i diari – sinceri o no, non ha per nulla importanza, di quella dose d’opportunismo che ci potesse essere nella storia non se ne fa parola – del giovanotto indiano è stato per qualcuno una manna: e lo schermo sembrava essere già lì bell’e pronto, l’urgenza politica è un ottimo lasciapassare) ma che irrita soltanto per quell’aria di operetta e di inconsistenza affatto necessaria che il regista ha disseminato lungo tutto il film.

Partendo dall’arrivo a corte nel 1887 del ventiquattrenne Abdul Karim inviato a consegnare una medaglia, il mohur, che onori la sovrana e il suo regno, passando attraverso i primi sguardi e i primi sorrisi che fanno dire a Vittoria sessantenne “attraente” e che danno il via ad una amicizia tra colei che governa mezzo mondo e colui che da semplice impiegato delle carceri indiane passa al ruolo di “mushti” (maestro), di confidente, di importatore della cultura indiana, di membro di corte con moglie e suocera nerovestite al seguito, di insegnante di Indi e di Hordu, di sconosciute prelibatezze culinarie, di amico intimo, forse di innamorato, di colui che per la gran vicinanza ha sempre le orecchie tese anche per quel che riguarda la politica (ma pure di colui che un giorno fu beccato con le mani nel sacco a rubarsi gioielli dell’amata: “basato su fatti veri”, siamo avvisati all’inizio, “per lo più”). È chiaro che l’erede Bertie e la corte intera, servitù compresa, faccia aria di sommossa salvo poi ritirarsi nelle proprie stanze al primo urlo della vegliarda. Tutto suona sì simpatico, da svagato intrattenimento, a tratti ridicolo tuttavia, si preme sulla solitudine di lei che – sia detto tanto per sfatare per quel che si può il quadretto di vedova inconsolabile e timorata e puritana – già dopo la morte dell’amatissimo Albert aveva cercato e trovato conforto tra gli ardori di John Brown, già avvinazzato uomo di fiducia dello scomparso principe consorte e ti rendi conto che la passata incisività era tutta ben altra cosa, che il quadro della discendente all’indomani della morte di Lady D era dipinto con colori e con tratti personali ben più profondi. Va da sé che la rivolta non può avvenire che con il trapasso della sovrana, che ogni documento che possa ricordare “l’unione” (quanto mai allargata?) viene distrutto e Abdul cacciato, salvo poi ritrovarlo in patria, pochi anni dopo, davanti alla statua della “sua” regina a ricordare i giorni che furono.

Tutto è sontuoso, visivamente bello, i palazzi scelti per l’ambientazione, gli abiti, i particolari, le inquadrature, tutto è ricostruito con l’aiuto delle fotografie d’epoca (e chi lo voglia può anche fare il debito paragone tra l’originale Abdul e l’attore Ali Fazal che oggi lo impersona) ma tutto tremola come quel budino che viene servito a tavola e che tanto interessa a Frears, come i primi piani, come gli occhi ripetutamente “descritti”, come i visi della corte genuflessi e spaventatissimi. Chi resta ben salda in piedi è la prova superba di Judi Dench (per la seconda volta veste gli abiti e la corona di Vittoria, era già stata La mia regina con John Madden nel ’97), testarda, irascibile, rattristata e sola contro tutti, sognante, capricciosa, una gamma tutta da vedere d’espressioni che unica cerca di rimetterti un po’ in accordo con un film per altri versi davvero zoppicante, di pura illustrazione e quasi non necessario (dove persino il nostro Puccini, canterino con la Manon Lescaut, suona imbarazzante, come la sovrana: ma forse Frears è convinto di doversi qui omaggiare guardando al precedente Florence).

FORMA 4! Design&Image

Con Fabrizio Giugiaro la seconda edizione del master in “Immagine, Design e Comunicazione” ideato da Forte di Bard e Montura Editing

Al via la seconda edizione di “FORMA 4! Design and Image”, progetto ideato da Forte di Bard insieme a Montura Editing (azienda italiana leader nel settore dell’abbigliamento e delle calzature per la montagna e l’outdoor) e   rivolto ad appassionati dell’immagine nei campi del design, della fotografia e ricerca della forma.Il Master, in programma sabato 11 e domenica 12 novembre prossimi, sarà curato dal noto architetto e designer Fabrizio Giugiaro, style-director di “Giugiaro Design”, azienda che dal 1981 sviluppa e segue progetti non-automotive (treni, aerei, barche e moto), nonché fondatore della “Giugiaro Architettura”, società che si occupa di progetti nazionali e internazionali riguardanti tutti gli aspetti del design, della quale è presidente e direttore creativo.

Grazie al coinvolgimento di docenti di fama internazionale – designer, fotografi, professionisti della comunicazione e architetti – il Master avrà modalità residenziale con l’opportunità di vivere un’esperienza full immersion e consentirà a studenti di design, architettura, fotografia, comunicazione, creativi, artisti, imprenditori, designer, artigiani, e a tutti coloro che coltivano la passione della fotografia, di incontrare grandi professionisti ed entrare in contatto con il loro bagaglio di esperienze, confrontandosi con una case study sul campo per scambiare opinioni e suggestioni utili per le proprie creazioni amatoriali e/o professionali. Partner del progetto, per il secondo anno, è la Chambre Valdôtaine attraverso la concessione di dodici Borse di partecipazione ad imprese valdostane cui viene offerta una preziosa opportunità per la crescita e l’aggiornamento professionale. Obiettivo del Master, infatti, è stimolare la creatività e fornire nuovi possibili spunti nell’attività lavorativa valorizzando le imprese del territorio e le loro professionalità in un percorso formativo molto importante. Ai fini della partecipazione si richiede la dotazione di apparecchio fotografico digitale anche amatoriale.

g.m.

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Per info e prenotazioni, rivolgersi a Associazione Forte di Bard, tel. + 39 0125 833886eventi@fortedibard.it | www.fortedibard.it