ilTorinese

Torino, città che vibra al ritmo della vita

SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO
Torino è una città che parla a chi sa ascoltare. I suoi portici silenziosi, i tram che scorrono lenti al tramonto, il fiume Po che taglia la città come un respiro lungo e costante: tutto racconta una storia, fatta di cultura, musica e rinascita. Perché Torino non è solo industria e storia, ma anche cuore e battito. È una città che ha dato i natali a persone capaci di lasciare il segno, spesso senza clamore, come fossero in punta di piedi. Ma quando si tratta di musica, il rumore lo hanno fatto eccome.
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Un suono tutto torinese.
Gabry Ponte è uno di quei nomi che ha fatto ballare un’intera generazione. Con gli Eiffel 65 ha portato il nome di Torino in tutto il mondo. Chi non ha mai canticchiato “Blue (Da Ba Dee)” almeno una volta nella vita? Quella canzone, nata tra i vicoli e gli studi torinesi, è diventata un simbolo degli anni 2000, un’onda di colore in un mondo che cercava nuove vie per sorridere. Ma Gabry non è solo un nome da classifica: è un uomo che ha sempre creduto nella musica come ponte tra mondi diversi, tra emozioni che a volte non si sanno dire ma si possono ballare.
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La rinascita di Gigi.
E poi c’è Gigi D’Agostino, un altro figlio di questa città. Icona della musica dance, anima introversa ma potente, capace di trasformare ogni beat in emozione. Per anni Gigi ha fatto vibrare le discoteche con i suoi pezzi diventati inni generazionali, da “L’Amour Toujours” a “Bla Bla Bla”. Ma è la sua storia più recente che tocca davvero. Quando ha annunciato di essere gravemente malato, il silenzio è caduto sui social come un peso. Nessuno se lo aspettava. E poi, a distanza di tempo, quel post semplice, diretto, che diceva: “Sto tornando a camminare da solo”. Quelle parole non erano solo sue. Erano di chiunque abbia lottato, di chiunque abbia avuto paura, di chiunque abbia capito quanto la vita sia fragile e potente insieme. Gigi è uscito dal buio e oggi la sua musica suona ancora, più vera, più intensa. Perché adesso ogni nota sa di vita ritrovata.
Musica che nasce tra le ombre e la luce perchè Torino ha un’anima complessa, fatta di luci basse e atmosfere che sanno essere malinconiche. È una città che non ha bisogno di gridare per farsi notare e forse proprio per questo è stata terreno fertile per una musica che arriva dritta al cuore senza fare rumore.
Gigi D’Agostino e Gabry Ponte sono due volti di una stessa corrente: entrambi figli di una città che sembra fatta di contrasti, dove la modernità incontra la storia, dove l’industria convive con la poesia dei caffè storici, dove le notti non sono mai solo notti, ma momenti in cui tutto può succedere.
Gigi ha sempre portato con sé una certa nostalgia, anche nei suoi brani più ritmati. Le sue melodie sono spesso malinconiche, come se raccontassero qualcosa che non vuole essere dimenticato. La sua musica è diventata una colonna sonora per chi aveva bisogno di evadere, di cacciare via i pensieri, ma anche per chi cercava un posto in cui rifugiarsi. Quando ha condiviso la sua battaglia contro la malattia, in tanti hanno capito quanto fragile possa essere anche chi sembra forte e inarrivabile. Ma Gigi non ha mai voluto essere un idolo: è sempre stato solo un ragazzo di Torino che ha messo nei suoni quello che non riusciva a dire a parole. E oggi, con la sua lenta ripresa, continua a essere un simbolo, ma più umano che mai.
Gabry, invece, ha scelto una via più solare, più internazionale. Ma non ha mai dimenticato da dove viene. Anche nei tour mondiali, anche nei festival più lontani, c’era sempre qualcosa di torinese nei suoi set: una certa eleganza nei suoni, una cura nel dettaglio, una sensibilità che non è solo tecnica ma viscerale. Ha sempre parlato della città con affetto, riconoscendole il merito di averlo formato, non solo come artista ma anche come persona. Perché Torino ti insegna a non accontentarti, ti mette alla prova, ti fa fare i conti con la solitudine e poi ti regala momenti in cui tutto sembra possibile. È questa scuola silenziosa che ha formato entrambi.
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Torino, città delle seconde possibilità.
E poi c’è un altro aspetto, forse il più importante. Torino è una città che sa aspettare. Che non dimentica. Che ti lascia andare e poi ti accoglie di nuovo quando sei pronto a tornare. Lo si vede nei vicoli della Vanchiglia, nei locali nascosti di San Salvario, nei tram che attraversano la città sotto la pioggia. È una città che cambia lentamente, ma con forza. Come chi ha sofferto e non ha perso la speranza. Forse per questo è così vicina alle storie di rinascita, come quella di Gigi, come i percorsi silenziosi ma solidi di artisti come Gabry. Perché qui, tra le Alpi e la nebbia, tra le luci soffuse e i sogni che resistono, c’è spazio per chi vuole riprovarci. Per chi cade e si rialza. Per chi balla anche con le lacrime agli occhi.
Torino non ha bisogno di farsi bella per piacere. È vera. E per chi la conosce davvero, è impossibile dimenticarla.
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NOEMI GARIANO

Museo Nazionale della Montagna: “Guido Rey. Un amateur tra alpinismo, fotografia e letteratura”

Un’importante mostra dedicata all’eclettica figura del grande alpinista, pronipote di Quintino Sella

Fino al 19 ottobre

“Io credetti, e credo, la lotta coll’Alpe utile come il lavoro, nobile come un’arte, bella come una fede … La Montagna è fatta per tutti, non solo per gli Alpinisti: per coloro che desiderano il riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte”. C’è in queste parole tutta l’essenza e la complessità dell’uomo, grande appassionato di montagna e alpinismo, e, al contempo, profondo narratore e, pur anche (quale fu) attento illustratore per parole ed immagini di quell’universo roccioso che seppe tenerlo a sé legato per l’intera vita. Sono parole tratte dall’introduzione di “Alpinismo acrobatico” (1914), fra le varie opere dedicate alla montagna e scritte fra i primi del ‘900 e la metà degli anni ’30, da Guido Rey (Torino, 1861 – 1935) “figura chiave al crocevia tra alpinismo, fotografia e letteratura” della cultura piemontese e del panorama nazionale ed internazionale a cavallo di Otto e Novecento. Pronipote di Quintino Sella, ministro del Regno e fondatore nel 1863 del “Club Alpino Italiano” (in cui anche Guido tenne sempre un ruolo di primissimo piano) a lui il “Museomontagna” di Torino dedica, fino a domenica 19 ottobre, una nuova retrospettiva, dopo la monografica già proposta nel 1986. Il progetto, curato da Veronica Lisino e Mattia Gargano, nasce dal riordino del complesso dei “Fondi Guido Rey”, conservato dal “Centro Documentazione” del “Museo” di Piazzale Monte dei Cappuccini e catalogato nel 2024.

Curioso l’aggettivo amateur parte del titolo. Si tratta di un termine, spiegano i curatori, “che – privo dell’odierna accezione negativa ‒ indicava chi, tra XIX e XX secolo, si dedicava a un’attività per puro passatempo. L’essere ‘dilettante’ consentì a Rey di esprimersi in maniera più libera e disinvolta, tra scrittura, disegno e fotografia. Ciascuno di questi linguaggi diventa un filtro che gli permette di prendere le distanze da una realtà per lui limitata e di proiettarsi così in un ‘mondo altro’”. In un mondo ideale che accanto “all’intimità delle scene famigliari”, fu soprattutto per Guido rifugio inviolabile dove toccare vedere e ascoltare i luoghi amatissimi delle sue “terre alte”, in particolare di “quella montagna” a pronunciata forma piramidale che, per mano allo zio Quintino, Guido imparò a conoscere fin dal 1874, all’età di soli 13 anni. Era un bimbo e quello fu il suo primo grande grandissimo amore: quei 4.478 metri del “Cervino” (settima vetta e terza montagna italiana per altitudine), cui più tardi (1904) dedicò anche un libro “Il Monte Cervino”, con splendide vedute disegnate dall’amico – scultore Edoardo Rubino e l’introduzione di Edmondo De Amicis, al quale insieme al figlio Ugo, lo legò una profonda e sincera amicizia. Sul Cervino, Rey ebbe modo di salire più di cinque volte, attraverso imprese (anche letterarie e fotografiche) che ne fecero l’alpinista italiano più amato e tradotto prima di Walter Bonatti.

Al centro dell’iter espositivo, uno spazio dedicato alle sue vicende biografiche. Attorno si sviluppano quattro sezioni tematiche: Letteratura alpinistica, Fotografia di montagna, Fotografia tra montagna e pittorialismo, Fotografia pittorialista, quella attraverso cui Rey amava ricreare quadri famosi con effetti di “tableaux vivants”. Si tratta di aree da vedersi come ambienti in continua connessione tra loro che consentono al visitatore di muoversi liberamente, senza obblighi di percorso, tra le imprese alpinistiche, la cultura fotografica e gli interessi letterari, accompagnati dagli “occhi pieni di visioni” e dall’“animo ricco di ardimenti” di Guido Rey.

Sottolineano ancora i curatori: “La mostra ha l’obiettivo di riconsiderare la sua figura, confinata in passato entro schemi fin troppo rigidi e che invece merita di essere rivalutata nella molteplicità delle sue manifestazioni. Riprendendo le parole del suo amico e compagno di cordata Ugo De Amicis, è un pregiudizio pensare che l’acuta sensibilità artistica sia incompatibile con quella dell’uomo d’azione, poiché quel dualismo interiore ed esteriore, cioè del sentire e dell’agire, significa integrazione e ricchezza, invece che contraddizione e debolezza. Questa visione si riflette nella varietà dei materiali in mostra, che spaziano dalle fotografie e dagli apparecchi fotografici a schizzi, disegni, volumi, riviste, diari e lettere, fino all’attrezzatura alpinistica, offrendo un ritratto sfaccettato del suo universo creativo ”.

Gianni Milani

“Guido Rey. Un amateur tra alpinismo, fotografia e letteratura”

“Museo Nazionale della Montagna”, Piazzale Monte dei Cappuccini 7, Torino; tel. 011/6604104 o www.museomontagna.org

Fino a domenica 19 ottobre

Orari: mart. – ven. 10,30/18; sab. e dom. 10/18

Nelle foto: Ugo De Amicis “Guido Rey guardando il Cervino”, stampa alla gelatina bromuro d’argento, post 1910 e (tableau vivant) da Caspar David Friedrich “Il viandante sul mare di nebbia”, olio su tela, 1817, “Amburgher Kunsthalle”, credit WikimediaCommons; Guido Rey “Grandes Jorasses”, stampa alla celloidina, 1905 ca.; Guido Rey “L’Hotel del Giomein e il Cervino”, stampa alla gelatina bromuro d’argento, 1899 ca.

L’uovo di Pasqua: tradizione, gusto, design. A Torino e in tutta Italia produttori di eccellenza

Ci siamo la Pasqua sta arrivando, scaffali e vetrine sono pieni di uova colorate, decorati con creativita’ e cura. Sono buone da mangiare, ma ancora piu’ belle da guardare e divertenti da scartare in attesa trepidante di trovare la sorpresa. Con il Cristianesimo, questo simbolo e’ stato adottato per il suo significato: l’uovo diventa il segno della Resurrezione di Cristo, racchiudendo il mistero della vita che nasce dal sepolcro, così come un pulcino rompe il guscio per venire alla luce. Durante la Quaresima, periodo di penitenza e digiuno, era vietato consumare carne e prodotti animali, tra cui anche le uova per non sprecarle, venivano bollite e decorate, per poi essere consumate la domenica di Pasqua come segno di festa e abbondanza.

L’uovo di cioccolato, così come lo conosciamo oggi, è una tradizione abbastanza recente. La sua origine risale al XVIII secolo in Francia e Germania, quando i maestri cioccolatieri iniziarono a sperimentare la creazione di gusci vuoti in cioccolato. Ma fu solo nel XIX secolo, con lo sviluppo dell’industria dolciaria e il perfezionamento delle tecniche di lavorazione del cioccolato, che l’uovo pasquale divenne un prodotto popolare. In Italia, la tradizione ha preso piede soprattutto nel novecento, arricchendosi dell’elemento sorpresa: piccoli regali o messaggi nascosti all’interno dell’uovo, pensati per stupire e divertire bambini e adulti. Le uova artigianali convivono con quelle industriali, e i maestri pasticceri si cimentano ogni anno in creazioni sempre più originali e spettacolari. Ma, al di là della forma e dei gusti, ciò che resta è il significato profondo dell’uovo: un messaggio di speranza, rinascita e condivisione. In molte culture antiche, veniva scambiato come dono propiziatorio durante l’equinozio di primavera per simboleggiare la vita che rinasce dopo l’inverno.

In Italia sono moltissime le pasticcerie artigianali e le aziende che hanno fatto di questa tradizione pasquale una vera e propria arte e la nostra citta’ ospita uno dei produttori e creatori piu’ rinomati Guido Gobino. Le sue uova di Pasqua sono un tributo all’eleganza rivestite da foglie d’oro alimentare, decorate a mano e spesso accompagnate da piccole sculture in cioccolato. Ogni pezzo è unico, un vero gioiello di cacao.

Venchi, e’ azienda di Castelletto Stura in provincia di Cuneo, Le sue uova sono famose per il packaging raffinato, ma anche per le sorprese gourmet: creme spalmabili, dragées e cioccolatini assortiti. Alcune edizioni limitate presentano gusci decorati a mano o con messaggi personalizzati.

Tra i creatori di uova di Pasqua famosi nel nostro Paese troviamo poi il “Re del Cioccolato” di Milano: Ernst Knam che propone ogni anno una collezione di uova pasquali ispirate al design contemporaneo come geometrie audaci, colori vivaci e inserti di frutta secca o spezie rare. Alcune sembrano opere da museo più che dolci da gustare. A Napoli, invece, c’e’ lo storico marchio partenopeo, Gay-Odin che propone uova di Pasqua che raccontano la tradizione della citta’. Alcune sono decorate con motivi floreali o paesaggi del golfo di Napoli, realizzati con intagli e pitture a mano. Il profumo del loro cioccolato artigianale è inconfondibile. In Sicilia, soprattutto a Modica, l’uovo di Pasqua si fa barocco. Il famoso cioccolato modicano, lavorato a freddo e granuloso al palato, viene modellato in forme eleganti e arricchito con ingredienti locali: scorze d’arancia, pistacchi di Bronte, mandorle di Avola. Le pasticcerie modicane propongono uova intarsiate, vere miniature di architettura siciliana. Non si puo’ non citare, infine, la Scuola del Cioccolato Perugina che è da anni un punto di riferimento per chi vuole apprendere l’arte dolciaria. Ogni anno gli allievi realizzano uova artistiche con tematiche diverse: dalla natura alla solidarietà. Alcuni di questi capolavori sono esposti come installazioni temporanee prima di essere gustati.

MARIA LA BARBERA

Le festività nei musei della Fondazione: gli appuntamenti

PASQUA, 25 APRILE E 1° MAGGIO AL MUSEO

 

Apertura straordinaria di GAM e MAO lunedì 21 aprile.

Per il 25 aprile e 1° maggio ingresso a 1€ alle collezioni permanenti

di GAM, MAO e Palazzo Madama.

Tariffa ridotta a 1€ per le mostre temporanee.

 

 

Le feste di aprile e maggio si trascorrono all’insegna dell’arte!

GAM, MAO e Palazzo Madama saranno regolarmente aperti con orario 10-18 domenica 20 aprile (Pasqua), lunedì 21 (lunedì dell’Angelo), venerdì 25 aprile (festa della Liberazione) e giovedì 1° maggio (festa dei lavoratori).

In occasione della Festa della Liberazione, il 25 aprile, e della Festa dei Lavoratori, il 1° maggio, tutti i visitatori potranno approfittare della tariffa a ingresso speciale di 1€ per accedere alle collezioni permanenti, oltre che alle esposizioni temporanee Hanauri al MAO e Bianco al femminile e Peltri a Torino a Palazzo Madama.

Nelle stesse giornate, si potranno inoltre visitare le esposizioni temporanee FAUSTO MELOTTI. Lasciatemi divertire! e le mostre del Contemporaneo: ALICE CATTANEO. Dove lo spazio chiama il segno e Giosetta Fioroni alla GAM, Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone, recentemente inaugurata al MAO, e Visitate l’Italia! a Palazzo Madama con l’aggiunta di 1€ per ciascuna mostra.

La tariffa a 1€ sarà applicata anche ai titolari di Abbonamento Musei, che non potranno utilizzare le tessere.

Ingresso gratuito per i possessori della Torino Card.

Cosa si può visitare:

  • Alla GAM: oltre alle collezioni permanenti e al Deposito vivente sono visitabili le mostre temporanee FAUSTO MELOTTI. Lasciatemi divertire! (+1€) e le mostre del Contemporaneo: ALICE CATTANEO. Dove lo spazio chiama il segno e Giosetta Fioroni nello spazio della Videoteca (+1€)
  • Al MAO: i visitatori possono visitare le cinque gallerie delle collezioni permanenti e la mostra temporanea Hanauri nella galleria giapponese, che chiuderà il 4 maggio, e Haori (+1€).
  • Palazzo Madama: oltre alle collezioni permanenti, sono visitabili le mostre temporanee Giro di postaBianco al femminile e Peltri a Torino, e Visitate l’Italia! (+1€).

 

Inoltre Cooperativa Mirafiori propone un ricco calendario di visite guidate:

GAM

domenica 20 aprile ore 16:30, venerdì 25 aprile ore 15, giovedì 1 maggio ore 12, giovedì 1 maggio ore 16:30 | Fausto Melotti. Lasciatemi divertire!

domenica 20 aprile ore 15, venerdì 25 aprile ore 16:30, giovedì 1 maggio ore 10:30, giovedì 1 maggio ore 15 | Seconda risonanza. Ritmo, struttura e segno

MAO

lunedì 21 aprile ore 16.30 | Asia Orientale: Cina e Giappone tra sacro e profano

lunedì 21 aprile ore 15, venerdì 25 aprile e giovedì 1 maggio ore 11 e ore 15 | Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone

venerdì 25 aprile e giovedì 1 maggio ore 16.30 | L’India e il Sud-est asiatico, il tetto del mondo, poi fino al Mediterraneo

PALAZZO MADAMA

domenica 20 aprile ore 15, lunedì 21 aprile ore 11 e ore 15, venerdì 25 aprile ore 10.30, giovedì 1° maggio ore 15 | Da castello a museo

domenica 20 aprile ore 16.30, lunedì 21 aprile ore 16.30, venerdì 25 aprile ore 12, giovedì 1° maggio ore 16.30 | Visitate l’Italia!

 

 

Informazioni e prenotazioni visite guidate:

T 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

A tutto Barolo, weekend Go Wine dedicato al grande rosso piemontese

MONFORTE D’ALBA – Palazzo Martinengo – Moda Venue, Via Cavour, 10
Sabato 12 e domenica 13 APRILE 2025
Un intero weekend di degustazione firmato
Go Wine dedicato al grande rosso piemontese!
📍 Sala Grifoni, Palazzo Martinengo
(Moda Venue, Monforte d’Alba) sabato 12 e domenica 13 aprile
Banco d’assaggio dalle 11 alle 18
articolato su 2 turni
(dalle 11 alle 14.30 e dalle 14:30 alle 18)
 
Giunto alla XVI edizione, I Grandi Terroir del Barolo è un weekend dedicato all’approfondimento sul campo della nuova annata di uno dei più grandi vini del mondo – il Barolo – mediante banchi d’assaggio d’incontro con le cantine, esclusive masterclass e visite in cantina.
Sabato 12 aprile è in programma anche il Master sul Barolo.
 
🤩 L’ospite speciale dell’evento: Consorzio Tutela Vini Valtellina che sarà presente all’evento per raccontare terroir e vini, con uno speciale focus, nel corso delle Masterclass e nello spazio allestito nel banco d’assaggio di Palazzo Martinengo (nelle ultime tre edizioni abbiamo avuto il piacere di ospitare il Consorzio Chianti Classico, il Consorzio Vini Alto Adige e il Consorzio Vini Etna).
 
👫 Ecco l’elenco delle cantine protagoniste in presenza diretta da diversi comuni del disciplinare con l’elenco dei i loro Barolo in degustazione nelle varie M.G.A.
ABBONA ANNA MARIA – Farigliano
Barolo Bricco San Pietro 2021
Barolo Bricco San Pietro 2020
Barolo Bricco San Pietro 2019
 
BOASSO – Serralunga d’Alba
Barolo del Comune di Serralunga d’Alba 2021
Barolo Lazzarito 2021
 
BOLMIDA SILVANO – Monforte d’Alba
Barolo Bussia 2021
Barolo Bussia Vigna dei Fantini 2021
Barolo Le Coste di Monforte 2021
 
BRICCO MAIOLICA – Diano d’Alba
Barolo del Comune di Diano d’Alba Contadin 2021
Barolo del Comune di Diano d’Alba Riserva 2019
 
CASCINA CHICCO – Canale
Barolo Rocche di Castelletto 2021
Barolo Riserva Ginestra 2018
 
DOSIO VIGNETI – La Morra
Barolo del Comune di La Morra 2021
Barolo Fossati 2020
Barolo Serradenari 2020
 
FORTEMASSO – Monforte d’Alba
Barolo del Comune di Monforte 2021
Barolo Castelletto 2020
 
L’ASTEMIA – Barolo
Barolo Cannubi 2020
Barolo Terlo 2020
 
MANZONE PAOLO – Serralunga d’Alba
Barolo del Comune di Serralunga d’Alba 2021
Barolo Meriame 2021
Barolo Riserva 2019
 
MARCHESI DI BAROLO – Barolo
Barolo del Comune di Barolo 2020
Barolo Cannubi 2020
Barolo Sarmassa 2020
 
MONCHIERO F.LLI – Castiglione Falletto
Barolo del Comune di La Morra 2021
Barolo Rocche di Castiglione 2021
Barolo Riserva Pernanno 2019
 
DIEGO MORRA – Verduno
Barolo del Comune di Verduno 2021
Barolo Monvigliero 2021
Barolo Zinzasco 2020
 
PIAZZO COMM. ARMANDO – Alba
Barolo Valente 2021
Barolo Sottocastello di Novello 2020
Barolo Riserva Sottocastello di Novello 2016
 
PODERI LUIGI EINAUDI – Dogliani
Barolo Ludo 2021
Barolo Monvigliero 2020
Barolo Bussia 2019
 
PORRO GUIDO – Serralunga d’Alba
Barolo Santa Caterina 2021
Barolo Lazzairasco 2021
 
REVA – Monforte d’Alba
Barolo 2021
Barolo Cannubi 2021
Barolo del Comune di Serralunga 2019
 
SAN BIAGIO – La Morra
Barolo Galina 2019
Barolo San Rocco 2019
Barolo Riserva Bricco di San Biagio 2019
 
AGR. SORDO GIOVANNI – Castiglione Falletto
Barolo Ravera 2021
Barolo Parussi 2020
Barolo Perno 2020
 
👨‍🏫 DEGUSTAZIONI GUIDATE
Durante le due giornate sono previste alcune degustazioni guidate condotte il dal giornalista Gianni Fabrizio (curatore della guida ai Vini d’Italia del Gambero Rosso)
 
🚌 MASTER SUL BAROLO
Sabato 12 aprile il Master sul Barolo:
un’intera giornata in cui si è potuto approfondire sul campo la conoscenza di questo vino fra lezioni, percorsi nel territorio di produzione e degustazioni.
 
Il Consorzio di Tutela dei Vini di Valtellina ospite speciale dell’evento
 
Valtellina è stato ospite speciale dell’evento, grazie alla collaborazione con il Consorzio di Tutela dei Vini di Valtellina. Terroir e vini saranno così raccontati, con uno speciale focus sulle sue sottozone che caratterizzano un territorio unico.
Lo amano definire il “Nebbiolo delle Alpi”, rappresenta un territorio di grande cultura del vino, condivide con le Langhe la presenza del nebbiolo.
Il suo paesaggio è unico, con i tanti muretti a secco che si osservano percorrendo le Valle e che ne fanno il territorio viticolo terrazzato più esteso in Italia.
Come ama definire il Consorzio …”il vino in Valtellina è il risultato del dialogo continuo tra le Alpi, l’energia del sole, la brezza del Lago di Como e l’attività agricola tra i terrazzamenti”.
Due masterclass dedicate al confronto fra Barolo e Valtellina, mentre un banco d’assaggio presenterà una selezione di nebbioli dalla Valtellina di differenti cantine del territorio.
 
Presentati in anteprima i vini al banco d’assaggio che sarà allestito a fianco delle cantine del Barolo
Ca’ Bianche – Tirano
Valtellina Superiore La Tèna 2022
Sforzato di Valtellina Fasèt 2022
Casa Vinicola Pietro Nera – Chiuro
Valtellina Superiore Inferno Riserva 2018
Sforzato di Valtellina Il Gheppio 2019
Folini – Chiuro
Valtellina Superiore Valgella Riserva 2020
Vigneto Dos Bel
Involt “Agnelot” – Tresenda di Teglio
Alpi Retiche Igt Carline 2015
La Grazia – Tirano
Valtellina Superiore Goccia 2017
La Perla di Marco Triacca – Tresenda di Teglio
Sforzato di Valtellina Quattro Soli 2017
La Spia – Andevenno
Alpi Retiche Igt Bianco 2023
Le Strie – Ponte in Valtellina
Rosso di Valtellina 2023
Valtellina Superiore 2011
Marcel Zanolari – Bianzone
Rosso di Valtellina L’Essenziale 2022
Valtellina Superiore 2018
Nino Negri – Chiuro
Alpi Retiche Igt Bianco 2023 (da uve Nebbiolo)
Valtellina Superiore Grumello Sassorosso 2020
Valtellina Superiore Riserva Nebbiolo 2018
Sforzato di Valtellina Sfursat Carlo Negri 2021
Rainoldi Aldo – Chiuro
Valtellina Superiore Sassella 2022
Sforzato di Valtellina Sfursat Fruttaio Ca’ Rizzieri 2021
Tenuta Scerscé – Tirano
Rosso di Valtellina Nettare 2023
Valtellina Superiore Sassella Petrato 2021
Sforzato di Valtellina Infinito 2020
Triacca – Villa di Tirano
Valtellina Superiore Prestigio 2020
Il Nebbiolo della Valtellina, localmente noto come Chiavennasca, è un vitigno autoctono coltivato nelle terrazze vitate della provincia di Sondrio, in Lombardia. Questo vitigno si distingue per la sua capacità di adattarsi ai terreni montuosi e al microclima alpino della Valtellina, producendo vini di notevole finezza e longevità.
Caratteristiche del Nebbiolo Valtellinese
• Adattamento al territorio: Il Nebbiolo prospera nei suoli magri e rocciosi delle terrazze valtellinesi, beneficiando di un’esposizione solare ottimale e di un microclima influenzato dalla vicinanza delle Alpi.
• Profilo organolettico: I vini ottenuti da questo vitigno presentano un colore rosso rubino che tende al granato con l’invecchiamento. Al naso emergono profumi di frutti rossi, fiori appassiti e spezie, mentre al palato si distinguono per eleganza, struttura e una piacevole tannicità.
Disciplinare di produzione del Valtellina Superiore DOCG
Il Valtellina Superiore DOCG è una delle denominazioni più prestigiose per i vini prodotti con Nebbiolo in Valtellina. Il disciplinare di produzione stabilisce:
• Composizione ampelografica: Minimo 90% di Nebbiolo (Chiavennasca); possono concorrere altri vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia fino a un massimo del 10%.
• Zona di produzione: Comprende diversi comuni della provincia di Sondrio, tra cui Sondrio, Berbenno, Buglio in Monte, Castione Andevenno, Chiuro, Montagna in Valtellina, Poggiridenti, Ponte in Valtellina, Teglio e Tresivio.
• Resa massima: La produzione massima consentita è di 8 tonnellate per ettaro, con una resa in vino non superiore al 70%.
• Invecchiamento: Il vino deve essere sottoposto a un periodo di invecchiamento minimo di 24 mesi, di cui almeno 12 in botti di legno. Per la menzione “Riserva”, l’invecchiamento minimo è di 36 mesi.
• Caratteristiche organolettiche: Il Valtellina Superiore DOCG presenta un colore rosso rubino tendente al granato con l’invecchiamento, profumo caratteristico ed etereo con sentori di frutti rossi e spezie, sapore asciutto, armonico, vellutato, con fondo gradevolmente amarognolo.
Ecco i vini che mi hanno particolarmente colpito:

VALTELLINA

Nino Negri – Chiuro
Alpi Retiche Igt Bianco 2023 (da uve Nebbiolo)
Valtellina Superiore Riserva Nebbiolo 2018
Sforzato di Valtellina Sfursat Carlo Negri 2021
Le Strie – Ponte in Valtellina
Valtellina Superiore 2011
Ca’ Bianche – Tirano
Sforzato di Valtellina Fasèt 2022
Rainoldi Aldo – Chiuro
Sforzato di Valtellina Sfursat Fruttaio Ca’ Rizzieri 2021
Nera – Chiuro
Valtellina Superiore Inferno Riserva 2018
Marcel Zanolari – Bianzone
Rosso di Valtellina L’Essenziale 2022
Valtellina Superiore 2018
Mamete Prevostini – Mese
Sommarovina Sassella 2022
Vigna Sassina Grumello 2020
Folini – Chiuro
Valtellina Superiore Valgella Riserva 2020
Vigneto Dos Bel

BAROLO

MONCHIERO F.LLI – Castiglione FallettoBarolo Rocche di Castiglione 2021
Barolo Riserva Pernanno 2019
REVA – Monforte d’AlbaBarolo Cannubi 2021
BOLMIDA SILVANO – Monforte d’AlbaBarolo Bussia 2021
Barolo Le Coste di Monforte 2021
PORRO GUIDO – Serralunga d’Alba
Nebbiolo 2024
Barolo Santa Caterina 2021
Barolo Lazzairasco 2021
Barolo vigna Rionda 2021
DOSIO VIGNETI – La MorraBarolo Fossati 2020
Barolo Serradenari 2020
MARCHESI DI BAROLO – BaroloBarolo Cannubi 2020
Barolo Sarmassa 2020
CASCINA CHICCO – CanaleBarolo Riserva Ginestra 2018
ABBONA ANNA MARIA – FariglianoBarolo Bricco San Pietro 2021
Barolo Bricco San Pietro 2020
Barolo Bricco San Pietro 2019
BOASSO – Serralunga d’AlbaBarolo Lazzarito 2021
MANZONE PAOLO – Serralunga d’AlbaBarolo Meriame 2021
DIEGO MORRA – VerdunoBarolo Monvigliero 2021
PODERI LUIGI EINAUDI – DoglianiBarolo Bussia 2019
SAN BIAGIO – La MorraBarolo Riserva Bricco di San Biagio 2019
SORDO GIOVANNI – Castiglione FallettoBarolo Perno 2020
 
Alla prossima !
LUCA GANDIN

Sanità: la ricerca nell’AO Ordine Mauriziano

Dalla microbiologia all’AI: la personalizzazione delle cure è al centro

All’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino la ricerca clinica è un ambito in forte espansione, capace di coniugare rigore metodologico, multidisciplinarietà e impiego di nuove tecnologie. I progetti attivi interessano reparti diversi, ma condividono l’obiettivo di migliorare la qualità della diagnosi e delle terapie, con un’attenzione crescente alla personalizzazione dei trattamenti.

Tra gli studi realizzati nel corso del 2024, va sottolineato quello presentato al congresso internazionale della Society of Hematologic Oncology (SOHO) : lo studio sul microbiota intestinale nei pazienti con leucemia mieloide cronica, condotto in collaborazione con l’Università di Torino e la Links Foundation. Il progetto ha dimostrato che specifiche composizioni del microbiota possono influenzare l’efficacia della terapia con inibitori delle tirosin-chinasi, aprendo la strada a nuove strategie per migliorare la risposta molecolare profonda attraverso l’analisi del profilo immunitario e microbiologico dei pazienti.
Sempre in ambito ematologico, il laboratorio analisi dell’AO Mauriziano ha condotto uno studio sulla patologia rara della trombocitopenia indotta da eparina (HIT). Combinando due immunodosaggi quantitativi e un algoritmo clinico, i ricercatori hanno ottimizzato un percorso diagnostico rapido e sicuro, riducendo significativamente i falsi negativi e anticipando le decisioni terapeutiche nei pazienti con sospetto HIT. Una ricerca che migliora l’efficienza diagnostica e rappresenta un esempio virtuoso di integrazione tra laboratorio, clinica e metodi statistici avanzati.

Nel campo della cardiologia preventiva, invece, lo studio coordinato dalla SC Cardiologia e dalla Farmacia ospedaliera ha analizzato l’aderenza e la persistenza alla triplice terapia ipolipemizzante (cioè che ha l’obiettivo di riequlibrare l’assetto lipidemico) nei pazienti dimessi per sindrome coronarica acuta. I risultati, basati su dati real world, mostrano una performance superiore rispetto ai dati di letteratura, grazie a una presa in carico integrata tra specialisti e farmacisti ospedalieri. Un esempio di come anche la gestione terapeutica post-dimissione possa diventare oggetto di ricerca e miglioramento continuo.

Infine, la SC Radiologia ha condotto uno studio sull’impiego dell’intelligenza artificiale (AI) nella diagnosi precoce del tumore della prostata, utilizzando un innovativo software per l’analisi automatica delle immagini di risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI). La ricerca, che si è aggiudicata il primo premio al Forum Sanità 2024, ha valutato l’integrazione del software AI nella pratica clinica di primo livello, dimostrando come l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale possa ridurre i tempi di refertazione e aumentare la sensibilità nella rilevazione delle lesioni sospette. Il lavoro conferma il potenziale dell’AI come supporto decisionale per il radiologo, in un ambito – quello della radiologia oncologica di precisione – destinato a evolvere rapidamente nei prossimi anni.

Mara Martellotta

Do it yourself… e buona fortuna!

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

Si può affermare che negli anni ’60 la produzione di dischi a 45 giri fosse relativamente poco costosa, dunque non era raro che gli studi di registrazione offrissero pacchetti cosiddetti “DIY” (“do it yourself”), che comprendevano il tempo di registrazione e la stampa dei dischi. Tuttavia per le bands di giovani il nodo cruciale era il versante della promozione, nota dolente per moltissimi di loro, dal momento che le case discografiche su questo tema abbandonavano a se stesse le bands, soprattutto in un periodo in cui la concorrenza era fortissima e l’offerta era perfino sovrabbondante rispetto alla domanda. Ne possiamo facilmente dedurre che non di rado i gruppi musicali iniziassero con entusiasmo travolgente, salvo poi doversi scontrare con la dura realtà della “gavetta” e della competizione spietata con compagini rivali, su aree geografiche talvolta anche piuttosto limitate.

Tra le etichette di garage rock che perseguivano la politica del “DIY” rientrava senz’altro la “Orlyn”, di proprietà di Oren Stembel, che coniò “Orlyn” dalla fusione del nome proprio e della moglie (Oren e Marilyn). Etichetta attiva a Chicago perlopiù tra 1965 e 1968, incentrata su bands di piccolo cabotaggio, si faceva pagare il tempo delle sessioni di registrazione in cambio di un centinaio di dischi, sui quali tuttavia non dava alcun sostegno promozionale, tanto che le bands stesse dovevano occuparsi poi di distribuire autonomamente le copie tra amici, parenti o intermediari per la programmazione radiofonica.

A livello storico questa pratica ha fatto sì che le incisioni “Orlyn” disponibili sul mercato siano attualmente in numero ridotto; inutile dire che tutt’oggi collezionisti e cultori siano disposti a sborsare cifre anche importanti per accaparrarsi esemplari ormai rari e di assoluta nicchia.

Qui di seguito si riportano i 45 giri “Orlyn” finora noti, evidenziando in maiuscolo le bands di surf, garage e psychedelic rock:

– THE DELCORDS “Wipeout / Journey To The Stars” (5520) [1965];

– THE RYELLS COMBO “Roll Over Beethoven / Only As Long As You Want It Hank’s Big Chance” (5521) [1965];

– APOLLOS “Nora Lee / Never Again” (814O-0984) [1966];

– THE DELCORDS “I Got Wise / Driving Guitars” (814O-0986) [1966];

– THE SCEPTRES “But I Can Dream / Last Time” (814O-0988) [1966];

– FIREFLYS “Stubborn Kind Of Fellow / Take My Hand” (ORL 66710; 814O-6710) [1966];

– THE BONDSMEN “You Must Believe Me / I’ve Tried And Tried” (814O-8843) [1966];

– McHenry Methodist Mens Quartet “God Is Waiting / My Anchor Holds” (814O-8845) [1966];

– THE CORALS “Red Eye Glasses / Love You Baby” (814O-9888) [1966];

– THE PANIKS “Can’t You See / I’m Not Your Man” (5525) [1966];

– HALF PINT & THE FIFTHS “Orphan Boy / Loving On Borrowed Time” (ORL-666242; 814O-6018) [1966];

– THE THREATS “New Feelin’ / Pretend” (ORL-667241; 814O-6109) [1966];

– NOBLEMEN “Short Time / Jeanie” (ORL 66421; 814O-6421) [1966];

– PATRICK & THE SHAMROCKS “Yes, That’s What I’m Gonna Do / Wind Blowing Through The Trees” (814O-6812) [1966];

– THE OUTSPOKEN BLUES “Not Right Now / Mist[er] You’re A Better Man Than I” (ORL 66821; 814O-6821) [1966];

– THE MALIBU’S “Baby Let Me Take You Home / La Da Da” (ORL 66312) [1966];

– Reverend H. Lafon “Step By Step / God, He Is The Answer I Know” (ORL 66324) [1966];

– THE LEAVES OF AUTUMN “A Love Lost / It’s All Over Gal” (ORL 66720) [1966];

– THE WILD ONES “Tale Of A City / #5” (ORL-66791) [1966];

– THE SAVOY’S “Work It Out / I’d Rather Love You” (502) [1967];

– THE OTHER HALF “Third Of January / The Girl With The Long Black Hair” (503) [1967];

– THE HEARD “Poppies / Where Has My Summer Gone” (ORL 652) [1967];

– THE HUSTLER’S “The Sky Is Black / She Waits For Me” (814O-1949) [1967];

– 77th Painted Window “Snow White Morning / Snowflakes” (814O-2551) [1967];

– TRY-ANGLE “Writing On The Wall / Com’ing Home” (814O-2553) [1967];

– Bernice Best “A Song Of Sweetness [p. 1 / p. 2]” (814O-2557) [1967];

– THE LASTIME AROUND “Heaven / Go” (814O-2728) [1967];

– THE SOUND INVESTMENT “Sensitive / I Just Can’t Live Without Her” (814O-3518) [1967];

– The Four Gospel Wonders “I’ve Got Shoes / Will You Meet Me?” (814O-5119) [1967];

– Archie Witaker “There’s Something Dumb About You / A Lullaby For You” (814O-5121) [1967];

– THE DEAD WUNZ “Till I’m Beside Her / Drums” (814O-5123) [1967];

– THE MONTERAS “You’re A Tease / Cry Myself To Sleep” (7721) [1967];

– HIS MAJESTY’S SERVICE “She Loves Me – She Loves Me Not / Only A Name” (814O-2584) [1968];

– LAST KNIGHT “Shadow Of Fear / Come On Up” (814O-3520) [1968];

– GRAF ZEPPLIN “You’re In My Mind / Sunset!” (814O-4588) [1968];

– Albertha Rivers “The Man I Love / Jesus Will Lead Me” (814O-A-23) [1971].

Gian Marchisio

Ivan Bufalo (OPI Torino) sui droni a idrogeno per collegare gli ospedali

Il commissario della Città della Saluta Thomas Schael ha delicato il progetto ambizioso che punta a introdurre i droni a idrogeno per la logistica degli ospedali, all’interno di una visione sanitaria carbon free.

Il sistema prevede la trasformazione del futuro Parco della Salute in un hub sanitario centrale connesso alle altre strutture regionali tramite una rete logistica sostenibile che includa anche mezzi a terra alimentati a idrogeno.

Durante un convegno a Roma dedicato alle transizioni sostenibili e all’innovazione tecnologica nel settore sanitario, Schael ha presentato questo modello integrato già sperimentato in Abruzzo, proponendolo ora per il Piemonte. I benefici attesi includono maggior rapidità nei trasporti sanitari, riduzioni delle emissioni, nuove professionalità e implementazione di telemedicina s telefarmacia.

“L’idea di una sanità carbon free – ha spiegato Ivan Bufalo, Presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Torino – basata sull’impiego di doni a idrogeno per collegare gli ospedali e ottimizzare la logistica sanitaria, non è solo un’opportunità tecnologica ma una sfida sistemica che coinvolge l’intero comparto sanitario. A fianco della transizione energetica è in atto una trasformazione profonda che investe anche l’organizzazione delle professioni”.

L’IA, i nuovi modelli distributivi, la digitalizzazione e la telemedicina stanno modificando l’approccio alla cura e alla gestione dei percorsi sanitari.

“Questo cambiamento – prosegue Bufalo – impone un ripensamento della formazione infermieristica e la richiesta di figure sempre più preparate, capaci di coniugare competenze cliniche, capacità di gestione tecnologica e spirito innovativo. La professione infermieristica è al centro di questa evoluzione e va sostenuta con percorsi di crescita, aggiornamento e valorizzazione che ne riconoscano un ruolo strategico nella sanità del futuro”.

Tuttavia, a fronte di progetti tanto ambiziosi, si evidenzia una criticità concreta che oggi grava su infermieri e os della Città della Salute e della Scienza: l’assenza di un sistema efficace di trasporto interno. Il personale, che dovrebbe essere dedicato all’assistenza interna dei reparti, è spesso costretto agli accompagnamenti dei pazienti agli esami diagnostici anche a distanze superiori ai 500 metri.

“Un dispendio di risorse non giustificato, soprattutto nel caso di pazienti stabili, per i quali non sarebbe necessario l’accompagnamento da parte di un infermiere altamente qualificato”.

“Per poter guardare alle sfide del futuro – conclude Bufalo – bisogna superare i problemi del presente. Il continuo e prolungato allontanamento di infermieri e os dai reparti di degenza ha un’inevitabile ricaduta sul peso specifico delle carenze organiche e un impatto sulla sicurezza della qualità dell’assistenza. Questi sono fatti concreti che un’azienda ospedaliera di rilievo come La Città della Salute dovrebbero non essere trascurati. Il commissario Schael appare determinato a governare l’azienda con coraggio operativo, superando certi elementi di criticità del passato. Auspichiamo che anche su questo fronte giunga un suo intervento”.

Lucia Tassinario centra due finali ai Campionati Italiani Assoluti di Riccione

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