ilTorinese

Le ceramiche di Denice. Un museo sotto il cielo del Piemonte

Tra le Langhe e il Monferrato sorge un minuscolo borgo medievale, un delizioso centro di circa 200 residenti, luogo di altri tempi dalla personalità montana.

Con la sua torre del tardo duecento alta 29 metri, l’Oratorio di San Sebastiano in stile Barocco, la semplice e campestre chiesa di San Lorenzo e i suoi affreschi di fine ‘400, Denice è un delizioso e caratteristico comune piemontese, uno tra i meglio conservati dell’area. Tra le sue attrazioni c’è anche una nota mostra di presepi provenienti da varie nazioni e regioni italiane, ma la cosa che affascina e ne fa realmente un posto unico è il suo museo di ceramiche a cielo aperto.


Le opere esposte permanentemente per le strade, sulle facciate delle case, sul muro perimetrale del borgo, ai piedi della torre sono 63 e sono state create da artisti italiani e stranieri.
Questa originale galleria open-air è gratuita e non ha orari, totalmente quindi a disposizione di chi la vuole visitare ed ammirare. Oltre a rappresentare l’attaccamento e l’affetto per la località da parte suoi cittadini e amministratori, questo insolito museo è uno strumento efficace per stimolare la curiosità e attirare turismo.


Dalle bottiglie variopinte, ai piatti dai diversi stili e colori, alle forme plastiche di una ciliegia tira l’altra o gli oggetti impreziositi e protagonisti di una vera e propria ricerca materica, l’esposizione è davvero multiforme ed eclettica. I lavori differenti tra loro, sia per materiali che per tecniche, rappresentano un esempio di abilità creative coinvolgenti che talvolta raccontano storie, che risvegliano la fantasia, che comunicano energia. Un percorso artistico dinamico e innovativo dunque, un esempio di come la convivenza tra passato e moderno possa essere possibile e felice e di come le idee siano capaci di muovere l’interesse per questo nostro meraviglioso paese.

 

Maria La Barbera

Da sabato 15 maggio ripartono le visite guidate al Castello del Valentino

La dimora sabauda è sede storica del Politecnico di Torino

Dopo la lunga chiusura dovuta alle misure di contenimento per l’emergenza sanitaria da Covid-19, il Castello del Valentino, sede storica del Politecnico di Torino e residenza sabauda dichiarata Patrimonio dell’umanità UNESCO, riapre finalmente al pubblico da sabato 15 maggio 2021: “Il Politecnico di Torino ha il privilegio di possedere un patrimonio unico: è nostro piacere, ma anche un dovere etico, custodirlo, valorizzarlo e condividerlo con cittadini e turisti”, spiega la professoressa Annalisa Dameri,  referente scientifico per i Restauri del Castello del Valentino.

Il Castello, proprietà del Politecnico, è sede della Scuola di Architettura e residenza sabauda dichiarata Patrimonio dell’umanità Unesco. Le stanze del piano nobile sono visitabili solo durante visite guidate gratuite, con l’accompagnamento del personale laureato selezionato dall’ateneo. L’itinerario di un’ora prevede la visita delle stanze del piano nobile, sala delle colonne e cappella al piano terreno: è possibile che l’itinerario possa subire qualche variazione in caso di lavori di restauro o in caso di sale occupate da convegni.

La visita sarà svolta in assoluta sicurezza, nel rispetto delle norme di sicurezza per evitare il contagio da Covid-19. L’ingresso sarà contingentato per gruppi di visitatori non superiori a 15 persone e verranno adottate le norme di comportamento necessarie all’accesso a luoghi pubblici, come l’utilizzo delle mascherine, la misurazione della temperatura all’ingresso e la prenotazione obbligatoria sul sito ufficiale del castello. Ogni settimana, sarà quindi nuovamente possibile visitare il Castello, con due orari di ingresso al sabato mattina alle 10 e alle 11.30 (prenotazione obbligatoria sul sito del Castello).

“Storia e non storia di Rossella Casini”

LIBRI / Nell’ultimo libro di Sabrina Sezzani, il caso della giovane Rossella, una vita atrocemente spezzata dalla ‘ndrangheta

Il sottotitolo del libro, edito da “Neos Edizioni” , sintetizza con lucida drammaticità la vicenda narrata: “La donna che non mi hanno lasciato diventare”. A parlare è Rossella Casini, nata a Firenze nel 1956 e uno dei nomi di “caduti” per mafia che si leggono ad alta voce ogni 21 marzo, la cui storia però è rimasta a lungo dimenticata.

A raccontarcela, in un centinaio di pagine ricche di sincera empatia, a metà strada fra l’indagine psicologica e quella giornalistica, è oggi Sabrina Sezzani, anche lei – come Rossella – fiorentina e già autrice nel 2017, sempre per “Neos Edizioni”, della raccolta di racconti “Seduta sul tuo splendore. Trenta storie fiorentine al femminile”. Racconta la Sezzani: “In queste pagine mi sono arrogata un diritto che non ho: quello di sostituire i suoi pensieri con quelli che io ho immaginato fossero i suoi. Questo quindi, non è un libro su Rossella Casini, ma un libro della mia Rossella Casini”. Per anni di Rossella si sono occupati in pochi. “Scomparsa” nel 1981 a soli 25 anni, la sua storia è rimasta a lungo dimenticata. Una storia che sembrava destinata al silenzio, finché nel 1994 un pentito racconta agli inquirenti che Rossella Casini, giovane donna vittima di un amore “sbagliato”, era stata rapita, stuprata, fatta a pezzi e gettata in mare nella tonnara di Palmi. Senza dubbio, uno dei più vili, turpi e racapriccianti delitti mai commessi dalla ‘ndrangheta. Quale la sua colpa? Quella di aver convinto il fidanzato Francesco Frisina, calabrese di Palmi (conosciuto alla Facoltà di Pedagogia dell’Università di Firenze), a collaborare con la Giustizia, dopo l’assassinio del padre del ragazzo, imprenditore agricolo, per mano di due killer e il ferimento dello stesso giovane in un agguato tesogli pochi mesi dopo nel dicembre del ’79. Francesco accetta l’invito di Rossella, ma la sua conversione dura poco e il ragazzo ritratta. Rossella si ritrova così coinvolta nella faida mafiosa che vede contrapporsi ferocemente le ‘ndrine Gallico – Frisina contro i Parrello – Condello, finendo stritolata dalle regole dell’omertà mafiosa che s’era illusa di riuscire ad infrangere per amore. “Fate a pezzi la straniera”, fu a quel punto l’ordine dei boss mafiosi. E il 22 febbraio 1981 Rossella scomparve nel nulla. Il suo corpo non fu più ritrovato. I suoi genitori non hanno mai avuto la consolazione di una tomba dove poterla piangere. Il processo, iniziato nel 1997, si concluderà nove anni dopo con l’assoluzione per insufficienza di prove: Rossella non ha mai ricevuto giustizia, la magistratura si è arresa, non è stata in grado di fare chiarezza, di individuare e punire esecutori e mandanti. Ci racconta la giovane con le parole scritte dalla Sezzani: “Per le aule dei Tribunali, io, semplicemente, non sono più. Ho smesso di esistere in una data imprecisata, in un modo imprecisato, per mano di non si sa chi. Sono sparita, ho smesso di dare contezza di me. Il resto è sconosciuto, questo dice la verità processuale”. Ma quale la vera verità? Se lo chiede con palese tormento la scrittrice, riaprendo ferite profonde mai rimarginate, ben consapevole di quanto “sia davvero importante ricercare il perché delle cose, andare alla fonte delle informazioni e cercare di dare un senso alla nostra sete di sapere”.
Il Comune di Firenze ha collocato una targa in memoria di Rossella nel centro storico dove abitava con i genitori, in via Borgo la Croce: “Qui visse Rossella Casini vittima della ’ndrangheta scomparsa dal 22 febbraio 1981 perché per amore infranse la regola criminale del silenzio”. E a Firenze a Rossella è intitolato anche un giardino, una scuola a Scandicci e il presidio di “Libera” a Viareggio. Nel 2019 le è stata conferita la medaglia d’oro al valor civile.

g. m.

Per info: “Neos Edizioni”, via Beaulard 31, Torino; tel. 011/7113179 o www.neosedizioni.it

Al via i lavori di riqualificazione di via Nizza. Proseguiranno fino al 30 giugno

Sono partiti ieri e proseguiranno sino al 30 giugno 2021 i lavori di riqualificazione di Via Nizza.

 

Le prime attività ad essere svolte saranno quelle inerenti i sondaggi nel sottosuolo con la presenza di piccoli cantieri. Successivamente si procederà con la rimozione dei binari tranviari ed il rifacimento del manto stradale di via Nizza nel tratto compreso tra Via Farigliano e Corso Maroncelli.
I lavori in programma saranno svolti in più fasi per garantire sempre il transito dei mezzi pubblici e privati.

Parallelamente, sulla carreggiata Ovest di via Nizza, nel tratto compreso tra via Millefonti e corso Caduti sul Lavoro, verranno avviate le attività di ricostruzione della fognatura a cui farà seguito il ripristino del manto stradale. La riapertura al traffico veicolare di questo tratto di strada è prevista per la metà del mese di Giugno.

Torino: una sinistra in comune a sostegno di Angelo D’Orsi

Nelle prossime ore sarà formalizzata la candidatura di Angelo D’Orsi, illustre storico torinese,  da sempre uomo di sinistra,  a candidato sindaco di un’ampia coalizione di sinistra a cui abbiamo lavorato in prima persona in questi mesi.

 

Un risultato straordinario. Una candidatura di grande prestigio per un coalizione che raccoglie svariate forze di sinistra (Rifondazione Comunista, Dema, Sinistra Anticapitalista, Torino solidale, Pci, Fronte Popolare, Potere al Popolo e altre forze ancora). Siamo soltanto all’inizio di un percorso che ha come obiettivo l’allargamento ulteriore della coalizione di forze di sinistra, per la costruzione di una sinistra in comune, a sostegno della candidatura di Angelo d’Orsi, una coalizione che scende in campo in alternativa agli schieramenti attuali di centrodestra, centrosinistra, M5s.

Rifondazione Comunista di Torino

Vaccini, test sierologici per verificarne l’efficacia

Test sierologici per verificare l’efficacia dei vaccini. Vengono eseguiti sul personale sanitario, ma anche i cittadini possono farli a tariffe contenute. Lo hanno spiegato i direttori generali della Città della Salute di Torino, Giovanni La Valle, del San Luigi di Orbassano, Claudio Baccon e del Mauriziano Maurizio Dall’Acqua, in un’audizione del gruppo di lavoro della regione  sulla gestione dell’emergenza sanitaria, presieduto da Daniele Valle.   

A Domenico Rossi (Pd), che ha chiesto se le aziende sanitarie abbiano previsto test sierologici sul personale sanitario vaccinato, i direttori di Città della Salute e Mauriziano hanno appunto risposto affermativamente: “sono in corso degli studi per verificare la risposta immunologica al vaccino e capire se e quando sarà necessario sottoporsi a richiamo. Per i cittadini al momento il test può essere eseguito solo a pagamento, ma le aziende applicano tariffe basse per consentire a tutti di poter accedere alla prestazione”.

Sono stati anche elencati una serie di dati riferiti alle tre ondate. Nei presidi di Città della Salute, nella prima sono stati aperti progressivamente 17 reparti Covid con circa 200 posti letto, 19 nella seconda, 18 nella terza, con un tasso di occupazione che è andato dall’85 al 99 per cento. Al San Luigi di Orbassano nella prima fase il 50 per cento dei posti letto è stato riconvertito in Covid e quelli in terapia intensiva sono passati in due settimane dagli 8 a regime a 24; il picco di posti letto occupati è stato di 250 su 380 complessivi nel mese di novembre. Situazione analoga al Mauriziano, dove nella prima fase l’intero blocco operatorio è stato trasformato in rianimazione e si è arrivati al 60 per cento di posti letto occupati da pazienti Covid.
“Nella prima ondata abbiamo dovuto affrontare molti problemi legati all’eccezionalità dell’evento sul piano logistico e organizzativo – hanno spiegato – a partire dall’individuazione di percorsi separati per pazienti Covid e non, la conversione di reparti ordinari in reparti Covid, la carenza di personale e di dispositivi di protezione individuale all’interno delle strutture”.
“Le ondate successive ci hanno trovati più preparati, grazie ad interventi strutturali e percorsi consolidati, procedure di sicurezza e Dpi, ma sono continuati i problemi nella gestione dei flussi dei pazienti. È stato inoltre possibile ridurre in misura inferiore l’attività chirurgica ordinaria. Il forte arresto dell’attività di screening fa invece prevedere un aumento dei casi di patologie oncologiche nel prossimo futuro”.
Alessandro Stecco (Lega), ha domandato se l’istituzione del Dirmei abbia avuto un ruolo dirimente nella   rimodulazione delle attività cliniche e delle reti assistenziali. I direttori hanno espresso un giudizio ampiamente positivo, per il lavoro di raccordo fatto tra le aziende sanitarie e la funzione di guida nella riconversione dei posti letto.

Su richiesta del presidente Valle, gli auditi hanno poi fatto il punto sull’avanzamento dei cantieri previsti dal piano Arcuri per aumentare i posti letto dei presidi ospedalieri.

La “Scuola di fantasia” di Rodari

Rodari seppe “lavorare di fantasia”, diventando uno dei più grandi scrittori per l’infanzia di tutti i tempi.  Alcuni anni fa Einaudi ha ripubblicato la sua  “Scuola di Fantasia”, con l’introduzione di Mario Lodi, il grande pedagogista (morto nel 2014) che ha ridisegnato il valore educativo della scuola, cambiandone aspetti e metodologie

 

Gianni Rodari nasceva ad Omegna il 23 ottobre 1920, in riva al Lago d’Orta dove i genitori, originari della Val Cuvia nel Varesotto, si erano trasferiti per lavoro. Nasceva in via Mazzini, una delle vie principali di Omegna, dove il padre, Giuseppe Rodari, fornaio, svolgeva la sua attività.

Così lo ricordava lo stesso Rodari: “La parola ‘forno’ vuol dire, per me, uno stanzone ingombro di sacchi, con un’impastatrice meccanica sulla sinistra, e di fronte le mattonelle bianche del forno, la sua bocca che si apre e si chiude, mio padre che impasta, modella, inforna, sforna. Per me e per mio fratello, che ne eravamo ghiotti, egli curava ogni giorno in special modo una dozzina di panini di semola doppio zero, che dovevano essere molto abbrustoliti. L’ultima immagine che conservo di mio padre è quella di un uomo che tenta invano di scaldarsi la schiena contro il suo forno. È fradicio e trema. È uscito sotto il temporale per aiutare un gattino rimasto isolato tra le pozzanghere. Morirà dopo sette giorni, di broncopolmonite. A quei tempi non c’era la penicillina“. Nonostante l’infanzia segnata da quel lutto, Rodari seppe “lavorare di fantasia”, diventando uno dei più grandi scrittori per l’infanzia di tutti i tempi.

Recentemente Einaudi ha ripubblicato la sua  “Scuola di Fantasia”, con l’introduzione di Mario Lodi, il grande pedagogista che ha ridisegnato il valore educativo della scuola, cambiandone aspetti e metodologie. I testi raccolti nelle due parti di questo libro (la prima, dedicata a bambini, genitori e professori; la seconda al rapporto tra bambini, libri e scrittori) rappresentano i contributi più significativi – risalenti agli anni dal 1966 al 1980 –  di Gianni Rodari che ha espresso, in modo semplice e chiaro, le sue idee e le sue riflessioni sull’universo formativo, sul rapporto educativo adulti-bambini, sui processi e sulle finalità della formazione delle nuove generazioni. “Un bambino, ogni bambino, bisognerebbe accettarlo come un fatto nuovo, con il quale il mondo ricomincia ogni volta da capo”, scriveva Rodari, accompagnando le sue riflessioni con tante proposte concrete per restituire all’immaginazione, grazie al potere liberatorio della parola, lo spazio che le compete nella vita dei propri figli. Nella seconda parte del libro è particolarmente interessante la classifica che Rodari stila ( in nove punti) riferendosi ad alcuni discutibilissimi sistemi che possono far nascere nei bambini “ una nausea inestinguibile verso la carta stampata”. Lo scrittore omegnese  li indicava “piuttosto alla buona , ma non senza convinzione“. Vale la pena di trascriverli ( e di farne tesoro).

1.Presentare il libro come una alternativa alla Tv (I bambini trovano divertente e utile rimanere davanti alla televisione, i cui meriti educativi superano gli immancabili demeriti e si ritiene che negare un’occupazione, sentita come piacevole, sia un modo per gettare sulla diversa attività proposta un’ombra di fastidio e di castigo)

 

2.Presentare il libro come una alternativa al fumetto (Non essendoci un rapporto di causa e effetto tra la passione per i fumetti e l’assenza di interesse per le buone letture, è evidente che tale interesse deve nascere da qualche altra parte, dove le radici dei fumetti non arrivano)

 

3.Dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta leggevano di più (Non si può chiedere ai ragazzi di amare un passato che non è il loro)

 

4.Ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni (Sono la società, la famiglia e la scuola a dover organizzare il tempo libero dei ragazzi, offrendo biblioteche ricche e invitanti…)

 

5. Dare la colpa ai bambini se non amano la lettura (Dare la colpa ai bambini oltre che facile è comodo, perché serve a coprire le colpe proprie…Necessitano “divulgatori” di qualità, che sappiano suscitare la curiosità cognitiva dei ragazzi…)

6. Trasformare il libro in uno strumento di tortura (Determinati compiti assegnati dalla scuola, quali, per esempio: trascrivere pagine, riassumere, mandare a memoria, descrivere le illustrazioni, trasformano il libro in uno strumento di fatica, perché tali esercizi moltiplicano le difficoltà della lettura, anziché agevolarla e, così, non nasce il bisogno culturale della lettura)

 

7. Rifiutarsi di leggere al bambino (La voce di un genitore e dell’insegnante fa una funzione insostituibile. Necessitano pazienza e abilità: occorre saper leggere con espressione e con entusiasmo)

 

8. Non offrire una scelta sufficiente (È indispensabile l’allestimento di una bibliotechina personale, o collettiva, ricca e aggiornata)

 

9. Ordinare di leggere (La tecnica della lettura si può imparare “a scapaccioni”; ma l’amore per i buoni libri non è una tecnica, è qualcosa di più interiore e legato alla vita e non s’impara con le maniere drastiche e contestabilissime).

Che dire di più? L’immaginazione (o la fantasia, che è la stessa cosa) contribuisce in modo notevole a disinibire la mente, a farla uscire dagli schemi precostituiti, aprendo la strada alla creatività. Una grande lezione di quell’omegnese straordinario che fu il  “maestro” Rodari.

Marco Travaglini

A Chieri i cartelli “salvaciclisti”

In occasione del passaggio del Giro d’Italia, il Comune di Chieri, aderendo alla campagna del Rispetto del Ciclista sulla strada, nei giorni scorsi ha installato dieci cartelli “salvaciclisti” all’ingresso della città.

All’installazione del cartello in via Andezeno angolo via Verdi, erano presenti il Sindaco di Chieri Alessandro SICCHIERO, l’assessore alla Viabilità e Polizia locale Paolo RAINATO, Paola GIANOTTI (ciclista, coach, scrittrice e detentrice di 3 Guinness World Record tra cui l’essere la donna più veloce ad aver circumnavigato il globo in bici), Marco CAVORSO (padre di Tommaso, ragazzo di 14 anni ucciso nel 2010 mentre si allenava in bici nelle strade della provincia fiorentina, delegato per la sicurezza stradale del sindacato dei ciclisti professionisti ACCPI) Maurizio FONDRIEST (ex ciclista professionista vincitore del Campionato del Mondo nel 1988, della Milano-Sanremo nel 1993 e di due Coppe del Mondo).

A Chieri i“cartelli salvaciclisti” sono collocati in:

  1. corso Torino 123 marciapiede direzione centro Chieri
  2. strada Roaschia 85 banchina direzione centro Chieri
  3. viale Cappuccini 68 banchina direzione centro Chieri
  4. strada Cambiano 58 banchina direzione centro Chieri
  5. via Conte Rossi di Montelera angolo rotatoria Circonvallazione banchina direzione centro Chieri
  6. strada padana Inferiore 116 banchina direzione centro Chieri
  7. strada Buttigliera angolo via Robbio banchina direzione Buttigliera
  8. strada Buttigliera 50 banchina direzione centro Chieri
  9. via Andezeno angolo via Verdi banchina direzione centro Chieri
  10. strada Valle Pasano angolo via Monginevro banchina direzione centro Chieri

In corrispondenza dei 10 punti sono state verniciate a terra sull’asfalto le lettere SC di colore arancione.

«In Italia muore un ciclista ogni 35 ore e un pedone ogni 12 ore e tantissimi incidenti avvengono in fase di sorpasso, da qui l’urgenza di migliorare la sicurezza e il livello di convivenza tra i differenti utenti della strada. Bastano questi dati per comprendere l’importanza l’installazione dei dieci cartelli “salvaciclisti”-afferma il Sindaco di Chieri Alessandro SICCHIERO-Come amministrazione crediamo molto nella promozione della mobilità sostenibile, che rappresenta uno dei punti qualificanti della nostra agenda. In questi mesi di pandemia abbiamo cercato di ripensare la città, gli spazi e la mobilità urbana, il nostro modo di vivere e di spostarci, ampliando gli spazi pedonali e ciclabili, introducendo il doppio senso ciclabile, garantendo la sicurezza di chi si sposta a piedi, in bici, con e-bike, con forme di micromobilità e per le persone con disabilità. Inoltre, Chieri è capofila del progetto “Percorsi ciclabili sicuri tra Chieri ed il Po” che ha come scopo il completamento e la messa in sicurezza di una rete di ciclovie adatte all’uso quotidiano. Sulle pagine social del Comune sono giunti messaggi di disaccordo con questa iniziativa, alcuni, però, dal contenuto offensivo e violento e nei confronti dei loro autori verranno presi provedimenti».

 

“Io Rispetto il Ciclista” è la campagna sulla sicurezza stradale ideata e promossa da Paola GIANOTTI, Marco CAVORSO e Maurizio FONDRIEST, allo scopo di sensibilizzare gli automobilisti per una guida sicura e soprattutto per un sorpasso ad un minimo di un metro e mezzo di distanza dell’automobilista rispetto al ciclista attraverso l’installazione di cartelli “salvaciclisti” di avviso lungo le strade.

Attualmente sono stati installati oltre 1.000 cartelli in oltre 250 Comuni italiani 

Paola GIANOTTI e Marco CAVORSO si sono fatti anche promotori della proposta di legge per il sorpasso ad un minimo di un metro e mezzo dell’automobilista sul ciclista (normativa già esistente nella maggior parte dei Paesi europei), perché ad oggi nel codice stradale la dicitura prevede semplicemente un sorpasso ad una distanza minima di sicurezza.

“L’ombra del candidato”, il romanzo di Augusto Caramelli

Informazione promozionale 

Uno sguardo sul cambiamento nel modo di fare e intendere la politica ai giorni nostri narrato con i canoni del thriller. Il romanzo di Augusto Caramelli è una combinazione di finzione e realtà della società italiana contemporanea. Una pagina dopo l’altra, ci si addentra in ambienti e luoghi dove, a volte, niente o nessuno è veramente quel che appare.

Ad accompagnarci e guidarci attraverso questo viaggio è l’elegante vicequestore Anselmo “Selma” Scordo, napoletano trapiantato in una grande città del Nord, alle prese con la ricostruzione dei cocci della sua vita. Sospeso tra il dubbio di essersi risvegliato da un incubo o di esserne prigioniero, affronta, con ineluttabile leggerezza e spirito, il proprio quotidiano. Lo fa, sempre, in compagnia della sua immancabile tazzina di caffè, della musica rock e delle sue piccole manie ed elucubrazioni mentali. Questa volta viene tirato in ballo, suo malgrado, in prima persona, in un caso ambiguo e complesso. Una serie di accadimenti criminosi si intrecciano con la tornata elettorale per un seggio vacante al Senato, in un momento di fragilità per gli equilibri politici del nostro Paese. Sono le ultime settimane di relativa tranquillità prima dello scoppio della pandemia.

L’autore
Augusto Caramelli, messinese, classe 1969, laureato in Scienze Politiche – corso Internazionale. Libero professionista con la passione per la musica e l’hobby della scrittura. Da alcuni anni cura il Blog di attualità e politica Monday’s Spotlight tra le cui pagine, quasi per caso, nasce il personaggio del vicequestore “Selma” Scordo. Questi è il protagonista di una microstoria, La pacchia è finita (2018) e successivamente del racconto a puntate, Invasione, raccolto in una pubblicazione alla fine del 2019. Nel gennaio 2021, l’autore rimette in pista il vicequestore Selma con il primo romanzo, L’ombra del candidato, pubblicato sia come libro che nella versione ebook.

Per saperne di più
https://www.facebook.com/VqSelma
https://mondayspotlight.wordpress.com/

Per acquistare il libro
L’OMBRA DEL CANDIDATO: https://www.amazon.it/dp/8892375180/ref=cm_sw_r_cp_apa_i_DGR173TGAGDVRJFDKYCV
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gialli-noir/579868/lombra-del-candidato/

Donna aggredita con un bastone Si era rifiutata di ritirare la denuncia

Nei confronti del compagno violento

Sono le 22 in un appartamento in zona Borgo Vittoria quando un uomo sente suonare il video citofono. Nel rispondere, dallo schermo appare l’immagine di una donna con il volto insanguinato. Chiede disperatamente un aiuto. Il cittadino allerta il 112 NUE.

La pattuglia delle Volanti e del commissariato Madonna di Campagna giunte sul posto trovano ad attenderli una donna in lacrime, con un vistoso ematoma sulla testa, il naso tumefatto e del sangue che le fuoriesce dalla bocca. La vittima riferisce agli operatori di essere stata colpita con un bastone di legno dal proprio compagno. Allertati i soccorsi, questa viene accompagnata in ospedale mentre gli agenti raggiungono l’uomo all’interno della propria abitazione: lui riferisce di aver colpito la compagna perché stanco della loro relazione. In fase di accertamenti, viene ritrovato sul pavimento del bagno un bastone spezzato in due parti, utilizzato durante l’aggressione. L’uomo, con precedenti di Polizia, viene accompagnato in Questura. Nel frattempo la donna racconta ai poliziotti della sua relazione sentimentale con una persona violenta, che in diverse occasioni era arrivata a metterle le mani addosso. La vittima aveva poi preso coraggio e denunciato il suo aggressore. Da quel giorno l’imperativo per lei sarebbe stato ritirare la denuncia ma, proprio la sera dell’intervento, ribadisce di non essere intenzionata a ritirarla e che sarebbe andata via di casa.  Per l’uomo sono scattate le manette per lesioni personali aggravate e atti persecutori mentre la donna è stata refertata con una prognosi di 30 giorni.