ilTorinese

Insediato il nuovo Comitato Diritti Umani e Civili

 Nicco: “Ruolo determinante in questo periodo storico”

 

Si è insediato  il nuovo comitato dei Diritti Umani e Civili, organismo di consultazione e partecipazione del Consiglio regionale istituito con legge nel 2020, che ha l’obiettivo di promuovere la cultura della pace, della solidarietà e del riconoscimento dei diritti umani e civili.
“Viviamo in un periodo storico in cui la violenza, l’odio e l’intolleranza sembrano riaffiorare con forza, minacciando equilibri sociali consolidati, aumentando divisioni e differenze e persino mettendo in discussione il valore stesso della vita umana – ha spiegato in apertura il presidente del Consiglio regionale e presidente del Comitato, 
Davide Nicco – in questo contesto, il nostro ruolo è ancora più determinante. Con le sue proposte direttamente al Consiglio regionale, e collaborando attivamente con enti, associazioni e organizzazioni nazionali e internazionali l’obiettivo primario resta quello di salvaguardare i diritti umani e civili, di combattere ogni ingiustizia, ogni sopruso che mette a repentaglio la sopravvivenza di donne, uomini e bambini”.
Come previsto dalle norme, in questa prima seduta sono stati eletti vicepresidenti 
Sara Zambaia e Giampiero Leo .Entrambi sono stati eletti a larga maggioranza e – in particolare nel caso di Leo – con un voto trasversale.

Sara Zambaia ha ricordato il grande lavoro svolto nella scorsa legislatura regionale e sottolineato il fatto che il “Comitato per i diritti” della Regione Piemonte rimane l’unico organismo ufficiale e istituzionale di questo tipo in Italia. Giampiero Leo ha ringraziato anche a nome del Coordinamento interconfessionale, del Comitato Interfedi e di altre realtà della società civile impegnate nella difesa dei diritti umani, il Presidente Nicco per la sensibilità e l’impegno dedicati a far ripartire rapidamente e con forza il succitato Comitato. Inoltre, rifacendosi alle parole del Presidente Nicco e a quelle di altri interventi, ha evidenziato che in un mondo in cui l’attacco ai diritti umani e civili delle persone è in crescita esponenziale, si rende non solo auspicabile ma necessaria la massima collaborazione e unità fra tutte le forze politiche, culturali, sociali, religiose ecc. che hanno realmente a cuore i valori fondanti di una democrazia reale, come quelli espressi dalla nostra Costituzione e dalla Carta delle Nazioni Unite.
Nelle prossime settimane il Comitato darà il via alla fase di programmazione delle iniziative pubbliche, ma da un primo confronto durante la seduta sono già emersi diversi temi di lavoro, in particolare l’impatto dell’intelligenza artificiale sulla nostra società e la tutela dei minori.
Sono intervenuti durante la discussione i consiglieri regionali 
Gianna Pentenero (Pd), Silvio Magliano (Lista Cirio), Valentina Cera (Avs), e i componenti Giovanni BoggeroElena FerraraLorenzo MarchettiWalter Nuzzo, Younis Tawfik.

 

 

Comunque vada sarà un successo

Dopo il rapper Piotta, fu Piero Chiambretti a usare questa frase durante il Festival di Sanremo del 2011.

Come ad ogni edizione molti, anche tra chi non guarda mai la televisione, si trasformano in critici televisivi o musicali realizzando una propria classifica, decretando l’insuccesso di questo o quel cantante, prevedendo addirittura quando arriverà il primo disco di platino e a chi.

La tecnologia da un lato, che ci permette di rimanere sintonizzati sul pianeta Sanremo (ma non solo) ventiquattr’ore su ventiquattro e la rinuncia volontaria ad azioni differenti (leggere un libro, meditazione, uscite con amici, cinema, ecc.) fanno sì che oltre 11 milioni di spettatori (pari a oltre il 64% di chi stava guardando la TV) si sia sintonizzato sul festival.

Al di là su ogni considerazione sul diritto di svagarsi, rilassarsi, stare in casa (soprattutto nelle regioni dove si sono verificati eventi atmosferici devastanti), è palese che moltissimi utenti tv amino ancora un festival giunto quest’anno alla 75° edizione.

Molte le critiche su questo o quel cantante, su canzoni che non ricordi cinque minuti dopo averle ascoltate, ma soprattutto non ne ricordi né il contenuto né l’autore, su abbigliamento di dubbia coerenza con il luogo, sul fatto che ormai non si canta ma si parla o si sbadiglia sottovoce.

Se Faber fosse ancora tra noi sicuramente direbbe che “non è vero che i giovani non abbiano valori, siamo noi ancora molto attaccati ai nostri a non riconoscere i loro. Occorre attendere di storicizzarli.”

Occorre però analizzare un altro aspetto della questione: mai come negli ultimi anni la discografia è stata orientata all’aspetto economico; non dico che Guccini, Battisti, Bertoli, Lauzi o altri abbiano lavorato per la gloria, sicuramente essendo il loro mestiere rendeva loro guadagni in linea con le loro aspettative; ma, mentre, nel loro caso, dietro al guadagno c’era un lavoro di creazione, di composizione del testo e della musica, ore di sessione in studio, ora si massimizza l’utile minimizzando i tempi.

Con la tecnologia attuale chiunque può creare musica, incidere il brano in casa, inviarlo all’editore e cinque minuti dopo teoricamente essere in classifica. L’importante è fare, non importa se il giorno dopo nessuno si ricorderà di te, se nessuno ti chiederà l’autografo per strada, se nessuno riuscirà a cantare la canzone perché con una metrica impossibile: hai guadagnato, ti pagano per qualche comparsata qua e là, ti illudi di essere qualcuno ma faresti bene a ricordare le parole del Marchese del Grillo.

Dress code inesistente, rispetto degli spettatori neppure, esagerazioni dovute in alcuni casi a stimoli sintetici hanno trasformato una passerella dei migliori artisti della canzone italiana in un coacervo di personaggi che di italiano hanno solo il testo della canzone e, spesso, neppure il nome d’arte.

Quando poi qualche vecchia gloria si riaffaccia alla ribalta, anche in compagnia di nuove leve, ecco che il suo brano diventa un tormentone dell’estate e lo si riascolta volentieri anche qualche anno dopo. Forse sarebbe il caso di analizzare, extra festival, come si siano modificati i gusti degli italiani (e non solo, visto che la trasmissione è in Eurovision) e capire se quegli artisti siano antesignani di un’epoca o solo schegge impazzite di un mondo che attira molti ma ne scontenta altrettanti.

Personalmente, questa è la mia forma mentis, non giudico e non critico non possedendo gli strumenti culturali per farlo: analizzo il fenomeno, soprattutto quello di chi critica, e osservo ma mi piacerebbe capire: è l’artista che si rivolge al produttore o il produttore che crea l’artista? E’ il cantante che propone il suo lavoro o l’editore che glielo commissiona?

Forse così riuscirei a capire meglio cosa accada prima, durante e dopo.

Sergio Motta

“Surrealismo e Surrealismi” … I “Surfanta” a Torino

In mostra nelle Sale del “Collegio San Giuseppe” di Torino, opere di artisti attivi sotto la Mole nel secondo dopoguerra fra “Surrealismo e dintorni”

Fino all’8 marzo

Una settantina le opere in mostra. E circa quaranta gli artisti coinvolti. All’ingresso nella prima delle Sale espositive del “Collegio San Giuseppe” di via San Francesco da Paola, a Torino, (dove la rassegna sarà ospitata fino al prossimo sabato 8 marzo) ci osserva con aria aristocratica e uno sguardo velatamente altezzoso e vagamente indagatorio un magnifico “Ritratto di signora” a firma di Raffaele Pontecorvo (Roma, 1913 – Torino, 1983), fra i più illustri artisti italiani, operanti nell’arco del secondo dopoguerra, esteta raffinato nell’uso dei colori e nella più accademica rinascimentale perfezione del segno. Quella sua “signora” ci osserva.

Un ciuffo di capelli biondi, occhi leggermente socchiusi, il collo alla “Modì” che (attenzione!) poggia però su una molla rotante necessaria a comporne appieno le fattezze. Insomma… una delle tante sue eccentriche “donne-manichino”. E qui, s’interrompe il terreno innamoramento, entrando invece negli spazi altrettanto suggestivi del fantastico, di un prezioso “oltre-reale”, che fa dell’artista uno dei principali attori di quel “surrealismo subalpino”, passato alla storia come “Movimento dei Surfanta”, capitanato alla grande dal “Papa Nero” (soprannome forse esagerato!) Lorenzo Alessandri (Torino, 1927 – Giaveno, 2000). E’ lui, il fondatore del Movimento a Torino, nel ’64, con tanto di “Manifesto”, alla pari di quanto successo a Parigi, per opera di André Breton, con quel “Surrealismo” (cent’anni da poco compiuti accanto ai sessanta dei nostri “Surfanta”) in cui, dal ’24, si mossero a larghe bracciate artisti quali Mirò, Ernst, Magritte e, naturalmente, l’“inarrivabile” (?) Salvador Dalì – “il surrealismo sono io”.

Accanto alla rossa “da incubo” “Bambola diavola”, a firma di Alessandri troviamo in mostra anche un terrifico (stralunati musicisti zombie“Ite Missa est” realizzato, con il pensiero rivolto ben bene al fiammingo Bosch, in quella sua “Soffitta Macabra” in “Cit Turin”, luogo di studio e ritrovo di molti artisti in qualche modo legati all’occulto e al gusto dell’esoterico. “Io i mostri non li creo – scriveva Alessandri – perché i mostri  ci sono già e sono intorno a noi, molti mostri siamo noi stessi”. Pensiero di certo condiviso da Enrico Colombotto Rosso (Torino, 1925 – Casale Monferrato, 2013) con la sua “Figura” – monstrum uscita dalla “Corte dei miracoli”, per dirla con Testori, così essenziale e di inquietante “diversa” visionarietà da viaggiare su pianeti del tutto opposti rispetto alla sontuosa preziosità  e al decorativismo di certi suoi “Costumi teatrali” o di quel suo “Pesce fantastico”, in cui l’atto di ferocia pare annullarsi in una sorta di brillantezza della forma simile ad un raro e ricco monile.

“Il Movimento dei ‘Surfanta’ – sottolinea Francesco De Caria, insieme a Donatella Taverna e ad Alfredo Centra, curatore della mostra che gode anche della collaborazione dello storico Stefano Morabito e della torinese ‘Sguazzi d’Arte’ – è rappresentato in rassegna attraverso un ‘Focus espositivo’ compreso fra i decenni Sessanta e Ottanta, con risvolti proseguiti e ben rintracciabili nei decenni successivi, e con precedenti importanti che vanno indietro fino ai pittori fiamminghi, a Bosch in particolare e all’opera di Italo Cremona”. Di quest’ultimo (nato a Cozzo-Pavia nel 1905 e scomparso a Torino, nel 1979) citiamo, un’ironica, pur se tristemente decadente e raccogliticcia “Giuria femminile”, dove i volti delle “giurate” assumono (chissà perché?) l’inesistente consistenza di un rilassato “canovaccio” pari al celebre “Enigma dell’ora” di De Chirico o alla “Persistenza della memoria” di Dalì. Presenti in mostra e di grande fascino anche i celebri “Volatari” e il “Rinoceronte figliato” di Silvano Gilardi (Torino, 1933 – 2021), in arte Abacuc (pseudonimo preso a prestito dal profeta vissuto sei secoli avanti Cristo, ottavo dei 12 Profeti minori), “quasi a voler sottolineare le caratteristiche visionarie e profetiche dell’Arte”.

E l’iter prosegue. Impossibile citare tutti gli artisti presenti in mostra. Ricordiamo ancora, accanto a Lamberto Camerini, fedele allievo di Pontecorvo, lo “Spazzacappa” di Guido De Bonis insieme al misterioso “All’ombra delle betulle” di Giovanni Macciotta e allo scultoreo (art brut“Concertino” di Mario Molinari, con le plastiche, incredibili e giocose “metamorfosi” di Mario Giani, in arte Clizia. Per finire con Sergio Albano (e il suo candido “mafioso” assopito in poltrona), il geometrico trionfo de “La donna montagna” di Michele Tomalino Serra, seguita dagli enigmi dell’“Albertina” e de “Il bambolaio” (con quelle incredibili “bambole siamesi” (?), fonte di non poco e oscuro stupore) di Giuseppe Attini. Altri nomi mancano in un panorama d’arte messo insieme con generosità, grande competenza ed impegno. Tutto da vedere. In una mostra davvero tanto bella, da apparire “surreale”!

“Surrealismo e Surrealismi a Torino”

Collegio “San Giuseppe”, via San Francesco da Paola 23, Torino; tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it

Fino all’8 marzo

Orari: lun. – ven. 10,30/12 e 15,30/18; sab. 10,30/12

Gianni Milani

Nelle foto: Raffaele Pontecorvo “Ritratto di Signora”; Lorenzo Alessandri “Ite missa est”; Enrico Colombotto Rosso “Bambola mostro”; Abacuc “Rinoceronte figliato”; Italo Cremona “Giuria femminile”

Furio Colombo che insegnò a raccontare New York

Se oggi si racconta New York, come Federico Rampini o Antonio Monda, lo si deve soprattutto a lui: Furio Colombo.
È giusto precisare New York, perché le corrispondenze dalla Grande Mela, prevalevano su quelle dal resto degli Stati Uniti. Si che ormai da decenni, ogni rete Rai o Mediaset ha il suo inviato dal Nuovo Mondo. Lo ricordo da universitario aggirarsi a Torino, ‘visiting professor’ per le aule di Palazzo Nuovo, col suo andare dinoccolato e un po’ snob. Classe 1931, nativo di Chatillon in Val d’Aosta, da una famiglia ebraica laica e assimilata, laurea in giurisprudenza. Iniziai a leggere le sue corrispondenze americane sulla “Terza Pagina” della Stampa. Nel suo “Mille Americhe” sempre per i tipi della casa editrice del quotidiano di Torino, uscito nel lontano 1988, racconta l’America da curioso indagatore, raccogliendo proprio gli elzeviri, scritti negli anni per quella rubrica. Sapeva porre domande al lettore, suggerendo che non tutte aspettano una risposta. Allargava lo sguardo alla società italiana, con la lente di ingrandimento americana, si che sovente intercettava un fenomeno a ‘stelle e strisce’, che poi poco tempo dopo si sarebbe riverberato in Italia e in Europa, con maggiore o uguale pervasività. Conosceva come pochi il macrocosmo giovanile, lui che rimase sempre con spirito giovane nell’ interpretarlo. Indicando strade da percorrere, idee, ma anche pericoli e insidie che questo universo di riferimento poteva nascondere ai suoi fruitori, nel mondo professionale, nel costume, nella cultura e nella morale corrente.

Sodale di Umberto Eco e Gianni Vattimo, con loro militando nell’Azione Cattolica del conservatore Luigi Gedda, fu con Angelo Guglielmi fondatore dell’avanguardia letteraria che prese il nome di Gruppo 63. Scrisse anche sotto lo pseudonimo di Marc Saudade, alcuni romanzi di spionaggio, anticipando di qualche decennio la moda del ghost writer. Diresse le Edizioni di Comunità con il sociologo Franco Ferrarotti alla Olivetti di Ivrea. Ma tutte queste cariche di rappresentanza industriale alla Olivetti e successivamente alla Fiat, non obnubilarono mai la sua vera passione, il giornalismo. Lo insegnò alla Columbia University di New York. Ricordo un bell’ articolo per la Stampa, che narrava la storia di una vecchietta, tale Olive Freud, che nei lontani anni ottanta, non si fece espropriare da Donald Trump della sua piccola casa in Amsterdam Avenue a Manhattan. Subendo pressioni legali e minacce fisiche dai suoi sgherri, impedì al tycoon di edificare nel suo quartiere, il grattacielo dei grattacieli. Vincendo la causa. Negli anni successivi fondò un associazione, contro l’abusivismo edilizio che stava facendo della Big Apple sempre più, un unica giungla di asfalto e cemento. Facendo ridurre di molti piani, edifici che violavano palesemente i piani regolatori, la intrepida nonnina, divenne un eroina americana a cavallo dei due secoli. Anticipatrice del movimento Occupy Wall Street. Furio Colombo prese anche posizioni in difesa di Israele durante la Guerra del Golfo in Iraq. Fu primo firmatario e promotore in Parlamento da Onorevole , della legge sulla Giornata della Memoria. Riposa a Roma accanto a Antonio Gramsci. Giornalista di cui oggi si è persa la stoffa, capace come pochi a dare una lettura a volte forse faziosa, ma comunque sempre puntuale per qualunque punto di vista ideologico, alla crisi di valori e alle tensioni del nostro tempo.

Aldo Colonna

Nascondeva droga nel vano motore (e nel servizio da tè)

Risale a qualche giorno fa l’arresto operato dai Carabinieri del Radiomobile di Ivrea nei confronti di un quarantatreenne residente nel canavese, trovato in possesso di una corposa quantità di sostanza stupefacente mista tra hashish, crack e cocaina.
I militari hanno trovato l’uomo alla guida della sua utilitaria ad Albiano d’Ivrea (TO), all’altezza di Piazza Assone. Un regolare controllo alla circolazione si è poi tramutato in un accertamento più approfondito, vista l’evidente agitazione dell’uomo senza apparentemente alcun motivo.
Aperto il cofano dell’auto, ben ancorata con due potenti calamite, i Carabinieri hanno trovato vicino al vano motore una scatoletta metallica con dentro diverse dosi di cocaina e crack. Naturale è stata poi la successiva perquisizione domiciliare, dove i nascondigli utilizzati dal quarantatreenne per occultare denaro e droga sono stati tra i più disparati: dal servizio da te in porcellana finemente decorato, al frigorifero, dentro il quale è stato trovato il quantitativo più ingente di sostanza stupefacente: 3 kilogrammi di hashish, suddivisi in panetti marchiati con loghi di bevande energetiche e di famose case automobilistiche. Anche le banconote, pari a circa 4000 euro, sono state trovate nascoste dentro un vaso.
I Carabinieri hanno infine sequestrato il cellulare del giovane, così da appurare e chiarire eventuali attività di spaccio di sostanze stupefacenti in essere nel canavese e nel torinese.

Sopralluogo all’Alberghiero Colombatto di Torino

Giovedì 13 febbraio, nell’ambito del progetto #ScuoleCittaMetroTo, il vicesindaco metropolitano Jacopo Suppo e la consigliera delegata all’istruzione Caterina Greco hanno incontrato la dirigente scolastica Silvia Viscomi e visitato la sede dell’Istituto Colombatto, oggetto di importanti lavori di riqualificazione finanziati con fondi PNRR e fondi propri della Città metropolitana di Torino.

L’Istituto Colombatto è un punto di riferimento per la formazione professionale nel settore alberghiero e della ristorazione. Ogni anno accoglie oltre mille studenti e, attualmente, conta 1.137 alunni suddivisi in 57 classi.


L’offerta formativa è ampia e articolata, con percorsi dedicati all’enogastronomia, pasticceria, all’accoglienza turistica e ai servizi di sala e vendita, garantendo così una preparazione di alto livello e un collegamento diretto con il mondo del lavoro.
Il Colombatto dispone di due sedi, entrambe a Torino: l’accesso principale è in via Gorizia 7, mentre la succursale, di fronte alla sede principale, si trova in via Ada Negri.
Negli ultimi anni, la sede dell’istituto in via Gorizia 7 èstata interessata da una serie di interventi di adeguamento normativo e miglioramento sismico dell’edificio. La Città metropolitana di Torino ha investito in opere di manutenzione straordinaria per garantire sicurezza ed efficienza energetica.
Con i fondi PNRR, si stanno realizzando importanti lavori di adeguamento sismico delle strutture di tutto il complesso scolastico. Nel dettaglio, gli interventi riguarderanno la realizzazione di setti antisismici, la sostituzione del blocco ascensori, la sostituzione dei serramenti in legno del corpo aule, la messa in sicurezza dei solai degli uffici con controsoffitti antisfondellamento e la sostituzione dei corpi illuminanti. Inoltre, il progetto include ulteriori interventi importanti, quali il completamento della rimozione delle coperture in amianto, l’abbattimento delle barriere architettoniche, l’adeguamento alle normative energetiche e una serie di opere di manutenzione straordinaria.
L’importo complessivo degli interventi finanziati è di 5.132.474 euro a cui si vanno ad aggiungere 980.000 euro di fondi di Citta metropolitana..
“Si tratta di una scuola che forma ragazzi e ragazze per un futuro nel mondo della ristorazione, dell’ospitalità alberghiera e del turismo” ha dichiarato il vicesindaco Jacopo Suppo. “Ogni giorno, 1.100 studenti frequentano questa importante scuola, dove abbiamo realizzato interventi significativi di riqualificazione, come la ristrutturazione degli spazi, l’adeguamento sismico e molti altri lavori ancora in corso. In particolare, stiamo lavorando alla riqualificazione delle cucine, un vero fiore all’occhiello della nostra rete scolastica”.
La consigliera Caterina Greco ha sottolineato: “L’Istituto Professionale Alberghiero Colombatto è una scuola all’avanguardia, con ben cinque cucine, di cui due sperimentali. Ci sono progetti di solidarietà, grazie anche alla presenza della scuola di formazione per la Protezione Civile, che permette ai ragazzi di partecipare a percorsi formativi specifici. La dirigente scolastica ci ha illustrato anche un importante progetto di scambio con l’estero, che offre agli studenti l’opportunità di andare in Cina. Si tratta, quindi, di un’esperienza formativa davvero significativa per questi ragazzi. È una scuola estremamente interessante e ricca di opportunità.”
La dirigente scolastica Silvia Viscomi ha evidenziato l’importanza della riqualificazione dell’istituto, sottolineando il valore dell’internazionalizzazione della didattica: “Il nostro obiettivo è ampliare le opportunità formative per gli studenti, portandoli a vivere esperienze all’estero attraverso percorsi di orientamento e sviluppo delle competenze tecnico-pratiche in contesti culturali differenti. Abbiamo attivato scambi e stage in Irlanda, Spagna, Cina e, attualmente, alcuni dei nostri studenti si trovano a Dubai. Vogliamo offrire loro non solo una preparazione di altissimo livello per lavorare nelle strutture più prestigiose, ma anche una mentalità aperta e capace di comprendere le dinamiche globali. La Città metropolitana ha avviato un cantiere attualmente in corso, che consentirà di innovare ulteriormente l’istituto per renderlo ancora più moderno ed efficiente, anche dal punto di vista del risparmio energetico, per garantire agli studenti un ambiente di apprendimento sempre più al passo con i tempi”.

Tra gli interventi finanziati con fondi PNRR in cantiere figurano l’adeguamento antincendio, il miglioramento degli impianti elettrici, la sostituzione degli infissi e la riqualificazione della centrale termica, con un’attenzione particolare alla riduzione dei consumi e all’ottimizzazione delle risorse.
L’impegno della Città metropolitana di Torino nel migliorare le scuole del territorio prosegue, con l’obiettivo di offrire agli studenti ambienti sempre più sicuri, efficienti e all’avanguardia.

L’ultima coda dell’Orsa Minore

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Giacinto, maestro elementare in un paese del Canavese, raggiunta la meritata pensione, si è dedicato anima e corpo alla sua grande passione: osservare il cielo.

Impegnando il denaro della liquidazione e buona parte dei risparmi ha ristrutturato la cascina ereditata da una vecchia zia aprendo sul tetto del casale un lucernario dal quale poteva guardare la volta celeste con il telescopio che aveva acquistato.  Giacinto, rapito dai misteri del cosmo, trascorreva  intere nottate con l’occhio incollato a quel potente cannocchiale scrutando stelle, pianeti e galassie. Alle lamentele della moglie prestava poca attenzione. La povera donna, sconsolata, lo rimproverava:“Dovevi sposarti con quell’affare lì, testa dura. Sei quasi sempre con lo sguardo perso in cielo, appollaiato in solaio come un vecchio gufo”. Da quell’angolo del sottotetto, trasformato in ufficio con una vecchia scrivania sulla quale accatastava alla rinfusa mappe e carte di ogni genere, puntava il suo potente terzo occhio e navigava, con sguardo e fantasia, disegnando orbite e viaggi interstellari. Chi andava a fargli visita veniva immediatamente accompagnato nel suo rifugio dove Giacinto, con l’entusiasmo di un bambino, tentava di  introdurlo nel mondo dell’astronomia. Aprendo un quaderno zeppo di appunti, schizzi, calcoli e considerazioni, iniziava la lezione con lo stesso impegno e l’egual passione degli anni passati dietro alla cattedra alle elementari. “Vediamo un poco”, esordiva. “L’Orsa Maggiore la conoscono tutti. E’ la costellazione più famosa, nota anche come Grande Carro per la forma caratteristica della sua parte principale, che ricorda appunto un carro. Se stai attento, non fai fatica a riconoscere quattro stelle, disposte agli angoli di un rettangolo, che ne costituiscono il corpo e altre tre disposte in curva che formano il timone”. Infatti, le sette stelle sono abbastanza visibili da risaltare anche nelle notti meno indicate per osservare il cielo. Dalla collina più alta del paese, tra i filari delle vigne che producevano il miglior Erbaluce, una sera verso mezzanotte, usciti dall’osteria in compagnia di Giacinto, nonostante la vista un po’ appannata per le libagioni intravvedemmo quelle stelle disegnare l’inconfondibile quadrilatero con la barra: il Gran Carro celeste.

Il maestro fece notare come, partendo  da quel punto, si potevano rintracciare tutte le altre unendo con una linea immaginaria le due stelle posteriori e prolungandola per cinque volte fino a raggiungere la stella Polare, l’ultima della coda dell’Orsa Minorecioè del Piccolo Carro, che indica la direzione del nord. “Vedete, vi sarà sufficiente il suo riconoscimento e l’osservazione diretta per individuare il punto cardinale. Siccome le stelle che formano l’Orsa Minore non sono molto luminose, quella Polare di fatica a  identificarla  direttamente. Ecco perché il suo riconoscimento è possibile grazie agli allineamenti di due costellazioni facili da individuare in cielo: l’Orsa Maggiore e Cassiopea. Anche la costellazione di Orione ci può dare un allineamento verso la Polare, però alle nostre latitudini s’intravvede solo dall’autunno all’inizio della primavera”. Appassionato della materia, Giacinto punta l’indice verso stelle e costellazioni, come se il cielo fosse una grande lavagna d’ardesia. “Guardate lì. Seguendo la diagonale del carro nella direzione opposta al timone, arriviamo ai Gemelli. Viceversa dal bordo da cui parte il timone e proseguendo sempre allontanandoci da quest’ultimo, raggiungiamo l’Auriga. Opposta all’Orsa Maggiore, rispetto alla Polare, troviamo Cassiopea, le cui stelle disegnano una doppia “v” un po’ irregolare. E quella linea curva che prolunga il timone? Ci conduce dritti ad Arturo, la stella più brillante del Bifolco”. Il suo più grande amore dopo Rosalinda, la moglie, è sempre stata la luna. La guarda con occhi languidi, seguendone rapito tutte le fasi, sospirando. “Sapete che la luna non ha luce propria ma la riceve dal sole? A seconda della posizione che assume rispetto al sole e alla terra, ci appare completamente o parzialmente in cielo. Come il sole anche lei sorge a oriente e tramonta a occidente. Le fasi lunari sono uno spettacolo. Lo sapevate che la luna sorge e tramonta in orari differenti a seconda della fase?” No, non lo sapevamo. “ Ebbene, è proprio così. Ogni fase dura poco più di sette giorni e tutte le fasi costituiscono il mese lunare che dura ventinove giorni, dodici ore, quarantaquattro minuti e tre secondi ed è il tempo che impiega la luna a ruotare intorno alla terra”. Si agitava, saltellando felice come un bambino di fronte a una nuova scoperta. Si infervorava, dettagliandoci i più piccoli e sconosciuti  particolari. “L’ ultimo quarto si ha quando la luna ha percorso duecentosettanta gradi della sua orbita, per cui si presenta di nuovo come un semicerchio ma con la convessità rivolta verso oriente, lasciando vedere la sua forma a “C”, come la “ci” di casa”. Ride contento e recita proverbi: “Gobba a levante, luna calante”. Giunti davanti a casa sua lo salutiamo, prima che salga in fretta le scale per rifugiarsi nel sottotetto, aprendo il lucernario e rimirando la cupola dell’universo.  Rosalinda ci saluta dalla finestra e parlando del marito che ha avviato il suo dialogo con la luna alta in cielo, punta un dito alla tempia e, rigirandolo, sospira: “Abbiate pazienza con il mio Giacinto. E’ un po’ lunatico ma è buono come il pane”. Ci saluta così, la moglie del maestro che intanto, dal solaio, declama con voce ispirata le rime leopardiane del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia:”Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi…”.

Marco Travaglini

Verso Torino Capitale della Cultura 2033, insediato il Tavolo strategico per la candidatura

Con la firma del protocollo di intesa tra Città di Torino, Regione Piemonte, Città Metropolitana, Camera di commercio, Università degli Studi di Torino, Politecnico di Torino, Fondazione CRT e Fondazione Compagnia di San Paolo si è insediato ufficialmente  il Tavolo Strategico interistituzionale per la costruzione del dossier per la candidatura di Torino a Capitale Europea della Cultura 2033.

Torino, venerdì 14 febbraio 2025 Palazzo Civico, sala Congregazioni Conferenza stampa e firma del protocollo per Torino Capitale Europea della Cultura 2033

Il Tavolo, presieduto dal Sindaco, resterà in vigore fino al 31 dicembre 2027, con l’obiettivo di promuovere la partecipazione del territorio alla candidatura attraverso iniziative che coinvolgano istituzioni, stakeholder locali, nazionali e internazionali e cittadini e di perseguire obiettivi condivisi tra i partecipanti come la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale di Torino; il coinvolgimento della comunità cittadina, con particolare attenzione ai giovani; ma anche potenziare il mercato turistico e attrarre investimenti; rafforzare la collaborazione internazionale e il dialogo interculturale; promuovere la diversità culturale europea. I contributi economici per sostenere il progetto saranno definiti annualmente dagli enti.

“La firma di questo protocollo – spiega il sindaco Stefano Lo Russo- simboleggia, come è già avvenuto per il city branding, la volontà di fare squadra da parte delle istituzioni cittadine, valorizzando le trasformazioni di cui la città è protagonista e guardando verso una visione comune di futuro. Ma sarà una candidatura della città tutta, con l’obiettivo di coinvolgere sin da subito le torinesi e i torinesi e, in modo particolare, le ragazze e i ragazzi più giovani. Stiamo facendo un investimento sul futuro di Torino con una matrice, che è quella della cultura, e la determinazione di una città che ha saputo rappresentare un motore di sviluppo e uno dei principali poli culturali del Paese e continuerà a farlo”.

“La firma di questo protocollo – dichiara l’assessora alla Cultura della Regione Piemonte Marina Chiarelli – segna l’inizio di un percorso ambizioso: la candidatura di Torino a Capitale Europea della Cultura 2033. Non è solo un atto formale, ma un impegno concreto da parte di tutti a costruire un progetto con una visione condivisa. Torino è già una capitale della cultura, non solo per la sua storia e il suo patrimonio, ma perché ha saputo trasformare la cultura in opportunità, innovazione e sviluppo. Questo percorso coinvolgerà tutti, dai cittadini alle imprese, dalle università al mondo della ricerca con l’obiettivo di valorizzare il nostro patrimonio, attrarre investimenti, rafforzare le relazioni internazionali e coinvolgere le nuove generazioni”.

Per Dario Gallina, presidente della Camera di commercio di Torino “Oggi poniamo le basi per raggiungere un obiettivo ambizioso, per il quale abbiamo tutte le carte in regola. Torino è già oggi la terza città italiana per addetti e valore aggiunto generato dal sistema culturale e creativo; abbiamo riconosciuta capacità innovativa, sappiamo valorizzare il nostro patrimonio e coinvolgere i cittadini quando si tratta di grandi eventi partecipati. Infine, ulteriore punto di forza dimostrato da questo tavolo, sappiamo lavorare insieme per individuare e concretizzare tutte le opportunità”.

A coordinare e mettere in atto tutte le azioni necessarie, dal fundraising agli adempimenti formali, per presentare il dossier sarà la Fondazione per la Cultura Torino che ha nominato il manager culturale Agostino Riitano direttore della candidatura. Guiderà la stesura del dossier, coordinando gruppi di lavoro tematici e assicurando che tutte le attività siano in linea con la visione e gli obiettivi della città di Torino. Su proposta del presidente del Tavolo di Coordinamento Strategico verrà poi nominato un Advisory Board che avrà finalità di supporto, sviluppo e diffusione dei valori culturali del percorso di candidatura a livello nazionale e internazionale.

Dopo le attività propedeutiche svolte nei mesi scorsi e l’insediamento del Tavolo, l’anno in corso sarà dedicato a costruire una rete di interlocutori culturali, scientifici e istituzionali, all’analisi dei punti di forza dell’ecosistema culturale cittadino e all’avvio di una strategia di comunicazione. Le varie fasi progettuali porteranno alla stesura del primo dossier di candidatura entro la fine del 2026 per poi presentarlo nel 2027.

Per il rettore dell’Università di Torino Stefano Geuna “Sin dal primo momento, l’Università di Torino ha creduto fermamente nell’idea di Torino Capitale della Cultura e ne ha sostenuto con convinzione la candidatura. L’elaborazione di conoscenze e saperi in campo scientifico, umanistico e creativo rappresenta il ‘core business’ di ogni Ateneo, e siamo ben consapevoli di quanto questi elementi siano indispensabili a qualsiasi modello di sviluppo territoriale. È con grande e comune soddisfazione, quindi, che oggi prende corpo questa importante opportunità, che non solo valorizza l’immensa capacità di produrre cultura di cui Torino dispone, ma contribuisce anche a consolidare l’identità della città come un polo di eccellenza culturale con una forte proiezione europea e internazionale. In questo scenario, l’Università non può che continuare a svolgere un ruolo cruciale, sia attraverso la ricerca che attraverso la formazione e la condivisione delle conoscenze”.

“Torino e il Piemonte sono culla indiscussa della cultura tecnologica e industriale, nazionale ed europea – commenta il rettore del Politecnico Stefano Corgnati – Oggi questa vocazione può essere rivista attraverso le nuove tecnologie, grazie alla spinta propulsiva verso il fare cultura dell’innovazione. Il territorio deve proseguire la sua tradizione culturale ad alta densità di tecnologia, già vissuta intorno al ruolo centrale dell’automotive, in cui spiccava ad esempio la raffigurazione artistica della velocità, e oggi ben rappresentata dall’aerospazio, che rinchiude in sé scienza, racconto e poesia: una chiave di lettura imprescindibile per capire come possiamo vivere e muoverci in questo secolo, come prepararci per il futuro, sempre con i piedi ben saldi a terra ma lo sguardo rivolto verso le stelle”.

“La candidatura di Torino a Capitale Europea della Cultura 2033 è un’opportunità straordinaria per rafforzare il lavoro di squadra tra istituzioni, enti e organizzazioni che da tempo collaborano con una visione comune – afferma la presidente della Fondazione CRT Anna Maria Poggi –. Un’alleanza consolidata che mette in campo idee, progetti e iniziative per valorizzare e promuovere nel mondo un patrimonio culturale unico e inestimabile di cui da sempre ci prendiamo cura. Con la firma odierna del protocollo di intesa riaffermiamo il nostro impegno a trasformare questo patrimonio in una leva di sviluppo sociale ed economico, a beneficio della comunità torinese e in particolare delle giovani generazioni”.

“La Fondazione Compagnia di San Paolo è lieta di sostenere la candidatura a Capitale Europea della Cultura, promuovendo una concertazione istituzionale nella convinzione che solo attraverso il dialogo tra istituzioni, enti culturali, cittadini, ecosistema della formazione e comparto economico possiamo costruire un progetto condiviso e duraturo in cui la cultura è leva di benessere, qualità della vita e crescita sostenibile. Valorizzare le identità culturali e investire nell’innovazione significa rendere Torino ancora più attrattiva e ricca di opportunità per chi la abita e per chi la sceglie come luogo di studio, lavoro o turismo. Diventare Capitale Europea della Cultura è un’occasione unica per rafforzare il ruolo della nostra città a livello internazionale e consolidare nuovi modelli di sviluppo inclusivi e sostenibili” dichiara Marco Gilli, presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo.

Concepita come un mezzo per avvicinare i cittadini europei, l’iniziativa “Città Europea della Cultura” venne lanciata nel 1985 su iniziativa del Ministra della Cultura nel governo greco Melina Merkouri. Da allora l’iniziativa è cresciuta al pari con l’impatto culturale e socioeconomico per i numerosi visitatori che ha attratto nelle città individuate. Tra le città italiane scelte in passato ci sono Firenze (1986), Bologna (2000), Genova (2004), Matera (2019) e Gorizia che è Capitale Europea Cultura 2025 insieme a Chemnitz (Germania) e Nova Gorica (Slovenia). Tra i requisiti individuati dall’Unione Europea perché una città venga scelta ci sono la sua competitività culturale e appartenenza europea ma anche fattori come inclusione sociale, partecipazione attiva e pari opportunità, dialogo interculturale, rigenerazione urbana.

TORINO CLICK

Camera, in mostra ‘Henri Cartier Bresson e l’Italia’ e il torinese Riccardo Moncalvo

 

Dopo il successo delle mostre dedicate a due grandi maestri della fotografia italiana e internazionale come Tina Modotti e Mimmo Jodice,  Camera inaugura il periodo espositivo 2025 con le mostre dedicate a ‘Henri Cartier Bresson  e l’Italia’ e “Riccardo Moncalvo. Fotografie 1932-1990”. 

La mostra su Henri Bresson, ‘l’occhio del secolo’, è  curata da Clément Chéroux e Walter Guadagnini in collaborazione con la Fondation Henri Cartier Bresson e propone un racconto dedicato al legame tra il fotografo francese e l’Italia, uno dei Paesi da lui più frequentati e amati. L’esposizione è scandita cronologicamente dai viaggi del fotografo attraverso il territorio, da Nord a Sud , dall’effervescenza che il paesaggio, soprattutto umano, è stata in grado di trasmettergli e dalla ricchezza delle testimonianze documentali, tra giornali, riviste e libri, capaci di raccontare le tappe del rapporto del maestro con l’Italia.

L’esposizione,  promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, presenta160 immagini che si focalizzano su alcuni temi e periodi centrali della carriera del fotoreporter a partire dagli anni Trenta. È  proprio nel corso di questo primo viaggio che il fotografo, ancora giovanissimo, acquisisce nuove consapevolezze sulla sua carriera e definisce la cifra stilistica che lo renderà riconoscibile  in tutto il mondo.

Nato nel 1908 da una famiglia benestante, dopo aver studiato pittura con André Lhote si introduce nel circolo surrealista parigino e nel 1932 visita per la prima volta l’Italia. Nonostante sia all’inizio della sua carriera, è in quel periodo che definisce alcune tematiche che caratterizzeranno tutta la sua successiva produzione artistica, come la straordinaria gestione dello spazio immagine, il rapporto tra realtà e invenzione e la capacità di cogliere l’istante, in particolare all’interno di alcuni paesaggi urbani si nota un processo di geometrizzazione del reale che è testimonianza di un suo uso mentale della macchina fotografica. 

Dopo aver fondato con Robert Capa, David Chim Seymour, George Rodger e William Vandivert l’agenzia Magnum Photos nel 1947, il fotografo torna in Italia nel 1951, in un Paese profondamente cambiato , reduce dalla sconfitta della seconda guerra mondiale e in corso di ricostruzione. In qualità di fotoreporter realizza servizi per diverse testate internazionali concentrandosi soprattutto su Roma e sul Sud Italia, due luoghi che presentano caratteristiche sociali e visive ben riconoscibili. Questi scatti documentano il disagio e le criticità del contesto sociale meridionale e le novità introdotte dalla riforma agraria.

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta  Cartier Bresson lavora a numerosi servizi sulle città di Roma, Napoli e Venezia, nei quali ai può apprezzare la sua capacità  di interpretare la vita quotidiana delle città e dei loro abitanti, dall’altro la sua abilità di ritrattista anche degli intellettuali del tempo, come Pier Paolo Pasolini, Roberto Rossellini, Giorgio De Chirico.

L’ultimo periodo italiano risale agli anni Settanta, poco prima di allontanarsi dalla fotografia professionale, quando il fotografo si focalizza sul rapporto tra uomo e macchina e sull’industrializzazione,  in particolare del Sud Italia.

La mostra si chiude idealmente con il ritorno a Matera per raccontare, negli stessi luoghi fotografati vent’anni prima, la nuova realtà che avanza con la modernità,  rimanendo comunque imprescindibilmente legata alla realtà locale.

La Project Room di Camera, fino al 6 aprile prossimo, ospita l’esposizione dedicata a ‘Riccardo Moncalvo. Fotografie 1932-1990’ a cura di Barbara Bergaglio. L’importante fotografo torinese inizia ad approcciarsi al mezzo fotografico appena tredicenne, seguendo le orme paterne. Moncalvo lavora sin da subito a fianco delle massime istituzioni culturali torinesi, il Museo Egizio, l’Armeria Reale, ma anche  a fianco di realtà industriali come Fiat, Pininfarina e Recchi.

Si tratta di attività commissionate, che permettono di instaurare un forte legame con il territorio rendendolo testimone di cambiamenti urbani e sociali. Il fotografo torinese sviluppa, così,  un “linguaggio autonomo” con una particolare sensibilità per la modernità, che lo porta negli scatti tra fine anni Trenta e fine anni Quaranta ad accostarsi al linguaggio della Nuova Visione.

A questa attività Moncalvo affianca quella della ritrattistica che lo vede immortalare momenti privati e pubblici di tante famiglie torinesi dell’aristocrazia e della grande borghesia.

Il riconoscimento internazionale arriva negli anni Cinquanta, quando viene selezionato dall’Agfa- Gevaert per apprendere il nuovo metodo di stampa a colori: da lì seguirà l’adozione delle pellicole negativo/positivo, della ferraniacolor arrivando nel 1958 a essere il primo in Italia autorizzato da Kodak all’uso delle sue pellicole.

La mostra di Camera raccoglie cinquanta stampe vintage, in bianco e nero e a colori, provenienti dall’Archivio Riccardo Moncalvo e altri materiali originali provenienti da collezioni private, che ripercorrono quasi sessanta anni di carriera.

In occasione dei Giochi Mondiali invernali Special Olympics Torino n. 2025 una sezione della  mostra sarà ospitata a Sestrieres: venti scatti iconici di Riccardo Moncalvo racconteranno le evoluzioni del campione di sci alpino Leo Gasperl.

Camera, Centro Italiano per la Fotografia 

Via delle Rosine 18

Henri Cartier Bresson e l’Italia dal 14 febbraio al 2 giugno 2025

Riccardo Moncalvo Fotografie 1932-1990  dal 14 febbraio al 6 aprile 2025

Mara   Martellotta

Melania Mazzucco a Biella per presentare il suo ultimo romanzo

La scrittrice “Premio Strega 2003” sarà alla biellese “Biblioteca Civica”, ospite di “Contemporanea365” p

Lunedì 17 febbraio, ore 18

Lunedì 24 febbraio, “Contemporanea” sarà al “Circolo dei Lettori” di Torino

Biella

Romana di nascita, scrittrice (tradotta in 29 Paesi), drammaturga e giornalista, Melania (Gaia) Mazzucco sarà ospite, lunedì 17 febbraioalle 18, presso la “Biblioteca Civica” di Biella, in piazza Eugenio Curiel 13, della Rassegna “Contemporanea365”, Progetto di “BI-BOx APS” (Associazione che si occupa di arte contemporanea e, in particolare, della promozione di giovani artisti) realizzato in collaborazione con la Libreria “Vittorio Giovannacci” e a cura del Festival biellese “Contemporanea. Parole e storie di donne”.

In dialogo con Irene Finiguerra, la Mazzucco (già “Premio Strega 2003” con il romanzo “Vita”, in cui racconta e reinventa la storia di emigrazione in America del nonno paterno Diamante e dei suoi amici) presenterà il suo ultimo romanzo “Silenzio. Le sette vite di Diana Karenne” (Einaudi, 2024). Il libro racconta la figura di una donna straordinaria, una delle dive più affascinanti del “cinema muto” italiano del primo Novecento, Diana Karenne, che fu anche cantante e imprenditrice, tra le prime donne a diventare regista. Attrice caduta, piano piano, dopo la crisi del cinema italiano nel primo dopoguerra e il successivo passaggio dal “muto” al “sonoro”, Diana sembrava ormai destinata al più totale oblio, ma in questo romanzo, nato come i suoi precedenti successi da un’indagine durata lunghi anni, la Mazzucco riesce perfettamente a restituircela in tutta la “sua vitale contemporaneità”. Le letture scelte e tratte dal testo sono a cura dell’Associazione “Vocididonne”, con cui “Contemporanea”, in questa occasione, avvia una nuova collaborazione, “a conferma della volontà del Festival di creare una rete sempre più fitta tra realtà del territorio, e non solo”.

Lunedì 24 febbraio “Contemporanea” sarà poi a Torino, al “Circolo dei lettori” di via Bogino, in occasione della presentazione del nuovo libro di Giulia Muscatelli, già ospite del festival biellese. In dialogo con Pietro Turano, consigliere nazionale “Arcigay” e membro del cast “Skam Italia”, Muscatelli presenterà “Io di amore non so scrivere. I sentimenti secondo la Generazione Z”, edito da “add”. Il libro è il risultato di un viaggio, reale, alla ricerca delle parole che gli adolescenti usano per raccontare l’amore oggi e per dire “ti amo”“Quanto pesano? Vengono digitate o pronunciate a voce? E poi?

 

Sempre a febbraio, a Biella, si terranno ancora due incontri de “Le Scomposte”, il corso dedicato alle scrittrici del passato e curato da Maria Laura Colmegna, in cui la letteratura del Novecento viene raccontata attraverso le parole e le vite di scrittrici che con il loro talento hanno saputo intrecciare il loro tempo al nostro in maniera indissolubile.

Sabato 15 febbraio la lezione dal titolo “Susan Sontag: uno sguardo potente che arriva ai nostri giorni”, è a cura di Anna Trocchi, editor e traduttrice per “Nottetempo”.

Sabato 22 febbraio è il momento di “Tove Jansson: tanto scrivere per parlare a tutti”, con la giornalista Laura Pezzino.

Gli appuntamenti si svolgono alla Galleria “BI-BOx Art Space” di Biella (via Italia, 38) dalle 16,30 alle 18. Ogni lezione ha il costo di 15 Euro. Per info e prenotazioni, scrivere a segreteria.contemporanea@gmail.com

g.m.

Nelle foto: Melania Mazzucco e Cover “Silenzio. Le sette vite di Diana Karenne” (Einaudi, 2024)