ilTorinese

14 aprile 2012. Addio a Piermario Morosini

ACCADDE OGGI

La storia del calcio italiano e mondiale è colma di storie liete e purtroppo di altre tragiche Oggi ricordiamo il bravo calciatore Piermario Morosini a 10 anni dalla sua scomparsa,avvenuta,accasciandosi su un campo di calcio,per arresto cardiaco.Aveva solo 26 anni.Dopo mezz’ora di gioco in Pescara-Livorno, durante la trentacinquesima giornata del campionato di Serie B, il centrocampista cade a terra, ma non si tratta di uno scivolone, quando il ragazzo prova a rialzarsi dal terreno di gioco crolla di nuovo. Era il 14 aprile 2012.Il bravo centrocampista centrale ed anche valido cursore di fascia Morosini, cresciuto nelle giovanili dell’Atalanta, ha indossato la maglia del Vicenza sia nella stagione 2007/08 che nel 2011 prima dell’ultima stagione nel Livorno, oltre a quelle di Bologna, Reggina, Padova.

Enzo Grassano

Il cane antidroga scopre 140 chili di hashish, valore un milione di euro

Torino: arrestata dalla Guardia di Finanza una trentenne di origini marocchine. All’interno della sua cantina occultati 140 chilogrammi di droga: avrebbe potuto fruttare sul mercato oltre un milione di euro.

 

La Guardia di Finanza di Torino ha arrestato una donna trentenne di origini marocchine, titolare di regolare permesso di soggiorno, con l’accusa di traffico di sostanze stupefacenti.

 

I Finanzieri Gruppo Pronto Impiego ha controllato un’abitazione, nonché le pertinenze annesse, nel Comune di Piossasco (TO), ove la cittadina è residente.

 

Il Pastore Belga Malinois “Loca”, giovane cane antidroga delle Fiamme Gialle torinesi, ha subito segnalato, con particolare convinzione, la presenza delle sostanze stupefacenti all’interno della cantina di proprietà della donna. I successivi controlli eseguiti hanno effettivamente consentito ai finanzieri di rinvenire 1.385 panetti di cellophane pari a 140 chilogrammi di hashish, abilmente occultati dietro alcune scaffalature. 

 

La sostanza stupefacente, sottoposta a sequestro, avrebbe potuto fruttare sul mercato oltre un milione di euro di illeciti profitti.

 

La donna, dopo essere stata tratta in arresto in flagranza di reato, fatta salva la presunzione di innocenza fino a compiuto accertamento delle responsabilità, è stata condotta presso la casa circondariale di Torino, ove è tuttora a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

 

Artigianato: allarme per occupazione e produzione

122^ INDAGINE CONGIUNTURALE

(2° TRIMESTRE 2022)

 

Dalla seconda indagine trimestrale congiunturale del 2022 elaborata da Confartigianato Imprese Piemonte emerge un’accentuazione del pessimismo, confermando le preoccupazioni rilevate nella precedente indagine.

 

Esaminando l’andamento occupazionale, la negatività del saldo si accentua, passando dal – 5,08% al – 6,72%.

Con riferimento alle ipotesi di assunzione di apprendisti, il saldo è ancora più negativo, scendendo dal – 19,58% al – 20,16%.

Per quanto riguarda le previsioni della produzione totale, la negatività del saldo diventa più marcata: dal – 7,18% al – 10,62%.

Analogamente, il saldo relativo all’acquisizione di nuovi ordini peggiora, passando dal   – 6,32% al – 10,78%.

Le previsioni di carnet ordini sufficienti per meno di 1 mese salgono dal 37,42% al 38,13%; quelle di carnet da uno a tre mesi scendono dal 45,11% al 39,38%; quelle di carnet superiore ai tre mesi aumentano dal 17,47% al 22,50%, valore in controtendenza rispetto al peggioramento complessivo delle previsioni.

Le proiezioni di investimenti per ampliamenti crescono dal 8,80% al 9,38%, quelle per sostituzioni si riducono dal 18,71% al 15,47%. Infine, gli intervistati che non hanno programmato investimenti aumentano dal 72,49% al 75,15%.

In riferimento alle previsioni di acquisizione di nuovi ordini per esportazioni, la negatività del saldo si rafforza, passando dal – 32,84 % al – 34,37%.

Le previsioni di regolarità negli incassi si riducono lievemente, passando dal 65,55% al 65,31%; le stime di ritardi salgono dal 33,71 % al 34,38%.

 

“Le aspettative degli artigiani – commenta Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Imprese Piemonte – sono improntate ad un accentuato pessimismo rispetto al trimestre precedente. Le cause principali sono da ricercare nel peso eccessivo dei costi delle materie prime, in particolare dell’energia, su cui ha ulteriormente inciso la situazione geopolitica che apre scenari di estrema incertezza e di grande preoccupazione, sia dal punto di vista politico che economico.

Quindi, riteniamo indispensabile un confronto permanente tra le Parti sociali e le Istituzioni, per condividere rapidamente soluzioni utili a fronteggiare le conseguenze della guerra in Ucraina. Il sostegno a famiglie e imprese passa necessariamente anche attraverso una ridiscussione del Patto di stabilità. Non è il momento di pensare a politiche fiscali restrittive. Deve essere mantenuto il sostegno della BCE, garantendo liquidità ai Paesi dell’Unione europea”.

“Per la nostra regione – conclude Felici – lo stanziamento di quattro miliardi di euro promesso dal Governo per la città di Torino costituisce un’imperdibile occasione da cogliere per produrre un effetto leva anche per il Piemonte. Tale opportunità, con il coinvolgimento delle Parti sociali, tra cui il mondo delle piccole imprese, potrà consentire al nostro territorio di superare le profonde crisi innescate dalla pandemia ed acuite dalla crisi ucraina”.

 

L’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Piemonte ha redatto la seconda indagine trimestrale 2022 utilizzando un questionario telematico rivolto ad un campione significativo di 2.250 imprese selezionate nei comparti di produzione e di servizi che rappresentano maggiormente l’artigianato della nostra regione.

Frida Malan crea problemi alla commissione toponomastica?

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni 

 

Il prof. Quaglieni

Davvero singolare un’intitolazione all’ex assessore Fiorenzo Alfieri, morto due anni fa e già celebrato al “Regio” lo scorso anno, di una piazzetta dove il direttore didattico della scuola elementare “Tommaseo” era dirigente, su proposta dell’attuale dirigente della medesima scuola che è anche consigliera comunale.  Specie se si confronta la decisione con il fatto che è stata bloccata l’intitolazione di un qualche angolo di città ad una donna davvero fuori ordinanza come la prof. Frida Malan, mancata nel 2002, partigiana combattente, consigliere comunale e assessore comunale di Torino per il PSI per 15 anni, esponente di rilievo della Comunità valdese, animatrice dell’associazionismo laico torinese a partire dalla FNISM. Sandro Galante Garrone per gli 80 anni di Frida la paragono’ ad Ada Gobetti, sopravvalutando quest’ultima. Nel 1975 fu “rottamata” alle elezioni per consentire ai nuovi rampanti di essere eletti consiglieri comunali ,pur non avendo i consensi e l’autorevolezza necessari. Chi scrive ha avuto una lunga amicizia e una forte collaborazione con Frida che apparteneva al circolo eletto dei Bobbio, dei Perelli, dei Gliozzi, dei Quazza che divennero anche miei amici e maestri. Frida fu ben consapevole dello sfascio rappresentato dal ‘68 nella vita scolastica a cui aveva dedicato con spirito mazziniano la sua dedizione come un dovere etico. Originariamente giellista ,non commise mai l’errore del pregiudizio favorevole verso i comunisti che sicuramente non glielo perdonarono. Rimase sempre una socialista liberale alla maniera di Rosselli e di Garosci anche negli anni in cui il partito socialista prima di Craxi Fini’ di diventare molto simile al PCI, a tal punto da rinnegare l’autonomismo nenniano faticosamente raggiunto dopo l’invasione dell’ Ungheria nel 1956 anche per merito di Giuseppe Saragat che con Nenni tento’  l’effimera riunificazione socialista a cui aveva creduto anche Bobbio. Chi conosce la vita politica e culturale torinese del secolo scorso non può ignorare Frida Malan che merita l’ammirazione di tutti:  una socialista laica ed evangelica, una donna schierata da sempre per la causa della parità uomo-donna ,una donna a cui venne interdetto il Parlamento come prima esclusa, perché il PSI aveva paracadutato a Torino Scalfari, genero di De Benedetti direttore della “Stampa” che mise a disposizione del genero il quotidiano. Sarei davvero curioso di conoscere le obiezioni avanzate e chi ha osato porre in discussione la Malan che valeva mille volte di più di una sindaca di transizione che occupo’ il posto lasciato libero da Zanone a cui invece è stato dedicato uno spazio urbano. A questo proposito, molto meglio di Alfieri sarebbe stato proprio Zanone ministro, leader politico del PLI, autentico uomo di cultura e sindaco di Torino per due anni. Il rinvio, spero provvisorio, di Frida Malan è un pessimo esordio della Commissione Toponomastica di Torino.

Torino, Porta Nuova e Banksy. Quando il liberty del passato incontra il contemporaneo

Era da un poche non mi capitava di essere in anticipo. 

Forse una giornata con meno impegni del solito, oppure qualche ingorgo meglio gestito per le strade, magari linaspettata puntualità dei trasporti pubblici, fatto sta che mi sono ritrovata a Porta Nuova quasi unora prima del previsto.
Ho subito pensato ad un articolo letto in precedenza riguardo allesposizione “The World of Banksy The immersive experience”, dedicata allo “street artist “più famoso al mondo: come non approfittarne?
Cerco la Sala degli Stemmi, spazio che rientra nel più ampio progetto di rinnovamento che coinvolge anche il piano superiore della stazione, dedicato allarea “lounge”.
Mi divincolo tra la folla che si muove in maniera vettoriale, il ritmo generale è sostenuto, chi controlla ancora una volta il tabellone degli orari, chi è appena sceso dal treno e non vede lora di uscire allaria aperta; vi sono anche delle scolaresche, mi fermo a guardare i piccoli delle elementari che addentano bramosi il proprio panino, mentre le maestre li osservano attente, in piedi, vicine al pianoforte.
Gli altri passanti non notano quella scena, passano oltre indifferenti, così come si fa con i bisognosi sotto i portici o con “i tipi loschi” vicino ai binari.
Le medesime cose che ignoriamo sono quelle che giudichiamo con più fervore.
Mi ridesto dai pensieri, scanso un paio di passanti che altrimenti mi avrebbero investita, con la loro valigia trolley rumorosa e lo sguardo fisso di chi deve compiere unimpresa impossibile da cui dipende la salvezza dellumanità. Arrivo finalmente a destinazione, e mi accingo a intraprendere il percorso espositivo.
Un tappeto rosso a terra e delle cordicelle dorate mi indicano lingresso, nonostante la pienezza di Porta Nuova, non c’è nessuno in coda.
Le opere esposte non sono originali, si tratta di copie  e riproposizioni di “murales” realizzzati da giovani “street artists”: assolutamente nessun problema, poiché siamo ben lontani dallideologia di Foucault, secondo cui “lautore/artista” si erge su un piedistallo di intuizione creativa che lo eleva in un rapporto gerarchico con la gente comune”, al contrario, allepoca attuale della riproducibilità dellopera darte, “vince” il pensiero barthesiano: con Banksy  ci troviamo di fronte “alla morte stessa” dell’ “autore/artista”.


Di tuttaltro spessore è la figura che rappresenta lartista britannico, egli è uno sciamano che incarna la coscienza collettiva archetipica del “clan”, le sue opere sono la materializzazione dei nostri dubbi, dei nostri pensieri, quando guardiamo i suoi lavori in realtà ci troviamo a fronteggiare le nostre stesse domande, senza tuttavia trovare risposte. Larte di Bansky offre spunti di riflessione senza compromessi, attraverso semplici e diretti “stencil egli annulla le differenze di classe e di “status” sociali, pone gli spettatori tutti sullo stesso piano, ci rende individui pensanti, membri di una medesima società.
I suoi graffiti sono ironici, intelligenti, immediati, talvolta giudicati eccessivi e accusati di minare letica e lestetica di icone culturali e personaggi così “eroici” da divenire “cliché” ( “Kissing Copper” o “Mother Theresa”). Personalmente non condivido tale chiave di lettura, solamente non siamo abituati ad una “terapia durto dello spettatore”, non trovo Bansky poco rispettoso, anche perché egli stesso è ben consapevole del suo ruolo nella psiche culturale, al contrario è un artista attento e brillante, e il cinismo delle sue parole deve spingerci a rifiutare latteggiamento tipico dei “buoni borghesi” –parafrasando De Andrè-.
“I più grandi crimini del mondo non sono commessi da persone che infrangono le regole, ma da persone che seguono le regole. Perché le persone che obbediscono agli ordini lanciano bombe e massacrano villaggi. Per prevenire crimini gravi, è nostro sacro dovere non fare ciò che ci viene comandato di fare, questa è lunica certezza.” ( Banksy, “Wall and Piece”, p.50)
Non è il primo a scagliarsi contro la razionalità che porta alla distruzione, i Dada di Henri Cartier Bresson combattevano la logica che aveva lasciato alla gente gli orrori della guerra, essi sostenevano che “l’unica via di salvezza era il rifiuto della logica per abbracciare l’anarchia e l’irrazionalità”. Con Banksy  non si arriva a tanto, lirrazionale che egli rappresenta non è altro che la realtà dei fatti raffigurata spoglia di perbenismo e talvolta mutuata in metafora – i “ratti” ripresi da Blek le Rat non sono altro che raffigurazioni animalesche dell’ “uomo comune”. –  Ho trovato del Dada in questa mostra, ma ovviamente nel significato profondo insito nelle opere proposte, non nellestetica delle raffigurazioni: qui le figure sono vivide e pulsanti, protagoniste di un contemporaneo “realismo sociale” che si staglia sulle pareti e si riflette nel nostro sguardo, le creazioni di Banksy  fissano lo spettatore e –attraverso unironica pena del contrappasso – lo mettono spalle al muro, lo rendono impotente e incapace di discostarsi.
Lintera opera dellautore britannico può essere osservata da più punti di vista: in “continuum” con la nascita della Street Art, come emblema di un filone artistico che tuttora stenta ad essere riconosciuto come arte a tutti gli effetti e come mezzo di diffusione di notizie attuali, le sue raffigurazioni infatti compaiono allimprovviso e si diffondono con la stessa rapidità di un messaggio su internet.
Le origini delloperato di Banksy  vanno ricercate a Bristol, dove intorno agli anni Ottanta compaiono le prime tracce di questa specifica espressione artistica, tipica di giovani esponenti appartenenti alla media e bassa classe urbana. Nel medesimo luogo si forma il “Barton Youth Club”, noto come sorta di “rifugio per delinquenti”, si tratta di un gruppo di giovani che fanno riferimento a John Nation. Questultimo rimane affascinato dai numerosi e colorati “murales” di Amsterdam, osservati durante un viaggio di lavoro; il suo interesse presto si tramuta in “reportage” fotografico, poi decide di condividere la sua scoperta con i giovani del Club, mostrando loro le medesime immagini scattate di suo pugno. Delloriginario gruppo di artisti di Bristol fanno parte, tra i tanti, 3D, Zboys, SP27, Mr Jago e lo stesso Bansky.
Allinizio i membri della compagnia utilizzano la medesima tecnica, sia per concretizzare le opere, sia per apporre le loro firme ( il “tagging”): il colore viene spruzzato sui muri o sui supporti attraverso un “aerosol”.
È proprio Banksy  ad allontanarsi dalla consuetudine, differenziandosi per lutilizzo degli “stensil”, strumenti che andranno a caratterizzare i suoi elaborati.
Mentre ci si avvicina alla mostra, non solo vanno tenute in considerazione tutte le riflessioni di cui sopra, ma in più non va dimenticata lantica lezione duchampiana, che ha in effetti cambiato – e stravolto- la storia dellarte: con i suoi “ready-made”, il sommo artista Dada abolisce qualsiasi significato o valore alla manualità dell’artista, l’artista, non è più colui che sa fare cose con le proprie mani, ma colui che sa proporre nuovi significati alle cose, anche per quelle già esistenti.
Come si suol dire, cari lettori, me la sono proprio goduta questa esposizione.
Oltrepassato il tappeto rosso, mi addentro nel percorso segnato dalle pareti appositamente erette per ospitare “murales” a grandezza naturale e copie incorniciate; predispongo il giusto stato danimo, ossia quello di osservare la realtà con i suoi contrasti, con le sue ironie e con la follia crudele tipica della specie umana.
Tutti i lavori che vedo mi colpiscono, tutti meriterebbero una lunga e attenta riflessione, ma il tempo scorre spietato, mi riservo di ritornare su ciò che più mi coinvolge al termine del percorso, come spesso faccio alle mostre che visito.
Tra le varie riproduzioni scelgo su quali risoffermarmi: in primisLaugh now”, evidente riferimento ad un “cult” del cinema per i coscritti della generazione di Bansky, “Planet of Apes”, lopera ci spinge a riflettere sul tema delloppressione. Le scimmie, nostri predecessori secondo la teoria evoluzionistica di Darwin, vengono esposte negli zoo e sottoposte a orribili esperimenti, è questo il rispetto che mostriamo ai nostri antichi antenati? È davvero quella umana la specie più evoluta?
In Sales ends” lautore invita a esaminare lattuale società dei consumi. Diverse figure velate, riferibili alliconografia religiosa, si disperano e pregano davanti ad una scritta pubblicitaria: “Lo sconto finisce oggi”, con questo gesto drammatico le astanti rappresentano lo zelo con cui le società contemporanee riconoscono i prodotti di consumo. Sempre alla stessa tematica appartiene “Christ with shopping”, attacco clamoroso non solo al consumismo in generale, ma, nello specifico, al Natale, festa cristiana volta allesaltazione della pace e degli affetti, ora tramutata in occasione di isteria consumistica di massa.


Ancora una volta liconografia religiosa viene usata per riflettere sulla scomoda e terrificante realtà dei fatti: “Toxic Mary” è una serigrafia in cui la Vergine sfama il Bambino con una bottiglietta di rifiuti tossici, con questa peculiare e terrificante Sacra Rappresentazione Banksy denuncia i conflitti bellici combattuti per ovvi motivi economici, nascosti da motivazioni religiose sfocianti nel fanatismo.
Di particolare impatto è “Napalm (cantt beat that feeling)”, realizzata con olio ed emulsione su tela; impossibile non riconoscere la ripresa della celeberrima fotografia di Kim Phuc, scattata durante la guerra del Vietnam. La bambina al centro dellopera di Banksy – e centrale anche nella foto di Phuc-  è tenuta per mano da due conosciutissime icone culturali. Topolino e Ronald McDonald avanzano imperterriti, sorridono mentre la vittima si dispera e quasi inavvertitamente si fanno beffe del disastro della guerra. I due personaggi ci distraggono, attirano la nostra attenzione e dirigono la simpatia dellosservatore dalla vittima alloppressore.
Non vi accompagnerò, cari lettori, opera dopo opera, commentando ogni singola raffigurazione, al contrario, spero con queste indicazioni di avervi incuriosito e di avervi fornito una generale chiave di lettura per approcciarvi ad un genere artistico così peculiare come quello della Street Art.
Tuttavia sarebbe ingiusto terminare tale pezzo senza menzionare una delle immagini più iconiche di Banksy : “Girl with balloon”.
Il lavoro è stato scoperto sul muro della scalinata della South Bank di Londra nel 2002;   lelemento chiave dellelaborato è la speranza, che si erge vittoriosa nonostante le cupe e avverse condizioni di vita degli individui. Bansky volutamente utilizza ambienti sporchi  e trascurati per rappresentare gli attuali tempi difficili, ma al contempo egli sottolinea come la felicità sopravviva imperterrita alla sofferenza.
Lamore predicato dallanonimo streeet artist è il palloncino rosso sangue che vola leggero nel vento, non sappiamo se la bambina lo ha perso, non sappiamo se una qualche folata lo sta portando verso la manina tesa ad afferrarlo, sappiamo però che esso rappresenta un bisogno umano fondamentale, motivo per cui esso merita e deve essere coltivato.
Non vi sono risposte che si possano trarre dalle opere di Banksy , solo sollecitazioni a migliorare noi stessi, in nome di unumanità che sia degna di portare questo nome.

ALESSIA CAGNOTTO

Controllo di stabilità degli alberi, verifiche in Piazza d’Armi e al Parco del Valentino

In queste settimane si stanno completando i controlli della prima tranche di alberi, circa 17000, previsti dall’ultimo appalto di controllo fitostatico del patrimonio arboreo torinese, operativo dallo scorso autunno ed affidato ad un pool di professionisti di comprovata competenza ed esperienza pluridecennale.

 

Tra gli ambiti sottoposti a verifica vi sono il Parco del Valentino ed il Parco Cavalieri di Vittorio Veneto (Piazza d’Armi), due tra le aree verdi più frequentate e che vengono periodicamente sottoposte a controlli di stabilità del patrimonio arboreo. I controlli nei due parchi sono stati anticipati di alcuni mesi rispetto alle previsioni iniziali, con lo scopo di ridurre il rischio e di garantire condizioni di sicurezza ottimali alle tante persone che li frequenteranno durante le attività legate all’Eurovision Song Festival.

Gli esiti dei controlli hanno evidenziato buone condizioni complessive degli alberi, con un numero limitato di piante che presentano problemi di stabilità e che rappresentano una fonte di potenziale pericolo. Nel dettaglio gli alberi risultati non recuperabili sono risultati 7 nel parco di Piazza d’Armi (su circa 1000 alberi presenti) e 15 nel Parco del Valentino (su oltre 1300 alberi).

A breve le aree saranno interessate dagli allestimenti dell’evento e pertanto gli interventi prescritti dai professionisti incaricati dei controlli (potature, consolidamenti con cavi e dove non evitabile abbattimenti) sono in corso in questi giorni. Come da prassi le operazioni sono costantemente seguite e coordinate in campo dai tecnici del Verde Pubblico della Città, e con l’occasione si stanno anche rimuovendo dagli alberi i rami secchi che potrebbero costituire un pericolo in caso di caduta.

I controlli di stabilità in altre aree della città continueranno nelle prossime settimane. Tra le strategie di gestione della “foresta urbana” torinese (costituita da oltre 150 mila alberi della Città di Torino a cui si aggiungono 220 mila alberi presenti nei boschi collinari di proprietà comunale) questi tipo di verifiche rappresenta un tassello fondamentale ed indispensabile, che consente di avere una fotografia aggiornata e precisa delle condizioni di salute e stabilità degli alberi, una risorsa ambientale unica che deve essere salvaguardata ed incrementata.

Particolarmente critici per gli alberi sono i fenomeni meteorologici estremi, come le piogge intense e i venti forti, che negli ultimi anni si stanno verificando con sempre maggiore frequenza anche nella nostra città. Nell’ultimo fine settimana, con un allerta meteo per vento forte con raffiche superiori ai 70 km/h per tre giorni consecutivi, si è verificata la caduta di un paio di alberi (con danni materiali e senza il coinvolgimento di persone), mentre alcune piante (6 o 7, gli accertamenti sono ancora in corso) dovranno essere abbattute perché i danni a livello della chioma non ne consentono il mantenimento.

Alexander Langer. L’attualità di un costruttore di ponti

In questo tempo orribile scandito dalla guerra che torna in Europa con l’invasione russa dell’Ucraina, trent’anni dopo l’inizio dell’assedio di Sarajevo che segnò la fine del ‘900 e le sanguinose memorie del “secolo breve”, il ricordo di Alexander Langer (1946-1995) è più attuale che mai. 

Per certi aspetti, nel dibattito sociale e politico, Langer è oggi più conosciuto, e riconosciuto, di quando lo fosse in vita, nel tempo segnato dalle tante amarezze. Marco Boato – sociologo, giornalista, ricercatore universitario, più volte parlamentare, esponente di spicco di Lotta Continua, del Partito Radicale e dei Verdi –  che condivise tante iniziative di Langer, scrisse un libro molto bello e prezioso che si intitolava Alexander Langer. Costruttore di ponti. In quelle pagine ritraeva il profilo di un autentico e coerente testimone del nostro tempo: le radici sudtirolesi, il rapporto con la Chiesa, la formazione, il Sessantotto, l’impegno politico e la conversione ecologica, la nonviolenza, l’impegno per il dialogo interetnico nella ex Jugoslavia e un po ovunque. Come ricordava il cardinale Loris Capovilla (storico segretario di Giovanni XXIII, papa Roncalli, morto centenario nel 2016) nella sua presentazione, “anche Alex ha perseguito ostinatamente la pace, e, insieme, la custodia del creato. Ha inseguito con tenacia questi ideali. Ne ha fatto la sua passione e la sua vita”. Il tenace costruttore di ponti, intellettuale altoatesino pioniere della conversione ecologica auspicata dalla Laudato si’ di papa Francesco ( essendo Pontefice è anch’esso, nell’etimologia della parola e nella sostanza del fare, un costruttore di ponti)  spese gran parte dei suoi quasi cinquant’anni anni di vita al servizio degli altri nel segno del dialogo, della pace, della tutela dell’ambiente. Giornalista, traduttore, insegnante, Alex Langer nel 1989 fu eletto deputato al Parlamento Europeo e divenne il primo presidente del neo-costituito Gruppo Verde. Uomo politico nel senso più nobile del termine, Langer si impegnò fino allo stremo delle sue forze nella diplomazia della pace, a favore di relazioni più giuste tra i popoli, per la conversione ecologica della società, dell’economia e degli stili di vita. Occorre avere oggi, in questa primavera del 2022, la consapevolezza che mai come ora il suo pensiero è attuale e può dire molto alle nuove generazioni. Un testimone del nostro tempo, protagonista dell’ecologismo politico in Italia e nella dimensione europea e internazionale. Il suo  dinamismo senza soste, diventato ancor  frenetico dopo la caduta del muro di Berlino quando non risparmiò alcuna forza per contrastare i contrapposti nazionalismi, sostenendo le forze di conciliazione interetnica nei territori dei quella che fu la Jugoslavia, la terra degli slavi del sud, rappresenta l’esempio e l’eredità che ha lasciato. Alexander non tollerava le divisioni etniche. In Alto Adige nel 1981 e poi nel 1991 si era rifiutato di aderire al censimento nominativo per la dichiarazione del gruppo linguistico, perché riteneva che ciò rafforzasse una politica di lacerazione invece che di coesione. Spese tutto se stesso per un’idea e un progetto che si può riassumere nel bellissimo e sintetico concetto di don Primo Mazzolari: “pace, nostra ostinazione”. Fu coerente con questa impostazione fino all’estremo, fino alla fine. Quando ci si rende disponibili all’apertura nei confronti dell’altro senza remore, come Alexander Langer  cercò di fare lungo l’intero arco della sua vita, la vulnerabilità diventa assoluta. Fu così che il pomeriggio del 3 luglio 1995, a 49 anni, si tolse volontariamente la vita impiccandosi a un albicocco al Pian dei Giullari, alle porte di Firenze. I pesi gli erano diventati insostenibili eppure, anche in quel momento  in cui si sentiva “più disperato che mai”, avvertì il bisogno di rassicurare gli amici, scrivendo nell’ultimo dei suoi tanti bigliettini: “Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”.  L’ultimo sprazzo di luce nel buio, un invito che non si può rifiutare, continuando così “in ciò che è giusto”. Nell’impegno per la pace, con la passione come spirito e il dialogo come missione. 

Marco Travaglini

Ricercato tradito da una pratica di affitto

Era rientrato in Italia dall’estero convinto di non avere pendenze con la giustizia

Aveva deciso di prendere un alloggio in affitto a Torino, probabilmente ignaro che a suo carico pendesse un ordine di carcerazione che lo condanna a una pena di 1 anno e 2 mesi di reclusione per violazione della disciplina sugli stupefacenti. L’uomo, un cittadino senegalese di 45 anni, presentatosi negli uffici del Comm.to Barriera Nizza venerdì mattina, con la convinzione di dover assolvere a delle incombenze burocratiche relative alla casa in affitto, è invece stato arrestato, con sua grande sorpresa, dai poliziotti della sezione Misure di Prevenzione, Sicurezza e Cautelari del Comm.to.

Le donne di Tiziano, tra arte e affermazione sociale

Nelle sale di palazzo Reale, a Milano, sino al 5 giugno

Quella che Milano, nelle sale di Palazzo Reale, offre sino al 5 giugno è una mostra
gradevolissima e complessa al tempo stesso, fatta di rimandi continui e decisamente
apprezzabili, di spunti che richiamano ad un continuo intreccio tra tematiche, figure,
colori, collocazioni sociali e religiose; importante nel suo intero sviluppo, che rende
piena giustizia e smagliante entusiasmo ad un Maestro della pittura e ad altri
importanti artisti della sua epoca, preziosa per gli addetti ai lavori e spazio pressoché
inesauribile costruito non soltanto sulla curiosità ma altresì elegante e prelibata
occasione per quanti, spettatori meno o più abituati alle visite museali, cerchino un
totale appagamento culturale ed estetico. “Tiziano e l’immagine della donna nel
Cinquecento veneziano” – racchiusa in undici sezioni, oltre un centinaio di opere in
esposizione, targata Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e Skira Editore e
avvalorata dalla collaborazione del Kunsthistorisches Museum di Vienna, main partner
la Fondazione Bracco, a cura di Sylvia Ferino con gli interventi di numerosi studiosi –
non è soltanto l’autentica bellezza di entusiasmanti capolavori, goduti l’uno appresso
all’altro, sala dopo sala, bensì in una ricercata completezza di intuizioni e di pensiero e
di studi uno sguardo lucido sulla figura femminile del XVI secolo, nella riappropriazione
critica del ruolo culturale e sociale di essa, legata non in primo luogo al campo
artistico ma rivendicatrice di un’immagine che ben si posiziona nella società, nel
costume, nella cultura, nella letteratura, nella libertà di pensiero e di espressione, sino
a farle quasi rivestire il ruolo a lungo negato di protagonista.
A scorrere i vari interventi della politica e dell’industria milanese votata agli interventi
culturali, di “progetto artistico ambizioso” parla nella presentazione il sindaco
Giuseppe Sala, del coinvolgimento di musei e collezionisti private di tutta Europa, ad
evidenziare “la proiezione internazionale dell’offerta culturale cittadina”; mentre
Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura, sottolinea come “Tiziano, inserendosi in un
tessuto culturale che, nel Cinquecento, vide umanisti e poeti rivolgere la loro
attenzione in maniera crescente a questi temi, dedicò infatti molti suoi dipinti alla
rappresentazione muliebre che egli interpretò come una sorta di ‘celebrazione della
femminilità’”. Diana Bracco, Presidente Fondazione Bracco, mentre pensa ad una
“dignità” riscontrata nelle opere quale mai s’era vista prima nella storia della pittura,
ribadisce come “la nostra Fondazione promuove con tenacia l’ingegno delle donne in
tutti i campi, dando visibilità a figure femminili del passato e del presente. Il nostro
progetto pluriennale “100 donne contro gli stereotipi”, dedicato a scienziate,
economiste, filosofe, storiche e declinato in una collana editoriale, in mostre
fotografiche e in tanti eventi in Italia e all’estero, ci sta dando grandi soddisfazioni”.
Ad avviare la mostra la “Madonna col Bambino” di Tiziano, datata 1510 circa,
proveniente da Vienna e ancora squisitamente legata ai moduli belliniani, e “La
tentazione di Adamo ed Eva” del Tintoretto dall’Accademia veneziana, cupa nelle sue
nudità e nella descrizione della tentazione offerta dalla donna, ovvero la presentazione
delle due figure femminili capisaldi della religione cristiana, la purezza e il peccato
nonché gli esempi forse primi e apripista di quella “querelle des femmes” che tanta
parte ebbe nei dibattiti dell’epoca. Di quella “dignità” di cui si diceva, si ha la certezza
nei vari ritratti che impreziosiscono le sale, dalla matronale “Eleonora Gonzaga della
Rovere” (1537 ca), elegantemente vestita e ornata di preziosi gioielli, con a lato,
contro un cielo aperto, un orologio e un piccolo cane a significare l’eterna fedeltà, a
“Isabella d’Este in nero” (1534 – 1536 ca), entrambi opera di Tiziano; come non si può
non restare affascinati dagli sguardi e dalle fattezze delle “belle veneziane”, dalla
“Giovane donna con cappello piumato”, proveniente dall’Hermitage di San
Pietroburgo, ancora un capolavoro di Tiziano, al “Ritratto di donna in rosso” del
Tintoretto, sino alla femminilità di Palma il Vecchio, la pensierosa “Giovane donna in
abito verde” e la “Giovane donna in abito blu” che pare nello sguardo attento e nella
posizione delle mani prendere le distanze e le difese da chi le sta rivolgendo
attenzione. Sono donne dai nomi a noi sconosciuti, dovutamente lontane dalle
certezze dei ritratti, esempi di una bellezza idealizzata e raffinata, esempi di spose
novelle o di cortigiane dedite ad una professione legata ai più bei nomi della classe
nobiliare e borghese, in grado non solo di obbedire agli inviti erotici e d’intrattenere
ma anche di eccellere nella vita culturale (Veronica Franco e Tullia d’Aragona ne sono
due esempi), abituate a comporre versi e a recitarli. Una vita culturale intervallata
d’erotismo che affondava le proprie radici nella riscoperta del Petrarca e che si
specchiava negli scritti di Pietro Bembo (il preciso richiamo agli “Asolani”), di Giovanni
della Casa e del Castiglione, che sottolineava il ruolo che la donna conservava nella
famiglia di compagna e di procreatrice. La donna che ricercava (anche se il discorso
non può essere certo ampliato su panorami generali) una propria affermazione e quasi
una propria indipendenza, poggiata sull’istruzione, avvalorata dal fatto che la donna
sposata mantenesse una stretta relazione con la propria famiglia e che potesse gestire
lei stessa la notevole dote che i genitori le avevano messo a disposizione; che nella
figura di Moderata Fonte poteva nei decenni successivi affermare “Il merito delle
donne” e in quella di Lucrezia Marinelli “La nobiltà et l’eccellenza delle donne”, dando
alle stampe pensieri che in altre città e stati italiani erano ben lontani dal vedere la
luce. Una ribellione che invadeva anche il campo religioso, se pensiamo al pamphlet
”crudele”, “La tirannia paterna”, che Arcangela Tarabotti scriveva nel 1642 (verrà
pubblicato postumo nel 1654), a condannare quelle minacciose coercizioni di certi
padri alla monacazione di quelle figlie che non rientrassero nei loro disegni di redditizi
accasamenti.
Un altro curioso capitolo della mostra è quell’”Apri il cuore” che cerca di mettere
ordine in un panorama artistico che ancora presenta i propri dubbi. Se proviamo a
considerare la “Laura” di Giorgione (1506), uno dei capolavori più apprezzati della
mostra, vediamo che quel capezzolo di una giovane ragazza, inghirlandata da rami
d’alloro e avvolta da un ampio collo di pelliccia può non essere considerato come il
segno di una più o meno lasciva proposta, come d’abitudine s’è pensato, bensì come
una profferta amorosa che una giovane sposa o promessa sposa offre al proprio
innamorato. Ci aiutano in questa più aggiornata lettura, divenuto anche per alcuni il
seno “metafora non solo del nutrimento e della vita ma anche della luce interiore”, gli
studi rivolti all’”Arte de’ cenni” di Giovanni Bonifacio (1616): per cui l’abito
d’abbondante scollatura non è simbolo di spregiudicatezza sessuale ma vuole
significare la sincera apertura del cuore, una dedizione totale all’amato, un gesto
affettuoso di reciproca intesa. Con “Laura” nascono “Giovane donna con il suo
promesso sposo” di Bernardino Licinio, con l’atteggiamento della mano sinistra di lui
portata al cuore pronta ad attestare il completo sentimento di fedeltà, o ancora del
medesimo il “Ritratto di donna che scopre il seno”.
S’allineano nell’allestimento sante (“Maria Maddalena”, firmata ma considerata con
aiuti di bottega, teschio e ampolla da precetto, un ampio panorama alle spalle della
santa rappresentata con le braccia ad incrocio sul petto, proveniente dalla
Staatsgalerie di Stoccarda), dee e ninfe (“Venere e Adone”, 1557-1559, ancora Tiziano
e bottega; “Ninfa e pastore” datata 1570-1575; “Venere, Marte e Amore”, un
intrecciarsi di forme maschili e femminili di assoluta sensualità, con la luce a invadere
armature e corpi; “Il ratto d’Europa” di Paolo Veronese, dalla magnifica ricchezza delle
vesti, “Venere e Adone” di Paris Bordon, coppia di antichi e assuefatti amanti
incoronati da Amore), eroine (sarebbe sufficiente l’immagine della romana Lucrezia,
esempio di onestà e fedeltà coniugale, due prove di Tiziano, una prima sotto lo
sguardo del marito Collatino (del 1515), una seconda ad esprimere tutta la violenza a
cui la donna deve sottostare da parte di Tarquinio che sta per trafiggerla, databile
intorno al 1575 e messo dinanzi ai nostri occhi a dimostrare l’excursus nell’arte del
grande pittore e la sua modernità nell’affrontare il calore delle pennellate, il sanguigno
e la candida leggerezza delle vesti dei personaggi: da confrontare con la sconfortata
solitudine del personaggio rappresentato dal Veronese, di pochi anni posteriore
(1580/1583), ancora non dimentico dei propri gioielli e della ricchezza delle vesti, una
comunione perfetta di verdi dalle differenti tonalità in primo piano accomunati a quelli
​del tendaggio che è alle spalle della donna), personaggi biblici (del Tintoretto
“Susanna e i vecchioni”, il candido corpo di lei, una gamba immersa in una vasca tra
acqua e morbidi riflessi, lo specchio e i gioielli, la parete di erbe e fiori e il resto del
giardino, mentre una coppia di vecchi, uno alla sinistra anche in maniera pressoché
comica, cerca voluttuosamente di ammirare le sue forme).
Ancora uno sguardo alla “Ninfa e pastore” di Tiziano, la donna dal corpo morbido e
lucente ad occupare la scena, al centro di un paesaggio tormentato, gli occhi rivolti a
chi guarda e al giovane a fianco che tiene un flauto tra le mani, lei padrona di tutto
quanto la circonda, potente e sicura dominatrice. “All’inizio di questa mostra – ci viene
suggerito in uno scritto -, la Eva dipinta da Tintoretto invita il visitatore a percorrere
“la via della conoscenza”; questa “ninfa” gli chiede ora di comprendere quanto Tiziano
e i suoi colleghi pittori e poeti abbiano contribuito ad esaltare l’importanza della donna
nella società, sulla via di un domani femminile”.
Elio Rabbione
Nelle immagini, nell’ordine: Tiziano, “Tarquinio e Lucrezia”, 1570 – 1576, olio su tela,
Vienna, Akademie der bildenden Künste; Tiziano, “Ninfa e pastore”, 1570 – 1575 ca,
olio su tela, Vienna, Kunsthistorisches Museum; Jacopo Tintoretto, “Susanna e i
vecchioni”, 1555 – 1556 ca, olio su tela, Vienna, Kunsthistorisches Museum;
Bernardino Licinio, Giovane donna con il suo promesso sposo”, 1520 ca, olio su tavola,
Parigi, Galerie Canesso; Giorgione, “Laura”, 1506, olio su tela su legno di abete,
Vienna, Kunsthistorisches Museum

Ruffino (Azione): Governo punti sul nucleare

“Le nostre famiglie e le nostre imprese debbono fronteggiare le conseguenze di una crisi energetica la cui profondità ed estensione è superiore alle misure fin qui predisposte. Ecco perché auspico che l’Esecutivo metta mano a nuovi e più significativi e coraggiosi interventi per arginarne conseguenze sociali potenzialmente devastanti”. Così Daniela Ruffino, deputata di Azione, nel corso della sua dichiarazione di voto sul dl Energia ieri alla Camera.

“Serve puntare sulla tassazione degli extraprofitti e sul nucleare. Proprio come ha fatto Azione presentando emendamenti al Dl Ucraina bis e a questo provvedimento. Ricordo al Governo che si tassano gli extraprofitti determinati dalla guerra, non i guadagni delle aziende e si punta ad abbassare sensibilmente il costo della benzina e delle bollette”, aggiunge la parlamentare di Azione.

“Con altrettanta chiarezza e coerenza abbiamo ulteriori emendamenti per modificare la strategia italiana, che al momento prevede il raggiungimento degli obiettivi di lungo termine utilizzando esclusivamente fonti rinnovabili. Azione invece propone di introdurre nel mix energetico una quota di nucleare. Lo scenario di oggi impone infatti scelte alte, che aiutino fin da subito famiglie e imprese”, conclude Ruffino.