ilTorinese

Papa Francesco, Lo Russo e Cirio: “Un pontefice legato alla sua terra”

IL SINDACO DI TORINO STEFANO LO RUSSO

Pace, rispetto, attenzione agli ultimi, giustizia, carità, accoglienza: la voce di Papa Francesco ha saputo parlarci di valori universali, ricordandoci l’importanza di lottare per una società migliore.
Incontrarlo lo scorso anno, insieme al Cardinale Repole, è stato uno dei momenti più emozionanti del mio percorso da sindaco: ho avuto l’opportunità di sottolineare tutto l’affetto che Torino e il Piemonte provavano e provano per lui, che in quella occasione ha confidato di avere molto a cuore la nostra città.
La sua scomparsa ci riempie di tristezza ed è un grande dispiacere sapere che non avremo la possibilità di accoglierlo nuovamente in un territorio che a lui era profondamente legato.
Quel Papa arrivato da lontano, “dalla fine del mondo”, per usare le sue parole quando si è presentato per la prima volta da Santo Padre, ha toccato il cuore di tante persone, ribadendo sempre la grande importanza dell’apertura al prossimo. In un mondo che ha visto momenti terribili durante il suo pontificato, con l’esasperarsi dei conflitti e il periodo buio della pandemia, è stato capace di portare sempre una parola di speranza e di luce. Una luce per cui lo dobbiamo ringraziare, e che ora deve essere di ispirazione a tutte e tutti noi perché possiamo esprimere, nella nostra quotidianità, la stessa dedizione per la ricerca della pace e del bene comune che Papa Bergoglio ci ha mostrato.
L’auspicio è che il suo esempio sia guida per una Chiesa che, ora più che mai, deve saper rimanere unita e, proseguendo l’opera di Francesco, deve continuare a guardare nei prossimi anni nella direzione indicata dal suo papato: verso chi ha più bisogno di essere accolto, sostenuto, protetto.

IL PRESIDENTE DELLA REGIONE ALBERTO CIRIO

“Il Piemonte si stringe al dolore della Chiesa e del mondo intero per la morte di Papa Francesco, un uomo vicino agli ultimi, ai fragili, che si è sempre battuto per la pace e per un’umanità più giusta.
Nella sua determinazione e nel suo coraggio c’erano sicuramente anche quelle radici piemontesi che lui ha sempre ricordato con orgoglio e affetto e che oggi ci rendono ancora più soli. Lo stesso affetto che ha saputo dimostrare alla nostra terra in occasione della sua visita nel 2022 e ancora nel 2023, quando abbiamo avuto l’onore, insieme alla comunità di Macra nel Cuneese, di donare al Vaticano l’albero di Natale per piazza San Pietro. La sua misericordia e il suo grande amore per gli altri resteranno modello e ispirazione per tutti noi, nella speranza di un mondo più solidale e più giusto per tutti”.

Addio a Francesco, il papa piemontese

L’Arcivescovo Roberto  Repole  mercoledì 23 aprile alle ore 20.30 presiederà nella Cattedrale di Torino una Veglia di preghiera in suffragio di Papa Francesco.


Dolore e partecipazione al lutto a Torino e in Piemonte per la morte di Papa Francesco, avvenuta questa mattina. La comunità regionale si sente particolarmente legata al pontefice le cui origini, come spesso ricordava lui stesso erano piemontesi.

Nel giugno 2015 papa Bergoglio era stato in visita ufficiale a Torino e  in quell’occasione aveva potuto abbracciare i suoi familiari. Nel 2022 era poi stato ad Asti, dalla cugina Daniela Gai di Tigliole.

”Da qui mio padre è partito per emigrare in Argentina e in queste terre, preziose per i buoni prodotti del suolo e soprattutto per la genuina laboriosità della gente, sono venuto a ritrovare il sapore delle radici”. Così in quella visita astigiana  il Papa nell’omelia della messa nella Cattedrale di Asti. Poi all’Angelus, il santo Padre aveva anche salutato i fedeli in dialetto piemontese: “a la fame propri piasi’ encuntreve! (mi ha fatto piacere incontrarvi) e augurarvi: ch’a staga bin! (state bene).

Lo scorso anno aveva incontrato Ernesto Olivero, nella foto di copertina, per i 50 anni del Sermig. È stato Francesco a nominare cardinale l’arcivescovo Repole di Torino.

Le prime parole di cordoglio dell’Arcivescovo Repole che il 23 aprile alle ore 20.30 presiederà nella Cattedrale di Torino una Veglia di preghiera in suffragio di Papa Francesco.

Il Papa se n’è andato nell’Anno della Speranza, il Giubileo che aveva tanto desiderato. Ora è davanti al Signore ed era questa la sua grande speranza, che Francesco ha cercato di condividerci: la notizia che un giorno saremo tutti nell’abbraccio di Dio.

Siamo nei giorni della Pasqua, che ieri Francesco ha ancora celebrato con noi. Nel grande dolore per la morte, ma anche nella fiducia dell’abbraccio tenerissimo di Dio le Chiese di Torino e Susa, la Chiesa piemontese dove il Papa aveva le sue radici, pregano per Francesco con affetto e tanta riconoscenza per aver speso la vita, tutta la sua vita lunga e generosa, ad annunciare la gioia del Vangelo.

È una gioia senza eguali, «Evangeli gaudium»: viene dalla notizia che Gesù è risorto e perciò il mondo, questo nostro mondo così difficile e violento, non sarà sconfitto dal male.
Il Papa Francesco ha cercato di comunicare l’amore di Dio con ogni mezzo e ad ogni latitudine, l’ha fatto con parole semplici che tutti potevano comprendere: ha spiegato ai potenti della Terra e agli ultimi, ai poveri, alle persone scartate, che il volto di Dio è innanzi tutto Misericordia e questo volto è in grado di cambiare il nostro cuore, può addirittura cambiare il corso della storia.

Speranza, Misericordia. Come suonano diverse, queste parole, di fronte alle regole imperanti della guerra e della sopraffazione! Basta prenderle sul serio. Credo che sia per questo messaggio mite e sorridente che il Papa è stato tanto amato dagli uomini e dalle donne del nostro tempo, anche da chi non crede; per questo messaggio è stato riconosciuto come riferimento fondamentale negli equilibri internazionali.
Nelle ore dell’addio, vorrei che raccogliessimo le parole che il Papa ci ha lasciato in consegna. Le terremo nel cuore.

Porterò, io personalmente, il ricordo grato dell’amicizia che mi ha legato a Papa Francesco, la coscienza delle responsabilità che mi ha affidato, l’immagine – a me carissima – del giorno in cui volle incontrare i miei genitori e la mia famiglia con tanto affetto e semplicità.
Soprattutto porterò, spero che porteremo tutti, il ricordo di un uomo che ha creduto e ha testimoniato il Vangelo.

+ Roberto Repole, Arcivescovo di Torino
e Vescovo di Susa

Da La Voce e il Tempo

Crolla controsoffitto all’aeroporto di Caselle

Una lavoratrice dello scalo di Caselle è stata coinvolta senza conseguenze dal crollo un controsoffitto ceduto. Ne da’ notizia il sindacato Usb-Ali vigilanza. Il pannello caduto era in un’area operativa non accessibile al pubblico. Sarebbe il secondo cedimento in tre anni.

Si chiama “Oltre Collina Torinese” la nuova CER con 16 Comuni

GREEN CITIES

 

(CER) a guida pubblica istituita da sedici Comuni dell’area sud est della Città metropolitana di Torino.

Un significativo passo avanti verso l’autosufficienza energetica del territorio, con ricadute non solo ambientali (riduzione delle emissioni di CO2) ma economiche (riduzione dei costi energetici) e sociali (il carattere mutualistico tutela i soggetti più deboli della comunità e favorisce il contrasto alla povertà energetica). La CER favorirà gli investimenti pubblici e privati nelle fonti rinnovabili, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili e distribuendo gli incentivi in modo equo. Guardando anche all’esperienza della CER Roero“Oltre Collina Torinese” sarà un modello innovativo e virtuoso, che vedrà protagonisti i Comuni del territorio, i cittadini e le imprese.

La Comunità Energetica Rinnovabile è un soggetto giuridico no profit, cui possono aderire persone fisiche, amministrazioni comunali, piccole e medie imprese, associazioni, enti religiosi e del terzo settore, con l’obiettivo di produrre, autoconsumare e gestire localmente e in modo condiviso energia elettrica da fonte rinnovabile.

Le CER sono un sistema decentrato dove gli utenti finali non sono solamente dei consumatori, ma assumono un ruolo “attivo”, diventando anche produttori locali di energia elettrica. Un modello innovativo di sviluppo energetico, previsto da una Direttiva europea recepita recentemente anche in Italia, che contempla incentivi, agevolazioni per i privati e vantaggi per le imprese.

I sedici Comuni interessati da questa sfida ambientale sono Chieri (capofila), Andezeno, Arignano, Baldissero Torinese, Cambiano, Carignano, Marentino, Moriondo, Pecetto, Pino Torinese, Poirino, Pralormo, Riva presso Chieri, Santena, Trofarello e Villastellone. Entro il mese di giugno, ciascun Comune sottoporrà la delibera di adesione ai rispettivi Consigli comunali, così da formalizzare la costituzione della Comunità Energetica. Una volta completati gli iter deliberativi, la CER “Oltre Collina Torinese” sarà costituita in forma di associazione (lo statuto è stato redatto avvalendosi della consulenza del progetto Recrosses). La guida pubblica favorirà la più ampia partecipazione e sarà garanzia di tutela degli interessi di tutto il territorio e dei fabbisogni delle comunità locali.

Si procederà poi alla firma dell’atto costitutivo, dando avvio alle prime azioni concrete di sviluppo degli impianti da fonti rinnovabili. Subito dopo la costituzione, saranno organizzati eventi pubblici per presentare ai cittadini e alle imprese i vantaggi della CER, le modalità di adesione e i progetti futuri. Gli incontri costituiranno l’occasione per illustrare come ciascun residente e attività del territorio potranno trarre beneficio dall’iniziativa, partecipando attivamente alla produzione di energia pulita e alla riduzione dei costi.

La costituzione di una CER nell’area sud est della Città metropolitana di Torino nasce per supportare la transizione ecologica e favorire un approvvigionamento locale dell’energia, rappresenta una risposta virtuosa e responsabile alla sfida del cambiamento climatico e il segnale di una particolare attenzione sui temi che riguardano la salvaguardia ambientale del territorio, il risparmio energetico e la riduzione della dipendenza dalle fonti energetiche tradizionali. L’autoproduzione di energia pulita e a basso costo da utilizzarsi in loco è il punto di partenza per ridurre le emissioni, raggiungere l’indipendenza energetica e realizzare un’economia sostenibile. La CER, oltre alla valenza ambientale ed economica, ha anche una rilevanza etica e sociale, dal momento che potranno accedervi persone e famiglie meno abbienti e i benefici generati dalla condivisione di energia pulita verranno in parte utilizzati per il contrasto alla povertà energetica. Un’importante operazione di coesione territoriale, che interessa circa 130.000 cittadini e che vede operare congiuntamente più amministrazioni  locali su soluzioni innovative, mettendo al centro cittadini e realtà produttive, integrando responsabilità ambientale e solidarietà sociale.

Per aderire alla CER non sarà necessario possedere un impianto fotovoltaico, né cambiare il fornitore di energia, e non servono nuovi allacciamenti. L’energia prodotta verrà distribuita dai membri in base ai loro consumi e quella in eccesso immessa nella rete energetica nazionale, originando così ulteriori benefici economici. Alla CER possono aderire anche i cittadini non residenti nei Comuni fondatori, ma la cui utenza è collegata ad una delle 6 cabine primarie coinvolte.

L’uovo di Pasqua: simbolo di vita e di rinascita

Storia di un’antica tradizione attraverso l’Europa passando per Torino sino ai giorni nostri

È interessante fare un breve viaggio nella storia delle uova di Pasqua e capire l’origine di questa tradizione diventata parte integrante e imprescindibile del periodo pasquale nel nostro Paese e come per tutte le tradizioni si deve risalire a tempi remoti.

Va detto che l’uovo per la perfezione della sua forma, per i suoi elementi simbolici, per i suoi significati emozionali, quasi un piccolo scrigno di sacralità, venne considerato già ai tempi degli antichi persiani così come nella civiltà ellenica e come nell’Egitto faraonico quale simbolo di vita, di rinascita e di fertilità e lo si donava come gesto augurale per l’arrivo della primavera e per auspicare ricchi raccolti. Nell’ambito del cristianesimo venne assunto per simboleggiare la resurrezione di Gesù Cristo e quindi fu associato alla Pasqua quale introduzione al grande mistero della vita eterna che è in sé dono perfetto. Nel mondo germanico medievale era usanza regalare uova sode avvolte in foglie e fiori che le tingeva di mille delicate sfumature ed iniziò così la consuetudine di offrire uova decorate ed abbellite da fantasiose colorazioni. Già gli antichi romani seppellivano un uovo sodo tinto di rosso nei campi quale augurio di fertilità alla terra. Ma quando compare l’uovo di cioccolato è lecito chiedersi e chi pensò di inserire al suo interno la famosa sorpresa. Come per ogni invenzione in molti si contendono il primato ma è d’obbligo risalire addirittura a Luigi XIV, il famoso Re Sole, che ci riporta inevitabilmente a Versailles, alla sua settecentesca grandeur tanto da fargli dire ” lo Stato sono io !” Fu lui a commissionare al suo cuoco pasticcere David Chaillou uova di cioccolato da regalare alla sua corte nel periodo pasquale mentre la sorpresa al loro interno fu invenzione del famoso Peter Carl Fabergè che, alla corte dello Zar Alessandro III, siamo negli ultimi decenni dell’Ottocento, costruì un grande uovo di cioccolato con sorpresa e se ne può ben immaginare la sontuosità, certamente un gioiello preziosissimo, che lo Zar regalò alla Zarina Marija Fedorovna ed iniziò così questa piacevole tradizione. Il ben noto Fabergè fu il grande gioielliere ed orafo di origine francese ma nato a San Pietroburgo, della corte russa che divenne famoso per le sue stupende uova d’oro e pietre preziose da collezione, prodotti di alta gioielleria con fatture a tema e tutte differenti fra di loro che le case reali, dive, attori ed appassionati di oggetti preziosi iniziarono a collezionare.  E non poteva certo mancare Torino a contendersi il primato delle uova di Pasqua. Nel 1725 una certa vedova Giambone, con bottega nella settecentesca Contrada Nuova che divenne in seguito via Roma, iniziò a riempire i gusci vuoti delle uova di gallina con cioccolato fuso, idea la sua che incontrò subito il favore dei torinesi. Ma è negli anni Venti del mitico Novecento che si affermò la produzione torinese di uova pasquali con sorpresa.

Grazie ad un brevetto di Casa Sartorio, si poté modellare il cioccolato mediante la creazione di una macchina con stampi a cerniera di gusci vuoti che attraverso un processo di raffreddamento e di uniformità di distribuzione della pasta riuscì a dar vita all’uovo di Pasqua nella sua ben nota forma attuale ed iniziarne quindi la produzione torinese con le prime sorprese al loro interno che erano inizialmente animaletti di zucchero colorato o piccoli dolci. L’uovo pasquale ebbe immediatamente grande fortuna ed un numeroso seguito di golosi estimatori mentre Torino si arricchiva nel tempo di maestri artigiani cioccolatieri grazie ai quali oggi il Piemonte gode di una lunga ed importante tradizione dell’arte dolciaria. L’abilità nella decorazione delle uova pasquali deve molto ad un grande artigiano siciliano di nascita ma torinese di adozione, Guido Bellissima, che iniziò l’arte della glassatura e della decorazione a mano delle uova, un pioniere nato nei primi decenni del Novecento, un talentuoso artista che fu il caposcuola per molti suoi allievi. Memorabili le sue grandi uova con scene di monumenti, palazzi storici, ambientazioni e quadretti di vita cittadina, vedute e paesaggi piemontesi e quanto la sua fantasia e la sua maestria gli suggerivano, il tutto in dolcissima miniatura. Si può ben immaginare quanto fosse difficile metter mano a smontare tanta arte per farne deliziosi bocconi ma tant’è, anche l’uovo di Pasqua ha la sua vita e deve essere consumato in allegra compagnia. Torino ed il Piemonte vantano oggi un numero cospicuo di Maestri cioccolatieri che continuano a stupire ed ingolosire con le loro stupende creazioni pasquali.

Va quindi sottolineato che l’uovo, prezioso simbolo millenario di vita e di rinascita, perfetto in ogni sua parte ha accompagnato da sempre l’essere umano ed anche questa tradizione popolare pasquale lo ha preso a prestito riflettendone la sua natura perfetta, quasi onirica, certamente antica come il mondo, in questo caso nella sua accezione di regalo che ne racchiude a sua volta un altro così come è nella sua primordiale natura: essere dono.                                                                                                                                                                                                      Patrizia Foresto

Nelle immagini: due foto delle uova di Pasqua del Caffè Torino, le creazioni del mastro del Gusto Franco Ugetti di Bardonecchia e le uova del museo Faberge’

 

Ristorante Gramsci, il format di ristorazione vincente nel centro di Torino

La famiglia DAMILANO, nota per le proposte gastronomiche del pastificio/bistrot di ‘ Defilippis’ in via Lagrange, e ‘ Zucca’ – il bar storico dei torinesi per l’ora dell’aperitivo -, da quasi un anno ha dato inizio a un’interessante percorso nella ristorazione con il “nuovo” GRAMSCI, situato nell’omonima via in centro città. 
La zona è quella della Torino glamour, dei turisti soprattutto stranieri che affollano  l’elegante e storico dehors del bar Zucca: proprio lì a fianco, si insedia il “nuovo” progetto della famiglia Damilano, il  ristorante ” nuovo” GRAMSCI : un solo muro che divide i locali ma uniti dal fil rouge della profonda espressione identitaria, riconoscibile e famigliare nel campo dell’enogastronomia del territorio.
Una solida volontá imprenditoriale che si è voluta esprimere anche nel delicato campo della ristorazione torinese, compito non facile. La lunga esperienza e lo stile dei Damilano, però, sta regalando i suoi frutti: un format di ristorazione che piace ai torinesi, in forza di un menù che propone piatti con l’ingrediente base, essenziale per fare una buona cucina, sostanzialmente che piace, ossia l’utilizzo di ingredienti di qualità. Ecco che una tradizionale albese di vitello, frollata 40 giorni ( come ci rivela lo chef del ristorante, Nicola di Tarsia), diventa una ” galuperie” – come si direbbe in dialetto piemontese -, un boccone dolcissimo e morbidissimo. Condita con una salsa a base di tuorlo d’uovo pastorizzato, emulsionato con limone e aceto di mele barricato, worcester, senape e olio di semi, rende il tutto molto più godibile e originale. Oppure il primo piatto di stagione, come le linguine con pesce spada e agretti: una porzione media, cottura al dente, un gusto che ricorda quelli di un pranzo al mare, in linea – senza dubbio- con le origini mediterranee dello chef.
Spazio anche a piatti della tradizione gastronomica locale, e non solo, sempre completati dal tocco geniale di Di Tarsia, pronto a stupire e a coccolare chi si affianca per la prima volta a questa realtà ristorativa.
Il menu – come dichiara lo chef – non ha bisogno di essere cambiato troppe volte nell’anno, bensì ha necessità di mantenere i piatti ” cult” che il pubblico si aspetta, con qualche aggiunta curiosa e fresca.
Nota ” golosa” dedicata al gelato alla vaniglia mantecato al tavolo: viene, infatti, offerta la possibilità di comporre autonomamente con topping e granelle la propria coppa.
Una carta vini, ovviamente, rivolta alle etichette DAMILANO, tante altre regionali, ma largo spazio anche agli champagne.
La novità del ristorante è sicuramente data anche dagli ambienti infornali ma ben organizzati, luminosi e architettonicamente ben congegnati, con elementi di arredamento di design moderni, comodi e funzionali, curati dallo studio Cohesion di Torino.
Ciò che fa del Gramsci un luogo di riferimento del mangiare bene,  è sicuramente il suo pubblico: eterogeneo, fatto di businessmen, ma anche di giovani, che vogliono assaporare piatti facili, fatti bene, aderenti alla tradizione culinaria regionale e italiana in genere, informali a pranzo e un pò più elaborati la sera.
Prezzi dai 20 ai 30 euro, esclusi vini.
Ristorante GRAMSCI
V.Gramsci 12 a
Torino
Chiara Vannini

Strana idea! Voglia di “libertà” in pieno centro urbano

Alla Torinese “Domus Lascaris”, il “Gruppo Building” presenta sei visionari, ipnotici dipinti di Daniela Balbiano

Fino al 20 maggio

Titolo, “Oltre le Gabbie: Libertà immaginata”. Spezzoni di umane esistenze che si muovono fra architetture soffocanti, geometrie di nitida ma ingabbiante trappola quotidiana, oltre le quali figure scomposte, silhouttes dalle vivide trame cromatiche, marciano serrate, alzando occhi e mani al cielo per guadagnare spazi, all’apparenza impossibili, di nuove agognate libertà.  E il luogo è sicuramente il meno adatto per vincere l’improba impresa. Siamo infatti nel pieno centro storico di Torino, dove gira che ti rigiri, guarda a terra o all’insù, vie di fuga dall’oppressione della più moderna o architettonicamente e perfettamente inserita e miscelata in “plastici” di antica storicità, non ti lascia vie di fuga da “gabbie” urbane che ti assediano, quasi ti tengono prigioniero in spazi, pur di magnifica concezione narrativa, ma privi di salvifiche vie di uscita verso voli di libera poetica immaginata “libertà”. Di pensiero. Di movimento. Di nuovi approcci all’umana convivenza. Ecco allora il perché del titolo, “Oltre le Gabbie: Libertà immaginata”, dato alla rassegna espositiva che negli spazi di “Domus Lascaris”, il “Gruppo Building” dedica, fino a martedì 20 maggio, all’artista pavese, natali a Voghera, Daniela Balbiano. Mostra, per così dire, en plein air. Sei dipinti a tecnica mista, “ciascuno – è scritto in presentazione – testimone di quel delicato equilibrio tra oppressione e libertà che caratterizza la condizione umana”. Terra e terra e cemento contro voglia, voglia tanta, di cielo. Di spazi liberi al volo di sogni e fantasie, le più visionarie ed immaginifiche. Libere di correre oltre gli spazi delimitati del reale.

Mostra “en plein air”, si diceva. Le opere sono infatti visibili dall’esterno di “Domus Lascaris” (a una manciata di passi da piazza Solferino, realizzata nel 2013 come risultato della trasformazione di una palazzina razionalista di metà Novecento in un condominio di lusso dalle eleganti linee contemporanee) attraverso le ampie vetrate che si affacciano all’intersezione delle vie Lascaris e Dellala, in un dialogo tra spazio privato e dimensione collettiva che invita oggi i passanti a riflettere sulle “gabbie invisibili” della Balbiano, su chi siamo e chi potremmo essere.

Quella dell’artista vogherese è pittura di gran classe, in grado di giocarsi con esiti assolutamente positivi “il gesto che sfida la linea”, quella che l’artista definisce “la danza fragile tra oppressione e libertà”, la riconosciuta volontà di non trasgredire alle regole del gioco, ma anche la convinzione di poter sfuggire ai più desueti canoni scolastici per creare in astratte narrazioni di luce e colore spiragli nuovi oltre i quali immaginare nuovi destini e nuove vie di fuga alla banale, imponente  e gravosa quotidianità del vivere comune. In tal senso, “i soggetti rappresentati si trovano sospesi in una sorta di dimensione liminare tra accettazione e ribellione, tra il peso delle consuetudini e la vertigine del cambiamento, mentre il linguaggio figurativo cattura la tensione dinamica di corpi che resistono , oscillano , si lasciano trascinare o tentano la fuga”.

Buona pittura e curiosi obiettivi. Ancor di più se si considera la prestigiosa location pensata ad ospitare la mostra; location così partecipe e invischiata in un contesto cittadino tanto “chiuso” nella sua moderna (eppur storica) e perfetta architettura urbana da lasciare pochi “vuoti” al rimbalzo delle sensazioni e dell’onirico. Doppio plauso, dunque, all’organizzazione del “Gruppo Building” (specializzato in alti interventi di progettazione architettonica e studi di fattibilità, interior design e ristrutturazione edilizia, nonché al sostegno dell’arte contemporanea) e al “coraggio” della brava Daniela Balbiano, voce libera di gridare ovunque la sua incontestabile voglia di assoluta “libertà”.

Doveroso anche ricordare, a proposito del torinese “Gruppo Building” (nato nel 1983) la sua ingegnosa volontà di fare della Galleria al piano terra di “Domus Lascaris” proprio un vero punto d’incontro fra arte ed architettura, in grado di ospitare ciclicamente mostre di arte pubblica (e in libera visione degli stessi passanti) dedicate ad artisti del territorio, e non. E poi che dire? Non dimentichiamo che proprio al Gruppo guidato da Piero Boffa (e allo studio nato al suo interno “BP+P”) si deve, fra le tante, la realizzazione di “The Number 6”“la casa più bella del mondo”, trasformazione in condominio contemporaneo di una gemma del Barocco a due passi da Piazza San Carlo, premiato da “ArchDaily” come “Building of the Year 2015” per la categoria restauro. I punti d’interesse ci sono tutti per fare un salto e fermarsi lì, proprio davanti alle “vetrine” di “Domus Lascaris”.

Gianni Milani

“Oltre le Gabbie: Libertà immaginata”

Domus Lascaris, via Lascaris 7, Torino; tel. 011/5581711 o www.domuslascaris.it

Fino al 20 maggio

Nelle foto: immagini della mostra di Daniela Balbiano 

Silvia Beccaria e Anna Roberti: “Frammenti di natura”

A Biella, la Primavera di “BI-Box Art” si è aperta con la mostra “a due” 

Fino al 10 maggio

Biella

Arte e natura. La prima messa totalmente a disposizione dell’altra attraverso le magie della tecnica, di segno e colore, e il lavorio sotteso di sensazioni sogni e speranze che sono bagaglio insostituibile nel lavoro di un autentico artista. E allora non poteva scegliersi mostra migliore per inaugurare venerdì 21 marzo scorso l’arrivo della Primavera alla Galleria “BI-Box Arte” di Biella con l’ospitata fino al prossimo sabato 10 marzo delle opere di Silvia Beccaria, torinese, e di Anna Roberti, origini bresciane. Artiste, entrambe, che attraverso tecniche assolutamente diverse, usano l’arte per esplorare “tra intrecci e trame, materia e segno, trasformazione e memoria”, il mondo della natura nelle sue forme più semplici e primigenie, nel suo continuo divenire e farsi “altro” in quell’innata capacità di rigenerarsi, nelle fratture e nelle connessioni che ne caratterizzano il ciclo vitale. Di qui il titolo della rassegna “Frammenti di natura” che vede esposte una ventina di opere messe lì in bella (davvero bella!) mostra per invitarci a ripensare il nostro rapporto con l’ambiente, per esortarci a pensare e, in certo senso, a condividere la fragilità, sì, ma anche la resilienza di un ambiente naturale che l’uomo ha ereditato per proteggerne e rispettarne i frutti e la bellezza, dimenticando invece troppo spesso di assolvere, se non di peggiorare, i principi cardine di tale compito. In tal senso “l’esposizione offre– si sottolinea – un’esperienza visiva e concettuale, ma anche un’opportunità di connessione emotiva e intellettuale, che spinge a una consapevolezza più profonda del nostro ruolo all’interno dell’ecosistema”.

Ed è proprio sotto questo aspetto che la mostra incontra anche idealmente il concorso Be Natural/Be Wild”, promosso dalla “Fondazione Cassa di Risparmio di Biella” nell’ambito di “Selvatica – Arte e Natura in Festival”, rafforzando il tema della riscoperta della forza e della bellezza naturale attraverso l’arte.

 

Elemento caratterizzante la ricerca artistica della torinese Silvia Beccaria è il “filo” che si fa “metafora di scrittura, di narrazione, di tessitura di relazioni e significati”, intrecciando i classici metodi della cosiddetta “Fiber Art”, che la Beccaria ha fatto profondamente sua attraverso la guida dell’artista olandese Martha Nieuwenhuijs (Amsterdam, 1946 – Torino, 2017), con l’utilizzo di materiali inusuali, che vanno dalla “plastica” alla “gomma” fino alla “carta”, lavorati con abile manualità in trame di materia in cui riversare emozioni, memorie e generosi advertisements attraverso cui raccontare e raccontarsi agli altri. Con un “fare” artistico, al contempo, di alta concretezza e poetica visionarietà, specchio pur anche “di suggestioni letterarie e filosofiche, che dialogano con il processo creativo e ampliano il significato dell’intreccio come pratica simbolica, capace di tenere insieme storie, esperienze e visioni del mondo”.

Laureata in “Scienze Naturali”, Anna Roberti si autodefinisce “Botanica dei colori, dei ruderi e del selvatico”. Da sempre la sua ricerca, mossa fra pittura e grafica, nasce infatti dall’esigenza di realizzare “erbari su tessuto” con “piante ruderali”, ovvero con quelle umili “insignificanti” piante che crescono spontanee lungo i sentieri, sui ruderi o tra le fessure di antichi muri. Piante eluse dall’uomo o addirittura eliminate perché considerate infestanti. Erbacce. Di cui l’artista non cerca immagini accurate e precise, ma forme, movimenti e colori capaci di dare spazio all’immaginazione e alle antiche preziosità ben evidenti in quei millenari “erbari miniati” (uno su tutti il “De materia medica”, 60-78 d.C., di Dioscoride Pedanio) che accompagnano l’artista nella sua quotidiana ricerca. La tecnica utilizzata per stampare in modo stabile le piante su tessuti grezzi di seta “bourette”, lino e cotone avviene utilizzando “pigmenti naturali” come il “nero fumo”, seguendo l’antica tecnica di richiamo leonardesco per produrre il cosiddetto “nero di lampada”. Il suo è un raffinato e poetico mondo artistico, dove è piacevole immergersi, corpo e mente e anima, luogo sospeso fra antico e moderno, dove quei “frammenti di natura”, cui accenna il titolo della rassegna, si fanno piccolo grande “microcosmo”, “una finestra aperta su un universo fatto di equilibri delicati e di continue metamorfosi”.

 Gianni Milani

“Frammenti di natura”

Galleria “BI-Box Art Space”, via Italia 38, Biella; tel. 349/7252121 o www.bi-boxartspace.com

Fino al 10 maggio

Orari: giov. e ven. 15/19,30; sab. 10/12,30 e15/19,30

Nelle foto: Silvia Beccaria; Anna Roberti “Capelvenere”, 2023 e “Erbario impresso”, Giardino della Minerva, 2018; Silvia Beccaria “La luce nelle crepe #8”

Dal 24 al 30 aprile in Piemonte Settimana mondiale vaccinazioni

I programmi per bambini, adolescenti, donne, anziani, viaggiatori e persone fragili

“L’immunizzazione per tutti è umanamente possibile” è lo slogan della Settimana Mondiale delle vaccinazioni 2025, l’iniziativa promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che si celebra ogni anno dal 24 al 30 aprile.

I vaccini sono una delle più grandi conquiste dell’umanità, che negli ultimi 50 anni ha salvato almeno 154 milioni di vite, contribuendo al miglioramento della sopravvivenza infantile. La salute globale sta attraversando una fase cruciale: i progressi duramente ottenuti nell’eradicazione di malattie prevenibili con la vaccinazione sono a rischio. In questo contesto l’iniziativa ha l’obiettivo di proteggere un numero sempre maggiore di persone e le loro comunità dalle malattie prevenibili con la vaccinazione.

Qui di seguito i programmi vaccinali attivi in Piemonte.

Bambini

Nei primi anni di vita i bambini ricevono alcune vaccinazioni essenziali per proteggerli quando sono ancora vulnerabili.

Dal 2017 è obbligatorio a livello nazionale vaccinare tutti i bambini in età scolare da 0 a 16 anni contro le principali malattie infettive: morbillo, parotite, rosolia, pertosse, varicella, poliomielite, difterite, tetano, epatite B ed haemofilus influenzae di tipo B.

Adolescenti

La vaccinazione contro il virus del papilloma umano (HPV) in Piemonte è offerta gratuitamente a tutti gli adolescenti. Rappresenta un mezzo estremamente utile per prevenire le malattie tumorali indotte dal virus che colpisce gli organi genitali, la bocca e la gola. La somministrazione nel corso dell’undicesimo anno di vita è particolarmente efficace in quanto l’esposizione al virus è minima prima dell’inizio dell’attività sessuale. La vaccinazione precoce offre una protezione migliore e previene la trasmissione del virus ai futuri partner sessuali, riducendo così il rischio di cancro causato dall’HPV nella popolazione generale.

Tra i 12 e i 18 anni vengono effettuati anche i richiami per difterite, tetano, pertosse, poliomielite e meningococco tetravalente.

Donne in età fertile e in gravidanza

Alcune malattie infettive sono particolarmente pericolose per le donne, perché possono incidere negativamente sulla fertilità o avere conseguenze sull’esito di una gravidanza, provocare aborti spontanei o anomalie congenite del neonato. In previsione del concepimento si consiglia la vaccinazione per morbillo, parotite, rosolia e varicella. Nel corso della gravidanza si raccomanda l’immunizzazione per pertosse, influenza, Covid-19.

Anziani

Gli anziani sono particolarmente vulnerabili a determinate malattie. Con l’avanzare dell’età, quindi, sono raccomandate e offerte gratuitamente le vaccinazioni contro l’influenza (dai 60 anni), la polmonite e il Fuoco di Sant’Antonio (per i sessantacinquenni).

Viaggiatori

Grazie alle vaccinazioni i viaggiatori possono proteggersi, specialmente in aree dove possono essere presenti malattie non comuni o endemiche. Alcune vaccinazioni sono richieste come requisito per l’ingresso in certi Paesi, altre, anche se non obbligatorie, sono fortemente raccomandate. Per questo motivo, in vista di un viaggio è importante pianificare con anticipo l’immunizzazione, perché spesso sono necessari più dosi o richiami, e valutare i rischi specifici per la salute nella regione di destinazione, che possono includere malattie trasmesse da insetti, contaminazione dell’acqua o degli alimenti.

Prima della partenza è utile consultare il Centro di Medicina dei Viaggi presente in tutte le Asl del territorio piemontese.

Persone fragili per patologie croniche

In Piemonte sono in vigore protocolli vaccinali specifici per alcune tipologie di pazienti che, a causa della patologia di cui soffrono, hanno un aumentato rischio infettivo o una minore risposta immunitaria.

A titolo di esempio, le vaccinazioni sono offerte attivamente e gratuitamente a diabetici, nefropatici, portatori o in attesa di trapianto di rene, persone che vivono con Hiv / Aids e trapiantati di cellule staminali.

Specifiche condizioni di rischio

Sul sito della Regione Piemonte è anche presente una pagina in cui trovare riassunte le vaccinazioni per specifiche condizioni di rischio, come possono essere quelle legate a comportamenti o stili di vita oppure per quei soggetti a rischio per esposizione professionale: https://www.regione.piemonte.it/web/temi/sanita/prevenzione/vaccinazioni-per-specifiche-condizioni-rischio

Informazioni e aggiornamenti

https://www.regione.piemonte.it/web/temi/sanita/prevenzione/vaccinazioni-proteggono-tutti

La pioggia non ha fermato la Giornata della Terra Torino 2025

Torino, sabato 19 aprile 2025 – Sostenibilità come cultura, partecipazione come strumento di cambiamento. La pioggia non ha fermato la Giornata della Terra Torino 2025 che ha animato i Musei e i Giardini Reali con oltre 40 appuntamenti che hanno unito educazione, creatività e impegno civico. Giunta alla sua terza edizione, la manifestazione ha dimostrato che parlare di futuro significa agire nel presente: costruendo spazi accessibili, dialoghi generativi e comunità consapevoli.

 

Organizzata da Fondazione Club Silencio in partnership con i Musei Reali di Torino, con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito delle missioni Proteggere l’Ambiente e Promuovere il Benessere dell’Obiettivo Pianeta e il patrocinio di MASE – Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, ASviS, Regione Piemonte, Città di Torino e Politecnico di Torino, la Giornata della Terra Torino  ha proposto talk, laboratori, performance e momenti esperienziali per esplorare la sostenibilità in tutte le sue forme.

 

“La Giornata della Terra non è solo un evento, ma un esercizio collettivo di immaginazione e responsabilità. Anche di fronte a un tempo incerto, la risposta del pubblico è stata straordinaria: segno che esiste un desiderio reale di ritrovarsi, riflettere e agire insieme. Crediamo profondamente nella necessità di creare spazi pubblici in cui la sostenibilità non sia solo raccontata, ma vissuta, esplorata e praticataQuello che abbiamo vissuto in questi giorni è solo un piccolo esempio di quanto sia ormai necessario trovare soluzioni nuove, resilienti e condivise. In questo senso, costruire una giornata così ricca e partecipata significa anche allenarci a un futuro diverso, più consapevole e solidale, in cui l’urgenza di imparare a adattarci al cambiamento climatico è sempre più evidente. Mettere in dialogo generazioni, linguaggi e visioni è un atto culturale e proprio da questo incontro può nascere la rivoluzione di cui abbiamo urgente bisogno” – Alberto Ferrari, presidente Fondazione Club Silencio.

 

Il programma ha toccato i temi più urgenti del nostro tempo: cambiamento climatico, biodiversità, giustizia sociale, innovazione sostenibile. I talk Vivere a 2°C: come adattarci e agire subito, con Maicol Negrello (Politecnico di Torino), Giulia Marzetta (European Climate Pact Ambassador) e Andrea Grieco (Advocacy e Comunicazione ASviS), e 10 anni per cambiare il mondo: cosa è successo dal 2015 ad oggi?, con Marco Grieco (giornalista vaticanista) e Giulio Lo Iacono (Segretario Generale di Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – ASviS), hanno dato voce a esperti e attivisti impegnati nel raccontare e affrontare le sfide ambientali più attuali; mentre Femminismo e ambientalismo: due lotte, una stessa radice con Greenpeace Piemonte, Martina Rogato (Presidente di HRIC, Co-Chair Women7 Italia) e Mariachiara Cataldo (Break The Silence Italia) ha intrecciato disuguaglianze di genere e giustizia climatica in un dialogo aperto e necessario.

 

Ampio spazio è stato dedicato anche alle nuove generazioni e all’attivismo creativo, con laboratori come Parti da te, cambia una cosa di Viola Gesmundo, Neurofancy del Collettivo Mai Ultimi e il quiz Dalla vulnerabilità alla forza: il potere della resilienza climatica proposto da Global Shapers Torino. Non sono mancate le voci dei più giovani come quella di Remon Karam, attivista per i diritti umani, in un dialogo aperto e non convenzionale con Duccio Travaglini (CEO di Greencome) per esplorare come i giovani stiano ridefinendo oggi l’attivismo, tra linguaggi digitali, creatività e partecipazione.

 

Grande attenzione anche alle famiglie e ai bambini, protagonisti di attività pensate per avvicinare i più piccoli ai temi della sostenibilità attraverso il gioco, l’esplorazione e il contatto con la natura urbana. I Giardini Reali hanno ospitato laboratori dedicati alla biodiversità, al riuso e alla scoperta dell’ambiente, rendendo l’evento un’occasione di apprendimento collettivo e intergenerazionale.

La cura di sé come parte integrante della cura del pianeta ha animato invece l’area wellness, con sessioni di yoga e pilates con Beatrice Serra, danzamovimento terapia con Francesca Torchella e pratiche di biotransenergetica con tamburo sciamanico. Un invito a vivere la sostenibilità anche come equilibrio tra corpo, mente e ambiente.

Il programma ha incluso anche spazi dedicati all’innovazione e alla tecnologia sostenibile, con il talk Oltre il cambiamento: innovare per abitare il pianeta e il coinvolgimento di realtà come il Politecnico di Torino, la Città di Torino e il Gruppo Iren, mentre allo STEAM Corner del MU-CH bambini e adulti hanno potuto sperimentare la scienza in modo partecipativo.

 

A chiudere la giornata, la suggestiva listening session di John Bringwolves, artista in residenza ai Musei Reali, che ha trasformato i suoni del luogo in una composizione ambientale, coinvolgendo giovani musicisti del territorio in un rito collettivo tra memoria, paesaggio e immaginazione.

 

Anche quest’anno, la Giornata della Terra Torino ha confermato il proprio impegno per la sostenibilità ambientale e sociale: materiali riciclati, compensazione delle emissioni, raccolta differenziata e attività inclusive. Un evento costruito con e per la comunità, dove la cultura si fa motore di cambiamento e partecipazione.